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Autore: Lucyvanplet93    14/10/2014    1 recensioni
Dal testo:"Mio nonno mi ha sempre raccontato un sacco di storie, da piccola non credevo che quello che mi diceva potesse essere vero, ero convinta che fossero tutte storie inventate!"
"Ed ora invece cosa pensi?" Ghignò il giovane seduto accanto a me.
"Che forse aveva ragione, in fondo ogni storia ha una qualche verità, per quanto possa essere asssurda o surreale. Sta a noi decidere cosa è vero!" Risposi.
"A cosa sei disposta a credere ora?"
"Credo di essere pazza! Ma credo anche di non essermi mai sentita meglio in vita mia!"
Abbiate pietà, è una delle mie prime FF e mi rendo conto che l'introduzione fa pena, ma vi chiedo di essere clementi.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Roronoa Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Te lo giuro Jess… E’ stata una delusione incredibile!” Angelia se ne stava seduta sulla panchina di pietra all’entrata dei giardini Lussemburgo.
“Oh, andiamo che sarà mai!”
“Scusa?! Mi faccio dieci ore di volo solo per scoprire che il mio idolo in realtà è solo un enorme presa in giro?”
“Mamma mia come sei esagerata!”
“Esagerata io? Jess quello è capace di perdersi dentro ad un albergo! Mi spieghi come fa ad orientarsi dentro ad una tomba o ad una grotta?”
“Magari avrà i suoi metodi!”
Angelia scosse la testa mentre lanciava un po’ pane ai piccioni che si azzuffavano per assicurarsi la briciola più grossa.
“Ti dico che ho ragione, non sapeva nemmeno di quello che stava parlando!” Esclamò mentre si accendeva una sigaretta.
“Dio Angelia, non abbiamo mica tutti una laurea in storia!”
“Cosa vuol dire, ma almeno sapere di cosa parli si!” Sbottò tirando una boccata di nicotina.
“Stai fumando?”
Beccata.
“No, che dici!”
“mmmh, non ti credo!”
“Ti dico che non sto fumando!” Affermò mentre gettava il mozzicone dentro la pattumiera vicino a lei.
“Ora no ma prima si!”
“E tu che ne sai!”
“Sento la puzza da qui!”
“Non dire cretinate!”
“E tu non raccontarmi frottole! Ti conosco, so che quando sei agitata cedi al tuo vecchio vizio! Ma poi non avevi smesso?”
“Io non sono agitata! Ed HO smesso!” Sbottò acida.
“…”
“perché non dici niente?”
“E’ meglio se non parlo!”
E’ meglio se non parlo…” Le fece il verso.
Scoppiarono a ridere entrambe
“perciò…”
“Cosa?”
“E’ stata una completa delusione?” Angelia si alzò dalla panchina, cercando, per quanto fosse possibile, di schivare i vari visitatori del parco che facevano jogging senza prestare attenzione a chi vi fosse intorno a loro.
Angelia credeva di essere diventata invisibile.
“Che intendi?” Domandò con finta ingenuità. Sapeva perfettamente dove voleva andare a parare.
“Almeno è bello come in foto?” Appunto.
“Non è quello che conta!”
“Dio Angelia, quanto sei noiosa!! Era bello o  no?”
Angelia sbuffò. “Si Jess era bello!” Senza cervello ma bello, aggiunse mentalmente la ragazza.
“Beh, è già qualcosa!”
Angelia rise, in fondo la sua amica era incorreggibile. “Ora ti devo salutare, vado a farmi due passi per Parigi, visto che devo restare qui fino a domani, perché non approfittarne!?”
“Ben detto sorella, divertiti e rimorchia un bel francese…  che magari abbia acnhe un fratello!”
“Certo Jess, contaci!” Sperava seriamente che avesse colto il suo tono sarcastico.
Oh bene, vado ad organizzare il matrimonio allora!” E con quest’ultima uscita riagganciò.
Angelia ripose il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e con uno sbuffo si alzò dalla scomoda panchina. Girovagò per un po’ nel parco, fermandosi a guardare le papere che popolavano l’enorme laghetto al centro del giardino, respirò a fondo l’aria pulita di quell’enorme polmone verde al centro di una delle città più caotiche del mondo e si avviò verso l’uscita.
Con le mani in affondate nelle tasche del giubbotto marrone, si avviò per le vie di Parigi, osservando i piccoli caffè pieni di gente addossata alle lampade riscaldate intente a chiacchierare intensamente. Osservò la Senna percorrendo il viale abitato dai numerosi artisti di strada che si offrivano di fare ritratti o caricature ai numerosi turisti stranieri.
Si avviò agilmente verso una delle stazioni sotterranee del metrò, mentre schivava funambolicamente i numerosi abitanti parigini indaffarati e sempre di corsa.
Quasi trasportata dalla corrente dello sciame di persone che si avviava ai vagoni del treno, si ritrovò aggrappata ad uno dei pali di sostegno, mentre il mezzo sfrecciava attraverso le vie sotterrane della città. Il vagone si riempiva e si svuotava di gente con la stessa semplicità con la quale Angelia respirava, solo qualche povero turista inesperto rimaneva incastrato a bordo a causa dell’inesperienza e della fretta dei restanti passeggeri, sorrise quando un bimbo di appena cinque anni gli si aggrappò alla gamba per evitare di cadere, ascoltò le cordiali scuse dei genitori pronunciate in un francese stentato, che a giudicare dall’accento dovevano essere spagnoli. Angelia sorrise gentilmente decidendo di metterli a proprio agio, parlando la loro stessa lingua.
Grati di aver trovato qualcuno a loro simile, sorrisero sollevati, decidendo poi di chiedere informazioni per raggiungere MonMatré, Angelia mentì dicendo che erano stati fortunati. Stavano andando nello stesso posto.
In realtà la ragazza non aveva una meta precisa, ma in fondo il Sacro Cuore non era poi così male come meta di svago.
Il Sacro Cuore era semplice da raggiungere, infatti una volta scesi non fu difficile indirizzare la famiglia -che aveva scoperto essere originaria di Madrid- verso l’imponente cattedrale.
Di certo quel posto non aveva lo stesso fascino di Notre-Dame, ma sicuramente era singolare il contrasto che la costruzione creava. L’enorme edifico si stagliava candido e puro al disopra delle confusionarie vie del quartiere marocchino, sembrava quasi un mondo a parte, i colori scuri dei numerosi palazzi di stoffe a più piani facevano a pugni con il verde acceso e i colori sgargianti dei giardini che circondavano la chiesa.
Mentre saliva la ripida scalata che portava all’entrata del monumento, Angelia scorse dall’altro lato dei giardini, la famiglia da cui si era precedentemente separata.
Come era facile da immaginare gli ignari visitatori si erano fatti irretire dai numerosi ragazzi di colore che per pochi spiccioli arraffavano i polsi dei turisti iniziando ad intrecciare braccialetti colorati alla velocità della luce, alla fine senza rendertene conto ti ritrovavi con un souvenir non proprio richiesto e più leggero di qualche moneta.
Angelia aveva imparato ad evitare gli agguati tenendo rigorosamente le mani in tasca e lo sguardo dritto, era facile individuare un turista alle prime armi, di solito erano quelli con il naso all’insù o che si voltavano a destra e a sinistra con aria sospesa, se invece facevi anche solo finta di sapere dove andare muovendoti con passo sicuro il gioco era fatto. Angelia si guardò il polso sinistro sorridendo al ricordo rosso e bianco che lei stessa si era ritrovata addosso senza accorgersene.
Erano anni ormai che lo portava, dalla sua prima visita in terra francese.
La temperatura all’interno dell’edificio era decisamente più bassa rispetto alla norma, ma Angelia piaceva e poi c’era abituata, il Canada non era decisamente un paese dalle temperature estivi, in particolare il Quebec.
Ammirò per diversi minuti i giochi di luce che le enormi e colorate vetrate creavano sul pavimento marmoreo, il silenzio regnava sovrano e gli unici rumori erano prodotti dal vociare sommesso dei turisti e dal rumore delle calzature sul terreno.
Quel posto trasmetteva tranquillità, forse anche troppa.
Terminò il giro e seguendo la scia dei turisti si ritrovò all’esterno dell’edificio, da li a poco si sarebbe messo a piovere, il cielo era plumbeo e i nuvoloni carichi di pioggia minacciavano di scoppiare da un momento all’altro.
Si avvio verso la metropolitana  e prima di essere investita in pieno dall’acquazzone riuscì a rifugiarsi sotto terra.
Il giorno prima non era riuscita a godersi appieno la bellezza di Notre-Dame, così, mentre veniva cullata dai continui cambi di velocità del mezzo si pregusto la lunga e piacevole serata che avrebbe passato nel posto che adorava di più al mondo.
Niente e nessuno poteva disturbare la sua visita questa volta.
Assolutamente niente e nessuno.
 
Come era da immaginarsi i dintorni della cattedrale brulicavano di turisti, alcuni intenti a fare foto ed altri presi ad osservare incuriositi le varie porte della cattedrale. Quel giorno Notre-Dame sarebbe stata aperta al pubblico, perciò in molti avevano colto l’occasione per curiosare al suo interno.
Angelia girovagava per l’edificio ficcando il naso in ogni dove, aveva letto talmente tante storie  e leggende su quel posto che ogni volta che vi metteva piede sperava sempre di riuscire a trovare qualcosa anche lei, purtroppo però ogni volta usciva a mani vuote ed ogni volta non riusciva a fare  meno di restarci un po’ male.
Si sentiva proprio una bambina qualche volta.
Si soffermò ad ammirare la vetrata anteriore rapita dai colori che diventavano più o meno intensi a seconda della direzione della luce, aveva smesso di piovere ormai e in cielo splendeva un timido sole estivo.
Angelia fu distratta da alcuni turisti che stavano discutendo animatamente con un uomo distinto che stava tentando, invano, di farli ragionare.
“Lo so signorina, ed ha perfettamente ragione, ma io non posso farci nulla.” Mormorò a disagio il pover uomo.
“A me non interessa aver ragione, io voglio soltanto i miei soldi. Ora!!” Sbraitò la ragazza con i capelli rossi.
“Le ho già spiegato che la faccenda non dipende da me!”
“ E io le ho già detto che non mi interessa.”
L’ostinata donna continuava ad inveire contro il poveretto che in evidente difficoltà, non sapeva più cosa fare per calmare la rossa tutto pepe.
La ragazza non era sola, ma con lei vi erano altri tre ragazzi: un tipo strano, ma elegante con il pizzetto, una bella donna con dei lunghi capelli neri e… Ronoroa Zoro.
Non era certo felice di ritrovarselo ancora intorno.
I tre assistevano tranquilli alla scena che si parava loro davanti, l’unico leggermente –o meglio molto- agitato era il biondino, che cercava di si di calmare la sua amica, ma nel farlo continuava a volteggiarle intorno con una chiara espressione da ebete e con gli occhi a forma di cuore, il suo atteggiamento però non sembrava sortire l’effetto desiderato a giudicare dal pugno micidiale che la rossa gli sferrò.
“Si tratta solo di aspettare solo alcuni giorni in più… Le assicuro che le faremo avere tutti i suoi solti!” Continuò a ripetere l’uomo mentre guardava atterrito, l’uomo steso a terra.
Iniziava a temere sul serio che la stessa sorte sarebbe toccata a lui.
Angelia decise di avvicinarsi al gruppo, fosse mai che all’uomo servisse protezione e solo dopo un’attenta osservazione si rese conto di conoscerlo.
“Si può sapere che cosa sta succedendo qui?” Intervenne.
Cinque paia di occhi rivolsero la loro attenzione verso la ragazza.
L’unico a riservarle un’occhiata di fuoco fu il cacciatore, mentre gli altri si limitarono ad osservarla incuriositi.
L’uomo che fino ad un momento fa era impegnato a discutere con la rossa, sgranò gli occhi per la sorpresa prima di aprirsi in un largo sorriso.
“Signorina Vak…” L’uomo si bloccò alla vista dello sguardo di rimprovero che la giovane gli lanciò. “ Cioè volevo dire, signorina Sanchez che piacere rivederla!”
“Il piacere è tutto mio Thomas!” Rispose tornando a sorridere. “Allora… Mi vuoi spiegare che succede?”
“Succede che il nonnetto qui non vuole pagarmi!” Si intromise di nuovo la rossa.
Angelia soffocò una risata davanti all’espressione offesa di Thomas, per il nomignolo affibbiatogli.
“Signorina la prego di moderare il linguaggio, le ho già spiegato che non dipende da me!” Continuò leggermente piccato.
“Se posso…” Angelia si rivolse alla rossa restando in attesa.
“Nami, mi chiamo Nami!”
“Se posso Nami, ti assicuro che il mio vecchio amico qui è una uomo di parola e se non può pagarti i questo preciso momento deve esserci un motivo più che valido!”
“E’ esattamente quello che sto tentando di spiegarle! Io e la mia testa giornalistica ci siamo impegnati ad organizzare la conferenza che si è tenuta ieri in questo edificio…” Iniziò rivolgendosi ad Angelia.
“Si lo sapevo… c’ero anch’io!” annunciò scoccando un’occhiata risentita al verde, che in risposta ghignò sfacciatamente.
“Oh, allora avevo ragione… Sei tu la meravigliosa creatura che ieri alla conferenza è stata trattata in modo irrispettoso dal marimo!” intervenne il biondino che fino a quel momento era rimasto accasciato al suolo, ma che ora sembrava essersi completamente ripreso mentre si avvicinava spargendo cuoricini ovunque.
“Ehi è stata lei a cominciare!” Si giustificò il diretto interessato.
“Un vero gentiluomo non offenderebbe mai una donna, in nessun modo!” Esclamò furente verso il compagno.
La sfuriata dell’uomo non durò  lungo, Nami si prodigò a stroncarla sul nascere tramortendolo con un altro pugno. Quella donna faceva quasi paura.
“Sei insopportabile Sanji!”  Urlò la rossa. “Però ha ragione, tu sei quella che ieri è quasi riuscita a mettere in difficoltà lo nostra Robin!” Esclamò colpita.
“E’ stato divertente parlare con qualcuno che sapeva quel che diceva!” Rispose sorridendo, e scoccando un’altra occhiata sarcastica al verde.
“Il piacere è stato mio!” Sorrise in risposta la corvina.
“Tornando a noi, qui c’è ancora il problema del mio compenso…”
“Glielo detto signorina deve solo aspettare ancora un po’!”
“Ma io non ho la minima intenzione di aspettare un minuto di più!”
“Perché non puoi pagarla Thomas?” Domandò Angelia.
“Vede signorina Sanchez il fatto è che momentaneamente non disponiamo di liquidità, il compenso era rappresentato dall’incasso della conferenza, ma noi non abbiamo ancora riscosso perciò non sappiamo come pagarla!”
“Quanto dovete a Nami?”
“La metà del totale…”
“potrei pagare io…” Propose Angelia.
“E’ fuori discussione, non glielo chiederei mai!”
“Perché no? Vedila come una donazione, ho anche con me il libretto degli assegni, non è un problema.”
“Sul serio potresti pagarmi tu?” Domandò Nami con occhi sognanti.
Angelia annuì.
“Signorina la prego…” Cercò di opporsi Thomas.
“A me non costa nulla… Sei amico della nostra famiglia da anni, mi fa piacere aiutarti!”
“Non so come ringraziarla!”
“No devi farlo.” Sorrise.
Una volta firmato l’assegno, con su scritta la cifra dovuta, la ragazza si avviò verso Nami consegnandogli il pezzo di carta.
“Ecco qui!”
“Ti ringraziò!” Esultò. “Non sai quanto ti sto adorando in questo momento! Piuttosto non sappiamo nemmeno il tuo nome…”
“Il mio nome è Angelia!”
“piacere di conoscerti Angelia!”
 Sorrise raggiante Nami.
“ Ma che bellissimo nome il tuoi, sembra quello di un angelo… Sei forse caduta dal cielo diventando la nostra salvatrice?” il ragazzo che doveva chiamarsi Sanji le si avvicinò nuovamente baciandole una mano.
La ragazza dovette trattenersi dallo scoppiargli a ridere in faccia, era davvero un tipo assurdo.
“Si certo come no, la nostra salvatrice… Che non aspettava altro che poter sventolare i suoi soldi sotto al nostro naso!” Zoro le si avvicinò con le braccia incrociate al petto e guardandola con aria di disprezzo. “ Tu sei una di quelle persone che pensa di poter ottenere o risolvere tutto con il denaro non è vero?”
Angelia sostenne il suo sguardo con rabbia, se c’era una cosa che odiava erano quelli che la consideravano una bambina viziata figlia di papà, a lei non importava nulla dei soldi, non le erano mai interessati, non le importava essere ricca, non era una di quelle persone che provava piacere nel palesare le proprie possibilità, per questo spesso nascondeva le sue vere origini, per non essere giudicata, per non ottenere favoritismi e per evitare che la gente le si avvicinasse solo perché attratta dai suoi soldi.
“Almeno io non giudico senza conoscere, IO almeno lo so usare il cervello…”
“Oh, ceto perché tu non puoi essere giudicata vero? Sei superiori agli altri, ti aspetti che tutti si scansino al tuo passaggio!”
“Zoro, falla finita!” Lo rimproverò Nami.
Angelia sorrise calma.
“Almeno io non sono una bugiarda che si riempie la bocca di fandonie!”
“Chi ora che giudica senza conoscere?”
Di nuovo Angelia sorrise.
“io non giudico, dico solo ciò che vedo.”
“Anch’io!”
Ormai si stavano sfidando con lo sguardo, si fronteggiavano senza paura e nessuno osava intromettersi.
Di nuovo un ghigno deformò le labbra della ragazza. “Non ne vali la pena.” Angelia si allontanò, mantenendo sempre quell’aria divertita che stava mandando Zoro su tutte le furie.
“E’ stato un piacere conoscervi!” Sorrise, rivolgendosi agli altri tre. “Credo mi tratterrò ancora per un po’… Se non hai nulla da fare mi piacerebbe fare due chiacchiere più tardi!”
“Certo signorina, mi dia il tempo di sistemare le ultime pratiche e la raggiungo!” Le assicurò Thomas. Angelia sorrise per poi avviarsi nella direzione opposta al gruppo.
Nicorobin aveva continuato ad osservarla con interesse, quella ragazza aveva qualcosa che la incuriosiva.
“Se gentilmente volete seguirmi, vi faccio firmare le ricevute e poi siete liberi di andare.” L’uomo che avevano scoperto chiamarsi Thomas li fece avvicinare ad un piccolo tavolo in un angolo della sala.
“Conosce da molto tempo quella ragazza?”  Domandò la corvina mentre Nami si accingeva a firmare le varie scartoffie.
“Suo nonno era un mio vecchio amico…”
“prima mi è sembrato che la stesse per chiamare in modo diverso da Sanchez…”
Il piccolo uomo si irrigidì per un attimo, ma poi sorrise.
“Oh, mi sarò confuso… L’età inizia a fare brutti scherzi!!”
Quell’uomo non gliela raccontava giusta, aveva l’aria di uno sveglio e non sembrava proprio il tipo da confondersi con i nome, stava mentendo, per nascondere cosa poi?
Ormai l’archeologa aveva fiutato il mistero e difficilmente avrebbe lasciato perdere.
 
Angelia camminava lenta osservando le imponenti arcate dell’edificio, le parole di quell’idiota dai capelli verdi che continuavano a ronzarle in testa.
Aveva davvero l’aria di una bambina viziata che comprava tutto con i soldi?
In fondo lei voleva solamente aiutare Thomas e prestargli i soldi per poter pagare quella combriccola di scalmanati, era stata la prima idea che l era venuta in mente.
Non cercava gratitudine, voleva solo dare una mano.
Probabilmente quella testa vuota l’aveva solo provocata per vendicarsi della brutta figura che aveva rischiato di fargli fare davanti a tutti, ma in fin dei conti lei si era solo difesa, forse era vero che aveva giudicato le sue capacità senza conoscerle davvero, ma chiunque avesse visto l’uomo considerato il più grande esploratore del mondo perdersi dentro ad un albergo si sarebbe fatto qualche domanda.
Era assurdo.
Si era sentita presa in giro, la delusione per aver scoperto che l’uomo che ammirava più di ogni altro non era come se lo immaginava era stata una delusione.
Magari si era costruita un'immagine troppo, perfetta di lui nella sua mente, perciò magari, in piccola parte aveva anche lei le sue colpe e ad essere onesti, Angelia Sanchez non era di certo una ragazza dal carattere facile.
Certo, lui restava in ogni caso un idiota.
L'aveva trattata con superiorità e arroganza, sotto sotto forse lei non era l'unica a sentirsi al disopra egli altri.
Angelia scosse con forza il capo, doveva smettere di stare a rimuginare, si stava solo rendendo il sangue amaro.
Cercò di rilassarsi continuando a curiosare all'interno della struttura, quel posto le trasmetteva tranquillità, l'alone di mistero che sembrava rivestire quelle pareti la faceva sentire piccola ed insignificante, la sua vita paragonata alla storia di quel luogo era inesistente e questo la faceva sentire libera.
Secondo Angelia gli edifici avevano un'anima, crescevano con noi assistevano a guerre, catastrofi naturali, chiunque passasse lasciva qualcosa di se, chissà quante Angelia Sanchez erano passate la dentro e lei era solo una delle tante, non era la nipote di James Vakugan, non era nessuno.
Quelle mura erano li da secoli mentre lei avrebbe cessato di esistere da li a pochi anni.
Non sapeva decidere bene se quella consapevolezza la rendesse triste o serena, ma di una cosa era sicura quel posto sarebbe rimasto li anche dopo la sua morte e in un certo senso quell'idea la rassicurava, lei che aveva cercato qualcosa di stabile per tutta la sua vita, riusciva a rilassarsi grazie alla consapevolezza che non tutto fosse destinato a finire prima o poi.
Si sorprese dei sui suoi stessi pensieri, lei non era esattamente il tipo da lasciarsi andare a certe riflessioni, in parte anche per colpa del suo carattere pratico e concreto.
Non era di certo un soggetto dalla ricercatezza spirituale.
Osservò le imponenti colonne ai lati della struttura che sorreggevano le arcate colossali, mentre la luce filtrava dal lucernai ella facciata anteriore, percorse il lato destro dell'edificio avvicinandosi sempre di più alla zona in restauro.
Quella parte della chiesa era quasi deserta, ma era più che normale, a chi potevano interessare i calcinacci.
Angelia adorava i ruderi, le pareti scrostate, gli infissi cascanti, i vecchi edifici malandato e senza finestre o le fabbriche abbandonate o pericolanti, non sapeva spiegarsi il perché, ma quelle impalcature attiravano non poco la sua attenzione.
Si avvicinò alla zona dedicata ai restauri osservando il dipinto scrostato in più punti, c'era qualcosa di strano dietro a quel telo di plastica.
Si avvicinò di più ignorando la scritta "Pericolo", del cordone giallo che delimitava l'area.
Con una mano scostò il velo plastificato, sfiorando la parete con i polpastrelli, scrostò via qualche pezzo di intonaco, ma non vi badò ed ignorando la voce nella sua testa che gli gridava di allontanarsi da li prima di combinare qualche danno.
Sull'affresco sembrava esserci una rappresentazione in rilievo, era un disegno strano, somigliava ad una sciabola. Angelia continuò a tastare quella parte di muto con interesse sempre maggiore mentre la sua curiosità saliva alle stelle, bussò appena con le nocche e il sottile strato di calce sulla quale vi era disegnata la sciabola venne via, rivelando una pietra in rilievo a forma di, mezza luna.
Dal rumore che ne derivò, Angelia intuì che doveva essere cavo all'interno, senza volerlo mentre saggiava la consistenza del materiale senza volerlo spinse con troppa forza.
La roccia scattò, provocando un sinistro rumoreggiare aldilà della parete, Angelia fece qualche passo indietro nel tentativo di allontanarsi, ma un rombo improvviso e il tremare del pavimento le fecero perdere l'equilibrio, una voragine si aprì sotto ai suoi piedi e Angelia vi cadde dentro senza possibilità di sostenersi in alcun modo.
Il trambusto all'interno della sala attirò l'attenzione generale ed i primi ad accorrere alla fonte furono proprio Zoro e gli altri.
Thomas che fino a quel momento aveva tentato di tenere a bada curiosi con l'aiuto degli uomini della sicurezza, giunse finalmente ai margini della voragine.
"C'è qualcuno laggiù?" Domandò alzando la voce.
"Si Thomas, ci sono io..."
"Signorina Sanchez, si può sapere come diavolo ha fatto a finire la sotto?"
"È una lunga storia..."
"Si è fatta male?"
Agelia si guardò intorno, liberandosi di alcuni calcinacci che le ricoprivano le spalle si alzò in piedi, tossì per colpa dell'improvvisa nuvola di polvere sollevatasi a causa del suo movimento, esculudendo qualche graffio era tutta intera.
"Tutto apposto Thomas sto benone!" Sollevò lo sguardo su quelli che dovevano essere i resti di una scala sotterranea, ormai distrutta.
Sarebbe stato impossibile risalire da quella.
"Non si muova da lì, ho mandato qualcuno a cercare l'attrezzatura adatta per tirarla fuori!"
Angelia non rispose immediatamente, troppo presa a guardarsi intorno. "Qui sotto c'è un tunnel!"
"Rimanga dov'è! Non rischi inutilmente, il tunnel potrebbe non essere stabile!"
Angelia lo sapeva bene. Ma la curiosità era troppa. Iniziò ad avanzare ignorando le proteste del signor Thomas. "Signorina torni indietro!!"
Angelia dovette sbattere più vile le palpebre prima di riuscire ad abituarsi a tutta quella oscurità.
Percorse il terreno accidentato del tunnel che si restringeva sempre di più ed alla fine la ragazza dovette chinarsi leggermente per poter proseguire.
Avanzò per diversi metri, finché non vide davanti a se una apertura abbastanza stretta, ma sufficientemente larga da permettere ad una persona di oltrepassarla, senza pensarci troppo la attraversò. Ciò che si ritrovò davanti agli occhi era del tutto diverso da quello che si aspettava di trovare, l'ambiente che aveva intorno era buio ma ben curato, almeno era ciò che risultava in una prima impressione.
Fece un paio di passi in avanti, estraendo da una delle tasche dei pantaloni il suo cellulare, con il quale illuminò la stanza, il pavimento di quella specie di grotta era pressoché identico a quello della cattedrale e le pareti in muratura raffiguravano le stesse rappresentazioni del piano superiore.
Angelia si guardò intorno circospetta, finché non puntò il debole fascio di luce del suo cellulare, su un forziere adagiato in un lato della stanza.
Si avvicinò cauta senza far rumore, come se anche il minimo suono potesse destare quel qualcosa di oscuro e misterioso che sembrava pervadere ogni singola roccia di quel luogo.
Angelia si avvicinò cauta allo scrigno, stando ben attenta a non inciampare sulle mattonelle smussate di quel pavimento roccioso.
Il forziere era di semplice fattura, fatta eccezione per la serratura forgiata in oro, il tempo aveva fatto il suo corso logorando la serratura del forziere che appariva scalfita in più punti ed il legno presentava molteplici segni di cedimento.
Angelia rimosse lo strato di polvere e ragnatele che ricopriva lo scrigno.
Osservo la crepa al lato sinistro seguendone la direzione con lo sguardo, stando ben attenta a non danneggiarlo troppo, la ragazza posò il cellulare a terra e con le dita esercitò una lieve pressione sulla spaccatura per cercare di aprire il misterioso contenitore.
La sua curiosità ormai era alle stelle, l’adrenalina che pompava furiosa nelle vene le impediva di controllare il tremore alle mani, una goccia di sudore le colò giù dalla tempia mentre respirava sempre più irregolarmente l’aria contrita di quel luogo.
Con un sonoro “CRACK” la serratura del forziere scattò, facendo sobbalzare la ragazza che per poco non rischio di cadere a terra dalla sorpresa, ripresasi dallo sbigottimento iniziale Angelia poté finalmente scoprire il contenuto dello scrigno. Sgranò gli occhi stupita, restando momentaneamente paralizzata di fronte all’assurdità di quello che le si parava davanti agli occhi, non riusciva a credere di averlo trovato.
Era lì, di fronte a lei e chiunque sarebbe stato in grado di trovarlo, considerando la banalità e l’assurdità con cui l’aveva scovato. Di fronte a lei c’era l’oggetto che per anni era stato al centro di discusse leggende che avvaloravano  meno la sua esistenza.
La fortuna le aveva fatto decisamente un bel regalo.
Euforica ed assurdamente felice, Angelia afferrò il diario senza pensarci due volte.
E fu allora che iniziò.
Il pavimento tremò ancora, proprio come era successo pochi istanti prima e diversi metri più in alto, colta dall’entusiasmo improvviso per l’inaspettata scoperta non aveva minimamente preso in considerazione la possibilità che all’intero della stanza in cui era custodito l’antico manufatto potessero esserci dei meccanismi di difesa, evidentemente nel momento in cui aveva spostato l’oggetto dalla sua posizione iniziale doveva aver attivato qualche antico meccanismo.
Quando il pavimento tremò di nuovo, Angelia afferrò il cellulare da terra per poi dirigersi in tutta fretta verso l’uscita prima che questa crollasse, schivò diversi massi riversi a terra e stringendosi convulsamente al petto quel maledetto diario si lanciò verso l’uscita rotolando rovinosamente a terra, sul pavimento del corridoio adiacente alla grotta.
Si rimise in piedi, cercando si mantenere l’equilibrio messo a dura prova dalle continue scosse, gettò solo per un attimo un’occhiata alle sue spalle prima di rimettersi a correre, era uscita da quella grotta giusto in tempo, ormai l’entrata era ostruita da un enorme masso staccatosi dal soffitto. Continuò a correre verso l’apertura da cui era arrivata, le voci che provenivano dai limiti della voragine l’avvertirono che era ormai prossima all’uscita.
“Signorina Sanchez, si sbrighi ad uscire da li il soffitto sta per crollare!”
La voce di Thomas arrivò apprensiva alle sue orecchie. “Non sono riuscito a trovare in tempo quello che ci serviva per tirarla furi da lì! Presto, si aggrappi a questa corda!” Continuò prima di lanciare una fune all’interno della voragine.
Angelia non se lo fece ripetere una seconda volta e nascondendo il diario dentro al suo giubbotto si aggrappò con entrambe le mani alla fune e spingendosi con le gambe iniziò la sua risalita, ringraziò mentalmente la sua buona sorte per averle fatto indossare gli anfibi quella mattina.
Lentamente e faticosamente la ragazza proseguì la sua scalata.
“Angelia, più veloce, sta venendo giù tutto!” Questa volta era stata la voce di Nami a parlare. (Nda. Si può dire così? Ci stava bene per questo ho scritto così, ma se secondo voi è sbagliato provvederò a modificarlo.)
La ragazza sollevò lo sguardo, rendendosi conto con orrore che la corda stava iniziando ad usurarsi sfregando sul bordo del precipizio. Cercò di sbrigarsi spingendo con tutta la forza che aveva nelle gambe e nelle braccia per velocizzare la risalita.
La fune era ormai al limite, ma anche lei era vicina, allungò una mano per arrivare al solito pavimento che le avrebbe fornito un solito appiglio e nel momento un cui fu su punto di sfiorarlo, la corda cedette stuccandosi con un suono sordo.
Angelia serrò le palpebre preparandosi all’imminente impatto con il terreno, che tuttavia non avvenne.
Si sentì afferrare bruscamente e saldamente per un braccio, per poi essere turata su con forza, avverti chiaramente la sensazione di avere per un attimo le gambe sospese nel vuoto, prima di avvertire una presa ferrea sui suoi fianchi.
Fu trascinata a terra, cadendo su qualcosa di decisamente più caldo e morbido del pavimento, ma non vi badò, ancora troppo stordita e leggermente spaventata continuò a tenere gli occhi chiusi stringendo i pugni mentre tentava di regolarizzare il respiro.
Dopo una manciata di secondi, che per Angelia potrebbero essere stati tranquillamente scambiati per delle ore, una voce fin troppo conosciuta la riportò alla realtà.
“hai intenzione di toglierti di dosso o vuoi restare qui ancora per molto?!” Asserì bruscamente.
Angelia aprì di scatto gli occhi, rendendosi finalmente conto che quello a cui si era aggrappata non era il pavimento, ma il petto del cacciatore. In imbarazzo e con un velo di rossore a tingerle le gote, causato dall’improvvisa vicinanza, si scostò bruscamente dal petto dell’uomo tirandosi a sedere, senza però riuscire a mascherare una smorfia di dolore.
“Tutto apposto signorina Sanchez?” Era stato di nuovo Thomas a parlare.
“Si sto benone, sono solo un po’ ammaccata…” Rispose lanciando un’occhiata in tralice al cacciatore che la guardava seccato.
“Meno male che stai bene per un attimo ho temuto il peggio, per una volta il buzzurro ha fatto qualcosa di utile!” Esclamò raggiante la rossa, avvicinandosi a lei.
“Ehi!” Zoro cercò di protestare arrabbiato, ma la sua protesta fu accantonata in un istante dalla voce della corvina.
“Ragazzi, credo che non sia il momento adatto per litigare!” Dalla sua voce traspariva una sicurezza che indusse tutti i presenti a volgere la loro attenzione su di lei.
Nicorobin teneva in mano il diario ritrovato da Angelia.
“Credo sia piuttosto il caso si parlare d’affari!”

 
 
 
Angolo “autrice”
Ehm… Che dire… Sono in ritardo.
Scusate… Lo so che sono un disastro, ma in questi giorni sono incasinatissima, ho ricominciato l’università e se voglio cercare di concludere qualcosa quest’anno dovrò dare esami a rotta di collo, perciò non ho molto tempo per scrivere, ma ci tengo a questa storia e anche se lentamente farò di tutto per portarla a termine.
Spero solo che mi facciate sapere cosa ne pensate, se fa schifo se è passabile o se devo bruciare la tastiera e smetterla, insomma qualsiasi cosa andrà bene! E spero anche di aver descritto decentemente quel poco che conosco di Parigi.
Spero solo di non aver commesso troppi orrori, ho riletto un sacco di volte cercando di non farmi sfuggire nulla e spero solo di esserci riuscita!
Bien, ora vo lascio, ringrazio tuti quelli che seguono e leggono questa storia e se vorrete spendere due minuti per farmi sapere la vostra opinione vene sarei grata.
A presto (spero) baci Lucy <3
  
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