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Autore: Serpentina    18/11/2014    7 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Bentornate all’appuntamento settimanale con BB (senza cream)! Se amate i ritorni dal passato, i bimbetti petulanti e i fratelli Weil, non resterete deluse. ;-)
Vi lascio alla lettura, prima, però, una galassia di grazie ad abracadabra, Bijouttina, Calliope Austen, DarkViolet92 ed elev, che hanno recensito, e a pepapig e rups96, che seguono la storia. :-*

 
Appetite for distraction

L’uomo non si consola dal dolore, se ne distrae.
Stendhal

Forse perché non svolgeva un tranquillo lavoro d’ufficio, Alexander apprezzava particolarmente la routine domestica, comprese le marachelle dei suoi vivacissimi figli. In realtà il vero scalmanato, il “Bart Simpson londinese” era Hans, il maggiore; Ernst, il minore, perlopiù subiva gli scherzi che Wilhelm, il fratello di mezzo - ben lieto di essere passato al ruolo di carnefice dopo anni di angherie - architettava con la complicità del diabolico Hans.
Sulla quiete familiare, però, si abbatté una furia che avrebbe rovinato il quadretto quasi idilliaco.
–Mamma, cosa…?
–Lui dov’è?
–Lui chi?- chiese Alexander, sconcertato: sua madre era una vera piantagrane!  
–Quello scellerato di tuo fratello, ecco chi!- sbraitò la donna, furente a tal punto che Wilhelm chiese ad Hans –Dici che sputerà fuoco come un drago?
–I draghi non esistono, stupido. La nonna diventerà verde e spaccherà tutto, come Hulk!
–Nessuno diventerà verde e sputerà fuoco, Wilhelm. Hans, non spaventare tuo fratello- lo redarguì Alexander. –Franz non è qui, mamma. Conosci il suo indirizzo.
–Non è più lì- spiegò Gertrud. –Mi sono presentata a casa sua per giorni, invano. Dopo parecchi tentativi infruttuosi ho capito che si è trasferito. Se sai dove si nasconde, sei pregato di riferirmelo.
–Prova a chiedere a Faith- suggerì Alexander con un’ingenuità che rasentava l’ottusità (diciamo pure che vi sconfinava apertamente).
–Lui e Faith si sono lasciati!- gli rammentò Serle, assestandogli una dolorosa gomitata alle costole.
–Ah, già, è vero! Che stupido!
–Stupido? Stupido non rende l’enormità della caz… sciocchezza che ha fatto!
–Lo “stupido” era riferito a me, ma’- tentò di placarla Alexander, come (quasi) sempre dalla parte del fratello. –Per tua informazione, non sei l’unica a dispiacersi perché è stato talmente cieco da lasciare quella che probabilmente è la donna della sua vita, ma l’amore, si sa, è eterno finché dura… si vede che il loro non era destinato a durare.
–Secondo me, invece, tua madre ha ragione- asserì Serle. –A te che sei uomo forse certi dettagli possono sfuggire, ma una donna intuisce quando due persone si amano, e quei due si amano. Se non riusciamo a farli tornare insieme, potremmo almeno capire perché è finita.
–Non ho bisogno di capirlo, già lo so- replicò Gertrud, una maschera d’ira. –E’ per questo che sono inca… volata nera.
–E’ così grave?- chiese Alexander, poi, dopo che sua madre gli ebbe sussurrato all’orecchio un breve resoconto dei fatti, divenne livido, e sibilò –Kinder, filate in camera vostra.
–No, voglio vedere la nonna che spacca!- gnaularono in coro i bambini.
Schnell!- abbaiò loro padre, ottenendo l’effetto sperato: non avendolo mai visto tanto serio, avevano capito che era meglio obbedire.
In quell’istante squillò il telefono. Rispose Serle, e gli altri due compresero che si trattava di Franz dalla sua espressione, tra l’imbarazzato e l’allibito.
–I bambini? Oh, ehm, non offenderti, però Ernst è troppo piccolo, e Wilhelm e Hans sono già andati con gli amici di scuola. Sarà per un’altra…
–E’ quell’essere indegno? Passamelo!- sbraitò Gertrud, seccata, prima di strappare la cornetta di mano alla nuora.

 
***

Faith, colpa anche del ventre in continua crescita, si muoveva a fatica in mezzo alla fiumana di persone. L’apertura dei mercatini natalizi aveva su di lei lo stesso effetto di un negozio di dolciumi su un bambino: semplicemente non riusciva a resistere, sfidava la propria avversione per la folla e si districava tra la gente accalcata contro le bancarelle, dove trovava immancabilmente qualche ninnolo perfetto da regalare oppure da usare per addobbare la casa a festa. Gli anni precedenti aveva condiviso questa gioia con Franz, quella volta le era toccato sbrigarsela da sola.
“Devo smetterla di pensare a lui! Mi ha mollata, cazzarola! Devo farmene una ragione e godermi gli ultimi mesi di libertà prima dell’arrivo del pupo… o pupa. Continuo a sperare che sia femmina, fanculo Gertrud e il suo ‘I primogeniti Weil sono maschi da almeno dieci generazioni’! Visto come mi ha tratta quel bastardo questo sarà un Irving, la regola non vale.”
Si era distratta a rimirare compiaciuta il suo ultimo acquisto, la palla di Natale dei Simpson, quando un avventore frettoloso andò a sbatterle contro.
–Un po’ di attenzione, per favore!
–Pure lei, però… Faith! Che sorpresa!
Colpita dalla voce, che le suonò familiare, alzò lo sguardo, e le fu sufficiente un’occhiata per riconoscerlo.
–Marcus! Il mondo è davvero piccolo!
–Il mondo non saprei, Londra sicuramente- rispose lui, limitandosi a un sorriso: era incerto se abbracciarla o meno, non voleva intimidirla. –Anche tu in cerca di regali?
–Non mi piace ridurmi all’ultimo minuto, specialmente perché sotto Natale alzano i prezzi- replicò con una strizzata d’occhio. –Inoltre ritengo che i regali vadano ponderati, devono riflettere in uguale misura il gusto del donatore e del ricevente, non si può decidere in due minuti.
–Concordo- convenne Marcus. –Ora spiegami cosa ci fa una donna come te tutta sola.
–Prenderò il “come te” per un complimento. Dici che ho bisogno della guardia del corpo?
–Dico solo che, se fossi il tuo fidanzato - e se quel Weil non si fosse messo in mezzo lo sarei -, non ti perderei di vista un attimo… non si sa mai.
–Bella dimostrazione di fiducia!
–Oh, avrei la massima fiducia nella mia donna- asserì Marcus. –E’ degli altri che non mi fiderei.
–Credici, se ti rende felice… comunque se non funzionò non fu colpa di Franz, bensì tua: continuasti a uscire a cena con le tue pazienti siliconate e botoxate!- sbuffò Faith, infastidita dal fatto che, in ogni discorso, prima o poi saltava fuori Franz. Possibile che non volesse farsi dimenticare?
–Sei troppo rigida: erano innocue cene che giovavano agli affari, senza dopo-cena. Quello lo avrei riservato a te- obiettò Marcus, sistemandole dietro l’orecchio una ciocca che ondeggiava al vento.
Faith, segretamente felice per quel gesto così… intimo, arrossì e pigolò, giuliva –Mi perdonerai se ho i miei dubbi. Adesso come te la passi?
–Non è il mio periodo d’oro, ma non mi lamento- sospirò lui, lasciando trasparire una profonda stanchezza, sia fisica che morale. –Tu?
–Stessa cosa- ridacchiò la Irving, sbuffando una risatina immaginando la faccia di Marcus se gli avesse detto che era in dolce attesa.
–Ti, uhm, andrebbe una birra?
–Ecco, io… non posso… preferirei una cioccolata. Va bene lo stesso?
–Perché no? Posso sempre farmela correggere!- esclamò lui con entusiasmo. –Sento che c’è qualcosa di diverso in te, sai? Devo assolutamente scoprire cosa.
Faith rispose con un sorriso sibillino e il frivolo –Beh, ho lasciato crescere i capelli e preso l’abitudine di arricciarli… con scarso successo: secondo Abby e mia madre sembro la sorella cicciona di Frodo Baggins!
–Concordo sulla somiglianza a Frodo, sul cicciona… decisamente no. Ma potrei farmi fuorviare dal cappotto. Andiamo?
Faith annuì, gli permise di prenderla sotto braccio e si incamminò al suo fianco lungo la Queen’s Walk, dove si teneva il Southbank Centre Christmas Market.
Voleva una distrazione da Franz? L’aveva trovata. Dopotutto, le minestre riscaldate, in assenza di alternative più appetibili, offrono un tiepido senso di nostalgica sicurezza, l’ideale per un cuore infranto.

 
***

Franz stava sbuffando, strofinandosi le palpebre con le nocche. Mentre si riposava, tra gli sbadigli, pensò a quanto era stato furbo ad omettere la ragione della rottura con Faith: se sua madre era incacchiata perché si erano lasciati, figurarsi se avesse scoperto che l’aveva abbandonata nonostante aspettasse un bambino!
All’improvviso, una squillante vocetta infantile lo riportò alla realtà.
–Ehi, ce l’hai più piccolo del mio papà!
–Anche del mio!- trillò il bambino che le trotterellava dietro.
“Allora è vero che oggigiorno i marmocchietti non rimangono tali a lungo!”, pensò, avvampando.
–Non è vero!- latrò in difesa del suo orgoglio virile. “Che fine ha fatto la beata ingenuità?”
–Invece sì!- aggiunse la bambina, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi. –Il mio papà e lo zio Brian hanno il Samsung ultimissimo modello, il tuo telefonino vicino a quel bestione è veramente, beh, “ino”.
–Un po’ di rispetto per il mio smartphone- replicò Franz, carezzandolo. –Mi serve fedelmente da anni, e poi…
–Sì?
“E’ un regalo di Faith”.
–E poi niente! Smammate, mostriciattoli!- sbottò, con l’unico risultato di farli scoppiare a ridere. –Vi ho ordinato di evaporare! Sciò! Insomma, non avete di meglio da fare? Che so… conquistare il mondo, come i due topini mentecatti di quel cartone animato che tanto vi piace?
–Uhm… forse dopo- rispose la bambina, sfrontata ogni oltre limite già a sei anni. –Adesso mi voglio divertire, e tu sei perfetto: vai su tutte le furie per niente! Ah, prima che ci provi: ho già finito i compiti.
–Vogliamo che ci porti a pattinare!- trillò il maschietto con occhi sfavillanti di gioia.
–Pattinare? E dove?
–Dico, ma tu non ci esci mai in giro per Londra?- lo rimbeccò la piccoletta, ostentando un’irritante aria di superiorità. –A Somerset House Ice Rink, ovvio!
–Ah, sì, giusto, d’inverno montano una pista da pattinaggio davanti al palazzo- rammentò Franz, maledicendo l’argento vivo dei marmocchietti. –Vi è andata male, però: non mi piace pattinare. Fatevici portare dai vostri genitori, io non ho intenzione di schiodarmi dal divano.
–Perché no? Saremo buoni, buonissimi! E dai! Ti prego!- piagnucolarono in coro i pargoli, esibendo la loro espressione supplice più convincente. –I nostri papà sono al lavoro e tu no, è normale che lo chiediamo a te di accompagnarci.
–Mi state dando del nullafacente?- sbottò Franz. –Per vostra informazione ho un lavoro, se sono qui e non in ospedale è semplicemente perché ho il turno stanotte, motivo in più per riposare e non stressarmi appresso a voi.
–Il mio papà ti tiene qui perché Faith ti ha buttato fuori di casa, veramente- osservò il pargolo, le labbra distorte in un ghigno furbo che contrastava magnificamente col generale aspetto angelico. –Ho sentito a lui e a zio che parlavano.
–Ho sentito papà e zio, senza “a”- lo corresse Franz. –Comunque i bravi bambini non origliano le conversazioni altrui. Per punizione… niente pattinaggio!
–E va bene, ci arrendiamo. Noi non vogliamo che ti stanchi e poi lavori uno schifo- intervenne l’altra, sfarfallando le ciglia come aveva visto fare alla “zia” Bridget quando bramava qualcosa. –Sai, ho capito perché non vuoi portarci a pattinare: non sei capace.
Punto sul vivo, Franz ululò –Ne sono capacissimo, invece! Non sai con chi hai a che fare: potrei eseguire un triplo Axel da campione, se soltanto lo volessi- poi, davanti alle occhiate fintamente incredule dei piccoli commedianti, sospirò, rassegnato –Avete vinto: imbacuccatevi per bene, si va a Somerset House!
–Evviva!- gridarono i due in coro, quindi il maschietto aggiunse –Dici a Hans e Will se vengono pure loro.
–Perché no? Quattro mocciosi non saranno meno gestibili di due- disse Franz, compose il numero e pigiò il tasto di chiamata. Fu sua cognata a rispondere, informandolo che Hans e Wilhelm erano già andati alla Somerset House con alcuni amici, e stava per riattaccare quando Gertrud si impadronì prepotentemente della conversazione.
–Tu! Come osi sollazzarti dopo quello che hai combinato? Dovresti fustigarti a sangue, altro che pattinaggio!- latrò. –Non ti ho cresciuto insegnandoti a mollare tutto alla prima difficoltà, figlio degenere! Sei una vergogna, un abominio! Non puoi essere carne della mia carne!
–Mamma, sicura che quelle che prendi sono pasticche per la pressione?- ridacchiò Franz, ignaro dell’uragano che stava per abbattersi sui suoi poveri timpani.
–Ah, siamo al sarcasmo? Non osare, razza di… pusillanime! Faith è troppo buona, nonostante tutto si preoccupa per te, hai perso una donna più unica che rara! Pensa che mi aveva pregata di non essere dura con te, ma come faccio? Meriti tanti di quei ceffoni… quanto vorrei averti a portata di mano!
–Senza offesa, ma’, ma stai esagerando: non puoi arrabbiarti perché ci siamo lasciati.
–Infatti, mi arrabbio perché tu, essere immondo, l’hai lasciata… incinta! Che razza di uomo sei?
“Oh, merdaccia nera, l’ha scoperto! E ora? E ora… niente: non posso ritrattare proprio adesso, farei la figura del mollaccione! Spiacente mamma, spiacente Faith, ormai è una questione di orgoglio.”
–Senti, eravamo d’accordo nel non volerne. Lei ha rotto l’accordo, lei paga le conseguenze.
–La conseguenza è mio nipote!- barrì Gertrud. –Tuo figlio! Non puoi…
–Posso eccome!- ruggì Franz. –Ho lasciato scegliere Faith, ha preferito lasciarmi andare. Credi sia stato facile per me? Credi che non soffra?
–Oh, sì, le tue sofferenze devono essere davvero grandi- sibilò Gertrud, più che mai desiderosa di strozzare il suo kind.
–Neanche tu scherzi, quanto a sarcasmo- replicò Franz. –Che ci creda o no, lei mi manca, però non posso tornare indietro: non ha rispettato la mia volontà e mi ha pure mentito. Quando me l’ha detto era al terzo mese. Terzo!
–Aveva paura della tua reazione e, a giudicare da come ti sei comportato, non aveva tutti i torti.
–Prendi le sue parti? Sei mia madre, dovresti appoggiarmi! Sai che non sono tagliato per la paternità: troppe responsabilità, troppi sacrifici... no, grazie!
–Testone che non sei altro!- sbraitò la donna. –Te ne pentirai, e quando verrai a piangere da me perché ti ha sbattuto la porta in faccia, sarò lieta di dirti: “te l’avevo detto”.
–Se proprio ci tieni fai la nonna, ma non coinvolgermi. Ciao- concluse Franz, pose fine alla discussione e sibilò, rivolto ai bimbi –Pronti a volteggiare sul ghiaccio?

 
***

–Adam è un cretino!
Keith sollevò la testa dal manoscritto che stava esaminando, sorrise alla vista della sua “fidanzata per finta” livida di rabbia e rispose, tra il sorpreso e il divertito –Dimmi qualcosa che non so.
Connie, sebbene visibilmente alterata, una volta liberatasi del cappotto e degli strumenti di tortura noti come decolté tacco dodici, si lasciò docilmente baciare su una guancia, dopodiché sorrise ed esalò –Il lato positivo è che mandarlo a quel paese mi ha permesso di riconciliarmi con Nicky. Avresti dovuto vederla: è diventata l’ombra di se stessa!
–In parte lo merita. Adam si sta vendicando della sofferenza che ha patito quando lei ha rifiutato di… fare un salto di livello- osservò Keith, gettando un’occhiata rapida alla quiche che cuoceva in forno; una delle ragioni che l’avevano spinto a scegliere un loft era proprio la possibilità di tenere l’intero ambiente sotto controllo. –Immaturo, controproducente, ma comprensibile. Se ti trovassi nei suoi panni, non vorresti farmela pagare?
Connie trasalì e avvampò: era appena stata con Kyle, doveva pur sfogare in qualche modo rabbia e frustrazione. Come sempre, si era rivelato una piacevole distrazione - la distoglieva dalla desolante consapevolezza che la sua vita non era altro che un succedersi di casini: Keith stava con quella Hailey, fingeva di stare con lei esclusivamente per interesse, se avesse potuto se ne sarebbe già andato - peccato non fosse altrettanto duratura: l’attrazione che provava per lui bastava ad annullare il bruciante senso di colpa solamente durante l’atto, prima e dopo sprofondava nel baratro dell’auto-colpevolizzazione.
–I-Io… n-non s-saprei. Credo di sì. Sì. Hai ragione: Adam sta sbagliando per un valido motivo, ma…
–Di certo Nicky non lo aiuta- ribatté Keith in difesa dell’amico. –Lo avvicina, lo allontana, lo riavvicina a suo piacimento. Quel poveretto rischia di impazzire!
–E noi con loro- ridacchiò lei. –Ehi, che profumino! Cosa c’è nel forno?
–Il programma iniziale prevedeva una soirée a teatro, ma, dato che hai fatto tardi… nella speranza che tu non abbia impegni almeno per cena, mi sono cimentato con una quiche. Mi auguro risulti commestibile.
–Non hai mai osato niente di più complicato di un uovo al tegamino, come puoi pretendere di cucinare una quiche?- lo derise Connie, per poi ritrattare, intenerita dalla sua espressione ferita. –N-Non è d-detto, però, c-che non sia buona. Potresti avere un, ehm, talento nascosto- “Nascosto molto bene” –Lo scoprirò dopo una doccia calda, sono stanca e intirizzita, fuori fa un freddo cane. Questo dannato inverno è arrivato di botto.
Keith annuì, un po’ deluso, e riprese la lettura finché Connie, asciutta e in tuta, non si accasciò sulla poltrona, giocherellando coi capelli tagliati di recente. Allora si alzò, verificò il livello di cottura della pietanza, quindi, la tolse dal forno e la lasciò raffreddare leggermente, prima di servirla.
–Meno peggio di quanto temessi- fu l’incoraggiante commento della Bishop.
–Ok, messaggio ricevuto: lascio il monopolio della cucina a te- scherzò lui, alzando le mani in segno di resa.
–Ecco, bravo. Comunque, anche se non sei uno chef, è il pensiero che conta. Sei stato un tesoro a metterti ai fornelli… per me.
“Perché l’ha fatto? Non fa che peggiorare le cose! E’ sempre carino, troppo carino.. detesto le sue carinerie! Se sapesse come ho trascorso il pomeriggio mi darebbe le sberle che merito, altro che quiche!”
–Ho pensato che non cenavamo noi due soli da tanto, valeva la pena di impegnarsi in qualcosa di… sorprendente. Sono riuscito a sorprenderti?
–Assolutamente sì.
Keith, raggiante, si sporse quel poco che bastava a sfiorarle le labbra con le sue… peccato che Connie, sebbene tentata, fosse terrorizzata dall’assurdo pensiero che avvertisse il sapore di Kyle, perciò si scansò prima che potesse approfondire il bacio.
–S-Scusa. Ho esagerato- pigolò, si schiarì la voce e le chiese –Ti va, uhm, il dolce? E’ una Saint Honoré, e giuro che non l’ho fatta io!
Sull’orlo delle lacrime, Connie scattò in piedi come se avesse preso la scossa, strillò –No, non la voglio la tua fottuta Saint Honoré! Lasciami in pace!- e si chiuse in camera.
Keith, triste e sconsolato, gustò una consolatoria fetta di torta, domandandosi dove avesse sbagliato. Non poteva immaginare che nulla più della gentilezza instilla rabbia in chi sa di non meritarla.

 
***

–Guardami, Franz, sto in piedi senza tenermi alla sbarra!- esclamò Aidan, contentissimo, poco prima di capitombolare sul ghiaccio. Sua cugina gli passò accanto e, invece di aiutarlo, lo sbeffeggiò, dopodiché si accodò a un gruppetto di sue coetanee.
Infastidito dalla baldanza della bambina, si precipitò a consolare il piccolo, leso dalla caduta più nell’orgoglio che nel fisico.
–Aspetta, ti do una mano. Uno, due, tre... su! Bravo, la stoffa del campione si vede non dal numero di cadute, bensì da come si rimette in piedi. Fammi un bel sorriso, dai! Kaori ha sbagliato, ma non è cattiva. Ti vuole bene… in fondo- “Molto in fondo” –Però è la maggiore e ci tiene a ricordartelo, soprattutto ora che sono nati i gemelli. Maltrattarti è il suo modo per dimostrare a se stessa che è e resterà la primadonna di casa, quindi non prendertela, impegnati e vedrai che riuscirai a pattinare mille volte meglio di lei!
–Dici davvero?
–Parola d’onore- gli assicurò Franz. –Il trucco è la sicurezza: niente tremolii, gambe stabili, ripetiti che puoi farcela e fai scivolare la lama con delicatezza, ma allo stesso tempo con decisione. Guarda- si allontanò di poco e gli mostrò delle figure semplici, alla sua portata. Non aveva mentito: se la cavava egregiamente sui pattini.
–Che bravo che sei!- trillò Aidan, ammirato, battendo le mani.
Franz si produsse in un inchino, gli scompigliò i capelli (era più forte di lui, quella chioma liscia e bionda sembrava essere stata creata apposta), lo sostenne a distanza mentre si esercitava, infine, una volta sicuro che avesse perlomeno imparato a tenersi in equilibrio, tornò a sedersi.
Pochi minuti dopo lo raggiunse un uomo sui quarantacinque anni, dal viso gioviale e un ampio cappotto blu che non riusciva a occultare anni di passione smodata per la buona tavola. Emise un sospiro di sollievo, sorrise a Franz e gli disse –Sono degli adorabili vampiretti succhia-energie, eh? Non so lei, io sono letteralmente a pezzi.
–Già.
–L’ho vista, prima, con suo figlio. E’ un bravo papà.
–Eh? Oh, beh… quello non è mio figlio- si affrettò a precisare, poi, per non dare adito a illazioni (sarebbe stato lecito, infatti, domandarsi chi fossero i bambini che lo accompagnavano, se non erano i suoi figli), aggiunse –Sono qui con i miei, ehm, nipoti.
–Sì, ma sono sicuro che sta per averne, mi ci gioco la faccia- asserì lo sconosciuto, annuendo. –Ci sono passato: non appena ricevuta la grande notizia, cominci a vedere pargoli ovunque, a paragonarli al nascituro. “Oh, che carino quello, forse anche il mio avrà quegli occhioni”, “Mamma mia com’è maleducato quell’altro, col mio userò il pugno di ferro”, e così via. Riconoscerei a distanza il misto di tenerezza e terrore caratteristico di un futuro papà.
“Dio, che palle, possibile che ‘sta storia del papà mi perseguiti? Bah! Inutile negare: se lo assecondo, smetterà prima di blaterare”.
–Ha ragione: sì, la mia… compagna aspetta un bambino.
–Il primo, scommetto. Coi successivi la componente di terrore nello sguardo diminuisce. Beh, tranquillo, sembrano fragili, ma non sono di porcellana. Eh, i miei gioielli; se potessi ne farei altri, ma mia moglie dice che tre bastano.
“Tre? Non solo bastano, avanzano! Santo cielo, tollero a fatica l’idea di averne uno, figurarsi tre! Tre marmocchietti urlanti, capricciosi, distruttivi… è un incubo, come può sorridere?”
–Wow, tre! Sono- “Troppi” –Tanti. Chissà che fatica stargli dietro!
–E’ inevitabile che ti facciano dannare, a volte - se non lo facessero, non sarebbero bambini - e che capiti qualche lite, ma quale famiglia non litiga, a parte quelle della pubblicità? Coi figli è così: spesso ti sfiancano, altrettanto spesso sono un tonico di energia e buonumore- chiocciò lo sconosciuto, indicando con un cenno tre piccoli pattinatori al seguito di una donna incredibilmente leggiadra, in rapporto al fisico corpulento, con ogni probabilità la madre. –I problemi sono proporzionali all’età: i miei sono piccoli, perciò… il peggio deve ancora venire.
Franz, ammutolito, si limitò ad annuire: non era sicuro di riuscire a produrre suoni articolati, era sconvolto. La comparsa di Aidan impedì alla conversazione di proseguire.
–Franz, sono caduto un’altra volta, una sola però. Mi sto imparando! Adesso, però, mi scoccio. Sono stanco, voglio andare a casa, invece Kaori vuole restare… mi accontenti e le dici di andare?
Sollevò la testa e scorse la testolina bionda e i paraorecchie rosa di Kaori, felice e rilassata. Gli dispiacque dover interrompere quel momento di svago.
–Sto imparando, AJ, senza “mi”. Ehm… facciamo così: dille che ha il tempo per un ultimo giro di pista e per salutare le sue nuove amiche, poi a casa. Va bene?
In testa gli risuonavano incessantemente le parole dello sconosciuto genitore entusiasta: “E’ un bravo papà.”
Una parte di lui iniziava a crederci.

 
***

–Non credo sia una buona idea, Alex- asserì Gertrud, in apprensione per il parto della mente del suo primogenito.
–Seppur consapevole di contraddire lo stereotipo del rapporto suocera-nuora… concordo con tua madre- le diede man forte Serle.
–Le mie idee sono sempre ottime, diffidenti- ribatté l’interessato, sbuffando nel tentativo di allontanare genitrice e consorte per telefonare in tutta tranquillità.
–Non è vero!- replicarono le due in coro.
–Questa lo è.
–Lo ripeti ogni volta, e ogni volta succede qualche guaio.
–Perché voi donne di poca fede portate sfiga, perciò sitz!
Indignate, Gertrud imprecò in tedesco, Serle tirò un calcio al marito e tuonò –Sitz a me? Come osi? Chiedimi subito scusa!
Nein. Anzi, dovreste chiedermi scusa voi: gufate tutti i miei piani geniali! Ora, se permettete, devo soccorrere quella testa dura di mio fratello- rispose Alexander con sussiego. –E’ tanto un bravo ragazzo, ma ha la testa talmente dura da frantumare i diamanti! Se, come suggerisci tu, mamma, gli diamo addosso, si arroccherà nelle sue convinzioni e non lo smuoveremo più. Grazie al mio piano, invece, si renderà conto da solo che il suo amore per Faith può estendersi a un esserino che condivide il DNA con entrambi.
–Ai miei figli sì che qualche “sitz” non farebbe male- commentò Gertrud a braccia conserte. Nonostante la perplessità, decise di lasciare campo libero ad Alexander.
–Fratellino! Quanto tempo!- trillò non appena udì la voce di Franz, lievemente gracchiante a causa del “viva voce”. –Come te la stai cavando con la rottura? Sei impantanato nella fase “birra, rutti e rock ‘n roll”?
–Che vuoi, Xandi?
–Offrirti la mia saggezza di fratello maggiore, naturalmente. Negli anni ho maturato diverse rotture traumatiche, ho l’elisir giusto per scacciare il fantasma di Faith definitivamente.
–Io non sono te, Xandi- “Per fortuna” –Metabolizzo più lentamente gli eventi spiacevoli, senza contare che non voglio dimenticare Faith: la amo, pensare a lei mi dà gioia. Offri il tuo aiuto a chi ne ha bisogno, so badare a me stesso.
–Non sto dicendo di dimenticarla, solo di… voltare pagina!
–Non adesso.
Carpe diem: è questo il momento di agire. Hai bisogno di distrarti, incontrare gente…
–Incontrare gente?- sbraitò Franz. –Mi stai suggerendo di… uscire con altre donne? Sei impazzito?
Divertissement, fratellino: divertirsi, distrarsi dai problemi è la chiave di una vita felice. In questo periodo il tuo problema è Faith, perciò la accantonerai.
–Xandi, posso risolvere in altro modo…
–Potresti, ma non lo farai. Ti conosco troppo bene. Dammi retta e un giorno mi ringrazierai- celiò Alexander. –Oltretutto non puoi tirarti indietro: ho casualmente dato il tuo numero alla mamma di un amico di Ernst, non vorrai farmi fare brutte figure!
Allibito, Franz si morse la lingua per non bestemmiare, poi, calmatosi, sibilò –Hai deciso di seguire le orme di nostra madre, eh, Xandi?
–Mi piace prendermi cura di te, piccolo Franz- cinguettò Alexander in una crudele quanto accurata imitazione del tono petulante di Gertrud. –Allora, seguirai il mio consiglio?
Emesso un sospiro di rassegnazione, l’altro rispose –Ho forse scelta?

Note dell’autrice:
Non sono soddisfatta. Per niente. I personaggi hanno preso vita propria e sono sfuggiti al mio controllo: tanto per cominciare, Connie e Keith non avrebbero dovuto esserci, ma hanno preteso un angolino, costringendo Robert e il suo harem a migrare nel prossimo capitolo, e lo stesso Marcus, che ha fatto slittare l’appuntamento al buio di Franz. Spero che il risultato non faccia troppo schifo (nel caso, linciatemi pure).
Vi sono piaciuti i piccoli rompiscatole? Ho cercato di renderli petulanti/divertenti, ma ho il timore che siano petulanti e basta, soprattutto Kaori e il suo atteggiamento da primadonna. E Marcus? Che ne pensate del ritorno del “gonfia-tette”? ;-) Per la cronaca, i luoghi che ho menzionato, alias pista di pattinaggio e mercatini a Queen’s Walk, esistono davvero.
Keith è un tenero cucciolotto ferito, ma, prima di correre a coccolarlo, non dimenticate che, se Connie lo tratta con freddezza e “frequenta” Kyle è soltanto colpa sua: è stato lui a cominciare ( a parte Hailey, che ha dato il colpo di grazia al loro rapporto) dando la sua ragazza per scontata… grosso errore! Semmai quella da coccolare è Connie: la sua scenata ha dimostrato che il ruolo della femme fatale senza cuore non è adatto a lei; i suoi sentimenti stanno riaffiorando, questo la manda in confusione e i sensi di colpa la fanno arrabbiare. In effetti è vero: le carinerie di qualcuno al quale si è fatto del male a sua insaputa mandano in bestia!
Gertrud è sempre Gertrud: le sue sfuriate sono leggenda, Franz può solo sperare che non scopra dove si è rifugiato (complimenti a chi ha indovinato che il misterioso ospite è Brian), altrimenti saranno botte da orbi! XD
Au revoir!
Serpentina
 
 
 
 
   
 
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