Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: mamma Kellina    09/11/2014    6 recensioni
Primi anni del Novecento. Il mondo sta cambiando, ma le contraddizioni nate dal vecchio che stenta a morire e dal nuovo che fatica a nascere sono sempre più evidenti. Angela e Fabrizio sono figli del loro tempo dal quale sono pesantemente condizionati: timida e repressa da una rigida educazione lei, libero e insofferente alle costrizioni lui. Sono incompatibili e la loro unione sembra destinata a fallire. Eppure, nonostante le influenze del mondo esterno e i loro stessi errori, alla fine le loro anime si riconosceranno e sarà vero amore. Però non sarà facile perché:
… chi si conosce tanto a fondo da sapere chi è in realtà? Siamo tutti così. Però, anche se sembriamo solo alberi sbattuti dal vento, nel profondo le nostre radici stanno cercando a tentoni la strada nella terra per diventare più robuste e permetterci di resistere alle intemperie della vita …
Sullo sfondo di Napoli, Acireale, Firenze, Parigi, attraverso tanti personaggi, tutti di fantasia, ma che si muovono in un contesto storico ricostruito con grande cura sia per quanto riguarda avvenimenti realmente accaduti che personalità veramente esistite, un viaggio indietro nel tempo ricco di passione, di tradimenti, di gioia e di dolore, che spero possa essere appassionante ed avvincente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
L’inverno del 1907 si era presentato molto mite e nella mattina di festa pareva che mezza popolazione di Napoli si fosse riversata nella Villa Comunale. Frotte di ragazzini giocavano, alcuni  con il cerchio  altri con la palla, e si rincorrevano urlanti; anziani riposavano sulle panchine discutendo tra di loro a voce alta; giovani mamme e balie opulente spingevano le carrozzine passeggiando tra i viali alberati; famigliole di popolani vestiti a festa si affollavano intorno alle bancarelle che offrivano dolciumi a buon mercato; borghesi eleganti se ne stavano seduti ai tavolini dei costosi caffè. Nell’aria limpida si propagavano le note di un valzer che un’orchestrina suonava nella vicina Cassa Armonica. Tutti sembravano felici di godersi quella soleggiata domenica di febbraio.       
Tutti ma non Fabrizio. Anche in mezzo a quella confusione, lui non riusciva a scrollarsi di dosso l’ inquietudine che lo prendeva ogni qualvolta si trovava fuori casa. Erano passate solo due settimane dalla violenta aggressione subita e ancora ne portava i segni sul viso e nello spirito. Per questo, seduto sul bordo della Fontana delle Paparelle, si guardava intorno aspettando con impazienza che Filippo arrivasse. Avrebbe preferito non dover uscire per incontrare l’amico, ma a casa non poteva farlo venire perché i genitori lo detestavano perché lo ritenevano il principale responsabile della  sua rovina. In ogni modo, tra tutte le sue conoscenze, era la persona più adatta per contattare Caruso e portargli la cifra che alla fine suo padre aveva sborsato.       
Era lì da una buona mezz’ora e cominciava a spazientirsi quando lo vide arrivare da lontano. Persino per lui era un mistero come quell’uomo di poco più di trent’anni che poteva contare solo su una piccolissima rendita lasciatagli dai genitori, potesse fare tanto lusso. Anche quel giorno indossava un abito di ottima fattura che metteva in risalto la sua bella figura alta e slanciata mentre, sotto il capello all’ultima moda, il viso bruno dagli occhi vivaci risaltava di maschia bellezza. Senza nessuna fretta, dopo avergli fatto un cenno di saluto, si era soffermato a scambiare qualche parola galante con una bella signora  incontrata per caso e solo dopo un po’ si decise ad andarsi a sedere accanto a Fabrizio.
- Alla buon’ora!  Ma quando ti decidevi a venire? – sbottò questi, indispettito.
- Ehi, ehi, calma! Stanotte sono stato …. – e fece un sorriso allusivo, tanto non c’era bisogno di spiegare all’amico di bagordi dove era stato – A proposito, Lulù sente molto la tua mancanza. Quand’è che ti decidi a uscire dalla tana, coniglietto mio?
- Quando tu ti deciderai a dirmi come l’ha presa Caruso.
- Come l’ha presa? Certo non bene. La cifra che mi hai dato non era nemmeno un terzo di quanto gli devi.
- È tutto quanto sono riuscito a ottenere da mio padre. Ti prego, non tenermi sulle spine,  dimmi cosa ha detto.
- Che ti dà altri quindici giorni poi manderà i suoi amici a finire l’opera – gli rispose calmo l’altro, osservandosi le unghie ben curate.
- Mio Dio, e me lo dici così?
- E come te lo devo dire? Ti avevo sconsigliato di chiedere i soldi a Caruso, ma tu niente! Tanto vinco, dicevi, e invece…
- Che ci posso fare se la fortuna è girata? Ti ricordi l’anno scorso a Venezia? Ho vinto talmente tanto da riuscire a pagare un’intera settimana a Parigi ad entrambi. Cosa ne sapevo che sarebbe andata così male questa volta?  E poi sei la persona meno adatta a farmi un simile rimprovero. Non sei anche tu pieno di debiti?
- Una cosa è qualche bottegaio o il padrone di casa, un’altra sono gli strozzini. Per carità, sono il modo migliore per rovinarsi.
- Da quando papà ha chiuso la borsa non so proprio da chi andare.
Filippo si mise a giocare con la perla del fermacravatte e assunse un’espressione di sufficienza che fece irritare il giovane amico.
- Che dovrei fare, sentiamo. Visto che ti ritieni tanto abile, allora dimmi tu come fai a procurarti i soldi.           
 L’uomo lo prese in giro con un risolino divertito.
- Eh bello mio, ne devi mangiare pane prima di arrivare alla mia abilità nel procurarmi quattrini!
- La vedova? La signora Adele? Sono queste le tue fonti? No, grazie, non mi va di andare a piangere da qualche amante stagionata per farmi dare del denaro.
- Per carità, tu hai una dignità, un decoro – gli rispose ironico - … e allora accontentati di farti pestare dagli uomini di Caruso, che vuoi da me! Eppure, caro mio,  bello, giovane e simpatico come sei, non avresti nessuna difficoltà a trovare qualche pollastra da spennare.
Fabrizio rimase un po’ pensieroso, infine decise di confidarsi con l’amico.
- Mio padre non fa altro che farmi prediche. Dice che dovrei sposarmi e mettere la testa a posto. Secondo lui dovrei trovare una ragazza buona, onesta e ricca.
- Davvero? E se fosse anche bella guasterebbe? Se la trova lui una così!
- Mi ha detto di averla trovata: è una cugina di Dora del Cassano.
L’altro s’incuriosì poiché era a conoscenza del fatto che il conte Alfredo solo un anno prima gli aveva rifiutato  la mano della figlia. Lo incoraggiò a parlare.
Fabrizio gli raccontò in breve cosa gli aveva detto il padre.
- Io però non lo farei mai. Mi ripugna troppo – concluse.
- Perbacco, se non ti fai avanti con quella ragazza sei proprio un fesso. Credi sia facile trovare un’occasione del genere?
- Chi ti dice che lei possa volermi? Soprattutto se ha la vocazione, come potrei farle cambiare idea?
- Secondo me, se ci provi, ci riuscirai. In ogni caso mostra a tuo padre l’intenzione di farle almeno un po’ di corte e in cambio ti fai dare la cifra che ti resta da pagare a Caruso. Poi, se lei non ti vuole, non sarà stato per colpa tua …
 - Ma che consigli mi dai? Così se quella tipa dovesse convincersi dovrei sposarla davvero. Non se ne parla nemmeno!
- Se aspetti ancora un po’ non riuscirai più a trovare un padre disposto a concederti la mano di sua figlia,  soprattutto se ha una buona dote. Diventerai talmente povero da dover addirittura andare a lavorare. Per carità -  Filippo finse di rabbrividire all’ipotesi di una simile prospettiva – è meglio sposarsi, magari anche con una racchia, basta che sia piena di soldi.
Fabrizio sorrise sornione,  assumendo quell’espressione da canaglia che tanto piaceva alle donne.
Nel vederlo, l’amico commentò:
- Preparati al matrimonio, caro mio. Vedrai, ti vorrà, eccome se ti vorrà!
 
Si sentiva quasi un condannato a morte mentre insieme ai genitori, alla sorella e al cognato si stava recando alla festa in casa dei conti del Cassano. Aveva dovuto cedere alle loro insistenze perché non aveva trovato nessuna scusa valida per rifiutarsi di andare persino a conoscere quella tale Angela. Nonostante il suo cattivo umore, tra sé e sé cercava di rincuorarsi.
 – “Magari è bellissima. Forse assomiglia a Dora, in fondo sono sempre cugine. In questo caso, chissà, potrebbe anche essere amore a prima vista”-  si diceva.
Sorrise ripensando alla bellezza di quella ragazza che solo poco tempo prima l’aveva fatto impazzire. Dora era alta, formosa, i capelli biondi come l’oro e due lucenti occhi azzurri. Forse con l’avanzare dell’età la sua grazia di fanciulla si sarebbe trasformata in una notevole pinguedine pari a quella della madre, ma per il momento era tutta provocante e burrosa e in più aveva un carattere allegro e socievole. Spesso suo padre gli aveva fatto notare che in quanto a  cultura e a intelligenza era messa proprio maluccio, ma non erano state certo le sue doti intellettuali a infiammarlo.
A distanza di un anno era ancora molto bella. Lo poté constatare quando venne a riceverli e a presentare il futuro marito, un ometto già mezzo pelato e con la pancia che nel frac assomigliava molto a un pinguino. Lei invece era vestita di uno splendido abito di  seta rosa che le metteva ancora più in risalto la pelle di porcellana e gli occhi luminosi. Ancora una volta Fabrizio non avrebbe avuto esitazioni se avesse dovuto chiedere lei in moglie, ma siccome gli era già stata rifiutata, sperò ancora che la cugina almeno le assomigliasse.
Era destinato a rimanere molto deluso. 
Tanto per cominciare Angela del Cassano era bruna, anzi, i suoi capelli erano addirittura corvini. Gli avevano detto che la madre era siciliana e probabilmente nelle sue vene doveva scorrere un bel po’ di sangue arabo perché era molto scura di carnagione e anche gli occhi erano di un nero profondo. Non che fosse  brutta, in verità,  ma aveva un aspetto dimesso e severo, accresciuto dall’abito nero molto accollato e dai capelli acconciati in una semplice treccia avvolta intorno alla testa in una pettinatura passata di moda da almeno mezzo secolo. Di certo non aveva fascino. Fabrizio dovette fare uno sforzo notevole per non mostrare la propria delusione quando infine gliela presentarono.
Gli toccava bere fino in fondo l’amaro calice e così, con un sospiro, le si sedette accanto e si sforzò pure di iniziare un po’ di conversazione. La ragazza era  timidissima e a stento rispondeva a monosillabi, non soltanto a lui, ma anche ai numerosi altri giovanotti che le stavano intorno. Tra di essi Fabrizio notò la presenza di Francesco Sella, un suo compagno di università, che, a detta di tutti, era un noto cacciatore di dote. Chissà come era venuto a conoscenza anche di quella opportunità. Forse il conte del Cassano aveva fatto un bando pubblico per offrire la mano della nipotina… A giudicare da come cercavano tutti di  farsi notare  dalla ragazza, pareva proprio di sì.
Ben presto se ne stette in silenzio, disgustato da tanta meschineria intanto che  le giovani invitate si alternavano nelle solite, penose esibizioni di canto.
Francesco stava provando a convincere la compita Angela a cantare anche lei qualcosa e lo faceva con tanta noiosa insistenza da arrivare a farla arrossire. Alla fine Fabrizio ne fu infastidito e ne prese le difese.
- Smettila,  - gli disse - se la signorina non desidera cantare non mi sembra il caso di insistere tanto.
- Perché non ti fai gli affari tuoi? Sono sicuro che una così graziosa creatura deve per forza avere anche una voce bellissima -  rispose l’altro, rivolgendosi alla ragazza con un sorriso che voleva essere affascinante e risultava solo ipocrita.
- Perché non rifletti? – gli chiese allora, provando a farlo ragionare -  Probabilmente la signorina non conosce le romanze e le canzonette all’ultima moda e con le tue insistenze la stai mettendo a disagio.
Angela lo guardò, piena di gratitudine.
- Grazie, signore, è proprio questo il mio problema. Mi piacerebbe molto, ma conosco solo canti liturgici. Non mi sembra il caso di cantarli in un salotto …
Si era giustificata con un filo di voce, affrettandosi ad  abbassare gli occhi piena di vergogna, quasi come se fosse una sua colpa. Fabrizio ne fu intenerito e provò ad incoraggiarla.
- Però la musica la conoscete, non è vero? – le chiese.
Lei annuì, senza parlare.
- Bene, allora non c’è problema: vi porterò gli spartiti delle canzoni più famose e così alla prossima festa ci stupirete tutti suonandocele. 
La ragazza lo guardò e il giovane notò un leggero rossore diffondersi sulle sue guance, animandole il viso. Chiaramente voleva parlare, ma non aveva il coraggio di farlo.
- Cosa c’è, volete dirmi qualcosa? - la incitò.
- Sì. Per favore, potreste procurarmi qualche spartito dei notturni di Chopin? Una volta una mia compagna ne ha portato uno in collegio e l’ho trovato stupendo. Lo suonavo in continuazione di nascosto, poi suor Ada l’ha trovato e …
Fabrizio sorrise e non seppe trattenersi dall’ osservare con marcata ironia.
- Certo, è risaputo che i notturni di Chopin sono troppo peccaminosi per le caste fanciulle. Comunque non temete, se ora vi sentite tanto audace, ve ne porterò qualcuno e non avrete più bisogno di farlo di nascosto.
Angela aveva colto benissimo il sarcasmo eppure, in quegli occhi limpidi che la fissavano, azzurri e innocenti, le parve di vedere anche un lampo di tenera commiserazione.
- Potreste cantare lo stesso anche ora. In fondo siamo tutti buoni cristiani e gli inni sacri piacciono sempre a tutti – intervenne Francesco che, stupido e inopportuno, proprio non si voleva arrendere.
Fabrizio lo fulminò con uno sguardo poi guardò la ragazza che stava sorridendo. Sul suo viso adesso c’era un’espressione quasi  divertita che la rendeva molto più  carina.
 
Si rividero qualche giorno dopo. Angela si mostrò contentissima perché Fabrizio aveva mantenuto la promessa e le aveva portato alcuni spartiti di Chopin.
Nella quiete del pomeriggio, rimasero a parlare in salotto mentre la zia sonnecchiava sulla poltrona.
A guardarla bene, lui ne scopriva particolari che gli erano sfuggiti la prima volta. Non aveva la bellezza prorompente di Dora ed era eccessivamente magra, ma i  tratti del volto erano delicati e la pelle, benché di colorito assai scuro, doveva essere liscia come la seta. Gli occhi poi erano profondi e dolci. Inoltre era piacevole parlarle perché aveva un’intelligenza pronta e uno spirito curioso. Non era una stupida e dimostrava di voler conoscere le cose perdute in tanti anni vissuti in convento. Si accorse che stava conversando con lei come non aveva fatto mai con una donna. Era lusingato perché la vedeva pendere dalla sue labbra, interessata a tutto quanto le diceva. Parlarono di viaggi, di musica  e anche  di letteratura. Su questo argomento  Fabrizio si accalorò perché quella era la sua passione più grande. In realtà non gli capitava spesso di  trovare chi fosse disposto a starlo ad ascoltare tanto a lungo. Invece Angela si stava mostrando talmente entusiasta dell’argomento da dimenticarsi anche un po’ la timidezza e da sentirsi persino spronata a fargli una richiesta.
- Vorrei tanto leggere un libro. Potreste portarmelo voi per favore? – gli chiese infatti,  quasi in sussurro.  
- Ditemi qual è e lo farò senz’altro.
- No, no perdonatemi, è meglio che non ve lo dica, chissà cosa pensereste di me.
Il giovane si stupì nel vederla incerta e si lasciò sfuggire un risolino divertito.
- Davvero? Ah, ho capito! Forse quello che volete leggere è un libro scandaloso – scherzò.
La ragazza si fece rossa come la brace e si morse le labbra, senza parlare.
- Avanti, coraggio, non lo dirò a nessuno o forse temete che gli zii lo trovino e vi puniscano?
- No, questo no, tra l’altro è in latino e loro non lo capiscono – gli rispose, riprendendo un poco di ardimento.
- Voi la capite?
- Sì. 
- Allora non c’è problema, però mi dovete dire qual è, altrimenti come faccio ad indovinare? – la incoraggiò ancora,  con un tono amichevole.
- I “Carmi Brevi” di Catullo.
Fabrizio rise di gusto e citò:
- “Vivamus, mea Lesbia, atque amemus…”. Curioso, prima Chopin, ora i canti  d’amore di Catullo per Lesbia, si vede che dovete essere una personcina molto romantica, amica mia.
 Aveva voluto prenderla soltanto un po’ bonariamente in giro eppure Angela diventò  rossa come la brace. Pareva vergognasi. Provò a giustificarsi, la fronte corrugata e agitandosi sulla sedia.
- Niente affatto! Il mio è un interesse puramente letterario. In convento ho studiato Catullo, naturalmente, ma la suora non ci ha fatto leggere le sue nugae. E’ solo una curiosità la mia, ma se anche voi non lo ritenete adatto a una giovane perbene, non tenete conto di questa mia richiesta così sconveniente.
Lui scoppiò a ridere.
- Non vi preoccupate, signorina, non c’è niente di peccaminoso in Catullo. Forse  il peccato l’ha commesso chi vi ha impedito di leggere le sue opere facendovi credere addirittura che potessero farvi finire all’Inferno. Vi rendete almeno conto di tutte le sciocchezze che vi sono state inculcate?
 Fabrizio voleva solo incoraggiarla, ma lei s’impermalì.
- Non scherzate su queste cose, signore, ve ne prego. Sono cose serie.
Dopodiché si congedò senza dargli il tempo di spiegarsi.
 
Più tardi, mentre se ne tornava a casa, il giovanotto pensava a quella strana ragazza. Non era una gran bellezza, ma gli stava simpatica, nonostante tutte le sue fisime. Ma certo la simpatia era troppo poco per poter pensare a una unione tra loro. Alquanto risollevato, si disse:
- “Per fortuna è talmente bigotta che devo averla scandalizzata e non vorrà più vedermi. Il mio l’ho fatto, comunque,  e ora papà non potrà più tirarsi indietro. Dovrà darmi un’altra parte della somma, come mi ha promesso. Forse così riuscirò a tenere buono Caruso ancora un po’ di tempo, poi si vedrà.   
Non sapeva che, voltandosi e rivoltandosi nel suo letto, Angela proprio non ce la faceva a prendere sonno. Temeva di essere apparsa a Fabrizio una povera stupida o peggio ancora una ragazzetta frivola e sognatrice. Non era così, se lo fosse stato non gli avrebbe chiesto certo di portarle i carmi di Catullo, ma un qualsiasi romanzetto rosa. Ogni volta che le sue compagne tornavano dalle vacanze di Natale o da quelle estive, c’era sempre qualcuna che ne introduceva uno di nascosto eppure non li aveva mai voluti leggere, non perché si fosse divertita a trascorrere le sue ore libere in compagnia di un edificante libro sulla vita dei santi o a ricamare insieme a suor Giustina, ma proprio perché lei all’amore non voleva pensarci per nulla.  Aveva sempre avuto paura di scoprire l’esistenza di qualcosa di diverso, quasi come succede a quei poveri uccellini che, trovando all’improvviso lo sportellino della propria gabbietta aperto, esitano sulla soglia della loro prigione per paura di lanciarsi in volo. Erano stati i suoi buoni zii a farla uscire dal convento dove aveva trascorso gli ultimi cinque anni più come una novizia che come una semplice collegiale. Ora  che avevano superato tutti gli impedimenti per i quali erano stati costretti  a  lasciarla sempre lì e l’avevano accolta in casa loro come una seconda figlia, la invogliavano pure a pensare ad un futuro diverso da quello che si era sempre immaginata. Era grata per l’affetto che le dimostravano, ma non voleva una vita differente da quella che conosceva, non in quel mondo grande e sconosciuto nel quale non si sentiva mai all’altezza. Di questo ne era certa, o almeno lo era stata fino a qualche giorno prima. Cosa le era accaduto nel frattempo?  Aveva conosciuto quel giovane bruno dagli occhi di cielo e il ricordo di lui le tornava di continuo in mente. Ne risentiva la voce, ne rivedeva il sorriso accattivante, rammentava quel suo modo schietto e sincero di trattarla, così diverso dalla condiscendente ipocrisia che avvertiva negli altri Anche  se disperatamente cercava di scacciarne il pensiero, non poteva evitarlo. E lei, che all’amore non aveva mai pensato, per la prima volta avvertiva la voglia di lasciarsi cullare da un sogno tanto bello quanto irrealizzabile.
 
 
 
Ciao. Volevo ringraziarvi per la calda accoglienza che avete riservato a questa mia nuova storia. Ne sono davvero felice perché la ritengo un poco “il mio romanzo” sia per la cura dei particolari che ho messo nello scriverlo sia per l’affetto che nutro per i personaggi, complessi e in costante evoluzione caratteriale e spirituale. Sono consapevole che si tratta di una vicenda un po’ particolare che forse potrà interessare solo poche persone, ma se anche ce ne sarà una soltanto che nel leggerla proverà una pur minima emozione, allora avrò raggiunto il mio scopo.
Ho pensato di corredare talvolta i capitoli con qualche bella foto d’epoca, giusto per farvi entrare in questa specie di macchina del tempo che ho cercato di preparare per voi. Se è un’iniziativa che gradite, fatemelo sapere.


VILLA COMUNALE

Una cartolina della Villa Comunale nei primi anni del Novecento



La villa Comunale in quadro di Antonio Gravina



La "Fontane delle Paparelle" sul cui bordo Fabrizio è seduto ad aspettare Filippo.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: mamma Kellina