Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Kilian_Softballer_Ro    01/11/2014    8 recensioni
Silver è un impacciato cameriere di tavola calda, con un fratello da mantenere e una storia non proprio allegra alle spalle.
Blaze è la tranquilla figlia di due ricchi imprenditori, forse un po' viziata ma in fondo di buon cuore.
Sembrano appartenere a due mondi diversi. Ma cosa succede se questi due mondi non solo si incontrano,ma si scontrano e si intrecciano? E se tutto ciò accade fra le mura di un luogo all'apparenza tranquillissimo come il South's Diner?
Questo resta tutto da scoprire.
(AU, Human!Verse, presenza di OC e probabilmente di personaggi OOC)
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaze the Cat, Silver the Hedgehog, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Qualunque bambino o ragazzo d’America, in un sabato d’estate, avrebbe dormito fino a tardi,magari alzandosi solo quando la fame o la necessità di andare in bagno fossero diventate troppo pressanti. Ma non Silver, e di conseguenza nemmeno Dodgeball. Il fratello maggiore copriva il turno della colazione, oltre a quello del pranzo, perciò entrambi erano costretti a svegliarsi molto presto per presentarsi al South’s Diner praticamente all’alba, in tempo per prendere il posto del padre di Tikal, che badava al locale durante la notte. Dodge aveva il vantaggio di potersi riaddormentare, in macchina o al tavolo, ma Silver cominciava a bere caffé dal momento in cui metteva piede al South.
- Un giorno andrai in intossicazione da caffeina – lo avvertì Tikal mentre riempiva un vassoio da portare ai tavoli.
- Correrò il rischio. Meglio quello che non crollare dal sonno.
- Tipo lui?- La ragazza accennò a Dodgeball, che ronfava con la testa appoggiata alle braccia incrociate, la colazione lasciata a metà.
- Esatto.
La giornata sembrava voler trascorrere normalmente. Silver riusciva a concentrarsi su quello che faceva, senza distrazioni. La comparsa di Blaze del giorno prima sembrava dimenticata.
Questo finché la ragazza dai capelli viola non entrò nel locale all’ora di pranzo.
- ...ciao. – Balbettò lui vedendola, rischiando di far cadere i piatti che aveva in mano.
- Salve – rispose lei allegramente. – Ho mangiato così bene ieri che volevo provare a ripetere l’esperienza. C’è posto?
- Certo, uh, dove vuoi. – Si affrettò a tornare dietro il bancone. Tikal lo guardò perplessa. – Perché hai la faccia di una persona costipata?
- Non è assolutamente vero. – Silver si costrinse ad assumere un tono casuale. – E’ tornata la ragazza di ieri. Vai a chiederle cosa vuole mangiare, prima che si accavallino gli ordini.
- Ma perché devo andarci io? E’ il tuo turno.
- E’ la figlia del mio padrone di casa. Mi sento tenuto d’occhio.
- Dio santo, quanti problemi, Silver. – Gli strappò di mano il blocchetto delle ordinazioni. – Va bene, vado io. Ma solo perchè ti voglio bene.
- A volte ti sposerei, Tikal.
- Non dirlo a Knuckles, o potresti non avere più una faccia da nascondere alla tua amichetta laggiù.
Guardando Blaze parlare con Tikal, Silver si chiese cosa lo turbasse tanto di quella ragazza. Certo, il fatto che fosse la figlia del suo padrone di casa contribuiva a metterlo in imbarazzo, ma non c’era solo quello. Era...qualcosa di più. Qualcosa che lo solleticava dentro. In altre situazioni avrebbe pensato al termine “farfalle nello stomaco”, ma no. Non ora. Non con lei.
Decisamente non poteva avere le farfalle nello stomaco in quel momento.
 
 
Blaze tornò il lunedì dopo.E il martedì. E il mercoledì. Venne a pranzo al Diner tutti i giorni di quella settimana, e ogni volta Silver era felicemente stupito di vederla. Beh, forse non del tutto felicemente. Continuava a esserci qualcosa in lei che lo faceva agitare. Ma in sostanza era una sensazione piacevole, se non si consideravano le figuracce che rischiava di fare in ogni momento a causa dell’imbarazzo.
Comunque, col passare del tempo, persino lui cominciò a sciogliersi parlando con quella ragazza. Blaze chiacchierava amichevolmente con tutti, con lui, con Tikal, con Mercedes, persino con Dodgeball, che probabilmente si era convinto della sua autenticità come “amica di Silver” e non esitava a parlarle se si annoiava.
Quando poi lei tornò anche la settimana successiva,, quasi tutti iniziarono a considerarla praticamente una cliente abituale. Ce n’erano già alcuni (un tizio grasso coi baffi che parlava e ridacchiava da solo, un’amica di Tikal che non parlava con nessuno, un ragazzo coi capelli neri e delle improbabili meche rosse che parlava ancora meno,insomma nessuno che parlasse come le persone normali) e Blaze stava iniziando ad entrare nella categoria. E sembrava intenzionata a restarci, contando l’assiduità.
Una volta Silver, cercando di assumere un tono casuale, le aveva chiesto se suo padre sapesse che lei spendeva tutti i suoi pranzi nei “bassifondi”.
- Oh, no. Lui e mia madre sono sempre fuori per lavoro a quest’ora. Credono che io mangi da sola a casa, o in un ristorante del centro. Ma è meglio così. Il cibo è squisito e la compagnia è migliore.
A quel punto Silver aveva sentito le guance infiammarsi e aveva dovuto rifugiarsi in cucina, dove Mercedes lo aveva rimbrottato in un misto di nervosismo da datore di lavoro e allegria da madre.
Che idiota.
 
 
Mercedes si comportava davvero come una madre. Sempre.
Quando aveva iniziato a lavorare lì, Silver era intimidito dalla sua aria rigida e severa. Poi aveva scoperto che era una donna molto dolce, se si riusciva a penetrare la sua scorza. Avevano iniziato a parlare e, a poco a poco, si erano sciolti entrambi. E quando aveva scoperto che lui lasciava Dodgeball a casa da solo tutti i giorni per venire a lavorare, Mercedes aveva reagito con un impeto che solo una madre poteva avere.
- Ma tu sei pazzo! Loco! Ma portalo qui! Una sedia occupata in più o in meno non fa differenza, e lui non sarà da solo.
E da quel giorno Dodge aveva trionfalmente occupato quella sedia, e Mercedes aveva continuato a considerarli entrambi, se non come due figli, come due nipoti un po’ balzani.
Silver voleva bene a lei, e a Tikal, e anche al ragazzo di Tikal, Knuckles, anche se era un tipo un po’ rude. Erano diventati la loro nuova famiglia.
Ma avrebbe dato comunque tutto questo in cambio della loro vera famiglia.
Dodge forse avrebbe risposto in modo diverso. Erano passati tre anni dall’incidente, tanti per un bambino piccolo. Si era dimenticato quasi del tutto dei loro genitori. Ma Silver avrebbe riavvolto la pellicola in ogni momento.
Era partito per l’università da un paio di mesi, e già questo lo avrebbe fatto ridere, se si fosse trattato di una situazione comica, perché erano stati tutti preoccupati all’idea di averlo lontano da casa fino a Natale. Tutti. La mamma, il papà, Dodge. E invece, eccolo lì, a tornare a casa a rotta di collo già all’inizio di novembre.
La telefonata era arrivata in piena notte. Anche questo avrebbe potuto far ridere, contando che era proprio in quei giorni che era riuscito ad andare a letto con una ragazza, dopo anni alle superiori passati con più o meno zero esperienze. E quando aveva sentito il telefono suonare, aveva avuto anche la tentazione di non rispondere.
Poi, per fortuna, lo aveva fatto. Alle sei di quella mattina era di nuovo a Metal city, più precisamente all’ospedale, a scoprire che i suoi genitori erano morti per l’errore più banale che si potesse pensare: la cintura. Non avevano allacciato la cintura. Così, quando erano usciti di strada, Dodge, che era assicurato fermamente al seggiolino sul sedile posteriore, era rimasto illeso, mentre i due adulti...kaput.
Passato il primo momento di shock,Silver aveva dovuto fare molte cose. Lasciare l’università, tanto per cominciare. Vendere la casa, perché costava troppo mantenerla. E poi via, un turbine di sistemazioni provvisorie e di lavori precari, passando da situazioni terribili e assurde che erano culminate con un motel orripilante dove Dodge aveva trovato un ratto sotto il letto e aveva poi provveduto a inseguirlo per tutta la stanza. Al confronto, il loro attuale appartamento in periferia era il paradiso.
Ma dopotutto anche il lavoro lì al South era il migliore che gli fosse capitato fino a quel momento. Era l’ideale. Abbastanza sicuro, legale (quanti lavori in nero aveva dovuto fare nei tre anni precedenti), con un guadagno sufficiente a coprire l’affitto e le altre spese. E li lasciava entrambi in compagnia di persone fantastiche. Tikal, Mercedes, Knuckles. I bizzarri clienti che si sedevano ai tavoli ogni giorno. E adesso Blaze.
Se ci fossero stati ancora i loro genitori, non avrebbe avuto proprio nulla di cui lamentarsi.
 
Silver si ritrovava spesso a pensare a queste cose, e a ricordare, ma non così spesso come all’inizio. L’abitudine alla situazione attuale lo portava sempre di più a pensare a fatti più concreti, che richiedevano la sua attenzione nell’immediato. Il passato era passato. Doveva concentrarsi sul presente.
Il giorno in cui Blaze comparve inaspettatamente all’ora di colazione, per esempio, la sua mente era fissata su un problema da risolvere molto in fretta. Dodgeball avrebbe iniziato la scuola in settembre. Avrebbe dovuto comprargli dei vestiti prima che finisse l’estate. Non avrebbe potuto mandarlo a scuola con il guardaroba disastrato che aveva adesso. Quella mattina, per esempio, indossava una sua maglietta, vecchia e stazzonata, che gli arrivava alle ginocchia. Se Dodge fosse entrato in classe così, qualunque insegnante avrebbe pensato che Silver non fosse in grado di prendersi cura di lui.
E c’era sempre quella minuscola possibilità che chiamassero i servizi sociali. Silver era terrorizzato dai servizi sociali. Se avessero sospettato che non era capace di occuparsi del fratello, gliel’avrebbero tolto dalla custodia, ed era una prospettiva insopportabile.
In ogni caso, avrebbe dovuto comprare abiti per bambini molto presto, e questo voleva dire tagliare altre spese per riuscire a mettere da parte i soldi necessari. Non sapeva come avrebbe fatto, in realtà. Non restava più molto da tagliare.
Si distrasse da questi pensieri quando vide Blaze entrare nel locale. Nonostante indossasse come sempre abiti di prima qualità, la ragazza sembrava in disordine, con la faccia stanca e i capelli legati alla bell’e meglio in una coda di cavallo. Salutò Dodgeball con un cenno distratto della mano e si sedette al bancone, appoggiandovisi pesantemente, e ordinò un caffé nero.
Quando Silver,servendola, le chiese se fosse successo qualcosa, lei alzò le spalle. – Niente  di che. Ho discusso un po’ con mio padre, roba da poco. Ma qui avrei fatto colazione con più calma.
- Mi dispiace.
- Grazie. – Soppesò con lo sguardo le vetrinette di brioche. – In questo momento l’ideale sarebbe una ciambella. Un’enorme ciambella al cioccolato. Ma penso che il mio fisico non se la possa permettere.
- Non vedo come una ciambella possa rovinare qualcosa. – Silver si sentì arrossire fino alle orecchie. – Hai...Hai una forma perfetta.
- Ti ringrazio. – Blaze sorrise appena, ma smise subito mentre sorseggiava il caffé. – A questo punto credo di poter prendere quella ciambella. Dì la verità, fai i complimenti alle tue clienti solo per spingerle a mangiare di più.
- Hai svelato il mio piano – ammise lui porgendole il dolce. – Ti prego, non rivelarlo a nessuno, altrimenti la mia copertura come cameriere salterà.
- Vai tranquillo. – La ragazza addentò la ciambella.  – Per la verità sono anche sfinita. Verranno a trovarmi un paio di amiche molto presto e devo organizzare tutto.
- Portale qui a mangiare, se non riesci a organizzare i vostri pranzi – il tono era scherzoso, ma Silver era sfiduciato. Era molto probabile che, una volta arrivate le sue amiche, Blaze non entrasse più in quel locale.
Lei sorrise di nuovo, un sorriso che questa volta fu più lungo e più caldo. – Potrei farlo davvero.
Il ragazzo si sentiva le guance in fiamme. Per fortuna Tikal lo richiamò proprio in quel momento per servire un piatto di uova e lui si rituffò nel turno del mattino. Quando riuscì a ritornare al bancone, Blaze se n’era già andata, lasciando sul tavolo il conto e un’abbondante mancia.
Forse poteva ancora non perdere la speranza.
 
Raga, non so dirvi quanto mi dispiace. Giuro che ho cercato di fare più in fretta che potevo. Ma la scuola...Sì, insomma, sapete. Siamo tutti sulla stessa barca.  
Prometto che la prossima volta aggiornerò prima. E lo so che lo ripeto sempre, ma...si fa quel che si può.
Spero che nonostante il ritardo e la qualità altalenante apprezziate lo stesso. A presto
^Ro
PS Una delle cose che ho dimenticato di dire è che questa storia (il titolo, la trama, un po' tutto insomma) è ispirata, in mezzo ad altre cose, alla canzone Uptown girl dei Westlife e soprattutto al suo video. Se avete cinque minuti da perdere, vi consiglio di ascoltarla. Non è niente male.
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Kilian_Softballer_Ro