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Autore: whitemushroom    14/11/2014    4 recensioni
Le luci si rispecchiano nei canali della città di Toleno, e la voce di una meravigliosa cantante è il presagio di uno spettacolo fantastico che sta per iniziare. Il sipario si solleva, ma le persone che si muovono sul palcoscenico di Gaya non sono meri attori, ma creature che soffrono, amano ed hanno dei piani per il futuro. La granduchessa di Lindblum si troverà ad un punto di non ritorno, e forse tutto quello a cui ha creduto fino a quel momento può svanire quando l'Hilda Garde si alza in volo e ad attenderla c'è uno stormo di draghi d'argento.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hildagarde Fabool / Lady Hilda, Kuja
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Non un Jenoma - e altri racconti.'
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Contrappunto, toccata e fuga -parte 4-
 

So gently, you touched my heart.
I will be forever yours.
Come what may, I won't age a day,
I'll wait for you, always...


 



L’Hilda Garde I è la prima aereonave a muoversi senza la Nebbia, il vanto dell’ingegneria di Lindblum e il più grande orgoglio di Cid. Maggiore di me, poco ma sicuro. Mi accoglie con tutta la maestosità della sua struttura, addormentata come un mostro in attesa di essere risvegliato. La sua lucida chiglia di legno e metallo scintilla alla luce delle lune. È un incrociatore progettato per dei viaggi, non per la battaglia, ed è svelta a reagire a qualsiasi movimento delle vele-luce e all’allargamento ed al restringimento dei tubi radianti. Le sue tre vele –due dirette in basso ed una lungo la poppa- sono larghe e diritte, leggermente accostate ai fianchi per permetterne l’attracco al molo; possono aprirsi come le pinne del leggendario Leviatano, ma adesso tutto riposa in lei. È una dama capricciosa, una a cui piace sentirsi addosso gli occhi degli uomini. Cid e Zebolt, il suo ingegnere capo, l’hanno riempita di attenzioni, crescendola soltanto con il loro sguardo languido e le carezze sensuali sullo scafo. Sono stati tutti incantati dal suo cuore, un motore che ingerisce vapore bollente e lo rilascia come un flusso di baci, non certo quei vecchi congegni basati sulla Nebbia che l’avrebbero resa sgraziata ed antica, forse persino volgarotta. È giovane, e le piace volare. Il suo cuore batte così forte da superare l’atmosfera densa intorno al Continente della Nebbia, quella stessa aria contro cui le altre aereonavi si trovano bloccate perché la potenza sprigionata dalle loro unità motrici è insufficiente a vincere quella massa compressa che si forma a meno di cento miglia dalle coste di tutto il continente. I più superstiziosi –ovviamente- credono che sia stata la magia a creare la barriera della Nebbia, ma non vi è nessun incantamento nelle acque e nell’aria, tanto che una volta ho persino accompagnato mio marito in un volo di ricognizione per aiutarlo a scoprire l’origine di questo misterioso muro impalpabile che sembra bloccare qualunque tentativo di fuggire da questo piccolo, bellicoso continente. All’epoca la mia risposta negativa lo fece sorridere di gioia, come se non aspettasse altro che una prova, un segno che si trattasse di un ostacolo naturale, e dunque qualcosa che la sua mente orologiaia di scienziato potesse superare.
E quando la bellissima Hilda Garde I aveva oltrepassato il manto di Nebbia per la prima volta, con i motori al massimo della potenza, aveva sorriso in un modo che credevo avesse dimenticato, un arcobaleno di gioia, infanzia ed amore che pensavo i progetti di quella nave gli avessero risucchiato per sempre. Il cielo aveva un colore fantastico, riempito del profumo del mare e dei vestiti di Cid.
Adesso invece l’aria è satura.
Se non conoscessi l’aereonave potrei pensare ad una perdita dei motori a Nebbia. La quantità di magia è impressionante, e permea le pareti in legno e ferro battuto agitandosi come se fosse viva. E sicuramente c’è qualcosa di vivo e furioso qui dentro, qualcosa che batte con un ritmo proprio e che non era con noi a bordo nel viaggio d’andata; è un rumore che a tratti sembra un grido. Se non fossi certa che i motori siano spenti potrei giurare di sentirli rimbombare dalle profondità dell’ultima plancia e vibrare come se fossero pronti a salpare. Dei tanti misteri di questa dama, non mi è chiaro come possa essere pilotata da pochissimi uomini –tra cui gente come Erin e Mako; condivide i propri segreti soltanto con il suo amante.
Mi basta pensare a Cid per sentire la magia sollevarsi come una marea nella disperata ricerca di qualcosa su cui abbattersi.
Salgo le scale. Non per qualche motivo preciso, ma perché sento. Attraverso le enormi porte in legno massiccio una dopo l’altra, lanciando sguardi a quei compartimenti vuoti ed alle cabine lasciate a metà. Qualunque cosa sia all’opera è sul punto di esplodere. Sembra un vortice. È come sentire centinaia di fili intrecciati muoversi e tirare, simili ad una bufera di vento in un luogo dove fino a quell’istante non è mai passato nemmeno un sospiro d’aria. Non vuole distruggere, vuole cercare. Scivola lungo le pareti ed i gradini delle scale, tocca le porte, esce ed entra, sposta le mappe, guarda, domanda, trova.
Poi mi tocca.
Quando la respiro inizia a bruciare. Mi colpisce ai polmoni, una zampata infuocata. Non è sangue quello che mi risale in gola, forse lo è, o forse è un dolore privo di forma. Tocca il mio corpo dall’interno verso l’esterno, scivolando lungo la pelle e poi tornando indietro nella sua corsa senza meta. Mi ritrovo a terra, spinta da quella forza, con le mani al petto per fermare quella bestia che ruggisce. L’aria diventa energia.
Qualcuno urla. La voce di un ragazzo.
Qualcosa lo sta lacerando all’interno. Vuole scappare.
Brucia. Grido mentre la mia magia si muove da sola per difendermi dall’intrusione, ma quell’ondata di dolore la travolge mentre fugge da me, esce dalla bocca e dalle narici priva di alcuna forma. Un panico che non mi appartiene mi preme alla base della gola, e quando scompare … il pavimento mi stringe a sé, cercando di rallentare il mio cuore lanciato in una corsa forsennata.
Qualunque cosa sia, quell’energia si allontana; la sento scivolare nei settori inferiori, ma in questo momento non posso che essere grata che se ne sia andata. Le immagini e le voci che mi avevano invasa iniziano a svanire, e quando cerco di afferrarle per capire cosa sia successo diventano impalpabili come l’aria, lasciando posto soltanto al viso di Cid che scaccio scuotendo la testa. Qualcuno mi ha investito con la sua magia, ma non ha nulla del contatto di mio padre o dei pochissimi incantatori che io abbia mai incontrato; c’era qualcosa di selvaggio in quel potere, qualcosa di furioso e triste allo stesso tempo. Per un attimo mi sfiora l’idea che non si tratti di un essere umano. “Cosa diamine sei …?”
Adesso tornare indietro sembra molto più allettante. Nei bagni del teatro ho avuto per un attimo una porzione di quel potere soltanto per me, e stavo per dar forma ad un incantesimo che non mi apparteneva. Ho bevuto un sorso di quella forza, ma ancora non riesco ad immaginare cosa possa esserne la matrice. Le storie di draghi, lich ed eidolon adesso mi si parano davanti agli occhi come le illustrazioni sulle pagine di un libro sfogliato troppo rapidamente, anche se dal ponte superiore non giunge nemmeno un suono; e non sono sicura se questo sia un bene o un male. La magia mi ha risparmiata, ma potrebbe tornare indietro se disturbassi colui che la genera: un pensiero che solleva le mie gambe e mi rimette in piedi indirizzando la punta dei sandali verso le scale che portano al livello inferiore e poi all’uscita. In fondo potrei davvero avvisare le guardie e tornare con qualcuno che sappia maneggiare una spada meglio di me.
Sempre che una spada possa fare la differenza. O due, o tre, o dieci.
Ammesso che credano alle parole di una strega pazza che ha appena trasformato il proprio marito in un vecchio e grasso scaraburi e non la rinchiudano da qualche parte in attesa di rimandarla a Lindblum. In caso riuscissi ad evitare un processo –suppongo si parli persino di lesa maestà, per quanto non ci sia nessuna lesione e certamente nessuna maestà- immagino verrei controllata a vista dalle guardie in attesa che prepari un antidoto che faccia tornare il porco come prima. La naturale conseguenza delle mie azioni.
Un qualunque mostro sarebbe preferibile. Almeno mi incenerirebbe senza alcuna ipocrisia.
Devo essere un’idiota, una vera idiota se invece di uscire volto le spalle ai livelli inferiori e salgo, diretta fino al ponte di comando. Cerco davvero di mascherare il tutto con un po’ di sana curiosità, ma sono abbastanza lucida da sapere che è soltanto l’ennesima stupidaggine di cui probabilmente ne pagherò le conseguenze nel modo più doloroso possibile. Eppure il suono dei gradini riesce a darmi forza, molta più delle voci che adesso si sentono in modo distinto dal teatro, dagli allarmi e dai carri delle guardie che attraversano i giardini per capire come sia possibile che la grande cantante della città stia in un bagno a pancia all’aria agitando quattro zampette scarne. Quei rumori diventano una straordinaria cacofonia quando raggiungo il ponte e respiro di nuovo l’aria fresca.
La plancia di comando dell’Hilda Garde I è poco più in alto dei tetti delle case, e la scala da cui sono salita emerge proprio accanto al parapetto, costringendomi a guardare oltre prima ancora di studiare chi o cosa ci sia sul ponte. La notte non riesce ad inghiottire Toleno, e non per colpa delle stelle. Il teatro ducale è illuminato per tutta la sua grandezza, non me ne ero accorta quando sono fuggita: sulle pareti bianche non si distinguono bene le migliaia di lanterne, e l’intero edificio risplende come un faro cancellando tutto ciò che vi sta intorno; persino il suo riflesso sull’acqua arriva fino a me, così come il trambusto. La mia vista non è delle migliori –troppi anni sui testi di botanica, poco ma sicuro- ma anche da questa distanza riesco a vedere la folla multicolore uscire dal teatro in una maniera così poco composta che per un istante vorrei essere lì e vedere il nobilissimo becco di Lady Stella inarcarsi per lo sdegno mentre tutti le calpestano lo strascico mentre scappano, terrorizzati all’idea che la Strega sia ancora lì dentro per trasformarli tutti in scaraburi. E se avessi avuto un otre di romice invece di una stupida fiala non nego che l’idea mi sarebbe piaciuta.
“Uno spettacolo complicato, anche se per una volta il finale non è scritto sul libretto”
Maledizione a me!
Mi sono fatta rapire dalle luci del teatro come un’idiota … Solo la testa ruota verso l’origine della voce, ma gli occhi la seguono più lentamente. L’origine di questa tempesta magica non è un drago –l’unica cosa positiva della serata. E nemmeno un lich, le parole sono scandite con un timbro alto e dolce che non viene dal regno dei morti.
La figura si trova in piedi vicino al timone. Le sue mani non sono appoggiate, ma ne sfiorano con delicatezza la superficie mentre le venature del legno si tingono di un rosso acceso. Non è un ragazzo, ma nemmeno un uomo: la pelle chiara e luminosa è priva di qualsiasi ruga, ma a tratti sembra artificiale, coperta da uno strato di trucco come usano gli uomini di Toleno. Gli occhi sono rivolti nella mia direzione, ma non sembrano contrari alla mia intrusione. Sembrano piuttosto curiosi, con le iridi limpide e di un azzurro chiarissimo che ha qualcosa di inquietante, forse perché i capelli sono dello stesso colore; si muoverebbero al vento se il tricorno nero non li tenesse al posto.
Ho già visto questa persona. Immobile sul palco davanti al mio, incantato dall’aria di mezzo carattere. E anche prima, quando ...
“La granduchessa dal piede pesante! Rovinare così la carriera della fantastica Rosette … soltanto la terribile Strega di Lindblum poteva compiere un atto tanto meschino e crudele. Il mondo oggi ha subito una perdita irrecuperabile!” mormora, e si porta una mano davanti alla bocca come per nascondere una risatina. Peccato che IO non ci trovi proprio nulla di divertente.
“Mi sono limitata a dare una lezione a qualcuno che se la meritava …”
Le sue dita seguono dei movimenti armonici, come se stesse pizzicando le corde di uno strumento. La magia si muove tutta intorno al suo corpo, invisibile ma allo stesso tempo così evidente e forte; si muove come un vortice ordinato che lentamente si dipana fino ad impregnare il ponte, le paratie ed i vetri. La sento di nuovo dentro l’Hilda Garde I, ma stavolta più precisa. La sento che punta al cuore. La sento che mi scivola sulla pelle: non aggressiva come prima, né disperata. Sembra che stia sfiorando del cristallo, e quando il tenue potere che è in me la incontra si trasforma in un tocco fresco, quasi come la prima pioggia della primavera. Se nel frattempo non stesse sprigionando un potere devastante potrei trovare quest’esperienza persino piacevole. “La magia dona una sensibilità straordinaria, non è vero? Persino con quel minuscolo potenziale sei riuscita a …”
“Cosa stai facendo a questa nave?”
C’è qualcosa di ipnotico nel suo potere. Scaccio quel tocco, anche se il mio interlocutore non ne sembra offeso. Continua il suo incantesimo con un sorriso perso nella città. “La sto alzando in volo in assenza di un equipaggio adatto. I vostri marchingegni sono davvero complicati, ho provato a leggerne i manuali e mi è venuto un gran mal di testa! Ho chiesto ad un’amica di aiutarmi a spostarla e mi ha risposto di non essere un mulo, quindi ho dovuto improvvisare.”
“L’Hilda Garde appartiene al governo di Lindblum”.
“Il governo di Lindblum è libero di provare a riprendersela”.
Non ha terminato la frase che sotto di noi i motori si accendono. Il ponte vibra e qualcuno urla dalle parti del molo. Il cuore della nave beve il potere che quest’uomo le ha infuso e risponde con un rumore forte e deciso, di quelli che farebbero impazzire Cid. La potenza del vapore gioisce all’incontro di questa magia senza limiti che viene incatenata al timone con un unico, elegante gesto. “Se il tuo amato governo non ha la forza di combattere per ciò che è suo, allora questa nave in fondo non gli è mai appartenuta”.
“Non si può ottenere ciò che si vuole con la forza”.
Mi sorride come se fossi una bambina piccola. È irritante almeno quanto è pericoloso. Per un istante un velo scuro, quasi di tristezza gli attraversa lo sguardo, ma lo nasconde con un rapido movimento del capo, quasi come un attore a cui stia per scivolare una maschera: istintivamente faccio un passo indietro. “Mi aspettavo una battuta migliore dalla persona che ha animato questa notte! Nemmeno Marcus userebbe una frase così ipocrita e banale”.
“Non ci troviamo in una commedia”.
“Chi può dirlo? Come disse Lord Avon

Il mondo danza, e danzo anch’io.
Ch’io non vegga tende e seggi è poca cosa,
applausi non odo ma ciò basta.
La mia parte è questa, ben so che non è vasta.
ma negli occhi altrui solo questa è la mia posa.
Il mondo danza, e danzo anch’io”


Apprezzerei molto di più la citazione a Sarò il tuo passerotto se il motore della nave non avesse troncato l’ultimo verso ricordandomi dove mi trovo e cosa succederà tra pochi istanti. Questa nave ha una partenza molto più rapida rispetto alle anticaglie a Nebbia ed impiega davvero pochissimo tempo per staccarsi dal suolo. Mandare al diavolo questo tizio ridicolo e correre verso l’uscita sono le uniche soluzioni che mi vengono in mente man mano che il rombare dei motori si stabilizza e lascia il posto al ritmo lento e regolare dei compressori. In ogni caso provare a fermarlo armata di una borsetta, qualche fiala ed una sfera di cristallo non servirebbe a nulla. Quello mi guarda forse aspettando un applauso, poi scrolla le spalle come se la cosa non lo riguardasse più di tanto. “Puoi tornare indietro, non ho alcun motivo di trattenerti. Dopotutto a terra hai ancora un simpatico palcoscenico da riempire, dico bene? Mancano solo pochi atti alla fine …”
Si avvicina al parapetto e ci si siede sopra. Si leva il cappello, lasciando che finalmente i capelli seguano il vento e si confondano con la luna azzurra. Dal tricorno stacca una piuma lunghissima che noto soltanto adesso, e se la appunta con noncuranza sulla testa dove resta immobile, senza piegarsi all’aria che si muove. “… o puoi chiudere il libretto ed iniziare una storia diversa. Avrei un piccolo progetto da portare avanti, ed una persona con le tue conoscenze potrebbe essermi persino utile. Dipende solo da quanto hai paura di voltare pagina”.
Non me la sento di parlare di paura. Non ho certo intenzione di fare quello che dice questa strana persona, ma quello che provo non è paura. Non è il freddo che ti corre lungo la spina dorsale, non è il battito forte del cuore che ti blocca il respiro ed il cervello. La paura genera dolore, questa situazione invece no. È pensare a Cid che mi fa male: non ha mantenuto nessuna delle sue promesse, le continue bugie sono lì, ovunque io giri gli occhi, e si divertono a sussurrare anche in un momento come questo. Dovrei pensare a me, eppure la mia mente è da lui. Lo odio.
Non lo ho incenerito perché lo amo. Questo fa persino più male.
Lindblum è lontana, oltre la notte. Sicuramente domani all’alba arriverà la grande notizia. Già le sento, le voci. La gente inizierà a dire quello che prima aveva soltanto pensato nel timore di essere trasformato in un insetto: tutti daranno delle pacche di conforto al granduca sulla schiena, centinaia gli diranno che ha commesso un grave errore nello sposare una donna come me, qualcuno gli potrebbe persino chiedere se sente la mia mancanza. Di certo nessuno gli dirà che se l’è andata a cercare. Sarebbe bello tornare lì soltanto per vedere i suoi abilissimi chimici destreggiarsi per trovare un antidoto che non c’è, se non sono io a volerlo.
Dovrà cercarmi.
Se vorrà farlo.
O forse è solo la magia di questo posto che fa nascere strani pensieri.
“Il tempo è scaduto. Chi tace acconsente”.
La nave si alza. La vela-luce di tribordo, posta proprio sotto lo scafo, si apre come un’ala blu mentre l’Hilda Garde I prende quota e per poco non decapita una statua mentre si estende per catturare l’aria. La sua punta triangolare mi saluta e copre tutto quello che è sotto di noi mentre delle venature celesti la attraversano per l’intera lunghezza portando il vortice di incantesimi ad una forma stabile. Sobbalziamo per una scossa, poi per una seconda, e immagino che qualche aereonave adesso si troverà con un paio di alberi in meno; la persona davanti a me non se ne è accorta affatto, in piedi come un equilibrista nonostante i tacchi ridicoli che non indosserei nemmeno sotto tortura. Il motore adesso è una fornace in piena attività, ubriaco di questo potere. Il rumore si è attenuato dopo qualche istante dal decollo, il muoversi degli ingranaggi adesso è diventato un ronzio leggero, lo stesso che mi ha accompagnata in questo posto e che adesso sta sorvolando il teatro, la città e Cid. Non sono sicura che quello che mi attraversa il cuore alla vista di Toleno che si allontana sia timore, curiosità, piacere o tristezza. È tutto così strano che per un istante non sono certa che sia reale, ma le migliaia di luci sotto di me lentamente perdono forma, si riuniscono in un unico alone bianco che svanisce quando l’Hilda Garde I vira verso nord e le montagne coprono la città della gioia e della musica inghiottendoci nella notte. Se adesso volessi tornare indietro non potrei più farlo.
Ma la brezza è bellissima, di un freddo pungente che ha qualcosa di fantastico, di libero. L’unica cosa che mi ricorda che non mi trovo in uno dei miei libri di fiabe di mio nonno è il mio anello, il solo oggetto che invece di cedere al vento stringe ancora di più il dito. La persona che me lo ha regalato dovrà aspettare.
L’uomo dai capelli chiari osserva il timone, poi annuisce tra sé e richiama i propri incantesimi; la nave continua a muoversi, ormai ricca di tutte le forze che le servono per questo viaggio. Un viaggio di cui –me ne rendo conto soltanto adesso- non conosco la destinazione. “Direi che l’energia è sufficiente. Ci vorranno circa sei ore, se non ho sbagliato i calcoli”.
Sei ore? A questa velocità dove pensa di …
“Buon viaggio, granduchessa”.
Si avvicina al parapetto e, prima che possa fargli un’altra domanda sale con un salto sulla barra metallica atterrando senza emettere nemmeno un suono. Guarda di nuovo il ponte di comando, il timone e persino me; prima che possa anche solo realizzare cosa diamine stia facendo stacca un piede dal parapetto, poi l’altro e si lascia cadere nel vuoto. Senza nemmeno riflettere corro in quella direzione, ma qualcosa di grosso impatta contro lo scafo della nave e non rovino a terra per l’ennesima volta soltanto grazie alla plancia di controllo dei sistemi di aereazione che mi sostiene con la sua forma squadrata. Un suono mostruoso simile al ruggito di una bestia feroce, poi un altro ancora e l’aereonave viene spintonata. La chiglia regge l’impatto, il volo si riassesta, ma qualcosa di enorme passa accanto al ponte di comando colpendo la fiancata, poi sale verso l’alto fino ad oscurare la luna rossa con una coda che sembra fatta d’argento. Poi una seconda ed una terza.
Adesso non sono affatto sicura di non essere in un libro di fiabe.
Quelli sono draghi, e le loro piume variopinte scintillano mentre passano accanto alla figura dell’Hilda Garde I rispondendo al potere che la sta guidando. Sarà una mia impressione, ma il pulsare del motore segue il ritmo di quelle ali. Per un istante intravedo l’uomo dall’abito luminoso in piedi sulla groppa di uno di quei mostri, ma svanisce prima che possa urlargli qualunque cosa sensata. Il loro volo è più rapido di quello della nave, ed in breve si disperdono nel cielo lasciandomi sola, senza nulla da dire, qualcuno con cui parlare, un fiume di domande dentro di me e soprattutto il nero della notte sotto i miei piedi, pronto ad inghiottire qualunque proposito di tornare indietro.

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N.d.W

Oddio, questa storia è stata davvero un parto! Mi dispiace più per quelli che l'hanno letta che non per me, poco ma sicuro. In realtà è stata faticosa perché ho cambiato idea mille volte durante la stesura, finendo per dar vita ad una storia che prende un'altra piega rispetto a quella che avevo pensato all'inizio. La colpa non è mia, è di quelle maledette cose chiamate "logicità di trama" e "coerenza dei personaggi".
Innanzitutto tutto il "rapimento" di Hilda doveva avvenire con il punto di Kuja. Vi ho rinunciato per il semplice fatto che, bilancio alla mano, avrei avuto pochi altri momenti per approfondire lei ed il suo background, quindi ho iniziato a scrivere senza pensare al casino che comporta cambiare punto di vista. Il punto è che all'inizio pensavo di far sì che Hilda incontrasse Kuja al teatro per far ingelosire Cid, magari subito dopo averlo trasformato in uno scaraburi. Non perché le interessasse in modo particolare, ma giusto per servire a Cid una ripicca. Soltanto che ... boh, non funzionava. Non con come interpreto io Hilda. Dal gioco di lei non si sa nulla a parte una maledettissima cosa: è innamorata di Cid. Perché nessuna donna sana di mente tornerebbe dall'uomo che l'ha tradita ripetutamente se non lo amasse tantissimo, per di più adottando una bambina e ricominciando tutto dall'inizio.
Quindi l'idea di uno pseudotradimento era tutta da rifare e nel secondo capitolo ho dovuto rigirarmi la frittata per tirare fuori qualcosa di decente. Non è venuta proprio come speravo, ma meglio di niente.
Ringrazio tutte le persone che hanno avuto la forza di arrivare fino alla fine!
  
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