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Autore: alicehorrorpanic    16/10/2014    11 recensioni
[Piccola revisione in corso: fino al settimo capitolo modificato]
**********
«Senti coso, tu non mi trascinerai da nessuna parte, punto primo» gli puntai un dito contro e presi un respiro «punto secondo, non sono una di quelle che cascano ai tuoi piedi con un battito di ciglia»
«A me sembra che non ti sia dispiaciuto così tanto guardarmi»
Inclinai la testa e lo esaminai.
«Detto tra me e te, ho gusti più raffinati»
Lui rise, tenendosi la pancia con le mani.
«Non inventare cazzate solo per non ammettere la verità»
«Non sto dicendo cazzate»
«Allora vorresti dire che preferisci un tipo come Fiocchi, secchione, occhialuto, basso, a uno come me, alto, bello e affascinante?»
«E arrogante, stronzo, idiota» elencai con le dita «potrei continuare fino a domani mattina» lo fissai inclinando la testa.
«Se passi con me la notte puoi continuare a insultarmi fino a domani» ghignò e cercò di avvicinarsi di nuovo.
Più cercavo di mantenere le distanze più lui era vicino.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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- Questa storia fa parte della serie 'killkisskill'
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CAPITOLO TRENTUNO - HEART ATTACK




NICCOLÒ

Ero seduto al bar ad aspettare Chris già da più di mezz'ora e quel cretino era in ritardo come al solito.

Sbuffai per l'ennesima volta e buttai giù in un sorso lo spritz che avevo ordinato.

Sospirai sollevato quando lo vidi varcar la soglia del locale, alla buon ora, pensavo di trasferirmi li cazzo.

«Ma dove ti eri cacciato?»

Gli domandai infastidito per l'attesa mentre si sedeva al mio fianco.

«A salvare una principessa smarrita.»

Disse tranquillo ordinando una pepsi.

«Una che?»

Chiesi stranito alzando un sopracciglio.

Ma che si era fumato nel tragitto?

Doveva decisamente cambiare pusher.

Sospirò e si passò una mano tra i capelli, e io continuavo a guardarlo attendendo una risposta.

«La Bucci.»

Disse annoiato e io mi paralizzai.

Alice?

Che cazzo le era successo?

Era stata male? Stava bene?

Dio, ma che discorsi da romantico cronico stavo facendo?

Dovevo ripigliarmi al più presto.

«Che cazzo ha combinato?»

Dissi in tono falsamente menefreghista.

In realtà morivo dalla voglia di sapere tutto, ero peggio di quelle vecchiette pettegole insopportabili.

«Mah, niente, si era solo addormentata su una panchina al parco, se non l'avessi vista io sarebbe ancora là.»

Alzò gli occhi al cielo divertito e proseguì:

«Certo che una più strana non potevi cercartela.»

E ridacchiò di nuovo.

Ma che cazzo rideva poi, l'avrei preso per il culo io quando si sarebbe preso una fissa per qualcuna.

Che pensieri sdolcinati sto facendo stasera?

Ho pensato davvero ad Alice come una fissazione?

Si, cazzo, e credo non ci sia cosa più vera.

Vederla abbracciata a quel demente mi aveva fatto salire il sangue al cervello, ma ora era stato messo fuori gioco.

Pensavo a lei nei momenti più strani e imbarazzanti, senza quasi rendermene pienamente conto, e non ci poteva far niente.

Non riuscivo a togliermela dalla testa, non riuscivo a fare un cazzo senza che lei mi attraversasse la mente.

Vederla era la cosa più bella della giornata.

Se non ci fosse sempre Arianna tra i coglioni sarebbe perfetto.

Lei mi dava altamente sui nervi, non si era regolata e la scenetta di stamattina ne era la prova evidente.

Si era vestita, anzi svestita per fare colpo su di me, peccato che a me non facesse nè caldo nè freddo.

Certo, ero pur sempre un ragazzo e avevo guardato, soffermandomi anche a lungo sulla scollatura, ma niente di che.

Come quando trovi il tuo piatto preferito e vuoi solo quello, non ne vuoi sapere degli altri.

Stessa cosa per Alice, Arianna non era lei e mi piaceva troppo.

«Cazzo, ma mi stai ascoltando?»

Chris schiocchiò la lingua e sbuffò.

«Mh?»

Mi ero perso nelle mie seghe mentali davanti al mio amico, l'ideale proprio.

«Stavo dicendo, quelle due hanno litigato e stanno litigando per te.»

Si incupì e poggiò le mani a pugno sul tavolo.

«Sei geloso?»

Chiesi sarcastico alzando un sopracciglio.

«Di non essere conteso tra due ragazze?»

Scosse la testa e alzò le braccia. «Non sia mai, non voglio diventare un pazzo.»

Feci spallucce e addentai una patatina dell'aperitivo che avevo ordinato.

«Comunque dovresti prendere la situazione in mano tu.»

Affermò serio che quasi gli scoppiai a ridere in faccia.

«E perdermi tutto il divertimento?»

Storsi la bocca in un sorrisetto furbo.

«Non fare il cretino, si stanno ammazzando per te. Erano amiche cazzo, guardale ora, sembrano due tigri pronte a sbranarsi alla prima occasione.»

Mormorò con tono incredulo, quasi non ci credesse neanche lui.

«Mi stai dicendo che dovrei fare da paciere?»

Chiesi poco convinto.

Sinceramente, avevo quasi paura a mettermi tra loro due.

«Ti sto dicendo di mettere fine a questa guerra, prenditi chi vuoi e basta.

L'altra se ne farà una ragione e tra qualche anno ne rideranno su, forse.»

«Da quando sei diventato così saggio?»

Chiesi sfrontato.

«Da quando hai perso la testa per quella, uno dei due deve essere ragionevole.»

Disse dandosi un tono altezzoso.

«Ma finiscila, un giorno ti sentirai rincoglionito come me.»

Azzardai, pentendomi un secondo dopo di quello che mi ero lasciato scappare.

«Quindi lo stai ammettendo!»

Quasi si illuminò e mi puntò il dito contro.

«Che cazzo ti urli coglione.»

Sussurrai irritato.

Mi dava fastidio la gente che si girava e ficcava il naso negli affari altrui, i cazzi loro mai?

«Non fare il permaloso, dillo che ti piace, che non fai che pensare a lei, che è la tua vita, che non puoi vivere senza di lei..»

Mi stava venendo il vomito, seriamente.

Quelle erano stronzate da ragazzini arrapati cazzo.

Non mi sarei abbassato ai loro livelli per sentirmi ridicolo io stesso.

«Dacci un taglio bro.»

Sbraitai seccato.

«Non uscirà niente del genere dalla mia bocca, non sono il tipo.»

«E allora che tipo sei?»

Chiese con una sorrisetto furbo da volpe. Che idiota.

«Non sono nessuno, ero quello che scopava con tutte per divertirsi e niente di più, senza sentimento e senza impegno, punto.»

«Eri?»

Disse con un tono quasi di speranza.

«Cosa?»

Lo guardai confuso, che avevo detto?

«Hai detto che eri quello che scopava con tutte, ora non sei più così?»

Ma perché sembra assomigliare sempre di più a un incontro con lo psicologo?

Sbuffai e annuii.

Non avevo il coraggio di dire ad alta voce che non avevo più toccato nessuna dopo di lei. Non mi era costato neanche tutta quella fatica, semplicemente non ne avevo più voglia. Volevo lei e non una qualunque.

«Stai dicendo che non scopi da..da quanto? Almeno due settimane ci stanno.»

Sorrisi per la sua espressione buffa, era sconvolto anche lui.

«Non ci credo.»

Sentenziò convinto incrociando le braccia al petto.

«Fai come cazzo ti pare.»

Ribattei esausto.

Quella seduta dallo psicanalista mi aveva sfinito.

«Vado a pagare e ce ne andiamo.»

Dissi deciso e mi alzai per dirigermi al bancone.

La ragazza alla cassa continuò a guardarmi di sottecchi mentre mi faceva il conto, ma feci finta di non notarlo.

Quando mi porse lo scontrino ci infilò anche un biglietto con il suo numero di telefono sopra.

Decisamente squallido, anche per me.

Sorrisi indifferente e buttai il pezzetto di carta per strada.

«Ehi, che cos'era?»

Chiese Chris curioso mentre mi accendevo una sigaretta.

«Il numero della ragazza alla cassa.»

Risposi annoiato.

«È carina? Potevi darlo a me!»

Disse mettendo il broncio, ma sapevo che non stava dicendo sul serio.

«C'è di meglio sulla piazza.»

Buttai fuori il fumo e pensai a lei.

«Non lo nego.»

Ribatté lui alzando le braccia in segno di assenso.

E non so perché, qualcosa mi disse che anche lui aveva in mente una persona.





ARIANNA

“Con gli occhi da matti graffi sulle nocche Io non sono meglio ho già fatto a botte Ho lasciato il mio segno fuori dalla tana questo è il mio regno

Lei mi può nominare ma non mi può domare difendo il trono reale Prendo pure lui non mi faccio dominare almeno che non sono io a farglielo fare”

Era martedì e tutto procedeva nei migliori dei modi.

Ero sempre nello stesso banco di fianco ad Alice, che ogni tanto mi lanciava occhiate cariche di odio, ma facevo finta di non vederla.

Non mi importava cosa pensava lei, io avrei proseguito per la mia strada. Non mi sarei arresa.

Non volevo rinunciare a lui, non dopo quello che era successo tra noi.

Non poteva far finta di niente, che non mi importasse nulla.

Io volevo farlo ancora, sentire le sue mani su di me, avere il suo profumo addosso, il suo corpo sul mio, i suoi sospiri, i suoi ansiti..

Mi stavo perdendo in ricordi dolorosi e stavo per perdere l'occasione di mettere in atto ciò che mi ero prefissata.

Era suonata da poco la campana dell'intervallo e in classe non c'era nessuno, un punto a mio favore.

Mi avvicinai alla mia sedia e iniziai a frugare nello zaino di Alice: era così stupida che lasciava il telefono incustodito.

Per mia fortuna quel giorno non fece eccezione.

Maneggiai per trovare ciò che mi interessava e mandai un messaggio:

“Devo parlarti, è urgente. Alle 3 al castello.”

Rilessi ciò che avevo scritto con un sorriso malefico stampato in faccia e inviai.

Dopo aver avuto la conferma della consegna lo cancellai.

Conoscendolo non avrebbe risposto ma si sarebbe riempito la testa di punti interrogativi.

Misi tutto a posto come lo avevo trovato e uscii dall'aula soddisfatta.

È divertente essere stronzi.

Il giorno prima mi ero data alla pazza gioia da ti a tutti, ridendo dentro di me degli sguardi e delle espressioni sorprese che tutti avevano in faccia.

Presentarmi alla lezione di ginnastica con una tuta striminzita aveva avuto l'effetto sperato, infatti Nico mi aveva guardata abbastanza a lungo da ritenermi soddisfatta.

Mi ero pure impegnata ad andargli a sbattere addosso quasi di proposito mentre stavamo giocando, un po' per mio vantaggio personale un po' per far capire ad Alice chi comandava.

Non avevo messo in conto la sua reazione, abbastanza violenta di buttarmi a terra come un sacco, ma per fortuna non mi ero rotta niente.

La parte più difficile era uscire illesi dal preside, ma io ero innocente, era lei che mi era arrivata addosso con l'intento di mettermi fuori gioco.

Mi ero scaldata quando mi aveva chiamata anonimamente come sua compagna di classe, ma come darle torto, ero diventata da migliore amica a peggiore nemica in cinque minuti.

E poi mi veniva a dire di fare la persona razionale, a me.

Dopo aver fatto tutto quel casino voleva che mi ritirassi, che facessi un passo indietro.

Col cavolo, se lo poteva scordare.

Avevo il mio obiettivo e volevo raggiungerlo, ad ogni costo e pericolo.

E non potevo certo tirarmi indietro perché lei non voleva combattere.

In quel caso avrei vinto io.

Le lezioni stavano per ricominciare così mi risedetti al mio posto annoiata e desiderosa più che mai dell'arrivo del pomeriggio.

Vidi entrare Nico con il telefono in mano e un'espressione sorpresa in volto.

Non sapeva cosa gli aspettava quel giorno.

Con nonchalance gli andai vicino e mi sporsi verso di lui.

«Mi presteresti il tuo telefono? Devo mandare un messaggio e non ho più soldi.»

Dissi in tono civettuolo cercando di essere più convincente possibile.

«Che?Scordatelo!»

E mi guardò truce attraverso quei due occhi azzurri.

«Dai, solo per cinque minuti.»

Feci la faccia da cucciolo abbandonato e lui sbuffò.

«Non puoi chiederlo alla tua amica?»

Disse seccato guardandomi negli occhi.

«Abbiamo litigato e Muoviti a darmi il telefono prima che arrivi il prof!»

Mi affrettai a dire decisa.

«Che palle.»

Sospirò e mi passò il suo palmare.

Gli sorrisi compiaciuta e mi allontanai quel tanto che bastava per non farmi vedere.

Andai sulla conversazione con Alice e scrissi velocemente:

“Ho bisogno di parlarti, vediamoci oggi alle 3 al castello. Non accetto un no come risposta. Ci incontriamo là.”

Inviai il messaggio e ne scrissi un altro a un mio vecchio numero per reggermi il gioco.

Cancellai quello mandato alla mia nemica e gli riposo il cellulare nella tasca davanti dei jeans, facendolo sobbalzare sulla sedia sorpreso.

«Grazie.»

Dissi e gli lasciai un bacio sulla guancia.

Tornai al mio posto e proprio in quel momento entrò il professore di matematica, che iniziò a spiegare a manetta non so quale argomento perché con la testa ero già alla mia vittoria.

****

Il castello era uno dei punti di ritrovo più frequentato da tutti i ragazzi, immerso nel verde e nella natura, e quel giorno non faceva eccezione, nonostante fossimo già a novembre.

C'era sempre qualcuno che ci faceva un salto, per rilassarsi o per portare fuori il cane, ogni scusa era buona.

Ero arrivata da poco e stavo calpestando l'erba sotto le scarpe nervosamente. Non vedevo l'ora che lui arrivasse.

Avevo aspettato quel momento tutta la mattina, da quando avevo mandato i messaggi.

Chissà come avrebbe reagito.

E Alice sarebbe sopravvissuta?

Non mi importava di lei, io volevo solo lui.

Come se mi avesse letto nel pensiero vidi un ragazzo seduto su una panchina di pietra, teneva tra le mani il telefono e si guardava attorno circospetto.

Aveva un ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte, sfuggendo dalla cuffia grigia e le guance arrossate dal freddo

Come faceva ad essere così bello in ogni occasione?

Senza un capello fuori posto, sempre perfetto.

Mi avvicinai da dietro e gli misi le mani sulle spalle come per massaggiarlo.

Lo sentii sospirare e rilassarsi, prima di parlare.

«Era ora che arrivassi, sto morendo di freddo.»

Disse in tono divertito.

Sorrisi e avrei voluto davvero che fosse felice di vedermi.

Peccato che lui si aspettasse Alice e non me.

Dettagli irrilevanti.

Accennai una risatina nervosa e iniziai ad accarezzargli le braccia attraverso il giubbotto.

All'improvviso mi prese per un polso e mi portò davanti a sè.

La sua espressione cambiò radicalmente e passo a un'espressione irritata e incredula.

«Che cazzo fai tu qui?»

Mi aggredì e si alzò da dove era seduto.

«Quello che ci fai tu.»

Affermai sicura alzando un sopracciglio.

«Non sono qua per te.»

Disse deciso e duro, che mi provocò un calcio nello stomaco. Ma non ci badai.

«Ma io si.»

Sussurrai avvicinandomi a lui.

«Che cazzo vuoi dire? Hai organizzato tu questa scenetta patetica?»

Sbraitò infastidito cercando di prendere le distanze.

Sorrisi beffarda e gli misi le mani sul petto.

«Stai calmo.»

«Calmo un corno, arriverà anche Alice vero?»

Chiese frustrato guardandosi in giro.

«No, non arriverà. Mi serviva solo una scusa per uscire con te.»

Mentii e lui smise di dimenarsi.

«Dinne una migliore.» Sbuffò alzando gli occhi al cielo.

«Ma è la verità.» E mi aggrappai alle sue spalle forti, per essere più a contatto col suo corpo.

«Smettila di recitare.» E mi tolse le braccia che erano quasi finire intorno al suo collo.

Non mi aveva ancora lasciato le mani, forse per assicurarsi che non lo toccassi più, ma non aveva fatto bene i calcoli.

Sorrisi strafottente e portai le sue mani all'altezza del mio seno.

«Ma che cazzo stai facendo!.»

Disse quasi imprecando e cercando di staccarsi da me.

Ridacchiai e lo fissai negli occhi.

«Perché non lo vuoi ammettere?»

«Ammettere cosa?»

Domandò seccato fissandomi.

«Che mi vuoi, ancora. Il tuo corpo me lo sta dicendo, cerchi di starmi lontano ma non riesci a resistermi.»

Mormorai a un soffio dal suo viso.

«Cosa? Non dire stronzate!»

E si divincolò inutilmente.

«Non ci credo.»

Dissi ancora più vicina a lui, ancora più vicina a toccare le sue labbra.

«Credici cazzo.»

«Non vuoi neanche fare una prova?»

Dissi furba muovendo le mie mani in circolo sopra le sue sul mio petto.

Lo sentii sospirare e deglutì rumorosamente.

«Arianna, smettila di giocare.»

Ansimò con voce quasi roca.

«Ma io non sto giocando.»

E feci scendere le sue mani dal seno ai fianchi, per poi arrivare fino al fondoschiena.

Strinse gli occhi e socchiuse la bocca.

«Arianna, davvero, io non..»

Lo interruppi prima che potesse continuare.

«Non dire niente.»

E feci sfiorare le nostre labbra, approfittando del fatto che lui avesse gli occhi chiusi.

Mi mancava da morire il suo sapore.

Lo sentii stringere di più la presa sul mio corpo e sorrisi sulla sua bocca.

«Lasciati andare.»

Sussurrai e cercai di approfondire il bacio.

Lui non si staccò e seguì il mio consiglio.

Si rilassò e prese in mano la situazione.

Mi baciò come se fosse affamato, come se non baciasse da giorni, come se non aspettasse altro.

E io ero la risposta alla sua astinenza.





ALICE

Quando avevo letto il suo messaggio non ci volevo credere, non era una cosa possibile che lui mi avesse quasi costretto ad uscire con lui.

Per cosa poi?

Per umiliarmi?

Per dirmi che voleva me e non Arianna?

O il contrario?

Lo avrei scoperto presto.

Ma stavo già tremando.

 

La mattinata era trascorsa come sempre, a parte il siparietto con la mia compagna di banco che non mi aveva rivolto né una parola né uno sguardo.

Avevo quasi sperato che si scusasse, che si fossee pentita, ma niente.

Tutto rimaneva in bilico, pericolosamente.

E io avevo fatto finta di niente, che non mi importasse minimamente, che non ne stavo soffrendo.

Ero quasi una maga a nascondere i miei sentimenti dietro una maschera, dietro al muro, sotto a una corazza.

Lore era ritornato a scuola, mi aveva guardato, alternando lo sguardo da me a Nico e aveva scosso la testa.

Che ci potevo fare se avevo perso la testa per la persona che avevo odiato di più al mondo?

Nulla, non potevo cambiare le cose, non potevo erdinare a me stessa di smettere.

Non potevo e non volevo.

Il mio cuore avrebbe continuato a uscirmi dal petto ogni volta che lo avrei visto.

 

Il castello era grande, enorme e non avevo idea di dove cecarlo, in più stavo trasformando in un pinguino.

Non potevamo incontrarci in un posto chiuso e al caldo?

Doveva sempre farmi soffrire in qualche modo?

 

Frugai nella borsa per recuperare il telefono, non avevo intenzione di congelare lì fuori per lui.

Avrei fatto di tutto ma quello superava ogni limite.

 

Lo trovai e stavo per chiamarlo quando alzai gli occhi e mi mancò il respiro.

Non potevo crederci.

Non poteva essere vero.

Non..e basta.

 

Deglutii e strinsi gli occhi per accertare che non fosse un sogno, che stesse accadendo tutto davanti a me.

 

Così troppo reale.

Così troppo stretti l'uno all'altro.

Così uniti.

Così affamati.

Così..

 

Lasciai cadere a terra il telefono in un momento di shock paralitico.

Mi sarei messa ad urlare ma mi sentivo la gola secca.

Non riuscivo a parlare, a respirare, a muovermi.

Ero pietrificata.

Da cosa?

Dal dolore, dall'amarezza, dal disgusto, da tutto quello in cui avevo creduto come una stupida.

Come una bambina credulona.

E inverce tutto era stato spezzato, il mio cuore, le mie ossa, i miei polmoni, davanti ai miei occhi.

 

Però si erano fermati, si erano girati e mi avevano vista.

Arianna con la sua faccia da stronza soddisfatta perchè aveva avuto ciò che voleva, ciò per cui aveva combattutto.

Ora era suo.

 

 

Lui aveva una faccia sorpresa, sconvolta, continuava a cambiare espressione e sembrasse non capire.

Cosa c'era poi da capire?

Lui aveva fatto la sua scelta, aveva preso lei, aveva baciato lei.

Non me.

Non aveva baciato me.

Non mi aveva stretta in quel modo così possessivo, così famelico, così bramoso.

 

E continuava a fissarmi come se fosse ipnotizzato, come lo ero io.

 

Poi, ad un tratto, si staccò da lei così velocemente che quasi Arianna perse l'equilibrio e si riaggrappò a lui per non cadere.

 

Non potevo andare avanti a guardare.

A soffrire.

A far finta che andasse tutto bene.

 

Gli occhi iniziarono a pungermi, a bruciarmi, si stavano riempiendo di lacrime che provai a non far uscire.

Ma inutilmente.

Rigarono il mio viso, lentamente, con cura, sotto il suo sguardo.

 

Dovevo scappare, corerere, andare via da lì.

Ma le mie gambe stavano ferme, erano bloccate a terra.

Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi per non strozzare entrambi.

Lore aveva ragione, Nico era uno stronzo e io non ci avevo creduto.

Pensavo che fosse cambiato.

Penavo che con me fosse diverso.

Pensavo che avremmo potuto costrire qualcosa.

Pensavo tante stronzate che non si sarebbero mai realizzate.

 

Eppure ero sicura, Gaia aveva detto che lui voleva me e Chris l'aveva confermato.

Cosa era andato storto?

Ci avevo creduto troppo?

Forse.

Decisamente si.

Raccolsi il telefono da terra e mi girai.

Quella scena era ancora incisa nei miei occhi, e volevo distruggerla.

Feci qualche passo e mi bloccai.

Una presa forte si era serrata intorno al mio polso e non voleva lasciarmi.

Mi girai di scatto nervosa e mi ritrovai a poca distanza da lui.

Così poco da poterlo baciare. Ma non l'avrei mai fatto, non dopo quello che era successo. Voleva parlare, lo vedevo, ma non lo feci neanche iniziare.

Alzai l'altro braccio e con tutta la forza e la rabbia che avevo dentro gli diedi uno schiaffo. Uno di quelli che non di scordano.

Uno di quelli così forti da farti girare la testa.

Uno di quelli così carichi di dolore da farti tremare tutto.

«Sei uno stronzo e io una stupida. Mi fai schifo.»

Ringhiai e lo lasciai con una mano sulla parte dolorante del viso con una faccia incredula e nello stesso tempo seria.

 





NICCOLÒ

Vedermela li da ti in quello stato mi fece barcollare.

Il suo sguardo, le parole pronunciate così duramente furono un colpo. S

apevo di essere uno stronzo coi fiocchi ma speravo di riuscire a fermarmi.

Invece no, ero caduto più in basso di sempre.

Che testa di cazzo.

Volevo seguirla, volevo asciugare le sue lacrime, volevo abbracciarla, volevo baciarla, volevo lei e basta.

Nessun'altra mi sarebbe bastata.

Ma io sono un coglione, non la merito e non la meriterò mai.

Una mano mi stringeva il braccio e chiusi gli occhi, cercando di sbollire la rabbia.

«Staccati da me.»

Ringhiai così duramente che non riconobbi neanche la mia voce.

«Lasciala andare, noi due ci bastiamo.»

Disse con tono quasi sensuale.

Ma che cazzo, non l'ha vista mentre scappava?

Non ha visto il dolore nei suoi occhi?

Che cazzo, aveva i veli sugli occhi?

Mi girai verso di lei, che quasi sorrideva per aver conquistato il trofeo.

«Non sai che cazzo stai dicendo.»

Dissi serio fissandola negli occhi.

«Stiamo bene io e te insieme, è questo che conta.»

Affermò con tono sicuro.

Ma perché continuava a parlare per i cazzi suoi?

Adesso la butto a terra.

«Finiscila di dire stronzate.»

Sbottai seccato sbuffando.

«Non sono stronzate, è la verità. Noi due siamo uguali, ci completiamo, per questo stiamo bene insieme.»

Affermò decisa e sicura.

«Ma ti senti? Non voglio stare con te!»

Urlai quasi, in preda a tremila sentimenti contrastanti: rabbia, dolore, sofferenza e la voglia di buttare giù un muro.

«Hai perso la memoria per caso? Siamo andati a letto insieme e mi ha baciato fino a pochi secondi fa!»

Mi guardava fissa, con la bocca spalancata in una smorfia.

«Cazzo, si che mi ricordo! Ma non vuol dire un bel niente!»

Ero esasperato da quella situazione, volevo mandarla a fanculo e correre da Alice.

«Si invece, vuol dire tutto!»

Si impuntò, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi.

«Non significhi nulla per me, non sei nessuno, Dio, non mi interessa una cazzo di te, va bene?»

Crudele, ma era necessario.

Non volevo illuderla ancora.

Non quando le avrei tirato un pugno in faccia molto volentieri.

Cazzo, dovevo calmarmi.

Espira, Inspira.

«Che cosa?»

Disse con un filo di voce, incredula.

Stava diventando sempre più pallida.

«Non dirmi che credevi che io provassi qualcosa per te! Sei una stupida se lo hai creduto fino ad ora.»

Dissi adirato più che mai e aggiunsi.

«Sei una bambina se hai messo su questo casino per litigare con Alice, lei è troppo per essere tua amica. E per essere mia.»

Mormorai a denti stretti.

«Come hai potuto?»

Disse quasi sussurrando.

«Hai fatto tutto da sola, hai rovinato tutto, hai perso quello che avevi.»

Sospirai amareggiato perché la capivo.

Io avevo appena perso per sempre l'unica persona che mi era piaciuta veramente.

Che aveva abbattuto la mia corazza da duro.

Che mi aveva fatto battere il cuore.

Troppo sdolcinatezza, ma era la verità.

Cosa avrei fatto ora?

Lei mi odierà più di prima e non posso darle torto.

Sono un coglione, me lo merito.

«E poi tu giochi sporco, non ti avrei mai baciata se non mi avessi distratto.»

Imprecai fra i denti, dando la colpa a lei.

Ma era anche colpa mia, mi ero lasciato trascinare, immaginando che ci fosse un'alta davanti a me.

La testa impazzisce quando si è innamorati, ti fa vedere cose che desideri tremendamente.

«Mi hai usato come io ho usato te. Fine della storia.»

Mi passai una mano sul volto respirando forte.

«Non puoi lasciarmi così.»

Disse con tono implorante.

«Si che posso, non abbiamo niente di cui parlare, niente da condividere, niente da fare insieme. Quindi lasciami stare e guarda altrove.»

Dissi sospirando.

«Dimenticati di me, io non ti voglio nè ora nè mai, fattene una ragione.»

Aggiunsi serio.

«Neanche lei ora ti vorrà più.»

Disse e mi colpì in pieno petto.

Adesso la butto sotto a un camion, almeno chiude quella cazzo di bocca.

Strinsi i pugni e soffiai:

«Vedremo.»

Ma non ci credevo neppure io.

Non mi avrebbe più guardato, parlato, toccato, baciato.

Al solo pensiero mi si gelava tutto il corpo.

Non potevo fare a meno di lei, non ora che non riuscivo a pensare ad altro.

Non ora che mi ero accorto di amarla senza controllo.









ANGOLO AUTRICE
eccomi qua sono viva ahah
ho cercato di fare un capitolo più lungo anche perchè non aggiorno più tanto spesso, spero vi piaccia!
adesso cosa succederà, Alice perdonerà quel cretino patentato? u.u
ah, il canguro è tornato alla riscossa ahahah
baci e abbracci

  
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