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Autore: Alexiel94    25/10/2014    4 recensioni
[AU! Tutti mortali | Future]
[Jason/Piper | accenni altre coppie]
[Presenza di OC]
Jason Grace era conosciuto per essere un buon uomo, sempre disponibile e pronto ad aiutare il prossimo, ma la cortesia di quel pomeriggio superava persino i suoi standard. [...]
Era vero, Jason era un uomo affascinante e non vi era nulla di male se dopo dieci anni dalla morte della moglie avesse cercato di rifarsi una vita. Eppure il solo pensiero di suo padre di fianco ad una donna era sufficiente a farle provare diverse fitte di gelosia. [...]
-Ti darebbe fastidio se venisse da noi a cena stasera? Così la conoscerai, finalmente-.
La ragazza gli scoccò un'occhiataccia.
-Anche se mi desse fastidio, lei verrebbe qui comunque, giusto?-. [...]
Quando aprì la porta per poco non le venne un colpo.
-Miss McLean?-.
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason Grace, Nuovo personaggio, Piper McLean
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: Penso di potermi candidare per il premio Autrice Degenere dell'anno. Vi chiedo perdono per non avere aggiornato per due mesi, ma diverse cose che non starò qui a spiegare mi hanno impedito di scrivere il capitolo fino ad ora.
A inizio della fanfiction avevo detto che sarei arrivata circa a cinque/sei capitoli, difatti quello era il piano originale. Da allora però la storia si è sviluppata più del previsto, quindi penso si arriverà a circa dieci capitoli. Possibilmente non aggiunti a tempi così indecenti.
Buona lettura.
 
Parte V


"Hypocrite lecteur – mon semblable – mon frère!"
Isabel desiderava davvero che quella fosse l'ultima poesia, ma purtroppo aveva solamente finito il prologo dei Fiori del Male. Aveva dovuto cercare quasi ogni parola sul vocabolario aperto alla sua sinistra, compito frustrante e persino stancante, ma doveva ammettere che la poesia in fondo le era piaciuta. Non che lei si intendesse di letteratura, ma era rimasta affascinata da quei versi.
-Ipocrita lettore, mio simile, mio fratello- ripeté.
Era strano come poche parole potessero colpirla tanto, eppure il poeta era riuscito a trasmetterle il suo stesso disgusto per la società nella quale anche egli era compreso suo malgrado. Si ripromise di leggere altre poesie prima di andare a dormire e scese in salotto.
Il giovedì era una serata speciale per lei e Jason: ordinavano una pizza che mangiavano seduti sul divano, intrattenuti dalla visione di un film sull'antica Roma. Era un modo per passare un po' di tempo inseme e, cosa più importante, era esclusivo. Isabel non sapeva come sentirsi riguardo il fatto che suo padre aveva invitato anche Miss McLean a fare parte di questa tradizione: certo, era infastidita di aver perso una serata da sola con Jason ma in piccola parte era contenta che ci fosse anche la donna con loro. 
-Le nostre pizze arrivano tra mezz'ora- disse Isabel prendendo posto sul divano. 
-Ti piacciono i film sull'antica Roma?- chiese Jason alla fidanzata. 
Miss McLean si grattò il collo, leggermente a disagio.
-In realtà preferisco quelli sull'antica Grecia-.
Gli altri due la fissarono come se avesse appena proferito una pesante bestemmia. Poi si guardarono sconvolti prima di tornare a fissare la donna, che dal canto suo era infastidita dalla reazione del suo fidanzato e della figlia di lui.
Jason si avvicinò a lei e la abbracciò.
-Amore, non sai quello che dici- le sussurrò.
-Per l'amor del cielo, Jason! Non ho detto nulla di grave!-.
-Papà, lascia perdere. Non comprende la grandezza di Roma, altrimenti la penserebbe diversamente- intervenne Isabel.
Davvero non comprendeva come una persona potesse preferire la Grecia all'impero romano; l'unico modo in cui riuscisse a spiegarselo era l'ignoranza su Roma. Certo, vi erano stati reggenti folli come Nerone o Caligola, ma rimaneva pur sempre il più grande impero mai esistito.
Miss McLean la guardò con una strana espressione. 
Non avevano una chiacchierata in privato da qualche giorno; l'insegnante aveva annullato gli appuntamenti nella pausa pranzo causa impegni con i colleghi, mentre in aula la trattava come qualsiasi altro dei suoi alunni - come testimoniava la nuova e fiammante F presa perché non aveva studiato l'ultimo argomento, su cui si era basata l'interrogazione. Ad eccezione delle ore di lezione non si erano ancora confrontate su quanto successo pochi giorni prima e Isabel un po' temeva il momento in cui sarebbe giunto. 
-Io invece credo che voi due non abbiate ben chiara l'importanza della Grecia, che ancora oggi costituisce le basi della nostra società- replicò la donna.
Andò a finire che non guardarono nessun film, ma rimasero a discutere tutta la serata su quale fosse la cultura migliore. Tentarono anche di coinvolgere il povero ragazzo delle consegne quando portò loro le pizze, ma riuscì a liquidarli quasi subito dicendo di avere altre ordinazioni. Due ore dopo, quando i cartoni erano ormai vuoti e abbandonati sul tavolino del salotto, la discussione era ancora accesa ma Jason disse che era ora di riportare Piper a casa. Andò ad accendere la macchina mentre la fidanzata si stava ancora infilando il cappotto.
Isabel la guardò, rendendosi conto che era la prima volta in cui si trovava da sola con l'insegnante dal pomeriggio del cimitero. Si ritrovava con la gola secca, ma prese la parola. In fondo non avrebbe potuto evitare il discorso per sempre, no?
-Senta Miss McLean, per quello che è successo al cimitero...- esordì, ma non riusciva a guardare in faccia la donna. Sapeva però di avere attratto la sua attenzione, visto che non udiva alcun rumore e le sembrava quasi di avvertire il suo sguardo curioso. -Ecco... io non sono così... debole, e mi dispiace che lei abbia dovuto vedermi in quel modo-.
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla e alzando gli occhi incontrò lo sguardo di Miss McLean, comprensivo e dolce.
-Mostrare le proprie emozioni non è segno di debolezza- le disse. -Non tutti hanno vissuto la tua stessa terribile esperienza di perdere un genitore. Ti assicuro che sei una delle ragazze più forti che io conosca-.
Isabel si sentì sollevata non poco dal complimento.
-La ringrazio molto, Miss McLean-. 
-Fuori da scuola dammi del tu- aggiunse la donna, sorridendo. -E chiamami Piper-.
-Va bene, Miss... ehm, Piper- disse Isabel.
La donna ridacchiò, ma la salutò con un abbraccio.
Fa' che non diventi un'abitudine, pensò la ragazza. Doveva ammettere però che non le dispiaceva affatto.

Man mano che si avvicinava San Valentino il clima a scuola si faceva sempre più romantico. Non era raro trovare ancora più coppiette del solito in giro per i corridoi e persino Sophia e Jonathan stavano diventando talmente dolci che Isabel era sicura le sarebbe venuto il diabete. Ormai non poteva fare più di tre passi senza incappare in una coppia di fidanzati intenta a baciarsi appasionatamente, compresi i suddetti amici, il che alla lunga cominciava a diventare irritante. 
D'altro canto anche lei non poteva negare di essere contagiata dall'atmosfera. Aveva scritto più e più volte una lettera che fosse capace di esprimere i sentimenti che provava per Jake, riuscendo ad arrivare a un risultato soddisfacente. Avrebbe consegnato la lettera al ragazzo il quattordici febbraio, si sarebbero baciati e poi messi insieme. Era perfetto.
-A me sembra una grandissima cazzata- disse Marcus. 
Isabel si mise in posizione difensiva e parò il suo pugno. Erano presenti nel dojo solo i quattro che avrebbero partecipato al torneo interscolastico, oltre alla sensei che sbraitava ordini e lamentele.
-Grace, cos'era quella? Mia nonna riuscirebbe a fare parate migliori!- urlò Clarisse.
La ragazza provò di nuovo la mossa, bloccando il colpo di Marcus con più decisione.
-Rodriguez, quello per caso era un pugno? A me sembrava più una carezza!-.
Il ragazzo sembrò scocciato, ma replicò il pugno con maggiore energia. Fu solo quando la sensei si allontanò che Isabel parlò di nuovo.
-Tu non sei molto romantico, vero?- disse con ironia.
-Non è questo. È che sei tu a non conoscere Jake: è un autentico coglione- replicò Marcus.
-E tu sei fine come uno scaricatore di porto-.
Isabel si impose di non tremare di rabbia. Il ragazzo non si comportava mai in modo tanto irritante, ma in quel momento lei era certa di non essere mai stata tanto furiosa con Marcus.
-Meglio scaricatore di porto che falso doppiogiochista come Lightwood- replicò lui.
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. La ragazza, colma d'ira, non poté fare a meno di tirargli un potente pugno, centrando in pieno il suo naso. Sebbene Marcus la superasse in altezza di almeno quindici centimetri e fosse parecchio più grosso di lei, in quel momento cadde a terra reggendosi il volto sanguinante.
Isabel sbiancò vedendo ciò che aveva fatto. Si inginocchiò di fianco a lui, balbettando frasi sconnesse.
-Scusa, scusami tanto... non avevo intenzione...-
Attorno al ragazzo arrivarono anche gli altri presenti nella palestra, insieme alla sensei che guardava il figlio con aria preoccupata. Quando fu certo che il ragazzo non si fosse rotto il setto nasale, la donna si voltò verso Isabel con aria minacciosa.
Adesso mi ammazza, pensò terrorizzata.
-Ecco, questo è un pugno!- commentò invece Clarisse con aria soddisfatta.

Il panorama di Seattle era fantastico, ma Isabel avrebbe preferito di gran lunga trovarsi a San Francisco.
Era il giorno di San Valentino e i suoi programmi per dichiararsi a Jake erano andati in fumo tre giorni prima, quando il padre le aveva detto che sua zia sarebbe passata a prenderla la mattina del quattordici. Non che non le piacesse passare del tempo con lei, ma in quel momento avrebbe preferito di gran lunga essere tra le braccia di Jake.
-A che pensi?- udì la voce della zia. 
Isabel si voltò. Hylla somigliava talmente tanto alla sorella deceduta che alla ragazza veniva sempre un colpo ogni volta che la guardava; questa volta invece riuscì ad apprezzare quei tratti e quello sguardo così simili a quelli di Reyna, se pure con una nota di malinconia.
-Nulla di importante- tagliò corto.
Sapeva che la zia riteneva i maschi esseri inferiori, per cui non avrebbe avuto senso parlare con lei dei suoi tormenti. Hylla prese posto al suo fianco per ammirare dall'enorme vetrata del suo appartamento le luci che animavano la città di Seattle.
-Ho saputo che Jason sta uscendo con una donna- disse.
Isabel confermò, aggiungendo -È la mia professoressa di francese-.
-Era ora che si trovasse una fidanzata, non capisco sul serio come potesse un uomo crescere da solo la figlia- commentò Hylla con freddezza.
La ragazza sentì l'amaro in bocca, ma cercò di non rispondere in malo modo alla zia. Nella sua considerazione dei maschi come esseri inferiori Jason non faceva eccezione e a Isabel dava parecchio fastidio quando parlava male di lui. Aveva cercato di fare del suo meglio per crescerla da solo e lei lo considerava il migliore padre che si potesse desiderare. Non si meritava quegli insulti gratuiti da parte di Hylla.
Eppure lui non se la prendeva, nemmeno quando Isabel gli raccontava di tutte le parole usate dalla zia nei suoi confronti. Jason si faceva una grossa risata, la abbracciava e le diceva di non dare peso a ciò che diceva Hylla su di lui. 
Isabel si procurò di contare fino a dieci prima di rispondere alla zia.
-Papà è un uomo fantastico e mi piacerebbe che lo capissi-. 
-Non lo metto in dubbio- replicò con sarcasmo Hylla. -Altrimenti non vedo come avrebbe potuto fare colpo su mia sorella-. Isabel stava per rispondere con pungente ironia, ma la zia aggiunse -Ciò non toglie che abbia bisogno di una donna al suo fianco. Allora, com'è lei?-.
La ragazza rimase a riflettere, non sicura di cosa risponderle. 
-È una brava donna. Mi piace-.
La cosa che la sorprese era che lo pensava davvero.

Jonathan somigliava talmente tanto a Jason che sarebbe potuto passare per il suo fratello minore anziché suo nipote. Non solo erano molto simili fisicamente, ma avevano tanti modi di fare in comune che ogni volta che Isabel cercava di immaginarsi il padre da giovane, lo vedeva esattamente come il cugino.
Avevano però diverse divergenze, soprattutto nel carattere. Jonathan aveva l'abitudine di essere irritante verso il prossimo, e non aveva alcun filtro tra ciò che pensava e cosa diceva. 
Quando entrò in casa e vide Piper, si rivolse a Jason per dire -Complimenti zio, hai fatto un'ottima scelta!-.
L'uomo gli tirò un buffetto sulla nuca.
-Non fare lo scemo, Jonathan-.
-Non sto facendo lo scemo, zio. Hai trovato una donna bellissima! Non sai quanto ti invidio!-.
-Jonny, se non taci immediatamente giuro che qualsiasi cosa uscirà dalla tua bocca verrà riferita a Sophia- intervenne Isabel.
Sapeva che il cugino per quanto parlasse non avrebbe mai fatto nulla di scorretto nei confronti della fidanzata, eppure non poteva fare a meno di sentirsi infastidita. Con sua sorpresa scoprì che non era solo la solidarietà verso l'amica a causarle fastidio, ma il fatto stesso che parlasse di Piper in quel modo. 
Nonostante fossero passate due settimane da quando glielo aveva chiesto, Isabel trovava ancora strano chiamare l'insegnante per nome. Anzi, le era sempre più difficile pensare alla donna come alla sua professoressa al di fuori dalle mura scolastiche, sebbene continuasse a farle imparare il francese. Il suo modo di comportarsi era sempre più simile a quello di un'amica piuttosto che quello di una professoressa. Piper una volta le aveva detto che era il suo modo di concepire la figura di insegnante: qualcuno che avesse un rapporto con gli studenti, non che li vedesse come perone da valutare. 
Eppure Isabel dubitava che la donna potesse rapportarsi con lei come una qualsiasi altra studentessa; Piper stava pur sempre con suo padre e sebbene questo non influisse con la valutazione dei compiti in classe aveva certo delle ripercussioni sul modo in cui la trattava. Lei dal canto suo cominciava ad apprezzare la compagnia della donna, sebbene non lo avrebbe ammesso apertamente.
La salutò con un cenno, poi la donna rivolse la sua attenzione a Jonathan che guardò sorpresa.
-Castellan?-.
-Si ricorda? Ha avuto la mia classe al secondo anno, dopo che sono stato bocciato- disse lui.
Nonostante ora Jonathan sorridesse Isabel sapeva che aveva sofferto molto la bocciatura, specie nelle prime settimane dell'anno scolastico. Si chiese come avesse affrontato Piper come insegnante quel periodo.
-Mi ricordo- confermò la donna. 
Lei e il ragazzo cominciarono a raccontarsi aneddoti dell'anno scolastico passato insieme e, con sua sorpresa, Isabel si ritrovò infastidita dal fatto che Piper prestasse più attenzione al ragazzo che a lei. Voleva inserirsi nella conversazione, ma non ne ebbe modo fino a quando Jason non annunciò che era pronta la cena. 
-Non avrai intenzione di andare alla festa vestita in quel modo- le disse suo padre mentre si sedeva a tavola.
Isabel si guardò. Indossava un corpetto nero, un coprispalle e una gonna lunga fino alle ginocchia dello stesso colore. Calzava dei pantacollant e dei tacchi bassi intonati.
-Lasciala in pace, Jason- intervenne Piper.
La ragazza la guardò sorpresa. Non credeva di avere la sua complicità per l'evento che aspettava da tutto il mese.
Quella sera finalmente si sarebbe tenuta la festa a casa di Jake Lightwood, e Isabel voleva sfruttare l'occasione per provarci con lui. Non era vestita in modo troppo scollato, ma di certo non si era mai addobbata in quel modo prima. 
Jason sospirò.
-Fai che nessun ragazzo si avvicini a te per tutta la festa-.
Isabel sbuffò.
Il fatto che suo padre fosse così iperprotettivo quando si parlava di ragazzi in parte la faceva sorridere, ma il più delle volte lo trovava molto fastidioso.
-Jonathan sarà l'unico essere maschile con cui parlerò per tutto il tempo. Contento?-.
Il ragazzo appena citato si affrettò a cambiare discorso, probabilmente temendo che dalla replica di Jason sarebbe nato un litigio. Portò l'attenzione sull'ultima giornata del campionato di baseball, lanciandosi in una discussione su punti, giocatori eliminati e classifiche. Lanciò uno sguardo a Piper, e lesse nella sua espressione ciò che pensava lei: uomini.
Quando finirono di cenare la ragazza si fiondò in bagno per truccarsi - rossetto e un eyeliner azzurro che si intonasse ai suoi occhi. Uscì di casa con il cugino, mentre le giungevano le parole di suo padre -Mi raccomando, non oltre l'una!-.
Tutto sommato era un buon compromesso. Era abbastanza certa che entro quell'orario si sarebbe fidanzata con Jake da un pezzo.
-Va bene, non farò tardi-.
Si chiuse la porta alle spalle e seguì Jonathan in macchina, che si affrettò a partire per passare a prendere Sophia. Quest'ultima aveva un vestito grigio lungo fin poco sotto al ginocchio e per l'occasione si era messa le lenti a contatto. Sorrise a entrambi quando li salutò, ma quando prese posto sui sedili dietro squadrò il fidanzato con aria critica.
-Ti sembra il modo di presentarti ad una festa?- chiese.
Jonathan diede un'occhiata ai jeans e alla maglia dei Metallica che indossava, prima di rispondere alla ragazza.
-Amore, se mi vestissi in modo più decente sarei conteso da un sacco di ragazze e tu saresti furiosa-. 
Sophia gli scoccò un'occhiataccia.
-Dubito che questo servirà a tenere lontane le oche giulive- replicò. 
-Scusate se interrompo la vostra lite da fidanzati, ma vorrei farvi notare che sono già le nove e venti- intervenne Isabel.
La festa era cominciata alle nove, e sebbene non fossero in ritardo esagerato lei non voleva sprecare un solo minuto da passare in compagnia di Jake.
-Non preoccuparti, cugina- disse Jonathan. -Fino a mezz'ora non è ritardo-.
Mise in moto e partirono a tutta velocità verso la villa dei Lightwood. 
La musica li raggiunse appena entrarono nella via. La casa era illuminata all'esterno da alcuni faretti blu e già si vedeva una discreta folla nel giardino. I tre si fecero spazio tra loro ed entrarono, ritrovandosi in un salotto trasformato in discoteca. I divani erano accantonati a una parete e delle casse trasmettevano della musica elettronica. Sebbene l'unica fonte di luce fosse una palla stroboscopica Isabel lo vide quasi subito; le sarebbe stato impossibile non riconoscere quella chioma rossa ribelle. 
Jake se ne stava appoggiato contro il muro, da solo, e lei si avvicinò.
-Ciao Jake- lo salutò. 
Egli le sorrise, facendo andare il cuore della ragazza a mille. 
-Ciao!-.
Jake mi sta considerando!, pensò.
La ragazza cercò di sorridere, nonostante sentisse il volto in fiamme. 
-Vieni con me?- chiese lui, affabile. 
Isabel era certa che sarebbe morta in quel momento. Non avrebbe mai immaginato che lui le avrebbe chiesto di rimanere soli già a inizio serata. Presero un paio di bicchieri di qualche alcolico che la ragazza non riconobbe e passarono molto tempo a parlare dei rispettivi interessi. Non le sembrava quasi vero; temeva che da un momento all'altro si sarebbe svegliata nel suo letto scoprendo che quello era stato un semplice sogno.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma Jake non le staccava gli occhi di dosso. 
-Sei bellissima- le sussurrò ad un certo punto, intterrompendo il suo commento su quanto fosse piacevole la festa.
Il respiro le si mozzò per un istante; credette di avere immaginato quelle parole, ma gli occhi verdi di Jake erano fissi nei suoi e la guardavano con tale intensità da farle capire che lo aveva detto per davvero. Lui si avvicinò, mentre Isabel era certa che il cuore le sarebbe scoppiato. Quando le labbra di lui sfiorarono le sue si sentì in paradiso e spinta da un impeto di passione ricambiò il bacio. Non seppe mai per quanto tempo rimasero a baciarsi, ma quando si separarono vide sul volto di Jake un ghigno di trionfo. 
-È stato più facile di quanto credessi- disse.
Quella frase fu un pugno allo stomaco.
-Cosa intendi dire?-. 
-Ho scommesso con Trevor che ti avrei baciata entro la mezzanotte, ma non credevo di farcela praticamente subito!- esclamò Jake.
Isabel sentì il volto in fiamme, ma stavolta non era per via del piacevole imbarazzo causato dall'amore. Era l'umiliazione a farla arrossire e farla sentire stupida come mai le era capitato.
-Stronzo!- urlò.
Fu un pugno fisico a centrare Jake nello stomaco, prima che la ragazza scappasse via. 
Casa sua distava parecchio da quella dei Lightwood, ma Isabel fece tutta la strada a piedi nonostante i piedi implorassero pietà per via dei tacchi. Sentiva il bisogno di scaricare la rabbia e la tristezza stando in movimento; inoltre sarebbe stato umiliante raccontare la storia a Jonathan e Sophia. "Sei tu a non conoscere Jake: è un autentico coglione" le tornò alla mente, non richiamata, la voce di Marcus.
Fantastico, oltre al danno anche la beffa pensò mentre apriva la porta di casa. Erano le undici passate da poco e credeva di potersi concedere il lusso di non annunciare la propria presenza, immaginando che il padre fosse a dormire. Scoprì invece di sbagliarsi quando si trovò davanti la scena che l'attendeva appena varcato l'ingresso.
Suo padre e Piper erano distesi sul divano, entrambi senza maglietta e intenti a baciarsi con passione. Isabel ebbe appena il tempo di realizzare la situazione che anche i due adulti la notarono, interrompendo il bacio. 
-Isabel!- esclamò Jason, impossibile dire se più sconvolto o imbarazzato.
La ragazza sentì il volto andare a fuoco per la seconda volta nel giro di mezz'ora. In fondo, una serata partita male poteva avere solo una conclusione peggiore.
-Scusate- disse solamente.
Isabel uscì sbattendo la porta di casa. Si sedette sui gradini dell'ingresso e, sebbene cercasse di evitarlo, inevitabilmente i suoi pensieri tornarono alla festa. 
Come aveva fatto a farsi trarre in inganno in quel modo? Era stata troppo cieca per notare che tutta quella perfezione non poteva essere vera. Più ci pensava più si sentiva idiota. Conosceva appena Jake Lightwood, sebbene le piacesse ciò non comportava che avrebbe dovuto fidarsi di lui come invece aveva fatto. Sentì un nodo alla gola al pensiero che lei provava sinceramente qualcosa per il ragazzo, mentre lui l'aveva semplicemente usata per una scommessa stupida.
Raccolse un sassolino da terra e lo lanciò con forza, guardandolo rimbalzare sul vialetto. Stava per farlo di nuovo quando il rumore di passi la fecero voltare. Piper - completamente vestita, grazie al cielo - si avvicinò a lei, per poi sedersi al suo fianco.
-Che ci fai qui?- le chiese Isabel.
Non era arrabbiata, ma in quel momento non se la sentiva di parlare con qualcuno. 
-Jason è troppo imbarazzato per parlarti, così ho deciso di farlo io-.
Isabel in quel momento fu contenta che fosse stata Piper a uscire per parlarle. Jason al suo posto avrebbe cercato di convincerla che lui e la fidanzata si erano tolti la maglia perché avevano caldo ed erano poi caduti sul divano, rendendo l'intera situazione ancora più imbarazzante di quanto fosse già.
Questo pensiero la fece sorridere, per poi tornare di malumore. Piper se ne accorse.
-È successo qualcosa alla festa?- domandò.
-No- mentì Isabel.
Non aveva voglia di raccontarle ciò che era successo, eppure... si rese conto che Piper era la persona adatta con cui parlarne. Sentiva bisogno del consiglio di una persona adulta e zia Talia probabilmente avrebbe cercato di uccidere Jake con le sue stesse mani, per non parlare di zia Hylla. L'insegnante di francese invece non avrebbe reagito in modo violento, ed era anche abbastanza esterna alla situazione da darle un parere più obiettivo di quello delle sue zie.
-Anzi, sì- si corresse, cominciando a raccontare alla donna ciò che era successo alla festa.
Scoprì che confidarsi con Piper le veniva naturale, specie perché questa la ascoltava con attenzione senza interromperla. Isabel non tralasciò nulla, a cominciare dai suoi sentimenti per Jake fino all'umiliazione di poco prima. 
Quando finì di parlare attese il giudizio di Piper, ma la donna la guardava con comprensione.
-Capita di fare cose stupide per amore, e ti assicuro che parlo per esperienza personale- esordì. Isabel la guardò con curiosità, ma evidentemente la donna dava per scontato che lei capisse a cosa si riferisse visto che continuò -So che sembra una frase fatta, ma solo un idiota potrebbe rifiutarti. E poi avrei voluto vedere il pugno che gli hai dato-.
La ragazza rise. 
-Non darti troppa pena per quel cretino, magari il ragazzo giusto è più vicino di quello che credi- aggiunse Piper, passandole un braccio attorno alle spalle.
Isabel la lasciò fare. Passò a sua volta un braccio attorno alla vita della donna, poggiando la testa sulla sua spalla.
-Piper- la chiamò. 
-Dimmi-.
-Questa cosa potrebbe rimanere tra noi? Non ho mai parlato di ragazzi con papà e ci terrei a non farlo fino al giorno del mio matrimonio-.
Piper ridacchiò, ma il suo tono fu serio quando disse -Ti prometto che non ne farò parola con nessuno, tantomeno con Jason-.
La strinse a sé più forte, e Isabel, che fino a poco prima si era sentita sola e vulnerabile, sentì di avere qualcuno su cui contare.

Il lunedì non era mai un bel giorno, specie quando l'ansia corrodeva le viscere della ragazza.
Quel giorno Piper avrebbe restituito i compiti in classe del giovedì precedente e Isabel sentiva il cuore in gola. Marzo era cominciato da pochi giorni e sebbene fosse passato più di un mese e mezzo da quando aveva cominciato a studiare francese per l'esame di fine aprile, la ragazza non era affatto sicura delle proprie capacità. Piper le aveva detto sbuffando che il suo problema principale era la facile resa di fronte agli insuccessi, ma lei non vedeva come risolvere il problema. 
-Grace- chiamò l'insegnante.
Isabel si alzò tremando, ma le bastò vedere il sorriso soddisfatto della donna per comprendere l'esito del compito. Invece della ormai tristemente solita F, c'era una C- cerchiata. Per poco la ragazza non si mise ad urlare. Aveva preso a malapena la sufficienza, ma per i suoi standard era come una laurea con lode. Si sarebbe quasi aspettata un'ovazione generale da parte dei suoi compagni di corso e tornò al posto gongolando. Stando attenta a non farsi notare dall'insegnante prese il cellulare e scrisse a Jason, Jonathan e Sophia dei messaggi completamente in maiuscolo e pieni di punti esclamativi per annunciare il lieto evento.
Quando giunse la fine dell'ora si avvicinò a Piper per darle indietro il campito.
-Non credevo di arrivare alla sufficienza!- disse.
-Credici invece- replicò la donna sorridendo. -Ti assicuro che non ho aggiunto nessun punto in più del dovuto-.
Isabel la salutò con un sorriso, prima di uscire dall'aula. Nei corridoi vide gli altri studenti indicarla e parlottare tra loro, ma non se ne curò. Uscì da scuola, diretta verso la macchina del suo cugino, dove Jonathan e Sophia l'attendevano. Gli altri studenti però continuavano imperterriti a borbottare verso la sua direzione, probabilmente convinti che lei non li notasse. 
-Che succede?- domandò appena salita in macchina. -Come mai tutti si comportano in quel modo?-. 
Vide i due scambiarsi un'occhiata preoccupata, il che la fece raggelare.
-Non hai sentito la voce che gira?- domandò cautamente Sophia.
Per un attimo Isabel sentì la terra mancarle sotto i piedi. 
-Jake sta raccontando a tutti ciò che è successo venerdì?-.
-Ti assicuro che se così fosse Lightwood sarebbe un uomo morto e io in carcere per omicidio- intervenne Jonathan.
In altre circostanze l'istinto protettivo del cugino l'avrebbe fatta sorridere, ma ora la fece preoccupare. 
-Allora cosa si dice?-.
Jonathan lanciò uno sguado carico d'ansia alla fidanzata, che si sospirò.
-Facciamo così, prima mangiamo e poi te ne parliamo- propose Sophia.
-Perché?-.
-Fidati, è meglio che la ascolti quando sei calma- ribadì la ragazza.  
Isabel accettò di buon grado, domandandosi cosa avrebbe potuto mai essere di tanto grave questa voce.
   
 
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