Libri > Altro
Segui la storia  |       
Autore: frances bruise    11/10/2014    0 recensioni
[Senza Esclusione di Colpi, Lewis Padgett ]
Bruce Farr ha ventidue anni quando, per una sequenza di eventi nefasti, si ammala gravemente di dementia praecox e comincia a vivere una vita non sua. Una vita priva di gesti, parole e - soprattutto - di ragione.
Costretto a lasciare l'università ed a sciogliere il suo fidanzamento con una certa Marion Hartman, Bruce vive recluso nella villa di famiglia insieme a sua madre, Angela Farr, e al suo infermiere personale. Non si muove, non parla, non pensa e non si ricorda nemmeno chi sia Marion Hartman.
Peccato che la ragazza sia fermamente decisa a strapparlo dalle grinfie della madre dispotica e a condurlo a San Francisco per farlo seguire da uno specialista, che le offre la possibilità di far uscire Bruce dal suo "incubo d'ottone".
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
II. RUDY OLIVER

5 anni dopo.
 
« Dove stai andando? » le giunse la voce di suo padre dalla porta della sua camera.
Marion Hartman, in piedi davanti allo specchio, stava finendo di sistemarsi la camicetta di lino che aveva acquistato in un negozio di Raleigh giusto qualche giorno prima. Anche se non le piaceva particolarmente il modello, Rudy Oliver trovava che il colore – pesca, per essere precisi – si addicesse molto alla sua carnagione; così l’aveva acquistata e, dato che doveva incontrare proprio il vecchio Rudy, aveva deciso di indossarla.
Voltò lentamente il capo in direzione di suo padre. « Rudy mi ha chiesto di accompagnarlo al Clove Diner » disse semplicemente, mentre si stringeva nelle spalle, « Ed io ho accettato solo perché non mi va di restare sola. »
Era vero: Rudy non era affatto la migliore delle compagnie, ma Marion non aveva voglia di rimanere sola per più di cinque minuti. Le capitava solo la sera, quando doveva andare a letto, e quelli erano i momenti più terribili di tutta la sua giornata: quando rimaneva in silenzio, quando a circondarla non c’era altro che l’oscurità, allora poteva ricordare. Ricordare quella giornata di cinque anni prima.
Marion alzò una mano e la mosse davanti al proprio viso, come per voler scacciare proprio quel ricordo. Suo padre, piuttosto perplesso, approvava la sua scelta di non rimanere sola per più di qualche minuto.
« E va bene » disse, « Ma non fare troppo tardi. »
Glielo diceva sempre, ma Marion era ben lungi dal rispettare i suoi ordini, negli ultimi tempi. Tuttavia, annuì distrattamente e, dopo aver rivolto un ultimo sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio, uscì dalla stanza.
Superò rapidamente il salotto, avvolto nella penombra, e raggiunse la porta. La luce del sole caldo dei primi giorni di luglio illuminò immediatamente i riflessi biondi dei suoi capelli e mise in risalto il colore della sua camicetta; e, in un attimo, Marion si ritrovò a pensare che a Bruce sarebbe piaciuto vederla così. Prima che potesse raggiungere la sua automobile gialla, si stava già asciugando una lacrima che le aveva rigato una guancia.
Come aveva fatto la sua mente a sfiorare il pensiero di Bruce? Come aveva potuto pensare a lui, quando sapeva benissimo che sarebbe stato del tutto inutile?
Bruce era morto. Forse non fisicamente, ma era morto dentro. E Marion lo sapeva bene.
Salì in automobile e richiuse con forza lo sportello, dopodiché accese il motore e partì in retromarcia lungo il vialetto davanti al garage. La prima cosa da fare, si disse mentre guidava, era andare a prendere Rudy a casa sua: quel piccolo uomo aveva sfasciato la sua automobile andando contro un albero ed era stato costretto a portarla da un carrozziere, così adesso toccava a Marion portarlo da una parte all’altra di Raleigh.
La giovane donna trascinò la sua auto fino al vialetto di fronte alla casa del giovane Oliver e, dimentica dell’educazione aristocratica che avevano tentato di infonderle, suonò il clacson. Una signora si affacciò dalla finestra di una casa vicina e le rivolse uno sguardo carico di disapprovazione, che Marion fu capace di schivare—anzi! Quando si voltò verso la donna, le fece un sorriso a trentadue denti per prenderla in giro.
La donna rientrò in casa, non senza contorcere le labbra in una smorfia, e Marion vide Rudy Oliver uscire dalla porta della sua dimora: indossava un completo piuttosto semplice che, però, non faceva che mettere in risalto la sua incredibile magrezza. Rudy non era mai stato un bell’uomo, anzi sarebbe stato meglio dire che era tutto il contrario di ciò che si definiva “bello”: era magro, scheletrico, ed aveva gli occhi molto infossati e gli zigomi prominenti; nonostante la sua giovane età (non poteva avere più di trent’anni), poi, gli erano rimasti ben pochi capelli, ed avevano assunto un colore del tutto insignificante. Da lontano, lo si sarebbe potuto scambiare per uno spaventapasseri, ma voleva molto bene a Marion. Ed era questo l’importante, per lei.
« Buongiorno » gli disse, non appena fu abbastanza vicino, e gli aprì lo sportello allungandosi di lato. Rudy si tolse il cappello e si accomodò sul sedile. « Buongiorno a te, Marion » le disse con la sua voce un po’ nasale, « Sono contento che tu abbia accettato di accompagnarmi al Clove Diner. »
Le rivolse un sorriso. « Figurati, Rudy, immagino che si tratti di qualcosa di importante » disse la ragazza, mentre cercava una sigaretta all’interno della sua borsetta. Gli occhi di Rudy erano fermi sulle sue mani che rovistavano il contenuto della borsa, e sul suo volto c’era una certa perplessità. Si prese qualche istante per formulare la frase che voleva rivolgerle, poiché voleva evitare di farla arrabbiare per una questione che – almeno per lui – era molto semplice. « Ehm, Marion? » la chiamò, un po’ titubante.
La ragazza aveva trovato la sigaretta ed ora la teneva tra le labbra. « Mh? » fu tutto ciò che riuscì a dire.
« Senti, questa storia delle sigarette... » cominciò lui, ma una sola occhiata da parte di Marion gli impedì di continuare la frase. Quello era proprio uno di quegli argomenti di cui Marion non voleva parlare: un tempo, cinque anni prima per essere esatti, non avrebbe nemmeno osato toccare una sigaretta o un bicchiere di liquore; ma le cose erano profondamente cambiate rispetto ad allora e le sigarette, nel loro caso, erano divenute un qualcosa di cui Marion non poteva proprio fare a meno. Erano un modo per sfogarsi ed allontanare gli incubi.
La ragazza appoggiò la testa allo schienale del sedile e chiuse gli occhi per diversi istanti. Nel mentre, continuò ad aspirare il fumo dalla sigaretta e a rilasciare lente boccate che macchiavano l’aria già irrespirabile per via del tremendo caldo. Rudy si voltò verso il finestrino, alla ricerca di aria pulita.
« Andiamo al Clove Diner e lasciamo stare questa storia » disse Marion, ad un tratto, allontanando la sigaretta dalle labbra. La strinse tra l’indice e il medio, poi posò le mani sul volante e rimise in moto l’automobile.
Il Clove Diner era una tavola calda che Marion e Rudy frequentavano ogni tanto e dove era facile che la bionda incontrasse Fitz Curtin, suo cugino di primo grado. E, in effetti, lo trovarono anche quel giorno.
Si trovava presso un tavolo e, molto stranamente, era da solo. Aveva ordinato un piatto a base di insalata e non si accorse immediatamente della presenza di Marion, così continuò a mangiare tranquillo e in silenzio. Marion, invece, lo notò quasi immediatamente e lo raggiunse con altrettanta rapidità. « Buongiorno, Fitz! » esclamò, sedendosi sulla sedia affianco a quella del giovanotto. Fitz Curtin, dal suo canto, sussultò.
« Ah, Marion, non mi aspettavo di vederti qui! » esclamò e posò la forchetta sul piatto. Il suo sguardo si spostò su Rudy Oliver, che stava giusto scostando una sedia per sedersi. Marion sorrise.
« Perché non ti aspettavi di vedermi qui? » chiese. In quel momento, passò un cameriera e la bionda lo fermò con un cenno della mano, per poi ordinare un drink alcolico per sé e per Rudy. Il cameriere scosse il capo. « Mi dispiace, ma qui non serviamo liquori » disse a testa alta. Infatti, il Clove Diner non serviva alcolici perché puntava tutto sulla cucina e sulle specialità del posto. Marion rimase molto stupita, ma si limitò ad annuire in silenzio.
Fitz Curtin le rispose: « Pensavo che ti saresti precipitata alla villa dei Farr », e questo bastò affinché Marion spostasse tutta la sua attenzione su di lui. Perché mai si sarebbe dovuta recare presso la casa di Angela Farr, dopo ciò che era successo? Perché provocarsi tanto dolore?
Marion riuscì a ritrovare un po’ di contegno, o almeno ciò che bastava per dire: « Non andrei mai a trovare Angela Farr. Nemmeno se fosse l’ultima persona rimasta sulla faccia della terra! »
Fitz annuì in silenzio, poi si fece stranamente pensieroso. « Ma, allora, tu non lo sai » disse, piano.
« Non so cosa, di preciso? » lo incitò Marion, che cominciava a sentirsi piuttosto preoccupata. Ogni volta che si trattava della famiglia Farr, e non necessariamente di Bruce, non poteva fare a meno di essere ansiosa.
« Marion, Bruce è scomparso la notte scorsa » disse Fitz.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: frances bruise