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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    11/11/2014    1 recensioni
A Sinnoh sta succedendo qualcosa di strano, di molto strano: è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno sembra accorgersene.
O forse nessuno ha il coraggio di parlare.
Saranno tre personaggi a dare il via ad una serie di lotte e vicissitudini, tra fedeltà e tradimenti, tra verità e menzogna, tra ciò che può essere svelato e ciò che deve essere tenuto segreto.
Tre allenatori provenienti dalle tre istituzioni più importanti della regione (Gare, Palestre, Lega), che sembra vogliano sbarazzarsi di loro: non sono i protagonisti canonici, ma potrebbero diventarli.
E così, mentre ci sarà chi vuole mettere loro i bastoni fra le ruote, altri più o meno popolari interverranno in loro aiuto, tutti per un unico scopo: il leggendario Cuore di Sinnoh.
...
(I personaggi non sono inventati ma appartengono al manga/videogioco/anime e saranno presenti, in generale, un pò tutti. Presenza di Crack Pairings.)
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Camilla, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Note Autrice:
Spero di non impiegare più tutto questo tempo per un solo capitolo, purtroppo l’ispirazione era andata a farsi benedire!
Dunque, l’ho fatto più lungo ed ho inserito quattro momenti diversi, riprendendo situazioni e personaggi che avevo momentaneamente tralasciato.
E’ un capitolo che introduce gli avvenimenti del prossimo, dove si farà più chiarezza sulla storia in generale, anche se qui già ci sono vari indizi.
Buona lettura!


 
~ Capitolo Cinque
 
 
Abomasnow era a terra esanime, il suo corpo gelido aveva inspiegabilmente cominciato a riscaldarsi dopo quel Rogodenti di una potenza esorbitante.
A non molta distanza, un Rotom terrorizzato era corso dietro al proprio allenatore piuttosto in carne, il quale indietreggiava anch’egli con un certo timore, gli occhiali tondi che saltellavano sulla punta del naso per via dei brividi che lo percorrevano.
C’era un motivo, in fin dei conti, se quella era la Campionessa.
«Dannazione…» Bisbigliò a denti stretti l’uomo, soprattutto nel rendersi conto che l’arena dove avevano combattuto era stata chiusa ad ogni uscita nel momento esatto in cui vi avevano messo piede.
E lo sapeva, lo sapeva benissimo che il loro capo non avrebbe tollerato una simile sconfitta… e soprattutto che una del calibro di Camilla non si schierasse dalla loro parte.
Ma potevano anche solo sperare che una paladina della giustizia come lei si sarebbe davvero sottomessa? Era preparata a quel combattimento, lo era da molto tempo: quando i tre Superquattro avevano tradito la regione, la bionda Campionessa aveva provveduto a mettere in salvo il salvabile già dall’inizio – con un discreto successo, tra l’altro, se il team Galassia era arrivato a lei con così largo ritardo.
Dal canto suo, Bianca aveva i denti stretti per la rabbia e a fatica tratteneva le lacrime: no, non era di certo per quella sconfitta, se l’aspettava, quanto piuttosto per le conseguenze che avrebbe avuto… conseguenze che lei, ora, non aveva più modo di evitare.
Era inginocchiata accanto al suo Pokémon, il capo basso quanto le due trecce nere, sin quando non sentì sbattere violentemente un paio d’ali accanto a sé e qualcuno posarsi sul terreno, proprio alle sue spalle.
Non aveva il coraggio di guardarla nemmeno in volto, da tanta era la vergogna che provava: nonostante tutto si era schierata con quei pazzi, nonostante l’esser sempre stata a favore della giustizia aveva finito per combattere contro di lei, contro di loro.
Loro, i suoi amici, i suoi compagni di una vita.
La sentì avvicinarsi ma ancora non si mosse, si aspettò qualcosa, qualsiasi cosa: uno schiaffo, un insulto, persino un attacco di quel Garchomp apparentemente imbattibile…
Ma nulla arrivò, nulla la sfiorò, dunque si fece forza e voltò appena gli occhi nocciola davanti a sé, vedendo soltanto una mano tesa nella sua direzione.
Ed un sorriso appena accennato sul bel volto della Campionessa – non si scomponeva mai troppo, dopotutto.
«Andiamo a salvare Zoey.» Sgranò gli occhi sentendo quelle parole, un’espressione stupita e al contempo colma di gratitudine le inondò il volto: aveva capito, aveva capito da subito.
«Grazie…» Riuscì soltanto a bisbigliare, prendendo la mano dell’altra e rialzandosi, faticando a trattenere una misera lacrima di commozione – era pur sempre la Capopalestra ghiaccio, più di tanto non si poteva pretendere.
«B-Bianca, che diavolo fai? Stai tradendo Cyrus?!» Le inveì contro il vecchio scienziato, beccandosi un’occhiata decisamente tagliente da parte di entrambe.
«Ti correggo, Plutinio: state tradendo Cyrus.» E sottolineò quel plurale con una certa freddezza, lasciando quindi intendere che no, il vecchio non l’avrebbe passata liscia e soprattutto – volente o nolente – avrebbe collaborato con loro contro la stessa causa che lo aveva condotto lì.
Sbiancò.
«Garchomp, Falsofinale.»
 
 
….
Urla, polvere, dolore.
E poi il buio.
Ecco cosa ricordava poco prima di essere colpito quasi in pieno da un Aeroassalto, in quel combattimento dove la sua bravura, nel bene o nel male, non avrebbe potuto comunque tener testa ad un‘esagerata superiorità numerica.
«Lucas!» Una voce apparentemente lontana lo richiamava, ma era ancora troppo stordito per riconoscerla o considerarla reale. Si portò una mano alla tempia ma quelle fitte non sembravano dargli tregua.
«Lucas, allora, ti vuoi riprendere o no?!» Era una voce femminile, forte, decisa.
Cercò di muoversi e ottenne come unico risultato quello di cappottarsi giù da una sorta di brandina malridotta, ritrovandosi quindi con il volto sul freddo pavimento.
Ma quel momento servì a risvegliarlo quasi completamente, tanto che si mise immediatamente seduto, guardandosi attorno anche se ancora intontito.
E poi la vide, una chioma arancione ed una smorfia evidente, proprio al di là di quelle che sembravano sbarre.
«Buongiorno eh!» Lo ammonì con un accento vagamente scherzoso, salutandolo con un gesto della mano.
Lucas impiegò qualche attimo per focalizzarla, per poi alzarsi lentamente e con una certa fatica.
«Zoey? Tu cosa…» Ma venne interrotto immediatamente, la ragazza sembrava non avere poi molto tempo da perdere – forse perché in quel buco buio ne aveva passato fin troppo.
«Sono stata rapita dal Team Galassia, mi usano come ricatto verso Bianca. E’ abbastanza frustrante, quindi vediamo di trovare una soluzione per uscire di qui oppure…» Si morse un labbro, volgendo lo sguardo altrove.
Il ragazzo non poté non notare un simile atteggiamento, motivo per cui avanzò qualche passo verso di lei, in un misto di perplessità e timore.
«Oppure?» La incitò, mentre Zoey si stringeva tra le braccia, come se profonde angosce la stessero avvolgendo.
«Oppure finiremo come la Professoressa Aralia. Torturati a sangue.» Asserì con voce rotta, lo sforzo per trattenere una rabbia immensa era piuttosto evidente.
Lucas sgranò gli occhi.
«Se l’hanno rapita, vuol dire che…»
«Sì, che lei sa cosa diavolo stia succedendo.» Lo precedette, anche se il volto del ragazzo pareva perso in altri pensieri.
«O forse sa come fermarlo…» Bisbigliò quasi parlasse tra sé e sé, riacquistando la più completa attenzione dell’altra prigioniera. Non sapeva dire da quanto tempo fosse rinchiusa lì dentro, l’assenza di luce aveva una quantità non indifferente di effetti collaterali.
«Cosa?» Ripeté sbigottita, non avendo pensato ad una simile eventualità.
Dopotutto, se Lucas era l’assistente di un rinomato professore un qualche motivo c’era, no? Il problema sarebbe sorto se lo avessero utilizzato come ricatto, conoscendo il buon cuore del suo mentore.
«Ci sono altri prigionieri oltre a noi?» Domandò, ma Zoey si vide costretta a scuotere contrariamente la testa.
«Non ne ho idea, non ho visto nessun altro da quando sono qui… anche i pasti, me li portano sempre quando dormo. Senza contare che non ho idea di cosa abbiano fatto ai miei Pokémon…» Aggiunse spazientita, rendendo Lucas consapevole di essere nella medesima situazione.
Cominciò a guardarsi attorno, sperando in un miracolo, in un segno, qualsiasi indizio che potesse aiutarli ad uscire di lì, anche se privati di Pokémon, zaini e quant’altro sembravano poter davvero poco contro quelle sbarre e quel luogo sconosciuto.
Un’ombra cominciò a farsi avanti a poca distanza da loro, non sapevano dire da dove venisse, né cosa fosse, tanto che istintivamente entrambi indietreggiarono all’interno delle loro celle, incapaci di reagire in una situazione del genere.
Un passo, due passi, tre passi.
La figura era slanciata e sicura, le iridi blu brillavano di luce propria tra le tenebre.
L’espressione decisamente attonita di tutti e tre i presenti fu inevitabile.
«Jessie?» Domandò Lucas, mentre la donna dai lunghi capelli viola palesava una smorfia evidentemente scocciata.
«Bambocci?!» Sembrò quasi inveire, roteando le iridi al soffitto.
«Ho fatto tutta questa fatica per trovare voi? Possibile che siate sempre tra i piedi?!» Sbottò ancora, lanciando un’occhiata truce ad entrambi i prigionieri.
«A tal proposito avrei qualcosa da ridire…» Commentò sarcasticamente Zoey, beccandosi l’ennesima occhiataccia ed un insulto che venne prontamente anticipato da Lucas, già lungimirante sulla situazione.
«Ferme ferme, non è il momento! Cosa ci fai qui?» Domandò alla Rocket, la quale esitò a rispondere per un attimo, divenendo improvvisamente seria.
«Non vi riguarda.» Rispose secca, con tutte le intenzioni di voltargli le spalle ed andarsene da lì – in fondo cosa le importava di quei due? Assolutamente nulla.
«Ci riguarda eccome, visto che stai cercando qualcuno nella nostra stessa situazione!» Si bloccò nell’udire quelle parole, lentamente tornò a volgere lo sguardo al ragazzo, in un misto di stupore ed irritazione.
«Ma come…»
«Non hai la divisa del Team Galassia e ti sei evidentemente infiltrata qui di nascosto, non puoi essere dei loro. Stai cercando qualcuno.» Spiegò brevemente quella serie di intuizioni, costringendo Jessie a rimanere fissa sul suo sguardo.
Inarcò un sopracciglio, aveva capito dove volesse andare a parare.
«Non sono neanche dei vostri, se è quello che intendi.» Frecciò con una punta di acidità, l’irritazione cominciava ad essere un po’ troppa.
«Ma non ti è mai piaciuto lavorare da sola, no?» La provocò ancora, con quel tono fermo e deciso che in realtà non lasciava molto spazio all’ironia.
Aveva capito, doveva concederglielo.
James.
Un silenzio tombale cadde per qualche attimo, sin quando la donna non palesò uno sbuffo sonoro.
«Yanmega, Eterelama.» Ordinò secca ed un Pokémon coleottero di una certa stazza si palesò d’improvviso alle sue spalle, provvedendo a tagliare di netto le sbarre di quelle due celle.
Ma non si era scomposta, Jessie, pareva serbare un rancore ancora fin troppo profondo nonostante la situazione… eppure era altrettanto consapevole con quei folli del Team Galassia non c’era da scherzare, se quei bambocci avessero potuto esserle utili ne avrebbe certamente approfittato.
Tanto erano comunque troppo idioti e troppo onesti per fregarla o abbandonarla!
«Se rimanete indietro sono affari vostri.» Tagliò corto prima di voltargli le spalle ed incamminarsi per un corridoio buio.
Zoey e Lucas si scambiarono semplicemente uno sguardo d’intesa, per poi seguire la Rocket senza troppa esitazione: la situazione era decisamente drammatica, qualsiasi collaborazione sarebbe potuta essere utile.
 

Riaprì gli occhi di colpo, ritrovandosi seduto su quello che era un morbido letto di un rosa pallidissimo. Aveva male un po’ ovunque, i muscoli erano stati sforzati più del dovuto, eppure sul suo corpo non v’erano segni di maltrattamenti o simili… ma allora come diavolo era stato portato fin lì?
«Ben svegliato, bell’addormentato.» E quell’affermazione ricca di una sfrenata ironia fu l’immediata risposta a tutti i suoi quesiti, tanto che una smorfia si palesò istintiva.
Incredibile come una voce tanto angelica potesse portare ad altrettanta irritazione.
«Col Teletrasporto si fa molta meno fatica, vero Lady?» Ricambiò la frecciata massaggiandosi il polso, quasi a controllare di avere ancora tutto a posto, diffidente come non mai.
No, decisamente non si fidava, né si sarebbe mai fidato di qualcuno con poteri paranormali e che viveva in una torre passando le giornate a dormire o a straparlare.
Ma immediatamente un pensiero gli balenò nell’animo, tanto che volse di scatto il capo in direzione della Superquattro di Unima, la quale si stava tranquillamente pettinando i lunghi capelli.
«Sì, i tuoi Pokémon stanno bene. Non farò loro alcun male.» Lo precedette, provocando in lui un certo nervosismo oltre al sospetto che quella piccoletta sapesse anche leggere nel pensiero – in effetti non lo escludeva!
«Come se non gliene avessi fatto abbastanza.» Fu di nuovo la risposta di Vulcano, mentre si rialzava dal letto con fare abbastanza deciso: non avrebbe perso altro tempo, non in quel luogo almeno.
Catlina, dal canto suo, non sembrava minimamente turbata dall’impetuosità dell’uomo.
«Non andrai da nessuna parte sin quando non mi dirai cosa ti ha detto Entei.» Aggiunse candidamente, passando la spazzola più volte sui lunghi capelli.
Il rosso ebbe veramente l’istinto di lanciarle qualcosa – qualsiasi cosa -, ma ancora una volta il suo temperamento venne interrotto dalla voce pacata della Superquattro – la quale, tra l’altro, non lo aveva ancora nemmeno guardato in volto.
Non ne aveva bisogno, per conoscere le sue reazioni ed il suo stato d’animo, era decisamente prevedibile.
«Ma, visto che la collaborazione non sembra il tuo forte, posso offrirti una specie di patto.» Se l’aspettava, era tipico di gente come quella proporre accordi, stipulare patti.
E no, non c’era mai nulla di buono in ballo, se non un prezzo troppo alto da pagare.
Eppure che altra scelta aveva? Era intrappolato in un luogo che non conosceva, senza i suoi Pokémon, completamente disarmato ed impotente al di là del proprio animo impetuoso.
Non rispose, rimase in silenzio ad osservarla con lo stesso astio di poco prima.
«Lo prenderò come un segno d’accettazione.» Rispose lei, schioccando le dita.
Pochi istanti ed una specie di piccola gabbia si sollevò apparentemente dal nulla, da quella piattaforma sospesa a mezz’aria in cui i due Superquattro si ritrovavano.
E al suo interno era legata ed immobilizzata una delle Comandanti del Team Galassia, capelli rossi e sguardo omicida.
Martes.
Vulcano non poté fare a meno di palesare un’espressione perplessa, senza negare a se stesso che quella situazione cominciasse a piacergli sempre meno.
«E’ arrivata sul posto subito dopo la tua sconfitta, voleva che ti consegnassi a loro.» Esclamò pacatamente, quasi stesse parlando di una ricetta di cucina e non di un sanguinoso combattimento.
Martes non osò replicare, soprattutto quando Catlina le rivolse quello sguardo tanto angelico da dare effettivamente l’idea del demonio.
«Davvero in gamba, questo Team Galassia, se ti ha trovato così facilmente.» Si limitò a commentare, per poi riprendere a pettinarsi in tutta tranquillità, seduta sul proprio sgabello da principessa delle fiabe.
«Il mio patto è questo, Superquattro Vulcano: tu mi dici esattamente cosa ti ha detto Entei ed io farò in modo che questa fonte di informazioni ti riferisca ciò che vuoi sui loro piani e quant’altro.» E naturalmente si riferiva a Martes, la quale aveva sgranato gli occhi, inorridita: aveva già avuto un piccolo assaggio di cosa significasse mettersi contro una allenatrice esperta – e psicopatica? – come quella, di certo ripetere l’esperienza non sarebbe stato piacevole.
Tuttavia, quella proposta non poté che catturare completamente la curiosità di Vulcano, la cui mente cominciò ad elaborare un numero consistente di ipotesi: era una brutalità, decisamente, ma dopotutto quei folli non sembravano farsi alcuno scrupolo… dunque perché avrebbe dovuto rinunciare a quelle informazioni, avendo dunque la possibilità di salvare se stesso, gli altri due Portatori e probabilmente sventare una sorta di rivoluzione catastrofica?
Dopotutto Catlina era veramente disinteressata alla faccenda, era evidente, l’unica fonte di curiosità restava proprio quel Pokémon leggendario, null’altro.
Non era dalla sua parte, sì, ma non era neanche dalla loro… e forse era questo l’importante.
Non mancò, tuttavia, di lasciarsi pervadere da un accenno di effettiva perplessità, poiché i conti non gli tornavano tutti, ma ancora una volta fu l’altra a rispondergli prima ancora che le ponesse la domanda diretta: perché, se poteva farlo, non aveva esplorato la sua, di mente? Perché non aveva corrotto o costretto direttamente lui a parlare, invece che ricorrere ad un patto o ad un rapimento?
«Se Entei ti ha parlato o ha stretto un patto con te, significa che di te si fida. E conosco bene i Pokémon, quando si fidano di una persona sono disposti a molto pur di difenderla. Se io ti maltrattassi o invadessi la tua mente, Entei lo saprebbe. E mettersi contro un Pokémon Leggendario non rientra nei miei interessi
Era stata franca, sincera, proprio come dal principio.
Quella bella addormentata poteva avere tanti difetti, ma sicuramente non quello della menzogna.
E la furbizia, dannazione, era una sua caratteristica predominante – assieme al disinteresse più totale, ovviamente.
Rifletté pochi attimi, poi il suo sguardo si puntò direttamente su Martes, la quale non mancava di ricambiare in cagnesco.
Quei bastardi l’avrebbero pagata, eccome se l’avrebbero pagata.
«Accetto.»
 

Non c’era luce, in quella cella, nemmeno il bagliore più innocente.
Il suo respiro era irregolare, quasi assente, i suoi begl’occhi verde acqua chiusi senza nemmeno la forza di aprirsi.
Era ferita, stanca, spossata: sulle sue vesti v’erano i segni di una lunga tortura ed il camice bianco strappato in più punti.
La porta della cella si aprì con un fastidioso cigolio, un paio di passi pesanti si avvicinarono lentamente alla donna ancora legata a quella maledetta sedia, impossibilitata a difendersi, tantomeno a fuggire. Erano lenti, cauti, senza la benché minima fretta mentre il suo sguardo serio lasciava spazio ad un insano sadismo.
«Povera, povera la mia bella Professoressa Aralia…» Bisbigliò senza nemmeno l’ombra di una qualsivoglia pietà, il suo occhio rosso ben visibile che non si distoglieva da lei nemmeno per un istante.
Ma reagì, a quelle parole, un movimento impercettibile quanto faticoso le consentì ti accennare ad una smorfia, anche se ancora non aveva la forza di muoversi.
Ghecis ne fu quasi compiaciuto, camminò sino ad arrivarle a pochi centimetri, chinandosi lentamente verso di lei. Le fu ad un soffio, la donna poteva sentire il suo respiro gelido sulla pelle, mentre una mano guantata le prendeva il volto, costringendola ad alzarlo e ad allungare il collo poco più in alto.
«Sai che non sarei voluto arrivare a questo, mia cara… ma vedi, al momento quei tre Pokémon Leggendari mi servono con urgenza, non posso far aspettare troppo il Distruttore.» Un gemito dolorante fu tutto ciò che ottenne dalle flebili labbra della professoressa, costretta a muoversi nonostante le ferite, le torture subite, eppure lui sembrava soltanto giocare con un oggetto particolarmente prezioso.
«E tu sai bene di cosa sto parlando, non è vero?» Aprì lentamente gli occhi, quello sguardo solitamente comprensivo e benevolo ridotto ad una fessura di estrema riluttanza.
Lui sorrise: non era cambiata di una virgola, era sempre quella paladina della giustizia con un cervello fin troppo sopraffino.
«Non… avrai… ciò che vuoi… Ghecis…» Bisbigliò a fatica ma lui non parve minimamente colpito da tali parole, anzi, ne parve quasi divertito!
Si lasciò andare ad una piccola risata sadica, senza distogliere lo sguardo da quel volto che gli era mancato per troppo tempo.
«Ti sbagli, mia adorata. Ciò che voglio e che mi serve per raggiungere i miei scopi lo tengo già tra le mani.» E senza darle il tempo di reagire o pensare, azzerò le distanze tra le loro labbra, costringendola ad un bacio appassionato e colmo del più profondo risentimento.
La sua ascesa era cominciata.

 
  
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