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Autore: Marra Superwholocked    26/10/2014    2 recensioni
A volte si ha la sensazione che qualcosa di oscuro aleggi intorno a noi. E, credetemi, è tutto vero.
Da bambini pensiamo ai mostri sotto al letto, ai fantasmi nell'armadio o alla strega cattiva che gira per le strade buie imprecando e lanciando incantesimi. Ma poi cresciamo e ci rendiamo conto che faceva tutto parte di un film, di una storia raccontataci dai nostri fratelli maggiori o di un libro che avevamo letto pochi giorni prima e che nulla di tutto ciò poteva succedere. Be', è lì ci sbagliavamo: tutto può succedere, basta solo avere la mente aperta.
E un TARDIS.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, Nuovo personaggio, Rory Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 2
Non c'è due senza tre


«Cos'è stato? Rachele, va' a vedere cosa succede! Proprio adesso che stavo sistemando il registro elettronico!» esclamò la professoressa Rossi col viso imperlato di sudore e le mani tremanti per lo stress causato dal secondo blackout della giornata.
Era passata più di un'ora e ancora non avevano trovato una soluzione al problema che aveva bloccato l'intero istituto, un omnicomprensivo che vedeva l'unione di un liceo scientifico e due istituti tecnici.
Ancora buio, ancora tetro. E la pioggia non aiutava ad affrontare la situazione in modo sereno.
«Prof, è così dappertutto. Non solo da noi, ma anche i tecnici, ho appena parlato con Enzo» disse Rachele tornando in aula. Enzo era uno dei bidelli di quel piano, tarchiato, occhialuto e con la parlantina facile, sempre pronto a scherzare con gli studenti. Ma questa volta anche lui era abbastanza preoccupato.
La professoressa Rossi squadrò uno per uno i sedici studenti che componevano la classe: chi era teso, cercava di asciugarsi le mani sui jeans; chi non ci voleva pensare, fissava le case delle finestre. E poi c'era Rebecca che, come sempre, era intenta a mangiare ed era più preoccupata per le merendine nelle macchinette spente che per quello che stava succedendo sotto i suoi occhi.
All'interno della classe calò un improvviso silenzio, interrotto solo dai taralli masticati da Rebecca e dalle lancette dell'orologio in fondo all'aula.
«Bene, ehm..» riprese la Rossi, «dunque, stavamo dicendo? Ah, sì, il valore simbolico del giunco in Dante. Allora..».
«Prof, non sarebbe meglio controllare?» intervenne Silvia, vedendo l'espressione un po' ansiosa di alcune compagne. «Non riusciamo a vedere nemmeno quello che scriviamo.».
«Be', ma potete ascoltare, giusto?».
Tick, tock. Tick, tock.
Non riuscì ad aggiungere altro: la corrente tornò appena in tempo per far suonare la campanella e tutti infilarono i loro libri di letteratura italiana nelle cartelle per poi vestirsi, pronti ad affrontare le gocce gelate di pioggia di dicembre. La Rossi cercò di dettare i compiti, ma si bloccò quasi subito, stufa di parlare al vento, e li salutò uscendo veloce nei corridoi affollati.
Silvia non sarebbe uscita subito dalla scuola: doveva ancora fare ben tre ore di laboratorio cinematografico e Rachele aveva intenzione di aspettarla fino alle cinque del pomeriggio.
«Cosa ti sei portata, oggi, da studiare?» le chiese Silvia mentre si dirigevano in mensa per pranzare.
«Io? Studiare?» esclamò lei.
Silvia la guardò attentamente: non ne poteva più. Rachele aveva smesso di seguire le lezioni e non faceva altro che sbadigliare per cinque ore continue distraendo così Silvia, la sua compagna di banco.
«Ti ricordo che domani abbiamo una verifica» le disse Silvia.
«Sì, ma è matematica. Ormai ci ho rinunciato, è inutile.»
«Tieni.» Silvia le buttò tra le mani il suo quaderno di matematica appena furono entrate in mensa, poi prese una moneta da due euro e per pagare il suo panino.
«E questo cos'è?» chiese Rachele guardando con disgusto il quaderno.
«Indovina.». Addentò il panino e lanciò uno sguardo provocatorio all'amica.
«E va bene. Studierò matematica» acconsentì lei.
«Brava bimba.»


Una volta finito di pranzare, si divisero: Rachele si trascinò in atrio mollando sulla panca di legno il quaderno di Silvia; quest'ultima si preparò mentalmente a passare tre ore chiusa in aula proiezioni ad ascoltare i nuovi consigli dei registi che avevano organizzato il laboratorio, mentre Lorenzo, un suo ex compagno di classe, l'avrebbe tormentava con le sue solite battutine che non facevano ridere nemmeno se colpite da un Incantesimo Rallegrante del professor Vitious.
Ivan, il regista più giovane dei tre, continuava a fissare i prescelti per il cortometraggio cercando di capire a chi affidare le parti più importanti e a chi, invece, un semplice ruolo da comparsa o da boomista. Non vi erano dubbi: quello era il gruppo di studenti più bizzarro con cui avessero mai lavorato. C'era Nicoleta, una ragazza romena che non faceva altro che atteggiarsi come una diva di Hollywood; Alessio, un chitarrista molto magro, dall'aria gentile e decisamente simpatico; Catherine Jane, una ragazza filippina che andava matta per i manga e Sherlock; e tanti altri, tra cui anche Rebecca, che stava finendo il suo panino. Anche un ex compagno di classe di Silvia, Raffaele, che spesso si divertiva ad imitare Jack Sparrow anche grazie alla sua somiglianza a Johnny Depp, aveva preso parte al gruppo e faceva di tutto per sottrarre Silvia dalle grinfie di Lorenzo.
«Ehi, Rossa di Capelli, vieni qua.»
«Renzo, smettila, non voglio abbracciarti.»
«Silvia, vieni un attimo, secondo te vanno bene queste battute?» la chiamò Raffaele.
Lei volò immediatamente dall'altra parte della classe. «Grazie, Lele» sussurrò. Facendo finta di controllare che la mini sceneggiatura scritta da Raffaele corrispondesse con la descrizione della protagonista del cortometraggio, Silvia voltò le spalle a Lorenzo mentre quest'ultimo continuava a borbottare con quel suo orrendo basco bordeaux in testa.
«Bene! Penso sia perfetto come inizio, bravi.»
«Grazie, capo!» disse scherzosamente Raffaele allontanandosi.
A Silvia spettava di revisionare il lavoro del suo gruppo, in questo modo aveva più tempo degli altri per rilassarsi. Prese il telefonino e vide che non aveva risposto ad un messaggio di Samanta. Le era arrivato durante il secondo blackout.


Ti faccio sapere.. Bacio


Premette il tasto “Invia” e mise a posto il telefonino.
La luce del soffitto vacillò per qualche istante e tutti smisero improvvisamente di parlare.
«Calma, ragazzi, dev'essere il temporale» cercò di tranquillizzarli Marco, il primo regista in ordine d'età.
Silvia non era d'accordo. E non era nella sua indole stare ferma ad aspettare.
Si ritrasse lentamente verso l'uscita, mentre gli altri riprendevano il loro lavoro; aprì piano la porta e sgattaiolò fuori. Con passo felpato, camminò svelta fino alla panca dell'atrio, dove l'aspettava Rachele che, come immaginava, stava ascoltando della musica col suo cellulare.
Le piombò davanti talmente senza preavviso che per poco non rotolò giù dalla panca.
«Avete già finito?» le chiese Rachele tutta affannata e guardandosi nello specchietto per controllarsi i capelli. Il motivo per cui era rimasta lì ad aspettarla era un ragazzo, e non un ragazzo qualsiasi: era Lorenzo. Come logico che potesse essere, Silvia non era molto felice di aiutarla con quella specie di gorilla ammaestrato, ma aveva comunque acconsentito alla richiesta dell'amica.
«Vedo che hai studiato molto.»
«Ehm.. Sì! Ho dato uno sguardo agli ultimi argomenti.»
«Già, peccato che la verifica sia su tutto il programma.»
«Gli darò un'occhiata a casa» si affrettò a chiudere il discorso. «Ma avete già finito?» chiese nuovamente Rachele guardandosi alle spalle per vedere se gli altri uscivano dalla classe.
«No, stordita. Ho solo notato qualcosa di strano nella luce e sono venuta a vedere se anche qua c'erano problemi. Visto altre stranezze, qui in giro?»
«Tutto normale.» Poi Rachele abbassò la voce e la guardò di sotto in su. «Più o meno, normale.»
Silvia stava per tornare indietro, ma si fermò di scatto. «Cosa intendi?»
«Be'..» le si avvicinò. «Penso che siano entrati dei troll. Magari si sono nascosti nei sotterranei!»
«Rachele, non sei affatto simpatica. Scommetto che ci stanno nascondendo qualcosa.»
«Riprenditi, non viviamo in un film! E nemmeno in un libro! Questa è la realtà: niente fantasmi, niente alieni, niente...niente...» Rachele si fermò, impietrita. Fissava un punto oltre la spalla di Silvia; lo indicava, la faccia contorta in una smorfia di terrore.
Una frazione di secondo dopo, Lorenzo posò una sua manona sulla testa di Silvia e col suo vocione tentò di spaventarla. «Ti stavo cercandooooo...»
Silvia non si voltò nemmeno. «Rachele, ti presento Lorenzo. Lorenzo, ti presento Rachele.» E così il suo compito era terminato. «Sentite, io torno in classe.»
«Silvia!» Rachele la guardò in modo minaccioso.
«Vabbè, ti accompagno. Vedi quanto sono premuroso?» si offrì Lorenzo.
«Vai avanti, arrivo.»
Lorenzo cominciò a camminare sbatacchiando di qua e di là le braccia flosce, diretto in aula proiezioni.
«Cosa ti salta in mente?!» urlò sottovoce Rachele.
«Tu mi hai chiesto di presentartelo e io l'ho fatto. Non mi hai detto nulla sul dopo..»
«Resta il fatto che sei pazza!»
«Grazie al cielo, altrimenti sai che noia?»
Rachele e Silvia rimasero a chiacchierare solo qualche altro istante, il tempo necessario per assistere al terzo blackout della giornata, quello da cui partì il loro incubo.

   
 
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