La
piazza era gremita già da ben prima che arrivassero le
personalità
che sarebbero salite sul palco.
Claudia e gli altri avevano
mangiato in un self-service del centro cercando di tenersi leggeri e
discutendo del comizio.
Faceva caldo, era il primo pomeriggio di
un giorno di Maggio, e la donna, mentre arrivava, osservava un poco
dispiaciuta la folla ammassata, perché, per quanto le
facesse
piacere vedere come le idee del partito fossero ancora vive tra la
gente, vedere quelle persone sotto il sole cocente le dava da
pensare, in qualche modo scuoteva la parte più umana del suo
essere.
Dietro il palco, dove si preparava per l'inizio del
pomeriggio, si accorse anche stando all'ombra di quanto facesse
caldo, e per un attimo credette che sarebbe svenuta nel bel mezzo del
suo intervento, facendo una figuraccia che sarebbe di certo stata
più
memorabile di ogni sua azione politica passata e futura.
Fortunatamente non accadde nulla di simile, riuscì a parlare
per
i suoi pochi minuti senza mai perdere il filo del discorso e ala fine
si complimentò con se stessa per come si era preparata.
Fu un
lungo pomeriggio di parole e applausi, tanto che il calore emotivo
dei presenti parve di gran lunga maggiore rispetto a quello
atmosferico.
Il tutto terminò tardi, poco prima che il cielo di
Torino iniziasse a riempirsi dei colori del tramonto.
Man mano
che la platea si allontanava dalla piazza i politici presenti
abbandonavano in fretta il palco per ritornare da dove erano arrivati
senza problemi di alcun genere.
Prima
però si scambiarono qualche rapido commento sul comizio,
tutti
abbastanza contenti di come era andato e dell'ampiezza del pubblico,
tra il quale si erano visti moltissimi giovani e qualche bambino
portato dai genitori.
Probabilmente non sarebbero stati nella
maggioranza, ma di certo il consenso popolare su cui potevano contare
non era ancora così basso.
Claudia e alcuni colleghi non
tornarono immediatamente a casa o in albergo, ma, come avevano
già
deciso in precedenza, si avviarono verso Piazza Vittorio, la stessa
dove erano stati la sera prima, per concludere quei due giorni con un
aperitivo e salutarsi.
A differenza della prima volta che vi
erano stati, però, era pomeriggio e non c'era molta
confusione,
fatta eccezione per un gruppo di studenti seduti in terra nella parte
perdonale della piazza, fermi a scherzare o prendere l'ultimo sole
della giornata.
Era ormai il tramonto, e diverse sfumature di
arancio e rosa arrivavano dal fondo
della
lunga Via Po, che da dove erano loro si vedeva finire – o
iniziare
– in Piazza Castello.
Si accomodarono nei tavolini esterni del
locale, una sorta di quello che, scoprì allora Claudia, i
Torinesi
chiamavano dehor, appena fuori dal porticato che circondava la piazza
squadrata su tre lati.
La situazione tra i presenti aveva perso
ogni tipo di formalità, e la mezza dozzina di presenti, tra
uomini e
donne, non faceva altro che chiacchierare e ridere.
- In ogni caso
mi auguro un gran numero di donne in questa legislatura.- Aveva
commentato Eleonora Carlisi, una donna ben più grande di
Claudia
candidata per la seconda, o addirittura terza, volta al Senato.
-
Anche se fossero tutte di estrema destra?- L'aveva presa in giro un
altro collega, Cristiano Simeoni.
- Hai capito perfettamente cosa
intendo, Simeoni, non fare il simpatico.- L'ultima affermazione della
Carlisi aveva scatenato l'ilarità generale e portato, come
spesso
accade in occasioni simili, a un brindisi, forse di buon auspicio per
le elezioni ormai prossime.
Rimasero al bar ancora diverso tempo,
poi Claudia si scusò e salutò tutti; per lei era
ormai ora di
ritornare verso l'albergo e prepararsi per ripartire il giorno
successivo.
Le ci vollero quasi dieci minuti per allontanarsi dal
tavolino dove ancora sedevano i suoi colleghi, tra baci, abbracci e
promesse di sentirsi prima, dopo e durante le elezioni
indipendentemente dal loro risultato, e andando via, senza farsi
vedere da nessuno, pagò per tutti come ultimo segno di
saluto.
Poi
imboccò a piedi proprio Via Po ancora illuminata dai colori
della
fine del giorno che tanto amava.
Poco prima di arrivare
nell'altra piazza, quasi al fondo della lunga via, si fermò
in un
negozio di souvenirs e comprò una calamita e una piccola
riproduzione della Mole Antonelliana che le fece venir voglia di
tornare presto nella città per visitare il museo del cinema.
Su
una bancarella, infine, trovò un libro per bambini su Torino
da
portare al figlio.
Fece tappa in un supermercato a poche decine
di metri dall'albergo per prendere qualcosa con cui cenare,
considerandosi troppo stanca anche per scendere al ristorante
dell'albergo.
Arrivata per l'ultima volta nella stanza sistemò
le sue cose nella valigetta con cui era partita e si fece un'ennesima
doccia calda.
Già in pigiama e con i capelli ancora bagnati
chiamò a casa e fu contenta quando sentì subito
dall'altra parte
Guido che le disse. - Mamma ho risposto io perché sapevo che
eri
tu!-
Sentire la voce del suo bambino la faceva stare bene,
l'essere madre le dava la fortuna di avere sempre un motivo per
sorridere, anche nei momenti più complessi della sua vita.
Salutò
il bambino e il marito e poi, stranamente affamata, cenò con
quello
che aveva acquistato.
Non si trattava di una cena definibile sana,
lo sapeva, ma aveva scelto di lasciarsi un po' andare, quella sera,
senza stare attenta ai dettagli della dieta o di ciò che
qualcuno si
sarebbe potuto aspettare da lei.
Le
piaceva, ogni tanto, dismettere totalmente i panni della seria e
formale donna in politica per fare ciò che le piaceva
sentendosi una
ragazzina, lontana dalla vita pubblica.
Spazzò le briciole e
tutto quello che aveva utilizzato per mangiare e, come se fosse un
automatismo, accese di nuovo sul telegiornale.
Quello che accadde
nei momenti successivi fu troppo confusionario perché
riuscisse a
ricordarlo davvero per bene.
Il conduttore stava lanciando il
servizio che lei quella mattina aveva sentito appena mentre usciva
dalla camera, quello su un suicidio avvenuto a Roma, dove un uomo si
era tolto la vita gettandosi da un palazzo in costruzione.
Solo
che quella sera ebbe modo di sentire la notizia in maniera completa,
udendo il nome del suicida e potendone vedere la fotografia.
Il
resto fu solo un urlo e un pianto, una disperazione che mai Claudia
aveva pensato di poter provare.
L'uomo che si era ucciso, la
persona che aveva deciso di porre fine alla sua vita, era Oscar.
Note
Eccomi,
dopo oltre un mese sono finalmente riuscita ad aggiornare.
Sto
scrivendo davvero moltissimo, a mano, ma purtroppo per cause di forza
maggiore (scuola e salute) non riesco a copiare al computer con
regolarità e quindi ad aggiornare.
Inoltre mi scuso per il
capitolo piccolino, d'ora in poi si alterneranno, senza un vero e
proprio schema, capitoli molto lunghi e molto brevi, a seconda di
quanta suspance voglia lasciare in voi lettori :D E ancora per un poco narrerò quasi giorno per giorno la vita di Claudia, motivo per cui mi scuso se appariranno noiosi o ripetitivi i prossimi capitoli, ma voglio lasciare ancora sprazzi di felicità raccontati nei dettagli prima che... *ghigno malefico*
Me l'hanno detto
in molti e sì, ammetto che Claudia abbia avuto una vita
“super”
e impossibile, fuori dal normale, disumana (mi sono concessa un po'
di inventiva e irrealismo), ma l'umanità e il realismo
arriveranno e
lo faranno, purtroppo, insieme al dramma.
Questo capitoletto, lo
si legge alla fine, dà una scossa alla protagonista, e
questa scossa
andrà a farle ricalcolare tutto ciò che ha
pensato fino ad adesso.
Ma tempo al tempo...
Io ringrazio davvero tutti; lettori
silenziosi, lettori recensitori, gente che ha messo la storia tra le
seguite, preferite e ricordate.
Scusate davvero, ma sono molto
distante dal pc in queste settimane!
Un abbraccio e a presto!