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Autore: Naki94    20/11/2014    1 recensioni
Il detective dell'FBI Jersey Shown viene inviato in una piccola cittadina americana per indagare sulla scomparsa e forse su l'omicidio di Sofia Monroe. Shown dovrà abbandonare il suo razionalismo investigativo quando si renderà conto di essere di fronte a qualcosa di ben più inquietante e misterioso che va oltre la realtà. Da thriller con toni noir all'horror, il racconto a puntate chiude il cerchio della trama con accenni alle nuove idee della fisica teorica e quantistica. Interessante è l'interazione della trama di Mason Creek con altri racconti separati e indipendenti, come se fossero universi gli uni paralleli agli altri che di tanto in tanto, nelle loro continue vibrazioni, si incontrano incrociando tra loro personaggi e storie.....
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Dico allo sceriffo di Dodge City di spedirmi la bicicletta all'indirizzo della centrale entro domani mattina. «Se i signori Monroe affermeranno di riconoscere la bicicletta della figlia, allora Irina Callaway dovrà darci un bel po' di spiegazioni». Così dico al mio collega, il detective Billy Wide mentre gli riconsegno in mano il cellulare. Vorrei perlustrare ulteriormente la zona, ma ormai è molto buio e le torce non ci permettono di proseguire con le ricerche. Lo sceriffo Kooper ci ha già informati che non ci darà altri uomini domani per continuare le ricerche. «Abbiamo cercato in quel dannato bosco subito dopo la scomparsa di Sofia, ho accettato di controllare di nuovo quando sei arrivato tu Shown, non posso permettermi di tenere sul campo così tanti uomini. In quel bosco non c'è niente».

«Sei un pezzo di merda». Rispondo adirato e gli faccio rovesciare a terra il caffè che reggeva in mano, poi mi calmo. «Alla diga di Dodge City è stata trovata la bicicletta che corrisponde a quella della vittima, segno che è successo qualcosa in quel bosco, vicino al fiume». Esco dalla stanza e lascio Billy a parlare con quel figlio di puttana di Kooper, intanto mi fumo una sigaretta e mi lascio tagliare la faccia dall'ombra lasciata dalle veneziane in sala d'attesa. Il fumo riempie la stanza e viene affondato dalle lamelle di luce.

Kooper è il primo ad uscire dall'ufficio seguito da Wide, quel coglione si avvicina a me.«Non posso mandarti altri uomini, se c'era veramente qualcosa sarebbe già stato trovato. Continuate voi le ricerche». Si alza il collo dell'impermeabile ed esce dalla centrale. Io intanto tiro un pugno sul muro di cartongesso della sala d'attesa, l'effetto: un buco gigantesco, ma fanculo. Ora mi rivolgo a Wide. «Dobbiamo trovare quella ragazza, Billy! E' nostro dovere e io non me ne vado a mani vuote sapendo che c'è qualcuno che sa dove si trova o che è il responsabile».

«Domani mattina arrivano i giornalisti e..».

«Me ne frego dei giornalisti! Le fottute conferenze stampa sono puttanate che si deve risolvere Kooper. Noi andiamo avanti, non possiamo perdere tempo. Domani andremo da quella stronza di testimone e la faremo parlare».

Billy si agita. «Calmati subito testa calda! E non permetterti di parlare così di Irina!».

Mi calmo un istante, ma fisso negli occhi il mio collega con sospetto. Bizzarra quella sua reazione protettiva nei confronti dl testimone. Lui percepisce i miei pensieri e i mie plausibili dubbi così senza che io aggiunga altro Wide parla abbassando la testa. «E' molto amica di mio figlio, Eric. Quindi la conosco abbastanza bene, e posso assicurarti che lei è solo spaventata e scossa. Irina non c'entra nulla con questa storia, era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato».

Mi scappa un piccola risata. «Certo che se è molto amica con tuo figlio come lo era con Sofia, allora tuo figlio è spacciato». I piccoli tagli sulla faccia contro il quadro della sala d'attesa sono tutti meritati e solo dopo che Wide mi ha spinto contro il muro facendo cadere il quadro a terra, mi rendo conto di essere stato troppo avventato con la mia ironia del cazzo. Gli chiedo scusa, ma sorrido all'idea che oltre al quadro quello stronzo di Kooper dovrà rimpiazzare anche il muro di cartongesso.

Saliamo in macchina e intanto comincia di nuovo a piovere. «Abbiamo i nervi un pò tesi, ti va un hot-dog da Leo, lì sono molto buoni». Io annuisco e mi accendo una sigaretta.

«Quindi hai un figlio, questo spiega tante cose». Inizio così il discorso seduti al tavolo mentre i proiettili di pioggia si schiantano contro il vetro del locale.

«Cosa vorresti dire?» chiede Wide.

«L'ho notato il primo giorno, alla stazione, quello sguardo un po' troppo preoccupato e serio». Attendo qualche secondo intanto arrivano gli hot-dog che avevamo ordinato. «Tuo figlio ha l'età circa di Sofia e degli altri ragazzi che sono scomparsi, hai paura per lui, giustamente».

Allora Wide seriamente mi risponde. «Ho paura per lui e sto male con lui quando piange la scomparsa di alcuni dei ragazzi e ragazze che conosceva».

Un violento attimo di silenzio prima della mia risposta. «Lo sai che tu figlio potrebbe diventare una probabile vittima, ma anche un eventuale sospettato se rientra tra le amicizie di Irina Callaway?».

«Irina è innocente!». Risponde Wide.

«Accetto il fatto che non abbiamo prove contro di lei e che per ora non esiste nessun movente, ma perché nasconderci cosa hanno fatto in quel bosco?».

Billy ci pensa un po' su e risponde. «Magari hanno fatto qualche stronzata da adolescenti come fumarsi una canna e Irina non vuole che i suoi genitori lo sappiano e prende così sottogamba la gravità della situazione. Può capitare sai se unisci il tutto con lo stato emotivo di choc».

«Non mi convince e domani mattina, se mentirà, lo scoprirò subito». Bevo un enorme sorsata di Canada Dry e aggiungo. «Irina ha detto di aver scattato delle foto quel giorno, potrebbero aiutarci. Dove sono?».

«Ha detto che la macchina fotografica non era sua e che gliela avevano prestata» mi ricorda Billy prima di ingoiare l'ultimo pezzo di hot-dog fumante.

Billy mi accompagna all'albergo Jerome's Room. Aspetto che le luci rosse della sua macchina spariscano dietro la fitta pioggia alla curva di Cone Street. Mentre penso al caso e alla chiacchierata che domani dovrò abilmente condurre con Irina Callaway le mie gambe mi portano alla centrale dove, zuppo d'acqua dalla testa ai piedi, entro nella sala computer. Accendo lo schermo collegato al videoregistratore e ci infilo il nastro dell'interrogatorio.

Ecco che cominciano le notti in bianco del detective Shown, penso. Che lavoro di merda. Poi inizio a guardare tutti gli interrogatori a partire dal primo caso di sparizione pregando di trovare qualche, anche minimo, collegamento tra di essi. Ovviamente si tratta dello stesso sequestratore. Mai nessuna della vittime è stata trovata per testimoniare. Gli interrogatori che guardo sono parenti disperati e amici afflitti dalla scomparsa dei loro cari. Niente di utile, una marea di tempo perso in lacrime. Accendo un milione di sigarette anche se in questo ufficio non si può fumare. Me ne frego, è notte e non c'è nessuno tranne la guardia all'ingresso.

Alla mattina mi sveglia con un calcio alla sedia Billy Wide che inzuppato d'acqua mi urla addosso. «Non ti trovavamo! Dobbiamo andare subito a casa dei Callaway!».

Io riprendo velocemente lucidità anche se dodici litri di caffè mi farebbero comodo e rispondo. «Lo so che dobbiamo andarci, stai calmo. Non c'è comunque tutta questa fretta». Mi metto una mano tra i capelli e cerco il pacchetto di sigarette sulla scrivania. «E poi che cazzo! Deve sempre piovere». Borbotto alla vista del pacchetto di sigarette vuoto.

Wide si avvicina. «Dobbiamo andare subito, presto, gli altri agenti sono già sul posto».

Una morsa allora mi strizza il cervello fino a farlo scoppiare quando improvvisamente mi si infila tra le tempie un unica ipotesi di tutto quel chiasso. «Cosa è successo?».

«Questa mattina la signora Callaway ha trovato sua figlia impiccata alla finestra della camera, sembra suicidio».

«Cazzo!». Mi metto l'impermeabile addosso e come se ci ci fosse un terremoto o un incendio esco di corsa dall'edificio e Billy sta al passo fino alla macchina di servizio.

   
 
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