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Autore: Serpentina    20/10/2014    7 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Vi siete riprese dalla notizia-bomba dello scorso capitolo? Faith no, e faticherà ad accettare l’idea di diventare mamma. In effetti non ce la vedo a destreggiarsi tra pappe e pannolini… e voi? ;-)
 
AAA: coraggio cercasi

Il coraggio è resistenza alla paura e dominio della paura, non assenza di paura.
Mark Twain

Incinta.
Sono incinta.
Era tutto inutile: neppure il tentativo di stordimento con i Within Temptation ad alto volume le impediva di pensarci; da quasi una settimana ripeteva quelle parole come un mantra. Qualunque cosa facesse, ovunque fosse, viveva nella paura di danneggiare, seppur involontariamente, l’esserino che si stava sviluppando nel suo endometrio.
Aveva perso volontariamente due corse della metropolitana; non aveva voglia di rimettere piede nell’appartamento che divideva col suo Franz e nel quale, con ogni probabilità, era stato concepito quello che si ostinava a chiamare “agglomerato di cellule”. Non aveva avuto il coraggio di guardarlo in faccia e comunicargli la sconvolgente notizia il giorno in cui lo aveva scoperto, e dubitava l’avrebbe mai avuto.
“No, dai, cazzarola, non può scoprirlo da solo! Devo dirglielo!”, pensava, agitando il pugno per spronarsi… invano, dato che ogni volta concludeva “Magari domani!”
Man mano che il tempo passava, giungevano alla sua attenzione nuovi problemi, nuove sfide che la gravidanza l’avrebbe costretta ad affrontare… se avesse voluto portarla a termine.
Si vergognava per quei pensieri, ma non riusciva a reprimerli: era talmente terrorizzata per le ripercussioni che il “cosino” nella sua pancia avrebbe avuto sulla sua vita professionale e sentimentale da sragionare, e considerare un’opzione sotto molti aspetti discutibile, ma fattibile… non tenerlo; quei momenti duravano meno di un battito di ciglia, eppure riuscivano a farla sentire un verme.
“Left in the darkness, here on your own. Woke up a memory, feeding the pain. You cannot deny it, there’s nothing to say: it’s all that you need, to fire away.”
Guardò, senza vederla, la dieta che avrebbe dovuto seguire nei mesi a venire per garantire a se stessa e al “cosino” un adeguato apporto di nutrienti, senza però ingrassare a dismisura. Ecco uno degli aspetti che la spaventava maggiormente: ingrassare. Sin da piccola era stata presa in giro per il suo fisico rotondeggiante, e aveva sviluppato dalla prima adolescenza un rapporto malsano col cibo e col proprio corpo: dire che si detestava era un eufemismo, se avesse potuto si sarebbe rifatta dalla testa ai piedi, con la sola eccezione di occhi, naso e bocca. Sarebbe riuscita a convivere con i fisiologici mutamenti che avrebbe subito il suo organismo, oppure sarebbe ricaduta nelle cattive abitudini del passato al primo chilo in più sulla bilancia e la prima smagliatura? E l’impatto sulla sua vita lavorativa? Sarebbe riuscita a conciliare il suo essere mamma col suo lavoro, al quale non avrebbe mai e poi mai rinunciato? E come avrebbe reagito Franz alla prospettiva di diventare padre? Le sarebbe stato accanto, o sarebbe scappato? Per quanto l’idea la ripugnasse, non sarebbe stato né il primo né l’ultimo a farlo, era un’eventualità da non scartare. Se fosse rimasto, l’avrebbe aiutata? E il loro rapporto? Sarebbe rimasto lo stesso, oppure avrebbe commesso un errore comune a molti uomini, ossia considerarla solamente la madre di suo figlio, non più una donna?
Ebbe voglia di piangere, ma si fece forza e trattenne le lacrime: piangeva poco in generale, e sempre in privato, piagnucolare in pubblico, secondo lei, era da deboli. Mille domande le ronzavano nella testa, domande che necessitavano di una risposta… il problema era: a chi chiedere? I suoi genitori erano da scartare, Führer Rose si sarebbe messa a cianciare di corredini, nomi e reminiscenze del suo estenuante parto (Faith storse il naso, emettendo un verso nauseato) suo padre sarebbe ammutolito, oppure avrebbe avuto un infarto (come la quasi totalità dei padri, si crogiolava nell’illusione che la sua Tartarughina con Franz non si spingesse al di là di qualche bacetto), e non osava pensare alla reazione di Gertrud! Anche i suoi amici erano poco indicati: sebbene stesse dilagando una fertilità straordinaria - Helen Gardiner aveva partorito nove mesi prima, Evangeline e la moglie di Sullivan da poco, e il termine per Abby scadeva tra meno di un mese - non era sicura di ricevere consigli utili, perché Alan, Andrew, Chester Sullivan e Ben avevano desiderato quei bambini forse più delle loro consorti, mentre Franz… beh… l’episodio della settimana precedente - quando aveva chiesto di cambiare tavolo perché accanto a loro si era seduta una coppia con un neonato scalciante e urlante e un bambino che gli aveva fatto le boccacce, per poi passare il resto della giornata a borbottare che certa gente andava sterilizzata alla pubertà - la diceva lunga sul suo “istinto parterno”.
Improvvisamente, dopo tanto pensare, scattò in piedi e corse su per le scale mobili; era stata colta da un’illuminazione: sapeva a chi rivolgersi, non doveva fare altro che prendere il primo treno in direzione Knightsbridge.

 
***

Adam Cartridge accolse l’amico Keith Allen con un sorriso e il compassionevole –Deduco che è andata male. Vieni, consolati con una pinta.
–Cosa ti fa pensare che è andata male?- rispose l’altro, reduce da un week-end di riconciliazione con la sua “fidanzata-non fidanzata” Connie Bishop.
–Sei qui. Se vi foste almeno chiariti, saresti con lei- replicò Adam scrollando le spalle.
–Sei malpensante e degno cugino di quel maiale di Brian- sbottò Keith. –Non ti permettere di pensare a Connie in quel modo: non è quel genere di ragazza, non mi salterebbe addosso così, come niente fosse, dopo quello che è successo tra noi!
–Mi hai sentito alludere al sesso?- obiettò il giovane Cartridge, una volta accertatosi che il caos generale del pub avrebbe coperto la loro conversazione. –Intendevo che, se Connie avesse aperto uno spiraglio di miglioramento in quella ridicola farsa che è il vostro rapporto, adesso saresti con lei… a cena fuori, a guardare un film sul divano avvinghiati l’uno all’altra, a regredire all’infanzia con la fontana di cioccolato che vi regalai per l’inaugurazione della casa… certamente non qui a scolare birra con questa faccia da funerale!
–Non ho una faccia… oh, a chi voglio darla a bere? Hai fatto centro: sono incazzato nero. Connie è stata scostante, tollerava a malapena che la prendessi per mano. Questa parentesi scozzese è stata un completo fiasco!
–Cosa ti aspettavi? Che ti baciasse al chiaro di luna e si accoccolasse tra le tue braccia per dormire? Cazzo, Keith, ti credevo intelligente!- esclamò Adam prima di ingollare un lungo sorso di birra alla spina (guarda caso, rossa).
–Più sono gentile con lei, più mi tratta a pesci in faccia… è assurdo!
–Ripeto: ti credevo intelligente- scherzò Adam, per poi aggiungere, di fronte all’espressione iraconda dell’amico –Hai mollato quella poveretta senza tante cerimonie…
–E me pento amaramente! Sto cercando di rimediare, io…
–Fammi finire. Hai mollato Connie senza tante cerimonie, tra l’altro confessandole di avere un’altra. Mettiti nei suoi panni: se il tuo ex, che sta con un’altra e non ti sfiora da mesi, cominciasse improvvisamente a cercare un contatto, cosa penseresti? Personalmente, che ha bisogno di un bravo psichiatra… oppure che si sta prendendo gioco di me.
–Ma non è vero! Non voglio prendermi gioco di lei!
–Oh, lo so. E’ la Ciambellina - per dirlo come Nicky - che devi convincere, e ti suggerirei di cominciare dando il benservito a quell’altra poveretta: meglio troncare con classe che rischiare di essere evirato perché l’hai chiamata col nome sbagliato nella foga di una scopata!
Profondamente offeso dalle affermazioni del suo amico, Keith storse la bocca in una smorfia perfida e soffiò –Adesso si spiega perché hai voluto metterti con quello stecchino antipatico!
–Cosa vorresti insinuare?
–Nulla. A differenza tua non insinuo, dico in faccia ciò che penso: preferisci tenerti il premio di consolazione, piuttosto che impegnarti a conquistare la vetta del podio. Non ami Momo, neanche ti piace, ti fa solo comodo perché è un bel trofeo da sfoggiare e non rischi di lasciarti sfuggire il nome sbagliato quando te la sbatti!
Adam, con enorme sconcerto di Keith - che si aspettava di venire pestato - non tentò di negare, si limitò a sospirare mestamente, con un’aria tormentata da artista romantico –Non poter avere quello che vuoi non significa non poter avere niente.
–Senza offesa, ma dai dei consigli da schifo: guarda dove ci ha portati! Errare è umano, può capitare che ti cadano le palle dalla paura di affrontare la vita, l’importante è riattaccarsele e lottare: fa’ come credi, tieniti pure la copia malriuscita di Nicky, io mi riprendo Connie! Non importa se mi odia, se ha un altro, se dovrò rifare tutto da capo, stavolta andrà bene perché ho la saggezza dell’esperienza.
“You can’t live without the fire! It’s the heat that makes you strong, ‘cause you’re born to live and fight it all the way!”
–L’esperienza non è altro che il nome che diamo ai nostri errori- asserì Adam. –E questa storia delle palle col velcro attacca e stacca è inquietante.
–Perché cavolo hai citato Wilde?
–Ho pensato si addicesse all’atmosfera decadente delle nostre vite- rispose lui senza scomporsi. –In alto i calici, ehm, i boccali, amico mio, brindiamo a chi soffre per amore!

 
***

Faith sedeva sul ciglio del divano e fissava la padrona di casa con palese nervosismo, leccandosi il labbro che aveva morso fino a farlo sanguinare.
–Aspetti un bambino?- ululò, infine, impallidendo al punto che l’altra si preparò psicologicamente a prestarle cure mediche. –Tu? E’… è di Franz, vero?
–No, l’ho concepito per partenogenesi! B, porca miseria, soltanto io ho il diritto di abbandonarmi all’isteria!- gnaulò Faith isterica, battendo un pugno sul tavolino, facendo così rovinare sul pavimento in parquet il piattino in precedenza pieno di biscottini. Mentre raccoglieva i cocci, esalò –Oh, no! Scusa, scusa, scusa! Te lo ripagherò, ti… maledizione alle mie mani di burro! Se non riesco a tenere intero un piatto, figurati un esserino! L’universo mi invia segnali che non sono tagliata per fare la mamma.
–Segnali che dovresti calmarti, più che altro- replicò la pluridivorziata con una smorfia divertita. –Fai un bel respiro e dimmi come stai. La verità.
A quel punto l’altra cominciò a piagnucolare.
–Grazie, B. Grazie. Sapevo che sei una buona amica, me l’hai appena confermato: voglio bene a te ed Ab come fossimo sorelle, ma, se ci fosse stata lei al tuo posto, si sarebbe messa a strillare, a offrirmi consigli su dove acquistare culla, passeggino e biberon e su come chiamarlo… insomma: si sarebbe interessata più all’agglomerato di cellule che a me.
–Sì, Ab ha questo difetto: è assolutista. Ha un grande cuore, ma non considera il punto di vista altrui, non concepisce che una famiglia non è il sogno di tutte le donne; lo è di molte, ma in queste molte non rientriamo io e te. Io, però, non sono Ab: a me stai a cuore tu… ed eventualmente il cosino lì, ma solo perché sarebbe figlio di una delle mie migliori amiche! Comunque, non hai risposto alla mia domanda: come stai?
–Non male, anche se ammetto che a volte mi sento sull’orlo del baratro… non so cosa fare, B, ho la sensazione che il mondo mi stia crollando addosso, e la colpa è soltanto di questo dannato…
–Agglomerato di cellule. Dovresti trovare un nome più carino per lui - o lei - tra qualche settimana sarà qualcosa di più di un semplice palloccolo informe.
–Forse.
–Forse? Faith, non starai pensando di… dimmi di no, ti prego!
–No, ti prego.
–Fanculo!- sbottò Bridget. –Non scherzare con me, una volta tanto che sono in vena di discorsi seri! Guardami negli occhi e dimmi che non hai pensato di gettare la spugna.
Faith alzò lo sguardo e non riuscì a mentire.
–Ci ho pensato. Più di una volta. Ho… perfino pensato di sbrigarmela da sola, senza coinvolgere Franz: non vuole figli, non lo vorrà, si tirerà indietro e il cosino si ritroverà senza padre! Non so come riesca a pensarlo, ma ci penso di continuo. Sono una persona orribile!
–Sicuramente non sei una candidata per il premio “Donna dell’anno”, ma non essere troppo dura con te stessa- asserì Mrs. Parker-Da Silva-Rodriguez, dandole affettuose pacche sulla schiena. –La maternità non è mai stata una tua priorità, è normale che ti senta sopraffatta. Inoltre hai la fortuna-sfortuna di stare con un uomo non proprio amante dei pargoli: la paura della reazione di Franz aggiunge stress a una situazione già di per sé problematica. Spero per lui che non faccia stupidaggini, altrimenti Demon sarà costretto a una spedizione punitiva, e ci dispiacerebbe rovinare quel bel faccino!
–Potrebbe sempre prenderlo a calci nel culo- suggerì Faith, strizzandole l’occhio.
–Oh, no! Non potrei mai permetterlo! Quel culo è patrimonio dell’umanità!- cinguettò Bridget con invidiabile naturalezza, considerato che stava elogiando il lato B del compagno della sua amica davanti a lei.
–Non so se ridere per la tua sconvolgente spontaneità, o scandalizzarmi perché tu e Demon sbavate sul sedere del mio uomo- ridacchiò Faith, optando poi per una sana risata.
–Una gentildonna non sbava- replicò Bridget altezzosa. –Almeno, non al cospetto di altri.
In quel preciso istante qualcuno bussò alla porta. Bridget, perplessa, andò ad aprire, e rimase di stucco alla vista del visitatore, che reggeva un bambino.
–Demon! Che bella sorpresa! Stavamo giusto parlando di te!- trillò Bridget, esortandolo ad accomodarsi con un gesto teatrale. –E questo angioletto dev’essere… come avevate deciso di chiamarlo?
–Nathaniel- rispose Demon, roteando gli occhi. –Personalmente non mi piace granché, ma Jeff ci teneva tanto… ehi, un momento: stavamo? Chi c’è con te?
–Devil!- gridò Faith, precipitandosi ad abbracciare un vecchio amico. Si era trasferito nella sua scuola dopo la quarta espulsione, e avevano legato immediatamente; Abby e (soprattutto) Bridget, decise a farle superare la rottura traumatica con Brian, avevano pensato di cogliere la palla al balzo e accoppiarli… peccato che Demon avesse altri gusti!
–Serp! Accidenti, che brutta cera!
–Vaf… fambagno!- abbaiò la Irving, correggendosi non appena si accorse della presenza di un minorenne innocente. –Non è che tu sia un adone, eh! Jeff tollera ancora di dividere il letto con te?
Demon ridacchiò –Sai, Serp, Jeff e io non ci limitiamo a dividere il letto, non so se mi spiego… anche se, ahimè, da quando c’è lui l’attività è un po’ calata, ma immagino sia normale quando si ha un figlio.
Bridget eruppe in una risata argentina, gettando la testa all’indietro con abbandono.
–Vedi di non chiudere del tutto bottega, amico, o il tuo Jeff inizierà a “beccare” altrove! E non disilludere la nostra Faith sulla vivacità della vita sessuale dopo l’arrivo dei pargoli!
–Che gliene frega?- sbottò Demon, avvampando. –Lei non vuo… oh. Mio. Dio. Serp, sei incinta!
–Perspicace. Brava, B, spargiamo la voce!- latrò la Irving a braccia conserte. –Perché non lo scrivi su facebook, già che ci sei?
–Davvero? Posso?- pigolò, per poi aggiungere –Rilassati, non lo farei mai. L’ho detto solo per vederti fare la faccia del carlino di Men In Black!
–Lascia perdere il carlino- soffiò Demon, sotto shock. –Serp è incinta! Incinta! Ti rendi conto? Ha… ha… un.. bambino… nella pancia!
–Primo: non è un bambino, non ancora. Secondo: chi ti dice che sia uno? Potrebbero essere gemelli!
Sopprimendo a fatica le risate alla vista di Faith che si esibiva in strani rituali scaramantici, imprecando contro Bridget che le portava sfiga, Demon pose la domanda più temuta dalla sua amica.
–Ehm… Franz come l’ha presa? E’ svenuto? Scommetto di sì, per la reincarnazione di Erode non dev’essere facile elaborare l’idea che diventerà padre- l’espressione di Faith lo indusse a pensare al peggio. –Se l’è svignata? Quel bastardo senza spina dorsale! Per quanto mi dispiaccia spaccargli il bel corpicino che si ritrova, merita una lezione! Io e Jeff andremo a picchiarlo, contenta?
–Non rovinarti la manicure a causa mia, Devil. Franz non mi ha mollata. Lui… ancora non lo sa.
–Non glielo hai detto? Sei una merda!- ruggì. –Cacca, Nate. Papà ha detto cacca.
–Scusa tanto se ho avuto bisogno di tempo per metabolizzare la novità!- sbuffò Faith. –Sai, scoprire di aspettare un bambino non è esattamente come realizzare che i tuoi jeans preferiti non ti entrano più!
Se sperava che Demon sarebbe stato conciliante, si sbagliava di grosso.
–Stronzate!- tuonò. –Cavolate, Nate. Papà ha detto cavolate. La verità è che hai paura!
–Dammi torto!
–Non è sbagliato avere paura… purché non le permetta di dominarti, e tu lo fai, Serp, lo hai sempre fatto!
–Non è vero!
–Lo è: sei pigra e rinunciataria perché hai paura di correre dei rischi- sibilò Demon. –Ogni tua decisione è dettata dalla paura. Ricordi quando inveivi contro il sesso maschile e ti passavi la scopa sui piedi perché non volevi sposarti? La verità è che avevi paura di non trovare nessuno che ti volesse, e allora tanto valeva fingersi indifferente. Dopo il mancato matrimonio eri determinata a restare sola… temevi un’altra delusione. Hai impiegato mesi a fidarti di Franz… temevi fosse della stessa pasta di Cyril. E adesso non vuoi questo bambino perché hai paura di come cambierà la tua vita. Beh, non te l’ha chiesto lui - o lei - di esistere, perciò non fargli pagare i tuoi errori, le tue insicurezze, i tuoi problemi. Cresci, ca… spiterina! Sii coraggiosa, per una volta!
“You can’t hide what lies inside you, it’s the only thing you know. You’ll embrace it and never walk away!”
E’ difficile ammettere di avere torto, specialmente per qualcuno testardo come Faith, però dovette farlo; Demon aveva colto nel segno: si stava facendo dominare dalla paura. Paura che qualcosa potesse andare storto ( era un medico, conosceva i rischi correlati alla gravidanza), paura che nessuno le sarebbe rimasto accanto, paura di essere obbligata a dire addio alla carriera, ma soprattutto…. paura di non essere una buona madre. Dopotutto, non aveva particolari doti o abilità: sapeva a malapena cuocere un uovo, faceva svolgere i lavori creativi e di bricolage a Franz perché non ne era capace e non era un tipo sportivo, andava in palestra per dovere, non per compiacere un istinto narcisistico. Era lontana anni luce dal paradigma della madre ideale che spignatta allegramente, organizza impeccabili feste di compleanno e lascia a bocca aperta le altre madri e i loro bambini. Avrebbe deluso suo figlio ( o figlia segretamente, Faith sperava fosse femmina), non ce l’avrebbe mai fatta a renderlo orgoglioso di lei.
–Io… è difficile, Devil, dannatamente difficile.
–Credi che dare la notizia al tuo figaccione dagli occhi di ghiaccio e uscire indenne dalla gravidanza e dal parto sia la vera sfida?- esclamò Demon, scuotendo il capo. –Spiacente, cherie: il meglio deve ancora venire, e avrà la forma di notti insonni, colichette, capricci, ginocchia sbucciate, malattie infantili, brufoli, crisi d’identità, liti furiose, inconsulti atti di ribellione…
–Grazie. Adesso sì che sono entusiasta di sfornare un bebè!
–Vuoi scherzare? E’ questo il bello!
–Colichette e brufoli?- sbottò Faith, tentando invano di mascherare il sorriso che stava affiorando sulle sue labbra. –Dì un po’, ti sei fatto di talco o altro?
–Spiritosa!- sbuffò Demon. –Vedrai, sarà uno spasso! E poi, male che vada, potrai sempre dedicarti al passatempo preferito dai genitori: lamentarsi dei propri figli!

 
***

Al solo vedere Franz che le sorrideva, Faith si sentì rincuorata, e non poté non baciarlo. Fu una sua battuta inopportuna a rompere la bolla romantica.
–Non è mia abitudine interferire col tuo stile, però… questo giubbino no! Sbarazzatene, ti prego! Donalo in beneficenza, brucialo…. liberatene!
–A me piace: è leggero, ma sufficientemente caldo; comodo, ma femminile; ha un sacco di tasche…
–E comprime l’ottava e la nona meraviglia del mondo!- gnaulò Weil, affrettandosi a tirare giù la cerniera per decomprimere le suddette meraviglie. –Siete libere, bambine, respirate.
–Franz, che stai combinando?- mormorò Faith, tentando di non tradire l’eccitazione.
–Saluto le bambine- rispose lui, come se fosse normale per un uomo salutare la fidanzata sbaciucchiandole il seno.
La voce acuta della Irving attirò nell’ingresso Harry James e Chris Hale, venuti a discutere con l’amico Franz riguardo una questione della massima importanza: il compleanno di Robert.
–Uh, la la!- esclamò Chris, strizzandole l’occhio. –Dopo ‘Genital Hospital’… Genital House!
Faith si scostò, si ricompose, infine pigolò –Mi stavi palpeggiando sapendo che i tuoi amici erano nella stanza accanto?
–Non farla tanto lunga, stavo solo salutando le bambine!- si difese Franz tra le malcelate risatine dei suoi amici e i versacci di disapprovazione della sua donna.
–Ehilà, F!- la abbracciò Chris, espansivo di natura. –Perdonami se non saluto le bambine, ma…
–Vuoi tornare da Erin coi gioielli di famiglia integri- ringhiò Weil, che lo afferrò per un orecchio e lo spinse lontano da Faith. –Vieni di là, ci serviva giusto un parere femminile.
–Oh, sì! Ci serve un’opinione imparziale.
–Prendi della birra, se vuoi. E’ nel frigo. No? Da quando Faith Irving rifiuta una birra? Forse preferisci qualcosa di dolce? Prova nella credenza, dovrebbe esserci una bottiglia di Bailey’s.
–No, io- “Non posso bere, sono incinta” –Sono stata da Bridge, prima, ho già bevuto e mangiato a sazietà. Comunque grazie della premura, sei davvero dolce. Dov’è Agatha?- domandò, non per andare a recuperarla, quanto piuttosto per tenersene alla larga: adorava la sua gatta, l’aveva vista crescere, ma non avrebbe più potuto coccolarla fino alla fine della gravidanza.
–Dove vuoi che sia? Nel suo solito rifugio: il cesto della biancheria sporca- rispose Franz mentre le carezzava la schiena da sotto la maglia, dopodiché riportò la conversazione all’argomento principale. –Parlando di cose serie, immagino tu sappia che Patty…
–Se la fa con la Meigs? Accidenti, corrono velocissime le notizie in ospedale!- si rese conto di aver commesso una gaffe perché la sua affermazione venne accolta da un silenzio tombale e tre identiche facce sconvolte. –Oh, ehm, v-voi n-non lo sapevate?
–No, non lo sapevamo- esalò in coro il terzetto, ancora allibito.
–C-Cosa… c-come… sei sicura?- balbettò Harry James.
–Sicurissima, perché?
–Oh, cazzo. Harper!- mugolò. –E’ andata da lui per… le si spezzerà il cuore!
–Dimentichi che l’ha spezzato a lui- osservò Chris Hale, incredibilmente serio. –Scusa, Harry, Harper sarà pure tua sorella, ma Patty è mio amico, se questa Meigs lo rende felice - assurdo, considerato quanto è acida, ma la vita è strana - allora faccio il tifo per lei; tua sorella farà meglio a mettersi il cuore in pace.
–Ha preso una sbandata- ribatté il radiologo, accalorandosi: Harper era lunatica e fuori controllo, ma pur sempre sua sorella. –A voi santarellini non è mai successo? Avanti, Chris, scaglia la prima pietra, se sei senza peccato.
L’urologo aprì e chiuse la bocca come un pesce nella boccia, quindi sospirò –Mi terrò in posizione neutrale, Harry… se tu farai lo stesso.
–Hai la mia parola. Ora, se potessimo riprendere il discorso del compleanno di Patty…
Franz, lieto che la discussione fosse terminata senza spargimento di sangue, annuì.
–Allora, il nostro amico compirà… ehm, sorvoliamo.
–Giusto! Non si svela l’età di una signora!- ironizzò Harry, facendo sbellicare Chris, la precedente lite ormai un pallido ricordo; funzionava così la loro amicizia: si litigava, ci si chiariva e poi si dimenticava tutto in un baleno.  
–Ad ogni modo, credi che questo possa andare bene come regalo?- le chiese Franz, mostrandole un…
–Buono per un corso di ikebana? Robert vi riderà in faccia, nella migliore delle ipotesi, e vi caccerà a calci nel culo, nella peggiore. Non avevate altri modi per buttare i vostri soldi? Che so, giocare in borsa, partecipare a un’asta, infilarli nel perizoma di una spogliarellista…
–L’ultima me gusta mucho- commentò Chris, incurante delle occhiatacce di Harry. –Husky, hai veramente una perla di donna. Fattela a dovere!
–Appena leverete le tende.
–Ossia non tanto presto- asserì Faith. –Dico, siete rincoglioniti? Cosa avevate in testa quando avete pensato di regalare a Robert un corso di ikebana?
–Io l’imminente ovulazione di Erin, per cui mi sto preparando psicofisicamente, Harry la prima parola di Emma: Dek - lui smentisce, ma so che è deluso: l’ho visto piangere! - e Husky, beh…. le tue bambine!
–Era ironico, Chris. Santo cielo, orologi e cinture non vanno più di moda?
–A dire il vero no, lo erano l’anno scorso- la informò Harry.
–Sempre meglio di… cazzarola, stiamo parlando di Robert Patterson! E’ un uomo duro e crudo, non un tipo da fiorellini!
Rimase pietrificata quando vide il trio scambiarsi occhiate complici, prima di piegarsi in due dalle risate.
–Oh, Faith, sei… un vero spasso!
–Ci è cascata: esperimento riuscito!
–Siamo dei geni! Un Nobel, subito!
–Si può sapere che state blaterando?- sbottò la Irving.
–Scusaci, amore mio bello, luce dei miei occhi, zuccherino del mio cuore…
–Piantala!
–Mi piace darti fastidio, ti accendi come una miccia. Ti abbiamo, ehm… usata come cavia per un piccolo test. Volevamo provare che il buono fosse un regalo credibile, per quanto sgradito. Pensa alla faccia di Patty quando se lo troverà tra le mani… senza sapere che il vero regalo è un altro!- spiegò Franz, estraendo da una busta un pacchetto cubico. –Senza che ti scervelli a indovinare: è un orologio, siamo andati sul classico.
Faith giocherellò col fiocco vaporoso che adornava il regalo e ridacchiò –Siete proprio bastardi… non vedo l’ora di osservare la reazione di Robert!
–Bene. Abbiamo il benestare di Faith, possiamo sloggiare, i piccioncini hanno bisogno d’intimità. Mi raccomando, fate sesso sicuro, sono troppo giovane per diventare zio!- scherzò Harry.
Franz le cinse le spalle e replicò –Tranquillo, non c’è pericolo: non diventerò mai papà!- Faith, invece, avvampò, limitandosi a un sorriso tirato, e modificò il suo mantra.
Codarda.
Sono una codarda.

 
***

Robert stava assaporando una placida tranquillità e la piacevole sensazione della mano di Vanessa sul suo torace. L’aspetto più eccitante della loro relazione era la costante incertezza: la frequenza e la durata dei loro incontri dipendevano dagli impegni del dottor Brenner, l’amante ufficiale della donna.
Improvvisamente, senza apparente motivo, gli scappò da ridere.
–Soffri il solletico?
–No, stavo semplicemente immaginando le facce dei miei amici se scoprissero di noi.
–Detto in questi termini sembra che siamo innamorati. E’ inquietante- sbuffò la Meigs, allungando la mano sotto il lenzuolo: andava a letto con Robert per le sue doti amatorie, non certo per sorbirsi le sue elucubrazioni mentali; non le interessava affatto il contenuto della sua affascinante testolina... sempre ci fosse un contenuto.
–Domando scusa. Come posso farmi perdonare?- le chiese, per poi scoprirla e leccarle sensualmente l’ombelico. Nonostante le apparenze, era più cinico di Franz: Weil, sebbene abbastanza immaturo da reprimere i suoi reali desideri per adeguarsi ai moderni canoni estetici e da ritenere inconciliabili sentimenti e carriera, non aveva mai smesso di cercare l’amore. Lui no. Si era lasciato trascinare dagli eventi, e, dopo la dolorosa rottura con Harper, si era rassegnato a una vita solitaria all’insegna delle storielle effimere. Per questo ringraziava di vivere nel ventunesimo secolo: la riserva di caccia era ben fornita, abbondavano le donne con la sua stessa visione della vita, che sapevano cosa volevano e non esitavano a prenderselo, concentrate sul presente, senza aspettative sul futuro che sarebbero state irrimediabilmente deluse. Seppur consapevole che il loro rapporto si limitava al piano fisico, era determinato a godersi la focosa collega finché fosse durato.
–Non male… come inizio- esalò lei. –Scendi ancora un po’ e potrei prendere seriamente in considerazione l’idea di fermarmi per la notte.
–Sarebbe la prima volta- osservò lui. –Di solito scappi subito, dici che dormire insieme è troppo intimo… da coppia.
–Ma tu non mi faresti dormire, vero?- sussurrò a fior di labbra Vanessa, che aveva approfittato di quell’attimo di debolezza per ribaltare le posizioni.
–Certo che no! Ti farei ben altro…
Vanessa non seppe mai in cosa consistesse quell’”altro” perché udirono bussare alla porta con tale insistenza che ogni tentativo di ignorare il fastidioso rumore fu vano.
–Mi libero subito del seccatore. Non ti rivestire- sibilò Robert, si diresse alla porta con espressione minacciosa, digrignando i denti, ma qualunque cosa avesse voluto dire o fare gli passò di mente non appena vide la visitatrice inattesa.
Questa, esclamato un divertito –Sorpresa!-, gli gettò le braccia al collo e lo bacio… o meglio, si lanciò in un’ispezione speleologica della sua cavità orale.
Robert rimase paralizzato, incapace di ricambiare come di staccarsi e informarla che era arrivata tardi, non aveva più bisogno dei suoi baci di Giuda. Non era mai stato coraggioso, lo dimostrò il suo comportamento in quell’occasione: chiuse gli occhi e si lasciò baciare, ricordando con nostalgia e dolcezza l’ultima volta che aveva assaggiato quelle labbra.
L’idillio venne interrotto dallo stizzito –Che diamine sta succedendo qui? Chi è questa?
Robert, colto in flagrante, fece un balzo indietro, come se avesse preso la scossa, quindi alternò lo sguardo tra le due, la prima abbronzata, sorridente e vestita come se fosse appena tornata da un lungo viaggio, la seconda, invece, pallida, adirata e coperta solamente dall’intimo, quasi a voler mettere in chiaro cosa stesse facendo lì.
–Chi sei tu, piuttosto!- la rimbeccò l’altra. –No, aspetta, non dirmelo, ci sono arrivata da sola. Oh, Robi, dovevi essere davvero disperato! Adesso, però, pagala e mandala via, mi occuperò io di te.
–Mi stai dando della puttana? Come osi!- ruggì la Meigs, avventandosi sulla sconosciuta con l’intenzione di cambiarle i connotati.
–Calmatevi, su… vi supplico!- pigolò Robert, terrorizzato dalla piega che stava prendendo la situazione. Solo quando un pugno di Vanessa lo manco di pochissimo, si adoperò a separarle (con parecchia fatica). –Basta! Oh! Niente wrestling femminile in questa casa!
–Robert, non può passarla liscia dopo aver insinuato che sono prostituta!
–Robi, le permetti di parlarti in questo modo?
–Robert, ordinale di chiedermi scusa. Subito!
–Robi, ordinale di tacere, la sua voce da cornacchia mi sta spaccando i timpani!
–Robert, mandala via, quel nido di uccelli che si ritrova sulla testa irrita le mie povere retine!
–Robi, il colore dei capelli di questa gallina irrita le mie di retine!
–Chiudete il becco!- ruggì Patterson, esasperato. –Datevi la mano e fate pace, su.
–Neanche per sogno!- tuonarono le due all’unisono, scoccandosi occhiate di puro disgusto.
–Visto? Siete d’accordo su qualcosa… è un passo avanti!- trillò lui, per poi aggiungere, dopo che le due litiganti ebbero placato la furia omicida, –Vanessa, mi dispiace, temo che dovremo rimandare i nostri programmi alla prossima volta.
–Non ci sarà una prossima volta, Robi. Tu sei mio- obiettò l’altra.
“Oh, damn, the war is coming! Oh, damn, you feel you want it! Oh, damn, just bring it on today!”
–Decido io cosa fare della mia vita, Harper. Non puoi piombare qui e pretendere che nulla sia cambiato.
–Ma io so che nulla è cambiato, che questa qui è soltanto un rimpiazzo e che, sbollita la rabbia, ammetterai di amarmi ancora!
–Aspetta- intervenne la Meigs –Tu saresti Harper? La sorella di Harry James? La famosa ex che ha fatto piangere a Robert fiumi di lacrime?
–Sono tornata per restare, Robi… io ti amo- asserì Harper, ricevendo in risposta una sonora risata di scherno.
–Non farmi ridere! Sei caruccia, te lo concedo, ma non fai proprio per lui! Va’ a spompinare i bambini dell’asilo, gli uomini sono fuori dalla tua portata!
–Io? Casomai sei tu a non andare bene per lui! Va’ a rimorchiare in una casa di riposo, è quello il tuo posto!
Le frecciatine velenose che si susseguirono procurarono a Robert un violento mal di testa; furibondo, cacciò entrambe da casa sua in malo modo, prese del Lorazepam per dormire e scivolò in un sonno senza sogni farmacologicamente indotto.

Note dell’autrice:
Franz ha pronunciato le ultime parole famose. Chissà che faccia farà quando Faith gli dirà che aspetta un bambino! XD
Anche Robert ha avuto una sorpresa (bella non saprei): Harper è tornata, determinata a riprenderselo. Vanessa, ovviamente, non è felice di perdere il suo scaldaletto… come andrà a finire?
A proposito di riconquiste… Keith è sceso in campo, è guerra aperta con Kyle (anche se non sa ancora che si tratta di lui)! Adam dovrebbe prendere esempio: se è Nicky che vuole, che lasci Momo e si impegni per farla capitolare!
Nel prossimo capitolo sentirete, ops, leggerete la campana di Nicky, e ritroverete la piccola Kaori. ;-)
Chiudo ringraziando Bijouttina, Calliope Austen, DarkViolet92 ed elev, che hanno recensito, e SugarKane, che segue la storia. Grazie mille! ^^
Au revoir!
Serpentina
Ps: il Lorazepam è una benzodiazepina, nota in Italia col nome commerciale Tavor.
 
 
 
 
   
 
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