Capitolo
19- Calma per tempesta
-Daryl-
Credo
che, se non fosse intervenuta Beth questa volta, lo stronzo, mi avrebbe fatto
fuori.
Ora,
mentre cercavo di trattenermi dal battere i denti dal freddo, lei mi aiutò a
entrare in casa. Una volta varcata la soglia, rimasi impietrito da quello che
vidi.
Là fuori faticavamo a restare vivi, mentre in quella casa, l’opulenza e
il lusso la facevano da padrone. Il gusto, certo, era un’altra cosa, ma pareva
proprio che a Terminus, si fossero dati un gran da fare, per trafugare opere
d’arte e oggetti vari.
Rimasi
sulla porta, gocciolante e sporco, appoggiato a uno stipite, guardandomi
intorno. Mi sarei sentito, fuori posto in ogni caso, in un luogo del genere, ma
nelle condizioni in cui vertevo, sembravo un profugo, scampato a un
affondamento.
-Ce
la fai a camminare?
Annuii.
Riuscivo a camminare, perché il mio fisico rispondeva agli stimoli meccanici,
ma il freddo mi stava brandendo in modo deciso.
Beth
mi osservò un secondo.
-
Togliti tutto quello che hai addosso, e intendo proprio tutto, stavolta.
Scusa? Ho capito, davvero, quello che mi
hai appena detto?
La
squadrai, non senza nascondere un certo interesse.
Beth
sparì per un secondo e riapparve con un accappatoio verde.
-
Dai scemo,
spogliati o ti prenderai un malanno..- aggiunse con un mezzo sorriso.
Mi
tolsi i logori scarponi da trekking e ciò che restava dei calzini, sedendomi su
uno scalino, con calma.
Le
mani faticavano a riprendere confidenza con il calore corporeo che le doveva caratterizzare,
ma mi arrangiai. Mi sfilai il gilet di pelle e passai alla camicia. Non so
perché, o forse si, ma mi tornò alla mente
ciò che era accaduto quella mattina di un secolo fa, ormai, nell’infermeria
della dottoressa Morton.
Sorrisi
a quel ricordo e notai che Beth, arrossì un poco, forse anche a lei era tornato
alla memoria quel particolare evento, quando cioè mi aveva sbattuto con le
spalle al muro, baciato, e chissà cosa sarebbe successo, se Carol ci non ci
avesse sorpreso.
Ora non c’era nessuno che avrebbe potuto
fermarci.
Avevo
la salivazione azzerrata, ed ero nervoso come un ragazzo alla prima esperienza
amorosa.
Non
era normale.
Ormai,però,
cosa lo era davvero?
Mi
sentivo a pezzi ma, ero pur sempre un uomo, diamine.
Beth,
che inizialmente mi aveva aiutato a togliermi la camicia, si era fermata, e
aveva lasciato a me i pantaloni.
Restai
in biancheria intima e mi fermai. In effetti, tutto quello che c’era stato fra
noi fino a quel momento, era avvenuto in una stanza buia, nella casetta accanto
al fiume, in cui nessuno dei due avrebbe potuto mostrare all’altro, il
nervosismo o l’imbarazzo che poteva averci colpito.
Mentre,
in quel particolare frangente…il cuore pareva rimbombare in tutta la stanza,
tanto mi sentivo agitato.
Beth
era arrossita paurosamente, il freddo era ancora palpabile, ma sentivo che
qualcos’altro stava iniziando a scaldarsi e cercai di controllarmi.
Presi
l’accappatoio e me lo buttai addosso. Non volevo che si sentisse in dovere di
fare o dire qualcosa.
-Vieni
nel bagno, l’unica cosa positiva di tutta questa storia è che a Terminus,
l’acqua calda, non è un miraggio.
Mi
prese per mano, e mi lasciai giudare da lei.
Era assudo pensare che fino a qualche tempo
prima, non avrei mai affidato la mia vita a chicchessia, e non mi sarei, certo,
lasciato avvicinare.
Tanto meno avrei lasciato qualcuno prendermi per mano,
mentre ora, se Beth mi avesse anche guidato nel fuoco dell’inferno, glielo
avrei lasciato fare.
Il
bagno era scarsamente illuminato. Le solite candele erano ovunque e notai, che
c’era un enorme telo di spugna pulito accanto alla doccia, ad attendermi.
-C’è
n’è un altro…- dissi roco.
Non so perché ma faticavo a parlare, o forse
conoscevo bene il motivo e lo stavo, volutamente, ignorando.
- Di cosa? – mi
chiese Beth, concentrata, mentre regolava l’acqua calda.
-Di
lati positivi.
Mi
schiarii la voce, mi ero messo in scacco da solo.
- Siamo ancora insieme.
Beth
mi guardò negli occhi con una tale intensità, da farmi abbassare i miei.
-Fatti
una doccia. - disse lei - Poi, dovremmo parlare.
Aveva
le guance arrossate e gli occhi sgranati, sapevo bene cosa volevano dire quegli
sguardi.
Lei
sentiva le stesse cose che provavo io, in quel momento.
Nel
suo cuore albergavano gli stessi tumulti e le stesse paure, e l’identica voglia,
di essere l’uno nelle braccia dell’altra.
E
al diavolo, ogni altra cosa.
Le presi
le mani e la trascinai nella doccia con me, dandole un bacio dolce.
Un
bacio, che non avrei mai pensato di poter dare a nessuno, tanto era dissimile
da me, ma, con lei, tutto acquisiva nuovi significati, tutto era differente.
Beth
era completamente vestita ma non parve accorgersene.
Iniziai a baciarla e la
strinsi a me. L’accappatoio, ormai fradicio, lo lasciai cadere a terra,
calciandolo malamente di lato.
Iniziai
a spogliarla con calma, mentre sentivo le sue mani su di me toccarmi, prima in
modo timido e impacciato, poi in maniera più decisa. Sentivo le sue unghie
sulle spalle, delicate e ferme, allo stesso tempo. Notai che lo sportello della
doccia era rimasto aperto, e l’acqua, stava uscendo copiosa.
Fanculo a Dustin e alla sua casa di
merda.
In quel momento nemmeno l’attacco di uno zombi,
mi avrebbe potuto staccare da lei. Catturai le sue labbra, assaporando la sua lingua
con la mia, e iniziai a succhiarle il labbro inferiore con foga, mordicchiandolo.
Qualcosa, al piano di sotto, mi stava facendo capire che c’era ancora vita da
quelle parti, ma non avevo fretta.
Continuai a baciarla, scendendo verso la linea
della mascella, il collo, la giugulare, bianca e perfetta. Mi presi tutto il
tempo del mondo, in quel momento, c’eravamo soltanto noi due.
-Mi
stai facendo il solletico…- sussurò lei con un filo di voce tra il divertito e…
Bhè, c’era anche altro, nella sua voce.
-Cosa?-
le sussurrai col fiato corto. In quel momento ero concetrato su ben altro, per
fare conversazioni troppo articolate.
-
La barba… –
sussurrò di nuovo.
Sorrisi
a contatto con la sua pelle bollente, e continuai a scendere baciando ogni centimetro
del suo corpo e cercando, per quanto era possibile,
di lasciare fuori da quella porta, tutto lo schifo con cui avevamo a che fare.
Alla
fine il freddo se ne era andato.
Usciti
dal bagno, ci buttammo, letteralmente, su dei tappeti davanti al camino, che
Beth era riuscita ad accendere prima che io arrivassi.
Lei
era deliziosa con i capelli bagnanti, raccolti in uno chignon, e la t-shirt
bianca da uomo, che si era infilata sopra la biancheria. Non c’erano parole per
descriverla, ed io, certo, non ero un poeta, però ci provai.
-Sei
bellissima.- sussurrai.
Benvenuti alla fiera delle banalità.
Presenta, Daryl- incredibilmente idiota- Dixon.
Beth
arrossì fino alla punta delle orecchie.
-
Se vuoi mangiare
qualcosa, in cucina c’è dello scatolame.
Annuii,
grato di quella proposta.
Mangiammo
in silenzio per un po’.
Ero
stanco, ma la doccia, e quello che ne era seguito, aveva ricaricato abbastanza,
sia le mie batterie, che l’entusiasmo.
-Grazie.
Anche per i vestiti puliti. – dissi alla fine
Stupido bastardo! Qualunque altra cosa,
sarebbe stata più azzeccata.Hai passato l’ora più bella della tua vita con una
ragazza incantevole che mai, nemmeno in un milione di anni, potrai arrivare a
ringraziare per quello che rappresenta per te, e le dici, cosa? Grazie, per i vestiti?
Lei
sorrise. Un sorriso dolce, che solo lei sapeva regalarmi.
Quasi
come se capisse la difficoltà che provavo cercando di essere più…umano?
Faticavo a restare concentrato se la osservavo per molto tempo, tanto era l’emozione
e il trasporto che sentivo per lei, ma c’era anche altro, una cosa che mai, in
nessun momento della mia stramaledetta vita, mi avevano fatto provare : la
pace.
-
Daryl…
Restai in
attesa. Dovevamo parlare, me lo aveva detto appena entrato in casa, ma io lo
avevo, momentaneamente, accantonato.
Avrei,
comunque prestato orecchio a tutto quello che aveva da dirmi, e probabilmente
l’avrei ascoltata, lei di sicuro era molto più diplomatica di me.
Subito
al punto.
- Occorre
che tu faccia buon viso a cattivo gioco e stia alle regole, che Dustin, vuole
che rispetti.
Tutto, tranne questo.
-No.
Non ci pensare neanche per sbaglio.
-Daryl!
Queste sono puttanate!
Ci
guardammo in cagnesco per un minuto buono, poi io sbottai.
-No.
Niente Daryl!Non guardarmi così! E non
sono puttanate, non stavolta. Ti rendi conto, cazzo, che quello psicopatico mi
ha rovinato la vita da piccolo, e ci sta provando anche ora? E non guardarmi
così. Non puoi chiederemi quello che mi stai chiedendo, non davvero. Non
proprio tu.
Mi stavo innervosendo e avevo alzato la
voce, non volevo che la nostra serata finisse in quel modo, ma, quell’individuo,che
non sarei mai riuscito a chiamare padre, aveva il potere di farmi girare le palle, solo col fatto di
esistere.
-
Sai come ho
passato la giornata oggi? – disse lei condiscendente – Con Stewart che mi ha
mostrato il giardino di questo posto e mi ha, neppure tanto velatamente,
minacciata.
-
Cosa? – le urlai
in faccia, alzandomi in piedi - Io lo
uccido quel pezzo di merda, poi lo dò in pasto agli zombi…Ti ha fatto del male?
Sei ferita?
-
No. Non mi ha
fatto del male, e non ha minacciato me direttamente, ma mi ha fatto capire
molto chiaramente che la tua vita non è così certa, qui dentro, anche se Dustin
ti vuole. E stasera, le parole che ha usato Dustin, sul fatto che certe canne
vanno spezzate...- la vidi rabbrividire, nonostante il camino acceso.
-Beth. – non sapevo da che parte cominciare –
Quell’uomo mi ha già piegato una volta, ma quando ero un bambino, ora non è più
possibile…Ora è guerra.
Pronunciai le ultime parole cone fermezza, capivo che
non era facile per lei accettare che, ogni qualvolta avessi avuto a che fare
con quell’individuo, sarei finito sanguinante e sapevo anche - come lo sapeva
lei – che era una questione di vita o morte, uno dei due avrebbe continuato a
vivere, l’altro…
Beth riflettè per un
secondo.
– -- -Bene. E questi tuoi propositi di suicidio, li avevi
anche quando mi hai detto quello che provavi per me, o pensavi che non ci
sarebbero stati contraccolpi?
La osservai senza capire, o forse, il mio era solo un
meccanismo di difesa.
-
Perché ti rendi
conto che qui non si tratta, più, solo di te?- mi ammonì lei seria. –Se vuoi
ignorare quello che mi hai detto o, per te, non conta più nulla, posso anche
capire, o almeno provarci. – aggiunse triste. – Ma, se tieni a me almeno un
pochino, devi capire che le nostre vite sono legate ormai, e se hai pensato di
tentare di farti uccidere, forse dovresti valutare le conseguenze. Io voglio
che usciamo da qua entrambi, vivi possibilmente, poi, se il tuo pensiero sarà
ancora di allontanarti da me il più velocemente possibile, va bene…ma, ti
prego, ragiona!
Mi sentivo in colpa. Già proprio così,
Beth era riuscita a toccare le corde giuste, proprio come faceva Hershel quando
voleva ottenere qualcosa, solo che con me, lei, aveva un ascendente maggiore.
La guardai meglio. Era lì davanti a me, con quegli occhioni grandi, lucidi di
pianto, che provava a trattenere.
-
Non ho manie
suicide, - sospirai - Come solito, hai ragione tu,- ammisi di malavoglia – E’
che quando lui tenta di imporsi, scatta
qualcosa in me, che è piu’ forte di ogni istinto di sopravvivenza..
Beth mi ascoltava in silenzio, quasi volesse farmi pagare la mia intemperanza.
-Mi spiace. Davvero. Tu sei e resti la mia priorità in
tutto quanto questo casino, e d’ora in poi tenterò di stare buono, te lo giuro…
-Grazie. – Mi rispose lei, mentre osservava il fuoco.-
Un tentativo è meglio di niente. – sospirò.
-Beth?
-SI?
-Vieni qui.
L’abbracciai forte e la tenni stretta a me, davanti al
fuoco che scoppiettava.
-…Non voglio che tu possa pensare che io… – nonostante
non la stessi guardando negli occhi, non riuscivo a terminare la frase.
La mia testa era un vero turbinio di emozioni, e
quello che avevamo vissuto nel pomeriggio, non aveva fatto che accentuarlo.
Riprovai.
-…Anche se alle volte mi comporto come se niente
In quel momento Beth era appoggiata con le spalle al
mio petto, e non riuscii a decifrare la sua espressione, ma la sentii stringersi
più forte a me.
Ero completo, niente avrebbe potuto rovinare quel
momento di perfezione.
-Che dici- spezzai il silenzio, imbarazzato, dopo un poco – Proviamo
a esplorare il piano di sopra alla ricerca di un letto? Non so tu, ma io mi
sento come se avessi passato la giornata in mezzo un bosco a caccia.
Lei mi sorrise a si alzò, precedendomi verso le scale.
Mi divertiva l’idea di eplorare, con lei, quella sorta
di mausoleo. Una volta tanto, non dovevamo guardare dietro ogni angolo con il
patema di essere azzannati, ed era un piacevole cambiamento.
Salimmo le scale e ci ritrovammo davanti ad almeno, quattro
porte chiuse.
Aprii la prima e ci trovai dietro una stanza da bagno,
lasciai stare e mi avvicinai alla seconda porta.
La stanza era ampia e luminosa, - c’erano almeno due
finestre - con un enorme letto a due piazze a baldacchino, e delle zanzariere
in bianco e rosa che scendevano come ad avvolgere il tutto.
Il copriletto era rosa: era una sorta di incubo
di barbie, formato gigante. Neanche a dirlo, Beth guardava il tutto con
gli occhi sgranati, dalla curiosità.
-Non vorrai dormire qui? – le chiesi meravigliato e inorridito, al contempo.
-No. Forse. Non lo so, Daryl. E’ la prima volta in
tutta la mia vita che vedo una stanza come questa, sembra quella di un racconto
di fiabe…Nella vita che avevo prima, avrei adorato poter dormire qui almeno per
una volta.
Mi guardai intorno sconsolato. Quella stanza avrebbe
messo a dura prova la virilità di chiunque, ma se lei, “avrebbe adorato
dormirci”, cosa potevo fare io?
-Possiamo dare uno sguardo anche alla camera a fianco?
– le chiesi quasi supplicandola.
Lei annuì lanciando un ultima, disperata, occhiata alla
stanza.
La camera attigua era decisamente più sobria: c’era un letto singolo che costeggiava il
muro da un lato, e un comodino. Alcuni trofei alle pareti e qualche libro, sembrava
un’opera incompiuta ma, nella sua essenzialità, era perfetta.
-D’accordo, considerando che non ti farei mai dormire
da sola in questo posto, - e che in questa stanza c’è un letto singolo- cedo
alle insistenze e dormirò nel letto rosa…ma, se lo racconterai mai a qualcuno,
non saranno gli zombi di cui dovrai preoccuparti…
Beth ridacchiò tutta felice e mi saltò al collo,
scoccandomi un bacio sulle labbra.
-
Grazie. Sei il
mio eroe, Magari lo racconterò solo a Rick, in caso venissimo in argomento. –
aggiunse scherzando.
-Non oseresti- la avvisai.
-Dici? – mi sorrise mentre arretrava divertita verso
la prima stanza.
-
Beth Greene.. non
mi sfidare. – l’ammonii sorridendo, mentre la raggiungevo bloccandola.
Quella sorta di inseguimento fasullo, che non doveva
essere molto più di un gioco stupido fra noi due, terminò sul lettone rosa, in
cui quasi, eliminai, per la foga di fermare Beth, la zanzariera.
-Quanta foga signor Dixon! – scherzò lei.
Per tutta risposta mi sfilai la maglietta a maniche
corte che avevo addosso e la baciai, bloccandola sotto di me.
Fu un bacio dolce a fior di labbra, non
volevo che finisse come era accaduto in doccia, il nostro rapporto era
qualcosa di diverso dal solo sesso, e non lo avrei mai svilito a quel
modo. . Mi
meravigliai io stesso di quei pensieri così delicati. Non erano
da me.
-Sei fortunata, ragazzina, che sono troppo stanco per
qualunque altra cosa..- le dissi, per non rivelarle davvero i miei pensieri.
Lei aveva gli occhi chiusi ed era sdraiata supina sul
letto. Era di una bellezza che avrebbe fatto impallidire un angelo.
Socchiuse i
suoi due occhioni e mi sussurrò vicino
all’orecchio.
- Peccato!
Quella
ragazza mi avrebbe fatto diventare matto, prima o dopo, e suo padre, mi avrebbe
fulminato da lassù, sapendo quello che stavamo combinando, ma in quel momento,
l’unica cosa che mi venne in mente, fu di buttarle addosso le coperte e
stendermici accanto.
-Dormi, piantagrane! – le sussurrai stendendomi, e
cingendola con un braccio.
Lei appoggio la sua testa al mio petto e, dopo
qualche tempo, sentii il suo respiro regolarizzarsi.
Non credevo avrei mai provato un tale istinto di
protezione per qualcuno, né che avrei fatto tanto per una persona, ma Beth era
diventata il simbolo che incarnava tutti lati positivi che la vita aveva
ancora. Era davvero amore? Non ne avevo idea, ma per quello che ne potevo
capire io, stupido bastardo, quello che mi legava a lei era così prodondo e
radicato, che non sarebbero bastate dieci vite per estirparlo. Cullato da queste riflessioni- sebbene mi
fossi ripromesso di stare in guardia – mi addormentai ascoltando il ritmo del
suo cuore.