You're my end and my beginning
« Cause all of me
Loves
all of you
Love
your curves and all your edges
All
your perfect imperfections
Give
your all to me
I'll
give my all to you. »
Dodicesimo
capitolo:
Quella notte si
era svegliato solamente una volta, non per via degli incubi ma del peso
che gli
impediva di respirare normalmente, sdraiandosi su un lato e sentendo il
ragazzino stringersi a lui, avvolgere una gamba attorno al proprio
bacino e
tornare a dormire in quella nuova posizione. Non era riuscito nemmeno
ad aprire
gli occhi, perché il suo calore e il suo respiro contro la
pelle gli avevano
conciliato nuovamente il sonno, e ricordava solamente di aver tenuto il
palmo
premuto sulla sua schiena per non farlo allontanare.
Si era svegliato
nuovamente parecchie ore dopo, le coperte aggrovigliate tra le gambe e
il viso
immerso tra i cuscini, quando aveva sentito un venticello leggero sulla
schiena, voltandosi e stropicciandosi gli occhi fino ad inquadrare il
ragazzino
seduto sul davanzale. Teneva una gamba piegata e stretta al petto, il
mento
poggiato sul ginocchio e una sigaretta stretta tra le dita, la cenere
che
faceva cadere sul davanzale e lo sguardo perso fuori dalla finestra e
sulla
strada, sui passanti e sul chiasso della città.
Liam distolse a
fatica gli occhi dalla sua figura, controllando la radio sveglia sul
comodino,
e si coprì lo sbadiglio con la mano, notando come fosse
ormai ora di pranzo,
erano le undici passate, ed iniziando a stiracchiarsi, allungando le
gambe e le
braccia con dei grugniti che attirarono l’attenzione del
ragazzino.
Tenne la guancia
contro il cuscino, le dita a stringere le federa, e gli occhi fissi nei
suoi e
sul suo corpo, non sapendo come uscire da quel primo momento
imbarazzante e
vedendolo spegnere il mozzicone della sigaretta e raggiungerlo,
sedendosi sui
talloni nello spazio libero del materasso. Non sapeva
cos’erano diventati,
perché anche qualche settimana prima si erano masturbati
assieme ma forse
questa volta era diversa; o forse era solamente lui a dare troppo
valore ad
ogni piccolo gesto di quel ragazzo. Era così preso da quel
ragionamento da
accorgersi solo dopo qualche minuto del sorriso dolce sulle sue labbra
e delle
sue dita tra i capelli, tutti quei tocchi delicati che dovevano avere
un
qualche significato per lui, per entrambi o per capire in cosa stessero
finendo.
- Ho..- si
schiarì la voce quando, ai tentativi di parlare,
sentì la voce risuonare in
modo roco, e riprese subito dopo con: - Ho detto qualcosa? Mentre
dormivo?-
vedendolo scuotere la testa e ridacchiare qualcosa sul suo aver dormito
come un
sasso e averlo quasi trattenuto nel momento in cui si era alzato per
fumare una
sigaretta.
- Io? Io non
volevo farti allontanare?- chiese conferma, indicandosi con
l’indice e restando
con gli occhi fissi sul profilo del suo viso, cercando di non pensare
al calore
delle sue mani sull’addome e al suo sdraiarsi sopra di lui e
lasciargli piccoli
baci lungo la mandibola. - Era solo perché mi tenevi al
caldo.- farfugliò una
scusa più o meno credibile, allungando il collo e deglutendo
nel sentire la sua
lingua passare più volte contro la voglia scura.
Arrossì
completamente al suo descrivere la scena con frasi come “Ho dovuto darti un pizzicotto per potermi liberare”
o “Non volevi farmi allontanare e mi
tenevi
stretto”, per poi restare immobile mentre lui
passava i palmi sull’addome e
li faceva scivolare sempre più giù, fermandosi
con le punta delle dita oltre
l’elastico dei boxer.
Si tirò
su con
uno scatto, appoggiandosi con la schiena ai cuscini e alla testata del
letto,
nel vederlo sedersi a cavalcioni su di lui, le dita che aveva spostato
sulle
cosce, strofinando la pelle ed arricciando il tessuto per risalire
sempre più
su.
Non stava facendo
nulla per bloccarlo, non sapendo nemmeno come uscirne senza rendere
quella
situazione ulteriormente imbarazzante, ma appoggiò solamente
le mani sulle sue,
vedendolo pronto a ripetere gli stessi gesti della sera precedente.
Aveva una
strana teoria su quei generi di cose, vedeva quei momenti in modo
diverso a
seconda del momento della giornata in cui erano compiuti; era
spiegabile quel
che era successo la sera prima, quel contatto tra loro due, ma la
mattina non
poteva permetterlo. Una volta compiuto l’atto cosa sarebbe
successo? Avrebbero
fatto finta di niente o spiegato quel gesto come un semplice aiuto tra amici?
- Credo sia ora
di mangiare qualcosa.- sussurrò, stringendogli le mani e
facendogliele
sollevare, per poter ottenere un attimo di salvezza. - Io sto morendo
di fame,
possiamo vedere che è rimasto in frigorifero.-
tentennò poi con un sorriso
convincente, rafforzando la presa sulle sue mani nel sentirlo
strofinarsi
contro di lui e sporgersi verso il suo orecchio, gemendo ripetutamente
il suo
nome ed ottenendo una risposta immediata dal membro del maggiore.
Gli stava
lasciando sicuramente dei lividi sui polsi, da come li stava stringendo
in
quella morsa, ma Zayn non sembrava badarci troppo, si muoveva sopra di
lui,
faceva strofinare i loro membri assieme, e gli succhiava il lobo
dell’orecchio,
alternando dei morsi e dei sussurri su quanto fosse piacevole sentirlo
così grande. E Liam
poteva solamente
arrossire, sollevarsi appena con il bacino e seguire quel piacere senza
opporsi
fin troppo. Perché quel ragazzino, tutti i suoi gesti e le
sue attenzioni,
erano piacevoli ed era la tentazione a volere di più su cui
si stava
concentrando e che tentava di bloccare.
Lo sentì
staccarsi da lui, dal collo e dal segno che doveva avergli lasciato, e
incrociò
i suoi occhi scuri, vedendo le sue labbra schiudersi per pronunciare
quel che
lo lasciò con le guance in fiamme e gli occhi sbarrati.
- Ho pensato a
quel che ti ho detto ieri sera, su Louis e sul fatto che dovresti
riprenderlo.-
gli aveva detto infatti, fermando quei movimenti e arricciando gli
angoli delle
labbra in un sorrisino malizioso. - Se non prendi lui, avrai bisogno di
qualcuno. Posso accettare io, ma non lamentarti se non mi troverai alla
scrivania. Perché sarò sempre sotto la tua, con
la bocca impegnata a lavorare
questa delizia.- finendo quel discorso con la mano che, dopo aver
liberato
dalla presa del maggiore, aveva appoggiato sul fronte dei boxer e
premuto fino
a ricevere il gemito roco di risposta.
Non
riuscì ad
impedire nient’altro, non con quell’improvviso
desiderio che gli scorreva sotto
le vene, con Zayn che gli abbassava il tessuto e lasciava il membro
libero di
svettare contro il proprio addome, con quei suoi occhi famelici e fissi
sulla
cappella bagnata, con la sua mano che si era stretta alla base e
quell’improvviso calore che l’aveva avvolto,
costringendolo a chiudere gli
occhi e afferrare le ciocche di capelli neri, come se fossero
l’unica cosa
capace di salvarlo dal precipizio.
I momenti
successivi erano solo un insieme di gemiti, imprecazioni, Zayn, le pareti della sua gola che si
stringevano e la sua bocca
che scorreva facilmente sul membro bagnato dalla saliva e dal liquido
preseminale. Furono tutto un insieme di fattori che lo portarono a
raggiungere
l’orgasmo dopo nemmeno dieci minuti, il respiro affannato e
la fronte imperlata
di sudore, mentre il ragazzino si preoccupava di non perdere nemmeno
una goccia
di sperma.
Non
riuscì ad
esprimere un pensiero coerente per altrettanto tempo, Zayn stava
risalendo
lentamente con quei piccoli baci e lui cercava di recuperare il respiro
e la
sanità mentale, mentre teneva ancora una mano tra i suoi
capelli e l’altra
sulla sua schiena. Lo lasciò premere le labbra contro le
proprie, annuendo al
suo invito ad alzarsi dal letto e andare a mangiare qualcosa, per poi
arrossire
a quel chiedergli di mostrargli la lingua e “Son
sicuro di non averla mangiata”.
Si erano quindi
spostati in cucina, Liam aveva insistito per ordinare qualcosa ma Zayn
era stato
irremovibile, decidendo di preparare due sandwich e mostrargli ancora
una volta
quanto fosse bravo ad ottenere del cibo commestibile da quel che
restava nel
frigorifero. Non era riuscito ad obbiettare il maggiore, la testa era
rimasta
ancora a quel che era appena successo e riusciva solamente ad annuire e
farfugliare qualche risposta confusa.
Solo alle tre di
pomeriggio, dopo aver perso più di una partita alla Fifa,
riuscì a rilassarsi
ed ignorare tutti quei pensieri ad ogni movimento del più
piccolo; aveva
imparato quasi a memoria ogni suo tic nervoso, ogni minimo scatto del
suo corpo
ad ogni tiro andato male o ogni esultazione ad ogni goal. Nonostante
certe
volte non riuscisse ad etichettare quel suo ricercare il proprio
sguardo, come
se cercasse una qualche approvazione o molto altro, cose che Liam
ancora non
riusciva a capire.
C’era una
domanda che gli vorticava nella testa dalla sera precedente - o forse
da molto
prima -, ma non sapeva se l’avesse poi scambiato per un
ficcanaso ed un
curioso, quella era l’ultima delle sue intenzioni. Era sempre
preso in quello
strano combattimento, muovendo le dita sul joystick senza impegnarsi, e
Zayn
stava vincendo con così tanto vantaggio da non esultare
più ad ogni punto;
sembrava avesse capito anche lui come il maggiore non fosse
più presente, la
testa persa chissà dove, ma non faceva domande e continuava
a far muovere il
suo giocatore su e giù lungo il campo, senza una vera meta.
- Zayn?-
sussurrò il suo nome dopo qualche minuto, un tono di voce
sottile per non
rompere quella strana atmosfera. Strinse le dita attorno al joystick,
quando
percepì il suo sguardo interrogativo, e prese tutto il tempo
per continuare e
chiedere: - Tua madre.. vuoi parlarne?-
Quando
sentì
calare il silenzio, il solo rumore del respiro che il diciassettenne
aveva
trattenuto per qualche secondo, iniziò a mordere la pelle
dell’interno delle
guance, cercando di scaricare il nervosismo e non pensare troppo a quel
che
poteva aver rovinato ogni cosa.
Fu con grande
sorpresa che lo sentì chiedere: - Cosa vuoi sapere di lei?-,
voltandosi con il
busto e tenendo il joystick in grembo, stringendosi nelle spalle e
farfugliando
un veloce: - Tutto quello che vuoi, io ti ho parlato di quel che
è successo a
me.. non sei obbligato, ma posso ricambiare il favore e..-
Venne preso in
contropiede dal suo borbottare che non si trattava di alcun favore, che
non era
obbligato ad ascoltare e non aveva alcun debito con lui, che
l’avrebbe
ascoltato altre mille volte e che gli aveva fatto solo piacere
ascoltare la sua
storia e vederlo aprirsi.
Bisbigliò
solamente il suo nome, riuscendo ad attirare nuovamente la sua
attenzione e il
suo sguardo, cercando di rivolgergli un sorriso incoraggiante e
sussurrare: -
Non era quello che intendevo, ma se vuoi parlarne.. o sfogarti, io sono
qui.-,
riprendendo in mano il joystick e concentrandosi sul gioco, riuscendo a
recuperare alcuni punti mentre percepiva il ragazzo immobile accanto a
lui.
Mise in pausa il
gioco nel sentirlo muoversi sul divano per essere più
comodo, annuì al suo “Posso
parlarti di tutto?” e
bisbigliò di rimando qualcosa sul
fatto che potesse fidarsi di lui e che l’avrebbe ascoltato ed
aiutato, nel caso
in cui ce ne sarebbe stato bisogno.
- Son già
passati quattro o cinque anni.- lo ascoltò dire con un filo
di voce, allungando
un braccio per appoggiare una mano sulla sua, riuscendo a liberare le
sue dita
dalla presa sui jeans. - Morta di parto, c’è stata
un’emorragia.. e dicevano
che era una cosa piuttosto comune, l’ho sentito mentre lo
dicevano a papà.-
- E quanti anni
avevi?- cercò di cambiare in un certo senso la traiettoria
del suo pensiero,
stringendogli appena la mano nel vedere i suoi occhi inumidirsi. -
Dieci o
undici, giusto?- continuò, rispondendosi da solo e
guardandolo mentre annuiva
solamente, schiarendosi la voce per poi aggiungere: - Ho odiato mia
sorella per
tutta quella mattina, perché mi aveva portato via la mamma
ed era colpa sua.-
Spostò un
braccio attorno alle sue spalle, non riuscendo a sopportare il tremolio
del suo
corpo, e passò le dita tra il suo ciuffo di capelli neri,
che sembrava aver
perso vitalità con lui e stava contro la sua fronte,
premendo poi le labbra
contro la sua tempia e sentendolo continuare la storia con voce un poco
più
sicura.
- Non ho mai
visto papà così arrabbiato, è stata la
prima volta che ha perso davvero la
pazienza con me. Non ha mai alzato le mani, mai nemmeno una volta. Ma
quel
giorno gli ho gridato che quel mostro non lo volevo e lui mi ha tirato
uno
schiaffo, mi ha detto che non dovevo più permettermi di
pensare certe cose di
mia sorella.- Annuì, non sapendo come o cosa dire per
cercarlo di farlo stare
meglio o non rendere fin troppo doloroso quel tuffo nel passato, e poi
restò
sorpreso nel vederlo sorridere con gli occhi lucidi e sussurrare: -
Quando me
l’hanno data tra le braccia.. era la creatura più
fragile che avessi mai visto.
Ho deciso che l’avrei protetta da tutto e tutti, che non le
sarebbe successo
nulla di grave.-
Lo lasciò
andare, vedendolo allontanarsi dal proprio fianco e frugare nelle
tasche dei
pantaloni, sorridendo nel vedere lo schermo del cellulare del
ragazzino, sullo
sfondo una foto raffigurante lui e una bambina con i suoi stessi
lineamenti,
per poi annuire al suo: - Si chiama Safaa ed è la mia
sorellina.-
- Ti somiglia
tanto.- bisbigliò dopo qualche minuto, perdendosi ad
osservare i loro sorrisi
felici e trovandosi a sorridere a sua volta. - Siete molto carini, una
bella
famiglia.- farfugliò, sentendo un improvviso groppo in gola
al suo “Come te ed Aileen”,
groppo che cercò di
deglutire ma si trovò a fissare i suoi occhi nocciola, delle
sfumature quasi
verdastre per via della luce, e grugnì appena nel sentirsi
chiamare per nome.
Si arrese dopo
pochi minuti, non riuscendo più a combattere il suo sguardo,
e lo ascoltò in
silenzio mentre sussurrava: - Quel che volevo dirti la volta scorsa..
in tutto
questo schifo, tra tutte queste cose brutte ed orrende,
c’è sempre qualcosa per
cui vale la pena, qualcuno per cui valga la pena lottare o essere
forti. Io mi
sveglio ogni mattina, porto Safaa a scuola e prego Allah
perché protegga me e
la mia famiglia. Tu.. hai Aileen, Liam. E lei ti dà forza
ogni giorno, con ogni
sorriso.. non è così?-
Mosse
velocemente la testa in un cenno, non fidandosi delle parole, e incise
i denti
sul labbro inferiore per trattenere le lacrime, cercando di calmarsi
con quelle
leggere carezze contro la guancia.
- So che
è
difficile e che ci son giorni in cui vorresti buttarti a terra, dire a
tutti di
lasciarti in pace e pensare solo a come stai male. E in quei momenti
devi
guardare Aileen e pensare a come cazzo la stai crescendo bene, al fatto
che
stai facendo tutto da solo e..-
- Ci son giorni
in cui..- bisbigliò, interrompendolo ed ottenendo tutta la
sua attenzione. -..
mi sembra di soffocare o affogare, non riesco a respirare. Ed
è orrendo, quello
è orrendo. Perché più sto male e
più penso a cosa potrebbe succedere se Aileen
mi vedesse. Cosa dovrei dirle? Che sono il motivo per cui sua madre
non..- Si
portò una mano alla guancia, tenendo gli occhi fissi in
quelli del moro che sibilò:
- Non dirlo mai più.-
- E non pensarlo
mai più.- lo sentì aggiungere con foga,
massaggiandosi la parte colpita ed
osservandolo mentre continuava a dire: - Devi toglierti quella parola
dalla
testa e dalla bocca, devi smetterla di pensare al passato con
quest’idea. Non
guardare a quello che è successo, ma a quello che stai
facendo. Guarda quanto
amore stai dando a quella bambina, guarda come la stai crescendo bene e
come ti
stai impegnando per non farle mancare nulla. Tu sei meraviglioso, Lee.
Riesci
ad illuminare tutta una stanza con un sorriso e vogliono averti tutti
attorno.-
Sentì il
calore
salire sempre più sulle guance, trovandosi a fissare il
tavolino pur di non
mostrare l’imbarazzo, e si lasciò sfuggire in un
sussurro: - Quello sei tu.-,
per poi andare a fuoco al suo ripetere: - Io? Pensi quelle cose di me?
Che
illumino una stanza?- ed insistere con un malizioso: - Vuoi avermi
attorno? Ti
piace avermi attorno?- a cui rispose con un’alzata di spalle
e un flebile: -
Solo qualche volta, non sempre.-
Restarono in
silenzio per qualche altro minuto, entrambi concentrati nei loro
pensieri, e
poi Liam si lasciò attirare tra le braccia del
più piccolo e contro il suo
petto, chiudendo gli occhi e ascoltandolo sussurrare: - Vedrai che
andrà
meglio, ma tu devi impegnarti.. ed aprirti, non tenere tutto dentro.-,
una voce
fin troppo dolce e le sue dita tra i capelli.
- Mi sembra
ridicolo.- borbottò dopo cinque minuti, sentendo la sua voce
confusa mentre gli
chiedeva il motivo di quell’affermazione. - Mi lascio dare
lezioni di vita da
un bambino.- spiegò con fare ovvio, restando stretto a lui e
appoggiando un
braccio sul suo stomaco, le dita che stringeva sulla maglia e sul suo
fianco.
Grugnì al
suo
ribattere: - Non sempre l’età è
sinonimo di saggezza, ma l’esperienza lo è.-,
trattenendo la risata per non dargli alcuna soddisfazione, ma gli
lasciò un
bacio a fior di labbra, quando si sollevò appena con il viso
da quella
posizione sicura.
E gli
sembrò,
per la prima volta in vita sua - dopo certi momenti con Kaylyn,
ovviamente -,
di non aver bisogno di ulteriori parole, Zayn gli sorrideva, come se
fosse
stato in grado di leggergli dentro e aver capito i suoi ringraziamenti.
Non
riuscì a
trattenere la risata allegra, vedendolo spingere il joystick contro il
proprio
stomaco e borbottare: - E ora impegnati, voglio farti il culo.-, per
poi dargli
una gomitata al suo bisbigliare: - Magari poi ci spostiamo nel letto e
mi
faccio davvero il tuo culo.-
- Non era
valido, Lee.- continuava a borbottare il moretto, seguendolo come un
cagnolino
mentre si dirigeva verso la cucina. - Mi hai distratto, non
è giusto!- lo sentì
esclamare per cercare di attirare l’attenzione, sbattendo
persino i piedi e
tenendo le braccia incrociate, il joystick stretto in una mano e il
broncio
sulle labbra.
Liam si strinse
solamente nelle spalle con un sorrisino, prendendo una birra fresca dal
frigorifero ed aprendola, vedendolo rifiutare una bevanda con quel suo
cipiglio
offeso, per poi ribattere: - Tutto è valido nel wrestling,
mio caro.- e berne
un sorso con gli occhi fissi su di lui.
- Non è
vero,
Lee!- lo sentì insistere nuovamente, intravedendo la sua
figura avvicinarsi
sempre di più ed arrestarsi di colpo a qualche metro da lui,
seguendo i suoi
occhi e iniziando a tossire nel ricordarsi di aver dimenticato di
nascondere
quella piccola cosa.
Sentì le
guance
diventare bollenti, concentrando le proprie attenzioni sulla bottiglia
di birra
e sulla sua etichetta, tenendo un orecchio teso per ascoltare tutti i
suoi
movimenti e possibili commenti, dal versetto sorpreso alla
realizzazione e: -
Hai comprato uno skateboard per Aileen?-
Negò
immediatamente, vedendolo voltarsi ed indicargliela per ripetere con
fare
ovvio: - Quello è uno skate, Liam.-, costringendolo a
sussurrare: - So cos’è,
ma non è per lei. Non salirà mai più
su quella roba, non fin quando non sarà
maggiorenne e..-
Restò in
silenzio al suo chiedere ulteriori spiegazioni - “Per chi l’hai comprata, se non
è per lei?” - e sentì il
fiato
mozzarsi nel trovarsi quel ragazzino addosso, le braccia attorno al
proprio
collo e tutto il peso del suo corpo che doveva sostenere, se non voleva
trovarsi a terra.
L’aveva
sentito
esclamare parole strane, forse nemmeno nella loro lingua, ed era
riuscito a
captare solamente il solito “Sei il
migliore, Payne!”, per poi arrendersi ed appoggiare
la birra sul bancone,
avvolgendo le braccia attorno alla sua vita snella e tenendolo stretto
a sé.
Era assurdo,
incredibile e spaventoso come, in quel preciso istante, si stesse
sentendo così
felice; la risata di quel ragazzino nelle orecchie, il suo calore
contro e
tutta quella luce che penetrava dai pezzi del muro decadente,
mostrandogli
un’uscita da tutto quel buio.
Non ci
pensò
troppo, quando propose: - Perché non andiamo a provarlo?-, e
tutti quei baci e
quei gridolini euforici furono la conferma del suo aver scelto in modo
giusto,
insistendo con: - Certo che sono serio, siamo rimasti in casa per
troppo
tempo.-
E dopo
un’oretta
si trovavano di fronte a quella strana struttura dentro a Central park,
c’erano
rampe e quella che assomigliava ad una forma di un lago - quelle
curvature
strane e quell’aria fin troppo pericolosa -, mentre lui aveva
deciso di star
seduto sul bordo, le gambe a penzoloni e lo sguardo fisso sulle strane
acrobazie del più piccolo.
Lo
osservò
quando, con una mossa fin troppo strana e pericolosa, riuscì
a mettersi con lo
skate al proprio fianco, restando in silenzio mentre si sedeva e
appoggiava la
guancia contro la propria spalla, sospirando e dandogli delle pacche
contro la
coscia.
- La mia prima
tavola me l’ha regalata mamma.- lo sentì dire
all’improvviso, lanciandogli una
veloce occhiata e vedendolo con gli occhi chiusi e il viso sollevato
per
prendere l’ultima luce della giornata. - Avevo quasi
l’età di Aileen, son
caduto così tante volte e lei era sempre lì a
tirarmi in piedi e dirmi che, se
era la cosa che amavo davvero, dovevo lottare.- Avvolse un braccio
attorno alle
sue spalle, appoggiando il mento sul suo capo e restò in
silenzio mentre lui
continuava a parlare di quello sport, di come fosse scomparso e poi
ritornato,
di quanto fosse bravo e avesse ricevuto più di un
complimento e di una
promessa.
- Sono stato
quasi arrestato, sai? Stavo partecipando ad una gara in mezzo alla
strada,
forse facevamo fin troppi casini e ci siamo trovati davanti la polizia.
Son
riuscito a sgusciare via all’ultimo, ma papà
l’ha scoperto e mi ha messo in
punizione. Almeno non gli ho fatto pagare nulla e ho la fedina penale
pulita.-
Scoppiò a
ridere, scuotendo velocemente il capo, e borbottò: - Spero
Aileen non mi faccia
mai spaventare in quel modo. Non voglio vederla seguire le tue orme e
trasformarsi in una teppistella. Non me la corrompere.-, vedendolo
arrossire
appena e farfugliare di non essere un teppista, difendendosi con
qualcosa di
molto simile a “Però son
intelligente,
potrebbe diventare una ragazza intelligente come me.”
Fu Zayn a
rompere il silenzio, ritornando sull’argomento precedente e
sussurrando: - Il
mio sogno è andare in California e vincere la Maloof, poi
partecipare anche ai
mondiali e diventare il più forte.-, diventando
successivamente serio mentre
bisbigliava: - In fin dei conti non c’è nulla che
mi trattiene qui. Papà e
Safaa mi seguirebbero, non ho amici veri.. solo Louis, ma me lo
porterei
dietro.. non ho altro, giusto?-
Aggrottò
la
fronte nel sentire quell’ultima frase, quel suo cercare quasi
una conferma o
una smentita in lui, e gli chiese in un sussurro: - Quello è
il tuo sogno?-,
vedendolo annuire e farfugliare: - Da quando mamma è morta,
mi son promesso che
avrei vinto per lei e per tutto quello che mi ha insegnato.-
Non aggiunse
altro, preferendo restare in silenzio e tenere stretto il ragazzino al
proprio
fianco, come se volesse godere ancora un poco della sua presenza, per
poi
staccarsi e poggiare le mani sulle sue spalle, vedendolo strofinare le
maniche
della giacca di pelle contro le palpebre.
- Zayn.-
sussurrò il suo nome con un sorriso dolce, facendogli
sollevare il viso con
l’indice sotto il suo mento, e affermò con
sicurezza e serietà: - Quella coppa
sta aspettando solo te, è tua e devi andare a prendertela.
Non smettere mai di
seguire il tuo sogno.-
Non
riuscì a
resistere a quel suo continuo annuire, come se stesse ripetendo quelle
parole
come un mantra, ed allargò le braccia, sussurrando: - Vieni
qui, piccolo.-,
premendo le labbra tra i suoi capelli e aggiungendo con un filo di
voce: - Non
aver paura, ci riuscirai. E diventerai quel che hai sempre sognato,
perché ci
son tante persone che credono in te e ti sostengono.-
Continuò
a
tenerlo stretto, sentendo le sue ciglia bagnate a contatto con il
proprio
collo, e si dondolò appena con il busto nel sentire i rumori
di un pianto più o
meno silenzioso, ricordandosi di come si fosse sempre nascosto nelle
precedenti
occasioni, di come non gli piacesse farsi vedere in quel momento di
debolezza.
Solo dopo dieci
minuti lo sentì parlare di nuovo, la voce roca per via del
pianto e così
intrisa di emozioni mentre bisbigliava: - Mi piace.. il tramonto. Mi
piace
tanto guardarlo con te.-, facendolo arrossire e sorridere assieme,
tenendo le
dita tra i suoi capelli e premendo le labbra contro le sue.
Possiamo farlo
diventare una cosa solo
nostra.
Lo tenne per
sé
quell’ultimo pensiero, ma, da come Zayn gli stava sorridendo
e stringendo la
mano, sapeva di essere stato fin troppo chiaro con un semplice sguardo.
Avevano deciso
di fermarsi da Domino’s, prima di rientrare
all’appartamento, e avevano ordinato
una pizza enorme per ciascuno - al salame piccante per Zayn e ai
peperoni per
Liam -, tutto quel formaggio che strabordava ovunque e loro fin troppo
affamati
per notare le occhiate curiose degli altri clienti, a causa delle loro
risatine
euforiche e delle battutine maliziose del più piccolo.
Non riusciva a
capire come, in una giornata o poco più, fossero riusciti a
legare in quel
modo, arrivando persino a scherzare su argomenti delicati riguardanti
l’ambito
del sesso, ma non voleva rovinare quella piccola bolla in cui si erano
chiusi,
preferendo continuare a punzecchiare il più piccolo fino a
farlo arrossire.
Al contrario di
quel che pensava, Zayn, era una persona con una certa cultura e una
buona dose
d’intelligenza, con quel pizzico di malizia a renderlo
speciale, diverso da
tutti gli altri ragazzi con cui aveva avuto a che fare; oltre ad essere
di una
bellezza rara, che rendeva ancora più difficile il cercare
di opporsi al suo
fascino.
Stavano
passeggiando per le vie di Manhattan, le loro mani si sfioravano per
quel
camminare fianco a fianco, e si stavano dirigendo verso la
metropolitana,
allungando la strada per godere di quell’atmosfera di inizio
estate: il
venticello fresco, tutte quelle luci della città, i viali
alberati.
Restò in
silenzio, quando il cellulare di Zayn iniziò a suonare, e
ascoltò attentamente
la conversazione con quello che doveva essere il padre, come si stava
arrampicando sugli specchi nel cercare di convincerlo di aver dormito
da Louis
e di poter chiedere a quello che avrebbe confermato. Fu la prima cosa
che gli
chiese, nel momento in cui riagganciò la chiamata, quel
“Vuoi fermarti anche stanotte?”
che non era riuscito a trattenere,
nonostante si fosse morso la lingua per non far scappare quelle parole.
Gli
sembrò di aver trattenuto il fiato per troppo tempo,
rilasciandolo solo quando
vide il suo cenno d’assenso, la testa che teneva bassa per
non mostrargli il
sorriso felice e le guance rosate.
Rientrarono
nell’appartamento quasi due ore dopo, avevano preso un giro
fin troppo largo e
avevano quasi percorso tutto il perimetro del parco, e rivolse un cenno
veloce
alla vicina di casa, la signora Hall era stata sicuramente attirata
dalla
risata fragorosa del moretto, stringendo una mano attorno al braccio
del minore
per trascinarlo il più velocemente possibile al riparo da
ulteriori occhiate
indiscrete.
Non ci
pensò
molto quella sera, quando si spogliò di fronte ad uno Zayn
improvvisamente
intimidito, e non lo fece nemmeno quando, dopo essersi spogliato a sua
volta,
se lo trovò tra le braccia con il viso nascosto tra il collo
e la spalla, le
gambe tra le proprie e il respiro regolare dopo pochi minuti.
Si stava
abituando a tutto quello: ad averlo nel letto, a sentire il suo calore
contro
la propria pelle e alle sue dita che sembravano stringerlo sempre di
più. Ad
incidere quasi nella pelle, a chiedergli di restare o a farsi
trattenere.
“Promettiamoci questa cosa, Leeyum. Qualunque
cosa accada, ovunque noi saremo, non ci dimenticheremo e continueremo a
volerci
bene. Promettilo.”
“Cosa vuoi che accada, Lyn? Essere mamma ti
rende paranoica.”
“Prometti, Liam.”
“E va bene! Prometto, contenta? In ogni caso
voglio troppo bene a te e a tua figlia per dimenticarmi di voi.”
Poi lei aveva
spostato appena il viso,
aveva distolto l’attenzione dalla strada e gli aveva rivolto
quel solito
sorrisino felice, erano scoppiati a ridere assieme e lui era troppo - fin troppo - ubriaco. Ma ricordava benissimo quella luce
improvvisa, il rumore di
un clacson e le sirene di un’ambulanza. Una stanza di
ospedale bianca, il corpo
della sua migliore amica di fronte e poi solo.. - Liam!-
Spalancò
gli
occhi di colpo, sentendosi scuotere per un braccio, e si mise
velocemente
seduto, lasciandosi attirare contro il corpo del più piccolo
e accorgendosi
solo in quel momento di star tremando per via del solito incubo. Era
sempre
così reale e spaventoso, odiava tutto quello e restava
sempre senza forze dopo
averlo sognato.
Solo dopo altri
cinque minuti riuscì a sentire il contatto della pelle di
Zayn, il suo calore e
il suo continuo ripetere: - Ci sono io ora, Lee. Ti tengo io, non avere
paura.-
Angolo
Shine:
Chiedo
infinitamente scusa per il ritardo nell’aggiornamento, ma non
sono stata bene e
non ho proprio avuto tempo/voglia di accendere il computer.
(Dopodiché son
stata super impegnata in questi giorni che assomigliavano tanto ad un
incubo.)
Però son
tornata
con questo capitolo, tantissimo Ziam e tantissime scuse.
Se tutto va per
il meglio ad Halloween (venerdì 31 ottobre) avrete il nuovo
capitolo, se va
male avrete una one - shot di più di 33k. Sarete
soddisfatte/i in entrambi i
casi, spero.
Io cerco sempre
di scrivere, nei momenti liberi, ma questa settimana è stata
un’impresa assurda
e faticosa. Quindi perdonatemi per i possibili ritardi.
Grazie infinite
a tutti e alle bellissime recensioni,
a
venerdì, si
spera.