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Autore: JeanGenie    17/10/2008    2 recensioni
C'è chi pensa che l'unico posto adatto al Joker sia una cella imbottita in fondo all'Arkham Asylum. La dottoressa Harleen Quinzel non è della stessa opinione.
Rigorosamente ispirata al Nolan-verse. Prima pubblicazione: 15 Agosto 2008.
(ON LINE L'ULTIMO CAPITOLO E L'EPILOGO)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier, Quasi tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Terapia n°1
"Showtime"

It's you that I adore
You will always be my whore
You'll be a mother to my child
And a child to my heart
We must never be apart

Lovely girl
You're the beauty in my world
Without you there aren't reasons left to find

And I'll pull your crooked teeth
You'll be perfect just like me
You'll be a lover in my bed
And a gun to my head
We must never be apart

(The Smashing Pumpkins, Ava Adore)

La dottoressa Harleen Quinzel arriva al lavoro con quindici minuti di ritardo e una scorta di occhiaie che non se ne andranno se non dopo un impacco di camomilla e dieci ore filate di sonno. Quelle che lei non può concedersi. Il correttore non ha fatto il suo dovere. Ha solo incollato alla sua faccia due grottesche striature troppo scure al di sopra degli zigomi. Harleen è diventata pallida a forza di passare le notti in bianco. Incarnato niveo, lo definirebbe la sua adorata Judith Krantz.
Smette di pensare allo stato della propria pelle appena entra ad Arkham e trova colleghi, infermieri e sorveglianti agitati e sulle spine. Perché qualcuno ha ascoltato le sue preghiere, facendole piovere tra capo e collo una novità davvero interessante.
"L'hanno portato questa notte senza dire niente a nessuno. Non vogliono che gli altri pazienti sappiano. Temono che trovino il modo per farlo fuori." Joan Leland rabbrividisce eccessivamente. Le piace davvero tanto fare la scena.
Harleen invece ha un solo modo per definire tutta quella questione: strana. A pochi giorni dalla cattura quell'uomo non può trovarsi lì. Non senza una diagnosi. Non prima di un regolare processo. E, alle nove in punto, nella sala riunioni, quella stanza piena di anticaglie e ritratti dallo sguardo torvo del fondatore, della sua mamma e di tutto il parentado, la risposta arriva a lei chiarendole per quale bizzarro caso sia stato messo sul suo cammino un autentico, insperato pezzo unico della psicopatologia.

Il segreto è nella mano ferma. E nel non sbagliare asse. È come costruire un castello di carte, in fondo. O come mantenere il proprio corpo parallelo al suolo facendo leva con le braccia sugli anelli. Al terzo tentativo la matita resta dritta sulla superficie liscia dell'antico tavolo a cui il dottor Jeremiah Arkham tiene tanto. Harleen Quinzel scivola fino a toccare il ripiano con il mento per osservarla torreggiare davanti a lei come un gigantesco monolite giallo.
"I fatti sono pochi e semplici. Il clown ha una dozzina di avvocati di lusso che si muovono per lui e premono per l'infermità mentale."
"Chi li paga?"
Ahi ahi. Stephen Connor ha osato interrompere Sua Eminenza. Ma il dottor Arkham non ha voglia di perdere tempo a fustigarlo, a quanto sembra.
"Ovviamente non lo sappiamo. Ma possiamo immaginarlo. Qualcuno che lo vuole fuori al più presto perché dia fastidio agli eredi di Salvatore Maroni."
Noia. La vecchia cariatide è capace di appiattire con le sue inutili ciance anche l'argomento più interessante.
"Il dipartimento di polizia invece vuole prenderlo e spedirlo a Blackgate con una dichiarazione firmata da uno di noi che affermi la perfetta sanità mentale del soggetto."
Il monolite giallo si crede invincibile. Ma Harleen sta per dimostrargli come lei sia in grado di abbatterlo con una raffica di vento. Soffia, e la gigantesca torre di legno e grafite precipita al suolo.
Sic transit gloria mundi. Tic.
"A noi tutto questo non interessa. Faremo il nostro lavoro e alla fine andremo in aula a rilasciare la nostra dichiarazione giurata. Andremo… Andrà la persona che si occuperà del caso."
"Dovremo… dovremo iniziare un ciclo di terapia con quel… quel…" Joan suona terrorizzata. Che donna priva di spirito d'avventura.
"Nessuno la obbliga, dottoressa Leland. Nessuno di voi è obbligato ad avvicinarsi al criminale che si fa chiamare Joker. È necessario avere sangue freddo. E non abbassare la guardia. Mai. La mente di quell'uomo è una matassa ingarbugliata. Non sappiamo nulla di lui. Nome, data di nascita, quadro clinico. Niente. Sappiamo solo che è pericoloso. Che gode nell'uccidere. E che è apparentemente privo di uno schema comportamentale finalizzato a uno scopo. Eppure dovremo avere una risposta chiara. Dottoressa Quinzel, quando ha finito di giocare con le matite, vuole renderci partecipi dei suoi pensieri circa la questione che stiamo dibattendo?"
Harleen si tira su trattenendo una smorfia. Dovrebbero arrivare al sodo. Chi vuole il Joker alzi la mano. Gli straordinari saranno regolarmente retribuiti.
"E se chiamassimo un esorcista?" risponde strappando una mezza risata ai suoi colleghi e un'occhiata furibonda al grande vecchio.
"Abbiamo i rapporti della polizia sulla carriera del soggetto. Ne consegnerò una copia a chi accetterà l'incarico" riprende Arkham come se lei non avesse parlato. "Dopo averli visionati vi pregherei di non tirarvi indietro. Siete stati avvertiti che stiamo parlando di macelleria in tutte le forme possibili."
Un caso irrecuperabile. Harleen ha fiuto per certe faccende. Il proprio istinto non l'ha trovato sui libri di testo. Ma crede che dichiarare quel tizio perfettamente sano sia l'unica cosa da fare. Per spedirlo a trascorrere il resto della sua esistenza in un carcere di massima sicurezza.
Oppure…
Oppure occuparsi dei vantaggi insperati che la situazione presenta. Macelleria in tutte le forme possibili…
"Ora" Arkham si alza dal suo posto privilegiato a capotavola. "Chi è interessato all'incarico mi segua. Scendiamo a vedere il soggetto in questione. Solo pochi minuti. Non rivolgetegli la parola, non rispondete ad eventuali domande e non fissatelo. Sappiamo per certo che perde la testa se qualcuno guarda troppo a lungo la sua faccia."
Emozionante davvero. Il volto dietro il sorriso e il cerone. Un privilegio al quale nessuno, neppure quella vigliacca di Joan, sembra voler rinunciare. Sette paia di gambe che seguono docili il vecchio. Harleen sa già che l'unico paio di gambe a raggiungere la cella d'isolamento da domani sarà il suo.

La scala scende verso quelle che una volta erano le cantine dove la buonanima Amadeus Arkham teneva i suoi vini prima di decidere che la sua amena dimora sarebbe diventata un sanatorio per alienati. L'"inferno", lo chiamano adesso. E ogni inferno ha il suo punto più basso.
Fa sempre freddo lì sotto. D'inverno si gela, ma nella stagione calda le guardie si giocano a carte il privilegio di sorvegliare il reparto. Non che si tratti effettivamente di un reparto. Le luci bianche illuminano una porta metallica e, più oltre, una stanza ricavata dal fondo del corridoio e separata dal resto dell'ambiente da una parete di plexiglass. La cripta in cui vengono sbattuti i pazienti che fanno i capricci. Il passo successivo è la cella imbottita.
"È stato stranamente tranquillo" il sorvegliante di turno, Morales se non ricorda male, informa il dottore rispondendo ad un semplice Come va quaggiù? "Ha anche ringraziato per la colazione. Ma mi fa stare sulle spine. Ha quello strano modo di parlare… come se le parole gli si srotolassero in bocca. Oh, io non gli ho detto nulla, dottore, si rassicuri."
Cosa ti fa pensare che sia preoccupato, Morales? La vecchia salma non si preoccupa mai. Probabilmente lui e il clown sono gli unici ad essere assolutamente calmi in questo momento, riflette Harleen trovando il coraggio di guardare lo spaventoso assassino che ha occupato le prime pagine dei giornali per mesi.
"Quello è il Joker?" Stephen Connor dà voce anche alla sua incredulità
Sdraiato sulla sua branda contro la parete di fondo, con l'uniforme rossa del sanatorio addosso e le braccia incrociate dietro la testa, gli unici aggettivi che Harleen riesce a formulare per descriverlo sono "innocuo" e "banale". E questo, automaticamente, la porta a comprendere di trovarsi di fronte a qualcuno di davvero pericoloso.
Una maniacalità a strati. Affascinante. Affascinante davvero. Una mente labirintica, un QI probabilmente di molto superiore alla media, celato dietro un'apparenza comune, a sua volta camuffata con un costume di scena eccessivo e variopinto.
L'oggetto di quelle attenzioni volta appena la testa e si limita ad un'occhiata che appare indifferente ma che Harleen percepisce sottile e invadente come una sonda metallica.
"Non credevo che fosse così giovane…" mormora. Per un attimo ha avuto l'impressione che stesse ridendo, ma si è trattato solo di un'illusione data dalle cicatrici che gli attraversano le guance.
Il Joker. Il mostro che ha tenuto in scacco Gotham, il saltimbanco che l'ha risvegliata dal suo torpido sonnecchiare a forza di nitroglicerina e spettacoli da funambolo e giocoliere.
"È sedato, dottor Arkham?" chiede Joan. Il sospetto è legittimo. Ma quella calma non è offuscata anche se non scatterà come un cobra. Non ancora.
"Non ho dato ordini in proposito. Ma suppongo che stia ancora smaltendo quello che di certo gli avranno iniettato per il trasferimento."
"Non possiamo cominciare a lavorare con lui se non è lucido. Deve essere lucido, dottor Arkham." Sono cose che il vecchio sa benissimo, ma l'istinto l'ha spinta a sottolinearle. Perché ora lo vede con chiarezza, come se fosse già scritto.
Il mio ultimo capitolo.
Le voci dei colleghi sono un brusio indistinto. Lui la sta guardando. Sta guardando unicamente lei. Stavolta il sorriso c'è davvero. Non può avere la stessa sicurezza circa l'impressione che ha avuto di vederlo strizzarle l'occhio.
Magnifico. La mente in bilico tra genio e psicopatologia. Ed è mia. Nessun altro allungherà le sue zampe maldestre su di te.
"Dottoressa Quinzel, stia indietro."
La voce di Arkham la strappa alla sua fantasticheria fatta di sinapsi e lame di rasoio e Harleen si rende conto di avere appoggiato le mani sulla superficie trasparente. Arretra per un riflesso condizionato ma non distoglie lo sguardo.
Il mio ultimo capitolo? E il mio prossimo libro…
Quando si è messo a sedere? E quando ha iniziato a canticchiare? Pessimi segnali. Ha preso possesso dell'ambiente circostante e si sente sicuro.
"Andiamo, ora" ordina Arkham. "Chi è interessato ad occuparsi del paziente mi faccia avere la sua richiesta domattina."
No, non ancora. Non posso andarmene senza avere interagito con lui.
Sente i passi dei colleghi che si dirigono alla porta blindata. Lei ha bisogno ancora di qualche secondo.
Mostrami un pizzico della tua follia. Solo una dose minima. Mi basta.
La cantilena sbiadisce e si fonde con una frase quasi incomprensibile, modulata in un suono simile alla ricerca di una stazione radio sperduta tra frammenti stonati di parole mozze.
"Che ne dici di fare le presentazioni, dottore? Prima che il vegliardo ti porti via, lontano dai miei slanci affettivi. Rigida, rigida. Sì. Dentro quel camice… di forza, dottore."
Gioca. La sta palesemente mettendo alla prova. È un amo che si stanno lanciando a vicenda. Ma lei ha dalla sua il vantaggio della razionalità.
"Con molto piacere. Io sono Harleen Quinzel. Gli amici mi chiamano Harley. Il suo nome, invece?"
Non ha sbagliato nulla. Non si aspetta che lui si conceda subito, ma gli ha dimostrato che non lo teme. Che non è lui ad impugnare coltelli ad Arkham. I passi si sono fermati. Hanno degli spettatori, ma non le importa. Che il vecchio osservi e giudichi pure.
La risata singhiozzante e isterica tronca la sua soddisfazione. Harleen sobbalza suo malgrado. Eccolo qui. Il suono che ha fatto rabbrividire Gotham. L'istinto di scappare e l'incapacità di muoversi, ipnotizzata da quel rumore quasi innaturale, le fanno venire le vertigini.
"'Gli amici mi chiamano Harley'" miagola il folle. "Sta flirtando con me, lady? Harleen Quin-zel, Harley Harley, Harle-quin-quin-quin" Di nuovo quella risata. E il suo nome distorto e ripetuto in modo ossessivo.
"Quinzel!" Arkham adesso sta quasi ringhiando.
Harleen ha perso ogni voglia di disobbedire. Raggiunge i suoi colleghi con le gambe che le tremano e subisce passivamente l'occhiata infuriata del vecchio. Alle sue spalle la cantilena riprende, stavolta accompagnata da parole di senso compiuto.
"Y' know my girl's a pretty thin'… her name is Harle-quin…"
La porta che si richiude la priva di quella nenia ma Harleen sorride ritrovando la calma. Non importa quanto Arkham sia in collera con lei al momento. Nessuno potrà azzardarsi a strapparle il suo paziente, adesso. Lui non lo permetterebbe mai.



Lovely girl
You're the murder in my world
Dressing coffins for the souls I've left to die
Drinking mercury
To the mystery of all that you should ever leave behind
In time

In you I see dirty
In you I count stars
In you I feel so pretty
In you I taste god
In you I feel so hungry
In you I crash cars
We must never be apart


(The Smashing Pumpkins, Ava Adore)

Note

1) Joan Leland compare nella one shot 'Mad Love' e in parecchi episodi della BTAS ed è la dottoressa che accoglie Harley ad Arkham al suo primo giorno di lavoro, trattandola subito con garbo ma comunque facendo trasparire che la considera poco più di una gallinella scema. Mi sono vendicata trattando LEI da gallinella scema.
2) Il fondatore Amadeus Arkham ha aperto quel simpatico posticino dopo il suicidio della madre schizofrenica, Elizabeth. Jeremiah è suo nipote. Ok, parliamone. Io amo l'Arkham Asylum. E detesto ciò che ne ha fatto Nolan in 'Batman Begins'. Per carità, è raccapricciante vedere lo Spaventapasseri spadroneggiare come se fosse a casa sua e mettere i detenuti ai lavori forzati per produrre la sua tossina. Bello, bellissimo che tutti i dipendenti gli obbediscano, felici e contenti infischiandosene del vero proprietario-direttore che manco viene nominato (peccato che non siano riusciti a far fuori Katie Holmes). Però, l'Arkham Asylum nel Nolan-verse anche se è ancora su un isola, non sembra più il castello di Dracula, al massimo ricorda il manicomio del dottor Seward nel film di Coppola, ed è piazzato alla periferia di Gotham, al quartieraccio dei Narrows. Cosa faccio? Cosa non faccio? Elucubro e rifletto. Scartata l'ipotesi di fregarmene e procedere con il manicomio-tunnel degli orrori descritto da Grant Morrison (caro… e chi dice il contrario la tossina dello Spaventapasseri lo colga!) ho deciso di fare la brava. E Nolan-verse sia. Ovviamente restaurato. E con un'aria più placida e tranquilla, ora che il giovane svitato non è più l'amministratore. Mille grazie ad Harvey Dent che in TDK ci informa che l'istituto è ancora attivo. Si vede che dalle loro parti le inchieste non durano decenni. Cosa anche comprensibile, dal momento che ogni giorno capita qualcosa di più tremendo rispetto a quello precedente. ^_^
3) La strizzatina d'occhio e 'Sta flirtando con me?' li ho presi pari pari dai fumetti. Vigliaccamente. L'idea di sentire quella frase pronunciata da Heath Ledger mi elettrizza.
4) Per coloro a cui interessa, più passano i giorni e più Julie Benz nella mia testa si sta facendo fare le scarpe da Kristen Bell. Colpa di un FA-VO-LO-SO banner animato che ho visto nella firma di uno degli utenti del forum di Batman YTB. Diamine è PERFETTA!

   
 
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