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Autore: Dicembre    18/10/2008    6 recensioni
Nyven è uno schiavo, nato in catene non ha mai vissuto una vita diversa, per lui un padrone vale l'altro. Quando viene venduto al Crocevia, non può immaginare chi sia il suo nuovo padrone, nè chi viva alla sua corte. Si accorge però subito che il luogo dov'è stato portato è completamente diverso da tutto ciò che ha visto e da tutto ciò che ha vissuto. Irìyas l'ha acquistato per i suoi capelli, cremisi ed indomabili, che hanno una proprietà indispensabile di cui neanche un mago della sua potenza può fare a meno. Specialmente quando il mago si ritrova ad affrontare il Fuoco Eterno, scagliatogli contro da un suo vecchio amico e si ritrova legato ad una promessa fatta ad un drago per cui farebbe di tutto. Nyven è intrappolato in quest'intreccio di tradimento e di fedeltà e ne rimane inevitabilmente affascinato. Ma c’è un fondo cremisi, un’anima dedita al fuoco nel ragazzo, che nessuno sa spiegare , ma che tutti temono. E’ innata, sconosciuta ed indomabile.
Il mago però non può lasciarlo libero, e Nyven non conosce cosa giace nel suo animo. La matassa è stata srotolata troppo tempo prima perché ora si possa tornare indietro. Il Re, il cavaliere e amico del mago, il traditore… Tutti vogliono qualcosa, mentre il Regno rischia di ardere in eterno.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti. E' successo un disastro al mio computer e, ahimè, è defunto ...
Grazie al cielo, mi miei preziosissimi files erano in doppia copia su chiavetta (a volte la mia saggezza mi sconvolge! XDD), ma ora mi ritrovo senza il mio programma per creare un html decente. Indi, la formattazione di questo capitolo sarà orrida ._. Scusatemi!
Farò casino, io non sono assolutamente capace di usare l'html ... Va be', siate clementi.

Venendo a noi, sono proprio felice che la Bianca (anche se ormai è solo "petali nel vento") vi sia piaciuta. Alla fine è un personaggio tenero. E sì, ha un che di ingenuo che le dà un fascino tutto particolare. Una freschezza che forse manca agli altri, così gravati dagli "eventi" E a proposito di eventi vi lascio qualche (finta) anticipazione, per chi è impaziente XD



Per chi vuole finalmente fare luce su alcuni misteri e iniziare a districarsi lo rimando al capitolo 28

Per chi vuole un pizzico di shounen ai lo rimando al capitolo 27 (e al 29)

Per chi vuole ancora un po' del ragazzo dai capelli blu lo rimando al capitolo 26

Per chi vuole ancora un po' di carne al fuoco lo rimando a qui sotto. Con la (semi) promessa che le spiegazioni sono ormai davvero prossime.
ah...dimenticavo.
Per chi vuole finalmente sapere chi è Nyven deve aspettare... mica posso svelarvi tutto XDD

A presto ^_^//


Capitolo Venticinque

 

 

L’entrata della casa di Lè non si vedeva, a meno di non stare molto attenti. Era nascosta dalla neve e da alcuni gradini. Quando Lè, che precedeva Nyven di alcuni passi, scomparve là sotto, il ragazzo ebbe la sensazione che il piccolo Koob fosse svanito d’improvviso. A ben guardare invece, la porta si poteva vedere, in legno massiccio bianco, piccola e stretta. Nyven dovette chinarsi per entrare.

Si ritrovò davanti un numero imprecisato di uomini bassi e pelosi che lo guardavano.

“Dormirà qui, dormirà” poi si rivolse a Nyven “Mia moglie Tè, mia. I miei figli Rè, Vè, Cè, Jè, Sé, i”  Nyven incurvò le labbra, facendo fatica a trattenere il sorriso.

Nessuno di loro protestò e nessuno di loro gli rivolse la parola. Se ne andarono, entrando nelle diverse porte lungo il corridoio.

Il ragazzo ebbe un attimo di tempo per guardarsi intorno. Il soffitto era troppo basso per lui, lo sfiorava con la testa. Il corridoio era luminoso, anche se non c’erano né bracieri, né lampade lungo le sue parenti. Ed era molto caldo, nonostante non ci fossero fuochi accesi.

“Dormirai qui, dormirai”

La voce di Lè riportò gli occhi di Nyven sul Koob “ e domani sarai fuori di qui, e…” sospirò.

“Nessuno è molto contento di farti dormire nel corridoio, nessuno. Sicuramente sarai d’impiccio, sicuramente. Se mio cugino, se, ti vede qui, ti, si arrabbierà molto, si. Perciò, all’alba fuori, perciò”

Lè si girò per andarsene.

“Aspetta…”

Il koob si girò a guardare il ragazzo.

“Perché mi aiuti?”

Gli occhietti di Lè si strinsero e osservarono Nyven a lungo, non rispondendo immediatamente alla sua domanda.

“Qualcosa mi dice che è meglio averti come amico che come nemico, qualcosa”

“Mi aiuti perché mi temi?”

Lè scosse la testa, senza né affermare né negare: “Non lo so perché ti aiuto, non. Lo faccio e basta, lo! Mi sembra saggio, mi…” Fece il sospiro di chi parla anche con se stesso.

Comparve la moglie di Lè  - Tè? Nyven non era assolutamente sicuro del nome - gli stese  una coperta sul pavimento e gliene diede una in mano. Lo guardò anche lei, con gli stessi occhi che Lè aveva avuto poco prima.

“Mi aiutate perché vi faccio paura?”

Lei non rispose subito: “Sei troppo lungo per dormire nelle stanze, sei” La sua voce aveva un tono così femminile e caldo che Nyven si stupì, quasi più del sentirla finalmente parlare “Voi uomini del sud siete senza peli e troppo alti. Disperdete troppo calore e occupate troppo spazio”

Nyven sorrise: “Da dove vengo io, il sole brucia la terra anche quand’è notte fonda”

Lei sorrise: “La terra da dove vieni tu ha il colore dei tuoi capelli, la mia si colora solo del bianco della neve o del nero della notte”

 

Le luci vennero spente quasi subito e Nyven si ritrovò immerso nel buio più scuro. Non gli rimase che sdraiarsi sul giaciglio che gli avevano preparato e chiudere gli occhi. Tuttavia non riusciva a prendere sonno. Si portò le coperte fin sopra il naso, nel tentativo di scacciare i mille e più pensieri che urlavano nella sua testa e non lo lasciavano dormire.

Che cos’era successo da quando aveva lasciato la casa di Irìyas? Dov’erano i suoi inseguitori, l’uomo che l’aveva legato di fronte all’osteria il giorno prima? Nyven aveva ricordi molto confusi. Ma in lui c’era una strana consapevolezza: sapeva che era a causa sua se i suoi inseguitori erano scomparsi. Era a causa sua se nessuno ora gli dava più la caccia. Sorrise.

Non ricordava quello che era successo, ma qualcosa in lui era profondamente cambiato: non aveva più paura. Era forse spaesato, perché non conosceva quei luoghi, perché era lontano da casa. Ma quel sottile filo d’ansia che l’aveva accompagnato da sempre, sembrava un ricordo lontano. Quasi non gli fosse mai appartenuto. Sentiva le sua braccia più forti e la sua mente molto più lucida.

E poi…

E poi c’era qualcosa di ancora più nuovo che bussava alla sua mente e gli rubava il sonno. Qualcosa di ancora non ben chiaro ai suoi pensieri. C’era una sensazione in lui di appartenere altrove, di non essere nato sotto il sole di Droà, di non essere nato al caldo di una terra bagnata dal mare del sud. Eppure, nonostante questa consapevolezza, sapeva altrettanto bene che Droà era tutto ciò che si ricordava. Sospirò, nel buio del corridoio dei Koob. Ora era lì, a nord, senza sapere esattamente il motivo per cui era lì. Era stato portato, obbligato e messo in catene.

Adiisia, come Droà, osservava gli uomini, con tranquillità, lasciandoli affannare nelle loro vicende quotidiane. Ma quei due occhi, quello del nord e quello del sud, non si erano mai posati su di lui. Nyven sapeva che le due città l’avevano riconosciuto.

Sospirò nuovamente e si passò una mano in faccia, come a togliere con le dita i pensieri cui non riusciva a dare un ordine.  

Ora non avrebbe dovuto fare altro che tornare da Irìyas. Perché il mago, nonostante fosse il suo “padrone”, era l’unico che era sempre stato estremamente chiaro con lui. Gli aveva detto quello che voleva, senza giri di parole o inutili inganni. E poi, chi voleva prendere in giro? Irìyas aveva avuto la meglio su di lui il primo giorno, quando immerso nell’acqua l’aveva guardato con i suoi occhi verdi e aveva capito di lui cose che allo stesso Nyven ancora sfuggivano. Doveva tornare da Irìyas perché voleva tornare da Irìyas. E perché voleva aiutarlo ad andare ad Est.

Che cosa avrebbe fatto una volta che il mago fosse partito non era una questione a cui pensare. Ora solo doveva ritrovarlo. Lì ad Adiisia. Perché Irìyas era venuto per lui, a riprenderselo.

Di nuovo Nyven si strinse nelle coperte, felice a quel pensiero: Irìyas era lì per lui. O forse solo per i suoi capelli. Ciononostante, era venuto.

Già… i suoi capelli, che ora erano lunghi, lunghissimi e cremisi. Irìyas sarebbe stato contento di vederli così. E lui ne sarebbe stato contento di conseguenza. Nemmeno Nyven riusciva a capire il suo rapporto col mago, né tanto meno perché avesse tutta quella voglia di aiutarlo. Era probabilmente la capacità di Irìyas di sedurre chiunque gli fosse necessario che aveva avuto la meglio sul ragazzo. Gli bastava vedere il viso del suo padrone felice, avrebbe avuto tempo per capire i perché che muovevano ogni cosa.

Il sonno stava quasi per aver la meglio su di lui quando, d’improvviso, la sua mano sinistra iniziò a bruciare sotto la sua guancia. Nyven si alzò di scatto, sorpreso da se stesso. Tentò di guardarsi la mano, ma in quel buio non si vedeva nulla. Prima le dita, poi il polso, il braccio la spalla e la nuca. Poi tutta la schiena. Il dolore fu così intenso che Nyven emise un gemito, nonostante cercasse di non svegliare nessuno dei suoi ospiti. Si mise una mano di fronte alla bocca e soppresse un grido: la sua pelle bruciava. Cercò di mettersi in piedi, per raggiungere una stanza dove poter vedere che cosa avesse il suo braccio, ma le sue gambe erano intorpidite. Ricadde sdraiato nel suo letto, ansimante. Il fuoco gli era amico, ma aveva la netta sensazione che lo stesse bruciando.

 

Sentì una mano scuoterlo violentemente. Nyven si svegliò di soprassalto. Una faccia pelosa, con gli occhi accigliati e oscurati da un cappello calato sulla fronte, lo guardava con ira.

“Chi sei?”

“Chi sei tu, chi, maledetto gigante maledetto!”

Si mise in piedi di soprassalto, dimentico di quanto fosse appena successo la notte precedente.

“Che cosa vuoi?” il koob di fronte a lui aveva un bastone fra le mani, col quale lo colpì violentemente alle ginocchia.

“Esci subito da questa casa, esci, non abbiamo bisogno di voi giganti qua dentro, non!”

Nyven vide Lè accorrere.

“Lascialo stare, lascialo”
”La casa di mio padre, la, così profanata, così”

Il koob che aveva svegliato Nyven iniziò a litigare con Lè.

“E’ anche la casa di mio padre, è” poi Lè si girò verso Nyven “E’ l’alba, è. Esci e va’ pure a cercare come tornare a casa, esci”

Il koob, che Nyven immaginò essere il cugino cui Lè aveva accennato la sera prima, si girò verso il ragazzo, brandendo di nuovo il bastone: “Vattene via, vattene. Io non sopporto i giganti, io!”

Nyven così si ritrovò sbattuto fuori senza troppe cortesie, con un Lè che continuava a gridare col cugino, in una lingua che Nyven faceva fatica a capire.

Faceva ancora freddo, l’aria di Adiisia svegliò completamente il ragazzo che si guardò velocemente intorno.

C’erano alcune case che Nyven non aveva visto la sera prima e occhi spalancati di Koob che lo guardavano, atterriti. Il ragazzo non capì. Una bambina lo indicò e si mise a piangere. Nyven indietreggiò, voleva andarsene ma davanti a lui si stavano riunendo troppe persone.

Nyven si strinse nella coperta che aveva preso a casa di Lè, e fu allora che vide la sua mano sinistra. Un tatuaggio gli percorreva le dita, gli legava il polso e si attorcigliava lungo il braccio, fino alla spalla. Poi Nyven non riusciva a vedere dove questo proseguisse, ma il suo significato non lasciava dubbi. Coprì il braccio con la coperta, con la quale si avvolse tutto, per nascondersi. E si mise a correre. Doveva andare via, doveva avere un attimo di tempo da solo per guardarsi, per capire… Ecco che cos’era il dolore di quella notte: quel tatuaggio che riappariva, indelebile sulla sua pelle. Perché l’aveva?

Nyven non ricordava assolutamente nulla.

Un koob cercò di fermarlo, ma nessuno gli si oppose davvero.

Dov’era Irìyas? No, forse non doveva cercarlo… ma il mago l’avrebbe trovato.

Il cuore di Nyven batteva all’impazzata, quel disegno su suo braccio sinistro, i nodi e gli intrecci lo condannavano a morte.

Che cosa aveva fatto per meritarsi…

I pensieri di Nyven furono interrotti dai rumori di una piazza vicina. Il ragazzo si coprì bene la testa, il corpo e le braccia. Nessuno poteva vedere la sua pelle. Prese una stradina che lo portò in una piazza molto affollata: lì forse qualcuno poteva dirgli se uno straniero dagli occhi verdi era da poco arrivato in città.

Non fu necessario chiedere. Appena arrivato in piazza, una mano lo afferrò. Prima di poter protestare, un dito gli chiuse la bocca: “Dopo, non qui”

Nyven non riuscì a trattenere la sorpresa. La mano di Irìyas stringeva forte la sua, ora forse avrebbe avuto pace.

Camminò per stradine con poca gente, quasi Irìyas non volesse incontrare nessuno. Arrivarono di fronte alla locanda che Nyven riconobbe essere la stessa dov’era stato legato appena arrivato ad Adiisia. Non entrarono dalla porta principale ma salirono delle scale esterne. Irìyas non lasciava andare la sua mano e Nyven la stringeva forse un po’ troppo forte.

Solo all’interno della stanza il mago lasciò andare la presa, finalmente girandosi verso il ragazzo e guardandolo negli occhi. Nyven non riuscì a leggerli, tanto era agitato. Si strinse nella coperta, ma Irìyas non gli permise di fare un passo indietro.

Il mago non parlava, aveva le labbra strette e quegli occhi verdi fissi sul suo viso. Con la mano gli accarezzò la fronte e Nyven ebbe l’impressione di udire un sospiro, lieve.

Forse era solo  un’impressione…

Irìyas prese  una ciocca dei capelli rossi del ragazzo e l’accarezzò per tutta la sua lunghezza. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma subito la richiuse. Lasciò andare i capelli e gli portò la mano sul viso, percorrendo la linea degli zigomi e poi scostando la coperta dalla testa di Nyven. Il ragazzo aveva la bocca asciutta e non aveva nessuna parola da frapporre tra lui e il mago, ma quando capì che la coperta non gli nascondeva più la nuca, tremò, facendo un passo indietro di istinto.

“Non…” riuscì a dire, spezzando con la sua voce quel momento “Irìyas non…” ripeté, cercando di dare un senso alle sue parole.

Vide il mago aggrottare le sopracciglia e poi spalancare gli occhi, appena il disegno sulla sua pelle fu evidente. Prese la coperta e gliela tolse, lasciandolo coi vestiti leggeri che aveva a Tangorn.

“Chi è stato?”

Il ragazzo scosse la testa: “Nessuno qui ad Adiisia”

“Chi sei Nyven?”

Di nuovo il ragazzo scosse la testa: “Non lo so”

Irìyas gli si avvicinò, di nuovo prese i suoi capelli fra le dita, poi percorse con l’indice il tatuaggio sul collo di Nyven, sulla sua spalla e sul braccio. Ogni intreccio, ogni nodo.

“Torni con me?”

Nyven non si aspettava quella domanda, così semplice e diretta. Non sapeva dove altro andare, ma soprattutto non voleva andare da nessun’altra parte se non ovunque fosse Irìyas. Fece sì con la testa e si morse le labbra per non piangere. Poi l’abbracciò, incurante di quello che avrebbe e non avrebbe dovuto fare. Abbracciò Irìyas come non potesse fare altro. E il mago ricambiò l’abbraccio, stringendo il ragazzo a sé. Con la mano destra gli percorse la schiena, sfiorando quel tatuaggio inciso sulla pelle di Nyven.

Nyven era stato maledetto. Qualcuno che conosceva le Maledizioni ne aveva lanciata una contro di lui, in un tempo remoto, forse, o forse prossimo.

La Maledizione ora gravava sulla volontà di Nyven legandogli le dita, sulla sua forza intrecciandogli il braccio, sul suo destino coprendogli la nuca e sulla sua vita disegnandogli la schiena.

Irìyas conosceva pochissimi esseri in grado di dominare le Maledizioni.

  
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