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Autore: LilyLunaWhite    22/10/2014    1 recensioni
Due ragazzi apparentemente diversi, ma con un lato in comune: entrambi, indossano una maschera.
Due famiglie diverse.
L'odio di entrambi verso l'amore.
Però, cosa accadrebbe se i loro cuori cominciassero a battere?
Riusciranno, i due protagonisti, a imparare ad amare?
-Dalla storia.-
"Come ogni volta, quando incontravo il suo sguardo, notavo che erano privi di luce, spenti e questo mi metteva addosso un’inspiegabile tristezza.
Agii d’impulso, mi chinai e posai le mie labbra sulle sue. Constatai che erano fredde ma, allo stesso tempo, dolci.
Fu a quel contatto che riuscii a rispondere alla maggior parte delle mie domande.
"
Storia in fase di modifiche e sistemazioni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Titolo Storia: I'm in love now.
Titolo Capitolo: 12Alajos.
Autrice: Lily Luna White
Beta: Lucia




Capitolo dodici: Alajos.
 
P.O.V. Raffaele
 
Non appena parcheggiai vicino al luogo ove la stavo conducendo, sentii il suo cellulare animarsi e un brano per pianoforte riempire l’abitacolo. Non conoscevo il compositore e sicuramente avrei indagato un po’.
«Te lo prendo io il cellulare, tu non osare scoprire gli occhi.», la intimo con dolcezza.
«Va bene, ma almeno dimmi chi è.», rispose lei ridendo leggermente.
Sorrisi segretamente nel vederla di nuovo rilassata e, aprendo la tracolla che lei portava, presi il suo cellulare, leggendo il nome sul display.
«È tua madre.», le annunciai e, senza attendere il suo permesso, accettai la chiamata e risposi io, «Pronto, sono Raffaele, l’amico di Jenny.», annunciai prima che la madre di Jenny potesse parlare.
Per un paio di secondi calò il silenzio sia nella mia auto sia dall’altro capo del telefono, finché la madre, ripresasi dallo shock, mi rispose con dolcezza. Mi era chiaro che Jenny doveva averle parlato di me o non credo mi avrebbe risposto con così tanta tranquillità.
Misi il vivavoce in modo tale che anche Jenny potesse ascoltare.
«Raffaele, Jenny è con te?», domandò la donna.
«Sì mamma, sono qui.», le rispose lei con un sorriso imbarazzato.
«Dove sei?», le chiese nuovamente la madre.
«Signora, Jenny non lo sa. Le sto per mostrare il mio regalo di Natale e quindi al momento ha gli occhi bendati.», mi intromisi con gentilezza, trattenendo a stento una risata che contagiò anche la madre di lei.
«Raffaele, quando avete finito la accompagni tu a casa? Non vorrei che girasse da sola a quest’ora.»
«Stia tranquilla signora, non la lascerei girare da sola a quest’ora nemmeno io.»
«Grazie caro. Jenny, ci vediamo questa sera per la cena della Vigilia e Raffaele, grazie mille.»
Quel ringraziamento da parte della madre di Jenny mi sorprese.
Per cosa mi stava ringraziando?
«Divertitevi ragazzi e buona Vigilia a te, Raffaele.», aggiunse lei, prima di staccare la chiamata, lasciandomi ancora sorpreso.
Per un paio di minuti, né io e nemmeno la mia piccola scontrosa parlammo, ognuno di noi perso nei propri pensieri.
Quando posai lo sguardo su di lei, la trovai tesa e se avessi potuto guardare i suoi occhi, sono sicuro, vi avrei letto tristezza.
«Mia madre ti adora.», sussurrò lei con timidezza.
«Perché?»
«Perché mi stai salvando.»
Salvarla, io?
Io non la stavo salvando. Io l’avrei ferita, di questo ne ero certo.
Però mi chiedevo da cosa, per loro, la stessi salvando.
Decisi di non pensarci e prontamente cambiai argomento.
«Di chi era quella melodia che hai come suoneria?», le domandai con tono più leggero, mascherando con efficienza il mio tormento interno.
«Yiruma, un pianista sud coreano che amo particolarmente. Quello è uno dei brani che amo di più.»
«Come si intitola?»
«Kiss the rain.», mi rispose prontamente con un sorriso sulle labbra, «Quella melodia ha la capacità di rilassarmi.»
«Un giorno te lo suonerò.», affermai con convinzione.
«Sai suonare il piano?», domandò curiosa.
«Mio padre voleva che imparassi a suonare almeno uno strumento e scelsi il violino. Però me la cavo anche con il piano.»
La osservai mentre sul suo viso si dipingeva una smorfia di sorpresa che mi fece ridere.
«Tu sai suonare qualche strumento?», le domandai a mia volta, sinceramente interessato a conoscere di più quella misteriosa ragazza.
«Ho una conoscenza abbastanza elementare sia della tastiera sia del flauto. Erano gli strumenti che scelsi alle medie. E poi so fare qualcosa di semplice alla chitarra visto che mia sorella la suonava e mi ha insegnato qualcosa.», affermò con una leggera alzata di spalle.
«Notevole, mia piccola scontrosa.», affermai ridendo divertito.
«Mi avevi promesso di non chiamarmi più così.», mormora mettendo un dolce broncio, che mi fece ridere di più.
«Sto scendendo dalla macchina per poi aiutarti a scendere, va bene? Non preoccuparti. Io sono sempre con te.», cerco di rassicurarla prima di scendere. Non volevo rivederla nel panico.
«Okay.», sussurrò a malapena, irrigidendosi immediatamente e trattenendo a stento la paura che la stava per sopraffare.
Velocemente, scesi dalla macchina e quasi di corsa andai ad aprire lo sportello del passeggero, aiutando Jenny a scendere e stringendola subito in un forte abbraccio.
Cominciai a carezzarle piano i capelli con l’intento di calmarla e di rassicurarla, avvertendo pian piano il suo corpo sciogliersi e rilassarsi tra le mie braccia.
«Tutto bene?», le sussurrai con dolcezza al suo orecchio.
«Si, grazie Raf.»
Le presi una mano, chiusi la macchina con il telecomando e temendo che potesse inciampare e farsi male a causa degli occhi ancora bendati la sollevai sulle braccia.
«Ehi, ma che fai?», urlò tra le risate.
«Evito che tu cada a causa della tua momentanea cecità. Non è mica un reato.»
«Dipende da cosa hai intenzione di fare o da dove mi stai portando, altrimenti mi spiace per te, ma sarò costretta ad aggiungere un altro reato alla lista.»
Il suo sarcasmo mi fece sorridere e per tutta risposta, le posai un bacio tra i capelli.
Non appena raggiungemmo il luogo della mia sorpresa, la posai delicatamente a terra, tenendola tuttavia stretta a me. Le sfilai dolcemente il foulard dagli occhi e glielo misi al collo.
Ella riaprì leggermente gli occhi e mi guardò con un sorriso timido, per poi guardare oltre la mia spalle nel vano tentativo di capire dove l’avevo portata ma, quello che avrebbe potuto scorgere era solo una stradina, scarsamente illuminata, uguale a molte altre.
«La sorpresa è alle tue spalle.», le sussurrai nel tentativo di chiarire le sue domande inespresse.
La guardai mentre si voltava e osservava la porta d’ingresso della libreria che quel pomeriggio avevo scovato.
Si voltò verso di me con uno sguardo luminoso e felice e prima che potessi solo pensare ad altro, mi saltò addosso, abbracciandomi con forza e allacciando le braccia dietro al collo.
«Noto che ne sei entusiasta.», le dissi con una risata leggera.
Ero riuscito a renderla felice e questo per me valeva moltissimo.
«Sono più che felice Raf. Peccato che però è chiusa, ormai sono le nove passate.», sussurrò lei con tristezza.
«Per te, invece, è aperto anche a quest’ora.»
«Come?», mi guardò esterrefatta e per tutta risposta bussai tre volte alla porta.
 
P.O.V. Jenny
 
Un uomo anziano, che pareva essere uscito da uno dei miei libri fantasy, ci aprì la porta e dopo aver sorriso a Raffaele, ci fece entrare.
Lo guardai con timidezza e constatai che sicuramente egli doveva essere il proprietario del negozio. In seguito, lasciai vagare il mio sguardo sulla moltitudine di libri presenti in quello spazio piccolo. Erano ovunque. Sugli scaffali alti fino alle pareti, a terra a formare delle piccole piramidi e persino sul tavolo che doveva fungere da bancone. Ero estasiata e l’odore di libri che c’era in quella stanza era il profumo più buono che avessi mai sentito. Mi rendeva felice e mi tranquillizzava.
«Jenny, lui è Alajos, ma tutti preferiscono chiamarlo con il suo secondo nome, Fernando.», lo presentò Raffaele, «Alajos, lei è la mia Jenny.», aggiunse con un sorriso felice che il negoziante ricambiò appieno.
Non mi sfuggì l’aggettivo possessivo che egli usò, termine che mi fece arrossire leggermente.
«Piacere di conoscerti Jenny. Raffaele mi ha parlato molto di te, però venite di là a prendere una tazza di tè.», disse cordiale, indicandoci un ingresso dietro al bancone.
Ci avviammo nel luogo da lui indicatoci, entrando così in un'altra stanza che doveva fungere da abitazione. La cosa che mi rese felice è che anche qui, egli possedesse una libreria carica di libri di ogni genere.
«Alajos, hai davvero molti libri!», mi lasciai sfuggire, guardando tutto con ammirazione.
Anche questa stanza era illuminata fiocamente da qualche lume sparso ovunque.
Alajos ci fece accomodare su dei cuscini posti intorno ad un tavolino basso. Sia io che Raffaele, ci sedemmo su uno di essi,  rivestititi di un tessuto rosso, e scoprendo così la loro immensa morbidezza. Mi misi a gambe incrociate e osservai attentamente i movimenti del proprietario di quella magnifica libreria.
Preparò il tè per poi disporre sia le tazze sia la teiera sul tavolino, sedendosi successivamente di fronte a noi e versando quel caldo liquido dorato nelle nostre tazze.
«Mia cara Jenny, posso essere d’accordo con te sul fatto che posseggo molti libri. Molti di essi sono stati dimenticati e io cerco di mantener vivo il loro ricordo, ripescandoli ogni tanto e leggendoli ancora una volta. Sai Jenny, c’è uno scrittore che in un suo romanzo dice che “Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza”1. Per questo possiedo tanti libri e molti sono così vecchi che temo possano rovinarsi e perdersi con il tempo. Ricordo le citazioni, ma non sono uno degli uomini-libro2, per quanto mi piacerebbe avere una memoria come la loro.»
Lo ascoltai affascinata, facendo tesoro delle sue parole e cominciando con cautela a bere il tè che egli ci aveva preparato.
«Alajos, di chi è la citazione? E chi sono gli uomini-libro?», domandò curioso il ragazzo che sedeva al mio fianco. Ascoltava rapito le parole dell’anziano che sedeva di fonte a noi e mai, prima di allora, lo avevo visto così rapito.
«Gli uomini-libro erano delle persone che pur di conservare la cultura in una società distopica dove i libri venivano bruciati li imparavano a memoria.», risposi io alla seconda domanda di Raffaele, senza quasi accorgermene.
«Esattamente Jenny. Vedo che hai letto e apprezzato “Fahrenheit 451”. Conosci Ray Bradbury?», si rivolse a me, Alajos, guardandomi con dolcezza, mentre Raffaele aveva uno sguardo pieno di orgoglio nei miei confronti, che mi fece arrossire leggermente.
«No, di Ray Bradbury ho letto solo questo romanzo per ora, ma sono curiosa anche di leggere gli altri.», risposi con sincerità.
«E conosci l’autore della mia citazione, per caso?», domandò Alajos con la sua consueta dolcezza.
«No, mai sentita.», risposi affascinata di scoprire di chi fosse quella citazione, desiderio che vedevo rispecchiato anche in Raffaele.
«È uno scrittore spagnolo, Carlos Ruiz Zafón, e il romanzo si intitola “L’ombra del vento”. Da come mi ha parlato Raffaele di te, sono sicuro che potrebbe piacerti.»
Senza aggiungere altro, si alzò e torno nella stanza adiacente, quella che fungeva da negozio, e dopo diversi minuti ritornò con due libri in mano. Erano entrambi di dimensioni non troppo grandi e con la copertina flessibile.
«Ecco, prendete questi.», ci disse, porgendo a me una copia de “L’ombra del vento”, mentre a Raffaele diede il romanzo di Bradbury.
«Sono sicuro che ne farete buon uso.», aggiunse con un sorriso.
Alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi. Vi scorgevo tanta saggezza, dolcezza e forza, sentimenti che riuscivano a calmarmi, effetto che anche la sua voce, avevo notato, riusciva a donarmi.
«Grazie.», sussurrammo all’unisono io e il ragazzo che era seduto al mio fianco e che mi stava salvando senza nemmeno che se ne accorgesse.
«Comunque, parliamo del regalo che Raffaele aveva intenzione di farti, Jenny. Mi ha fatto leggere qualche tuo scritto e devo dire che hai talento. Così ho accettato la richiesta che egli mi ha fatto. Da oggi, potrai venire qui e io sarò felicissimo di aiutarti.», parlò con calma e mi sorprese quando espose il vero regalo che Raffaele mi aveva fatto.
«Almeno, questo povero vecchio quale io sono, potrà avere un po’ di compagnia.», aggiunse in seguito con una leggera risata che non coinvolse anche me.
«Grazie mille Alajos, dico davvero… Grazie ad entrambi.»
 
P.O.V. Raffaele
 
Nel sentire la sua gioia, non resistetti più e la abbracciai con forza, posandole in seguito, un bacio tra i capelli neri di lei.
Nei minuti successivi, terminammo di bere il tè in compagnia di Alajos, chiacchierando con leggerezza dei libri, finché non notai l’ora, constatando che era tardi.
Entrambi, salutammo l’anziano proprietario della libreria e ci avviammo verso l’uscita.
Jenny mi precedette e non appena ella uscì dal negozio, Alajos mi richiamò, facendomi voltare verso di lui. Ero appena fuori dall’uscio della porta ed egli mi raggiunse con passo calmo e sereno.
«Raffaele, ricorda queste mie parole: “Oh, siamo avvezzi a cose del genere. Tutti noi abbiamo commesso la specie giusta di errori, diversamente non saremmo qui3.», disse quelle parole con un sorriso leggero, per poi chiudere la porta senza lasciarmi il tempo di poter replicare o semplicemente chiedere spiegazioni.
Che cosa voleva dirmi?
Sapevo bene di aver fatto molti errori e, onestamente, continuavo tutt’ora a farli. Tuttavia, non riuscivo a comprendere a pieno le sue parole.
Il richiamo di Jenny, che aspettava accanto alla macchina, mi distrasse momentaneamente dai miei pensieri e decisi di non pensarci, almeno fino a quando non avrei accompagnato la mia piccola scontrosa a casa.
Con un sorriso, mi diressi verso di lei, dimenticando tutto il resto.
Egoisticamente, mi ero presa Jenny e per ora non avevo bisogno di altro, se non pensare a lei.
Lei e nessun’altra.
 
1 Citazione tratta dal romanzo di Carlos Ruiz Zafón, “L’ombra del vento”.
2 Termine tratto dal romanzo di Ray Bradbury, “Fahrenheit 451”.
3 Citazione tratta dal romanzo di Ray Bradbury, “Fahrenheit 451”.
   
 
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