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Autore: Mikirise    22/11/2014    5 recensioni
Piper sa che sua mamma è… speciale.
Sa che è bravissima a risolvere i problemi di cuore delle persone, nonostante non riesca proprio a togliersi quel sorriso divertito dal viso, quando qualcuno soffre per amore.
Non sa, però, come Afrodite faccia a risolverli, questi problemi.
Bacchetta magica? Stregoneria? Lavaggio del cervello?
No, è inutile, non riesce proprio a immaginalo.
Ma Leo può.
Piper non ha mai accettato di lavorare per sua madre, ma Leo, con un contratto che non chiedeva soldi ma la soluzione ai suoi problemi sentimentali, sì.
E questo è il racconto di quell'anno in cui Leo fu il meccanico-aggiusta-tutto della biblioteca e di come questo lavoro gli cambiò la vita.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Afrodite, Calipso, Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutta colpa di Afrodite'
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Come utilizzare la biblioteca nella maniera più sbagliata in questo mondo ed essere felici

Ossia di quando Leo scoprì dei retroscena della vita di tutti che non avrebbe mai, mai, proprio mai, confessato a Piper

Capitolo Quattro: Nei panni di Leo




Era bastato uno sguardo per far capire a Leo che non era il momento di stare in quel posto.

Un solo sguardo, per cacciarlo, senza neanche una parola, o un movimento della mano. Era bastato un solo sguardo, seriamente, e Leo aveva capito che no, non era il momento, non era il posto.

Però, in quel momento, in quel posto, Leo aveva bisogno del suo miglior amico. Aveva bisogno di stare un po' con Jason e chiacchierare, scherzare, dargli fastidio, come ai vecchi tempi, come quando il biondo si era trasferito e non aveva amici ed era il suo vicino di casa e aveva chiesto a Leo cosa stesse costruendo, e Leo aveva detto che quello che aveva in mano era il prototipo del suo drago meccanico, che avrebbe costruito non appena il padre gli avesse lasciato usare i materiali dell'officina, e Jason aveva detto che sembrava divertente e Leo aveva detto che, se voleva, quando avrebbe finito di progettare il suo drago, sarebbe potuto salire in sella insieme a lui e avrebbero potuto volare per New Olympus, fingendo di essere dei supereroi e gridando che avrebbero salvato il mondo. Ed erano diventati amici. Non c'era ancora Piper, o Percy, o Annabeth, o Reyna. Erano Jason e Leo.

Leo e Jason, contro chiunque dicesse al biondo che il messicano era un relitto della società e che non era utile o conveniente essergli amico.

Jason li mandava sempre a farsi una bella passeggiata per New Olympus, quando dicevano qualcosa contro Leo e, ai tempi, stavano sempre insieme. Neanche Reyna li aveva mai divisi.

Poi era arrivata Piper e Leo era stato felice: insomma, lei era la sua migliore amica, la conosceva da prima di Jason e le voleva un gran bene. Era stato lui a presentarli ed era stato così felice, vedendoli legare. Aveva pensato Dai, ché qui diventiamo un trio fichissimo!

Poi loro avevano iniziato a piacersi e... a volte in tre si è troppi. E lui era il numero tre, non l'uno, o il due, il tre, quello che deve andarsene se uno e due vogliono stare insieme, no?

"Ne riparliamo dopo, va bene, Leo?" aveva detto lui, distratto dagli occhi caleidoscopici e attrattivi di Piper.

Leo si era semplicemente alzato e aveva annuito con la testa.

Certo, ne avrebbe potuto parlare più tardi.

Sempre più tardi. Sempre più tardi.

Errore suo.

Sapeva che sarebbe andata a finire così, prima o poi. In fondo, sai, c'era un motivo se Leo non era riuscito a mantenere nessuna amicizia, prima di Jason. Perché sapeva come sarebbe andata a finire, che prima o poi le persone si sarebbero stufate di lui e lo avrebbero escluso e mandato via e Leo si sarebbe sentito male.

E l'unico lato positivo di sentirsi male interiormente era che Esperanza cucinava le empanadas per lui. Ma le empanadas finivano, il dolore non sempre.

E questa volta, probabilmente, sua madre non avrebbe potuto cucinare niente.

“Cos'è, Leo?”

Il ragazzo sobbalzò, lasciando cadere l'oggetto di metallo, che teneva in mano, sul tavolo “Raggio di Sole, seriamente, pensavo avessi smesso di comparire alle spalle delle persone!”

“Avevo perso il vizio, ma Nico mi ha ricordato quanto è divertente farlo” alzò lei le spalle, raggirando il tavolo, con calma impressionante “Cos'è?” ripeté la domanda, indicando l'oggetto di metallo sul tavolo “Una statuina di Mitomagia?”

Il messicano riprese in mano il modellino, mordendosi le labbra, incerto se continuare quella conversazione oppure no. Pensò che, in fondo, era andato da Jason perché voleva mostrargli quel modellino. Si chiese se parlarne a Calypso sarebbe stata la stessa cosa che parlarne col suo migliore amico. Probabilmente no, ma non aveva migliori opzioni per distrarsi.

Le alternative erano: parlare con Calypso, e quindi distrarsi per qualche minuto, magari stuzzicandola, o starsene lì, seduto senza far nulla, crogiolandosi nel vittimismo, nell'attesa che Afrodite andasse verso di lui, gridando qualche elegante imprecazione contro un gradino cigolante e l'antenna non funzionante.

Per quanto la seconda opzione fosse invitante, la prima sembrava più divertente.

In fondo, Calypso aveva dato modo di dimostrare quanto fosse una brava ragazza, no? Era gentile con tutti, tranne che con Leo, ovviamente. Ma questo perché faceva parte del Team Leo.

Tutte le ragazze del Team Leo lo trattavano così.

“Tu lo sai come ho conosciuto Jason?”chiese Leo, senza guardarla negli occhi. Era ovviamente una domanda retorica ma la ragazza scosse la testa, osservando i movimenti delle mani di lui “Stavo creando un drago col fango. Sai, mio padre è sempre stato bravo a progettare ed aggiustare macchine. Mia madre ha un dono naturale per queste cose. È sempre stato il mio sogno seguire le loro orme. Ma ero troppo piccolo e non mi facevano usare i loro attrezzi. Mi era venuta in testa questa strana idea che un giorno avrei potuto costruire un drago. Penso fosse perché avevo visto Dragonball in tv. O forse era Merlin. Può essere che l'idea fosse venuta da Harry Potter. Proprio non me lo ricordo. Volevo costruirne uno enorme, capace di volare e darmi un modo per andarmene via, scappare il più lontano possibile da tutto e da tutti. Sono sempre stato un fuggiasco. Anche se non ho mai avuto il coraggio di allontanarmi da mia madre. Eh, lo so. Sono il tipico latinoamericano: grande, grosso e mammone”

“Io penso tu sia piuttosto gracilino, eh”

Leo sbuffò “Stavo parlando, io! Dicevo. Jason mi ha visto cercare di fare una bozza del mio drago. Io lo avevo dimenticato ma… pochi mesi dopo, mio fratello…”

“Hai un fratello?” chiese sorpresa Calypso, cadendo a sedere su una sedia di legno.

“Fratellastro. Lui è… figlio di mio padre. Adesso studia al college. Non ricordo bene cosa faccia, ma penso qualcosa legato all'ingegneria. È un tipo forte, Charles. Tutti lo chiamano Beckendorf. Non ne hai mai sentito parlare?” Leo arricciò le labbra. Sembrò aspettare veramente una risposta dalla ragazza, che lo osservava dritto negli occhi, come aspettandosi una reazione, o delle parole significative da lui “Percy dice che è brutto” concluse il riccio, con un sorriso divertito “Comunque, Charles mi ha portato nell'officina di mamma e papà e mi ha detto Leo, prima e ultima volta che ti porto qui. Crea questo cavolo di drago. Ha detto anche altre cose, ma non me le ricordo. Alla fine sono riuscito a creare qualcosa con tutto quel metallo di bronzo, ma non aveva la forma di un drago. Allora Charles aveva iniziato a lavorare con me e mi ha aiutato a sistemare il mio piccolo capolavoro. Mancavano ovviamente delle parti, ad esempio le ali, le rifiniture ma… per Era! Quant'era bello! Non l'ho potuto tenere io, però. Nel senso, ho scelto di darlo in custodia a Charles, finché io non avessi avuto le idee chiare su come sistemarlo e migliorarlo. Ovviamente lui, essendo mio fratello, non è stato con le mani in mano e, seguendo le mie fantasie da bambino, ha aggiunto un dispositivo sputa-fuoco a quella piccola bozza che gli ho dato in custodia. Mi ha lasciato l'onore delle rifiniture e delle ali. Le ho fatte questa notte; non ho dormito finché non è comparso il sole, ma ne è valsa la pena. Charles mi ha portato il mio drago e io l'ho terminato. Oggi. Volevo dirlo a Jason. Volevo che lui vedesse il suo primo volo. Sai, gli avevo promesso che sarebbe potuto salire su di lui… è un po' troppo piccolo, però…”

Calypso portò le sue mani in avanti, tenendo i palmi all'insù, come se stesse attendendo delle gocce di pioggia dal tetto. Sorrise dicendo “Posso vederlo io, questo primo volo?”

Leo strizzò gli occhi, guardando il piccolo drago di bronzo nella sua mano.

Perché no? si chiese.

Spingendo un piccolo bottone sulla pancia del suo draghetto, lasciò che questo iniziasse a sbattere le ali, in un primo momento lentamente, per poi iniziare a prendere sempre più velocità ed iniziare a staccarsi dalla sua mano callosa.

Il draghetto sembrava essere titubante, come se non sapesse esattamente che cosa fare. Poi prese confidenza, esattamente come se fosse stato un uccellino che aveva appena imparato a volare.

Fece un giro della morte, poi girò intorno alla testa di Leo e poi si posò sulla spalla di Calypso.

Il draghetto sbattè le ali, disfacendo in parte la treccia color cannella della ragazza. Poi, girando orizzontalmente su se stesso, si posò sul palmo della mano di lei, per accucciarsi su di essa.

Lei rise, carezzando la testa della macchina, esattamente come se fosse un cucciolo “Incredibile” si lasciò sfuggire le con un tono ammirato “Conoscendoti, pensavo scoppiasse” riaggiustò il tiro, ironicamente.

“Sono ufficialmente offeso, sai?” scherzò lui.

"Era il mio obiettivo. Come si chiama?"

"Chi?"

"Draghetto piccolo. O Piccolo Draghetto. O Bronzo Celeste. Magari più semplicemente, si chiama Steve" tirò ad indovinare la ragazza, osservando, divertita, il piccolo drago creare piccole scintille pericolosamente vicino alla sua pelle pallida.

Leo rise, grattandosi la testa in imbarazzo.

Già Jason, all'inizio della loro amicizia, aveva riso del nome scelto dal messicano, trovandolo poco eroico e più adatto ad un gatto, o, meglio, ad un cane, che scodinzola e fa le feste ed ama il proprio padrone incondizionatamente. Un drago non dovrebbe avere queste qualità. Dovrebbe essere forte e nobile.

Leo si era sempre chiesto perché forte e che ama incondizionatamente non potessero essere due qualità affiancabili nella stessa persona.

"Festus"

"Felice" tradusse con un sorriso Calypso, alzando il suo sguardo su Leo, con un bellissimo sorriso "Gli sta bene"

"Jason diceva che era un po' ridicolo andare a salvare il mondo su Felice il Drago"

"E se lo dice Jason!" ribattè lei, alzando la sua mano libera all'altezza del capo ed arricciando le labbra.

Leo represse una risa, poi, poggiando le mani sul tavolo di legno, prese dalle mani della ragazza Festus, che continuava ad aprire la bocca, creando piccole scintille "So che ti mancherò oggi, Raggio di Sole"

"Perché dovresti mancarmi?"

"Perché ti stai affezionando a me" gongolò il ragazzo, inconciando le braccia sul petto e sorridendo soddisfatto "E oggi ho un appuntamento"

"Scusa?" Calypso aprì la bocca per lanciare veleno sul ragazzo, per dire cose come E chi vorrebbe uscire con un Omuncolo? ma la richiuse, osservando l'abbigliamento curato del ragazzo, i capelli pettinati -Leo sapeva anche pettinarsi? Voleva seriamente chiedergli da quando aveva scoperto di essere una femminuccia- e quell'enorme sorriso sul suo viso.

Leo sorrideva e rideva sempre, ma la maggior parte delle volte erano risate sarcastiche, o dovute ad una cattiveria detta ad un povero amico -il suo soggetto preferito era Frank, ma non per questo lasciava che gli altri membri del suo gruppo la passassero liscia. Non che Calypso lo sapesse tutte queste cose su Leo! Mica lo spiava! Mica passava la maggior parte del tempo a fissarlo da lontano! Mica era una stalker!-.

Ma quel sorriso... quel sorriso...

"Non piangere durante la mia assenza!" canticchiò Leo saltellando allegramente verso la porta. Calypso lo ignorò, mettendo su un adorabile broncio e girandosi verso la finestra "Calypso?" chiamò preoccupato il ragazzo.

Non era normale che lei non rispondesse ad una sua provocazione. Leo lo sapeva. Lo aveva imparato durante quelle settimane di non-lavoro alla biblioteca.

Il loro rapporto -se-ti-avessi-incontrato-in-un-altro-mondo-ti-avrei-ucciso? dopo-tutto-non-sei-così-male? amicizia? Amicizia?- aveva un grafico ben preciso, dei punti immancabili, delle cerimonie di inizio e di fine. E le processioni sono importanti, per Efesto! Erano dei rituali tutti loro, che creavano un legame solo tra loro!

Punto Uno: Essere entrambi nella stessa stanza, per puro caso -trovarsi sempre alla stessa ora, sempre nello stesso posto, non era roba da Leo. Gli appuntamenti non erano roba da Leo, ma questo lo avrebbe scoperto più avanti. Il pensiero di incontrarsi per caso, come se tra le loro onde cerebrari si fossero allienate per un attimo, uno soltanto, portandoli nella stessa stanza, nello stesso posto... non era un miracolo meccanico del mondo? Del cervello? Fantastico-

Punto Due: Salutarsi coi nomignoli da loro inventati -eh, sì, all'inizio erano dispreggiativi... questo punto era sempre pienamente rispettato da Leo, che gridava Raggio di Sole anche solo guardandola da lontano, cosa che metteva in imbarazzo lei, ma Calypso aveva smesso tempo prima di gridargli dietro Omuncolo Fumacchiante, preferendo un semplice Leo. E lui ne era felice perché sentire il suo nome dalle sue labbra gli piaceva. Lo adorava.-

Punto Tre: Punzecchiarsi su qualsiasi argomento ed iniziare un Discorso Serio -strano ma vero, Calypso e Leo a volte parlavano Come Se Fossero Amici. E questo apriva un quesito nella testa del ragazzo. Seriamente, erano amici? E se la risposta è sì... come cavolo erano finiti ad essere Amici? Come?-

Punto Quattro: Buttare un discorso che sta diventanto moooooolto personale in caciara -anche se nessuno dei due vorrebbe. Anche se Leo aveva iniziato a raccontare a Calypso cose che non sapevano neanche Piper e Jason. Solitamente Nico arrivava sbuffando seguito da Grover, o Afrodite piangnucolava per un lavoro, o Percy rompeva di nuovo uno scaffale, o Frank aveva un problema frankoso e, niente, venivano interrotti sul più bello. Era un po' frustrante, in effetti-

Punto Cinque: Salutarsi con un insulto ed un sorriso sulle labbra -tutti dovrebbero ricordare sempre Calypso sorridente-

Quindi, secondo questo schema, Calypso avrebbe dovuto dire qualcosa come Non pensarci nemmeno, Ragazzo delle Riparazioni, o Sarai ovviamente tu a piagnucolare, come la femminuccia che sei!, per poi ridere e salutarlo con la mano.

"Sei un irritante omuncolo" sputò invece acidamente, senza neanche alzare gli occhi verso il ragazzo.

E Calypso sbuffò, aprendo un libro che era stato lasciato lì su quel tavolo, da qualcuno veramente molto smemorato -come potrebbe un essere umano con un minimo di cervello abbandonare a se stesso Cime Tempestose?

Leo sbattè le palpebre ed aggrottò le sopracciglia. Poi sospirò, infilandosi le mani nelle tasche e girando su se stesso per potersene andare.

Non era cattiveria, ma non trovava un motivo serio per cui la ragazza volesse litigare con lui. Nè perché fosse irritata con lui.

In fondo lui non aveva fatto niente di male, no? E non avrebbe lasciato che quella ragazzina viziata gli rovinasse il suo sospirato appuntamento con Thalia Grace -sì, anche questo era parte di quello che voleva dire a Jason-. Non le avrebbe lasciato questa soddisfazione!

No! No, proprio no.

Ma questo non impedì al suo cervello di continuare a chiedersi cosa cavolo avesse fatto per far arrabbiare Calypso. Ed anche perché non riuscisse a togliersi dalla testa quel suo broncio ferito.



☆★☆★

"Non sto spiando nessuno" ripeteva la ragazza coi capelli rossi e mossi, dietro a dei libri impolverati. Calypso, ogni tanto, le lanciava un'occhiata curiosa, cercando di dimenticare la sua irritazione sempre crescente verso un povero meccanico mezzo messicano "Sto solo... solo... controllando. Sì, ecco. Controllo."

Calypso chiuse il libro dietro il quale si stava nascondendo ed iniziò a guardare gli occhi chiari di lei spuntare trai libri per poi scomparire con un'imprecazione, o un gridolino soffocato. Era divertente vedere quella massa scomposta di capelli che saliva e scendeva senza una ragione logica.

Guardare quella ragazza, stava per far dimenticare a Calypso il fatto di essere arrabbiata. Quasi.

"Stronzo!" gridò la rossa, dando un calcio al legno chiaro degli scaffali, facendolo oscillare avanti ed indietro. Lei era troppo occupata ad imprecare, spostando i libri di lato, mentre si mordeva il labbro rabbiosamente, per rendersi conto che alcuni libri oscillarono pericolosamente, per poi cadere direttamente sulla sua chioma disordinata. La ragazza si portò le mani in testa, massaggiandosi, mentre si acovacciava a terra emettendo squittii acuti.

Era troppo.

Calypso scoppiò a ridere, portando le sue ginocchia al petto e socchiudendo gli occhi, mentre la rossa alzava il suo sguardo ferito verso di lei "Sì" ammise, mettendo il broncio "Anch'io avrei riso se fossi stata in te"

"Mi spiace"

"Non importa"

Calypso si morse il labbro, cercando di convincersi a continuare una conversazione. Poteva farcela. Doveva farcela. Mica doveva continuare ad essere una piccola ragazzina isolata. O no?

La rossa sospirò, tenendo la mano sulla sua enorme massa di capelli, prendendo tre libri che erano caduti a terra.

Sembrava triste, mentre si alzava in punta di piedi per poggiare i libri al loro posto, con quei suoi occhi socchiusi e quei movimenti lenti e quella smorfia addolorata sulle labbra. "Sembri veramente molto triste" si lasciò sfuggire Calypso, abbassando le ginocchia di lato, sulla poltrona, verso un cuscino sulla poltrona.

"Senti chi parla" rispose inaspettatamente l'altra, raccogliendo l'ultimo libro da terra, per poi rimetterlo in ordine "Miss Allegria"

"Scusami?"

"Stai leggendo la stessa pagina da esattamente quaranta minuti, che è stato il tempo in cui io sono stata qui. Non per niente, ma, quando non riesco a leggere o sto disegnado sui margini dei libri, o sto pensando a qualcosa che non mi piace. Tu non hai una matita, quindi..." la rossa si sedette a terra, accanto alla finestra e vicino alla poltrona dove era seduta la castana, che la osservava con le braccia incrociate "Sono Rachel, comunque"

"Calypso"

"Non c'è bisogno. So chi sei. Sono amica di Leo. Raggio di Sole, sbaglio?"

Calypso alzò un sopracciglio, ricordando al nome quanto fosse irritata con moro, nonostante non riuscisse a capire esattamente il perché. Sbuffò irritata, guardando verso la finestra, decisa a non riaprire più bocca per parlare con Rachel, visto che era collegata a Leo e visto che lei, in quel momento, con Leo, non voleva averci nulla a che fare.

"Strano" borbottò la ragazza seduta per terra, ed in quel momento Calypso notò che stava masticando una gomma "Pensavo fossi una tipa come Annabeth. Tutta biblioteca e libri. Pensavo dicessi Ah, ecco chi distrugge i miei amati libri con quegli scarabocchi odiosi! Invece te ne stai lì, zitta, a guardare la finestra"

"Avrei dovuto fare qualcosa come: Ah, disgraziata! Me la pagherai tu e tutta la tua discendenza?" alzò il pugno la castana, aggrottando sopracciglia e assottigliando lo sguardo, in un movimento che aveva visto fare molte volte ad Efesto ed Ermes. Le piaceva prenderli in giro, quando l'andavano a trovare, visto la differenza d'età.

Rachel scoppiò a ridere "Ma allora è vero che parli come un'anziana!" si asciugò una lacrimuccia dall'occhio e poi riprese "In effetti Annabeth mi ha detto qualcosa del genere"

"Io li trovo carini quei disegni. Sembrano far parte del libro, quindi..."

"Vero? Prima non li facevo mai, ma, sai, uno scrittore mi ha detto che adora quando io faccio certe cose. Devo essere sincera, non mi sarebbe mai venuto in mente se non mi avesse detto che... sono felice che fosse felice, nel senso lui... cioè... senti, perché mi hai detto così? " se Rachel fosse stata una figura animata, probabilmente in quel momento avrebbe avuto gli occhi a vortice e la sua testa avrebbe preso a muoversi a destra ed a sinistra "Non sono affari tuoi! " si difese debolmente, come se Calypso avesse detto qualcosa. Cosa che poteva succedere, visto che la ragazza aveva preso a sorridere divertita, processando tutti i personaggi che vivevano a New Olympus.

Uno scrittore? Un amante dell'arte? Un rompiscatole bell'e buono che va dietro a tutti, maschi e femmine?

L'unico scrittore latinlover di New Olympus era...

"Ma parli del signor Apollo?"

"No! Non voglio saperlo, non devi neanche pronunciarlo, quel nome. Non dirlo! Non dirlo!"

"Cosa? Apollo?"

Rachel si portò le mani sulle orecchie iniziando a ripetere "Lalala" senza neanche riprendere fiato, come molte Calypso aveva visto fare ai bambini delle elementari. Poi, la rossa, alzò gli occhi verso la ragazza seduta sulla poltrona, con un piccolo broncio ed alcuni ricci che le cadevano sul naso, in maniera graziosa ed armoniosa "Teoricamente parlando" disse, incrociando le gambe e le dita delle mani "conosco una ragazza che si è innamorata del signor Apollo. È stato per puro caso. Stavo... cioè, stava ripassando le battute per lo spettacolo scolastico di fine anno, era la coprotagonista ed era anche piuttosto brava, ma m-si è fatta prendere dall'ansia e, a pochi minuti dall'inizio del primo atto, si è andata a nascondere nello sgabuzzino della biblioteca..."

"Lo spettacolo lo ha fatto qui?" decise di stare al gioco Calypso.

"Quasi tutti gli eventi culturali sono finanziati dalla signora Afrodite" spiegò annoiata Rachel, facendo svolazzare la mano per aria, mentre con l'altra si sistemava da una parte i ricci e si inumidiva le labbra, nervosamente "Il fatto è: lei si è andata a nascondere nello sgabuzzino, sotto consiglio di Afrodite -diceva essere un posto rilassante, beh, se lo dice lei-, ma lì c'era anche questo scrittore, il signor Apollo, che amoreggiava felicemente con... una" , strinse i pugni sulle ginocchia, nascondendo a malapena un ringhio "Lei ha chiuso quasi subito la porta e non voleva pensare di aver appena interrotto qualcuno mentre amoreggiava. Sai, ai tempi era nel panico per il ruolo di coprotagonista. Era solo una ragazzina, in fondo. Però, il signor Apollo legge questa paura nei suoi occhi e, sai come nei film romantici, o nei telefilm? La ferma per il polso, la gira verso di lui e le chiede Cos'è successo? con quegli occhi così profondi, quel sorriso rassicurante... lei dice tutto, ovviamente. E lui fa la cosa più bella in questo mondo. Le racconta della prima volta che doveva presentare un suo libro e di come tutto era andato male e le dice che lei sarebbe stata perfetta, che lui l'avrebbe vista recitare e sarebbe stato deliziato dalla sua bravura. Lei recita per lui quella sera, solo per lui, anche se nessuno lo sa. E dopo quel giorno, lui non fa che tornare"

"In che senso?"

"Nel senso che torna!" allargò le mani esasperata Rachel, con un'aria vagamente isterica "Vuol dire che questa mia amica cerca di andare avanti con la sua vita ma continua a vederlo ovunque. Lo ossessiona, Calypso. Ossessiona! E quando lei pensa di stare meglio, quando riesce a trovare il suo sbocco in qualcosa, lui le compare alle spalle, sorride, dice qualche parola carina e lei cade di nuovo ai suoi piedi. Rotola per lui e lui nemmeno lo sa."

La castana annuì "E, a questa tua amica, non preoccupa la differenza d'età?"

"Tutto il mondo sa che Apollo ha l'età cerebrale di un tredicenne, sotto questo punto di vista, lei è più grande, no?"

"Allora perché questa tua amica non dice quello che prova al signor Apollo?"

Rachel si alzò in piedi ed iniziò a girare in cerchio per la stanza, accarezzandosi il mento, con fare nervoso "Perché non... seriamente? Conosci la reputazione di Apollo?"

"Idiota?"

"Dongiovanni!"esclamò nervosa Rachel "E continua ad incontrare ragazze e a baciarle. A portarle a mangiare in ristoranti, a vedere un film al cinema, o a casa sua e... non è giusto"

"Perché queste cose dovrebbe farle con lei." borbottò a mezzavoce Calypso, sentendosi stranamente vicina alla posizione dela ragazza.

Lei aveva avuto innumerevoli cotte, l'ultima delle quali si chiamava Percy Jackson, e sapeva cosa voleva dire vedersi rubare da qualcuno la persona che ti sembra amare di più a questo mondo. È come se ti portassero via un pezzo di te, e continuassi gridare "Smettila! Ridammi indietro il mio occhio! La mia mano! Il mio cuore!" ma nessuno ascolta mai un cuore spezzato. Al massimo ci fanno delle battute sarcastiche, o si creano delle barzellette sul dolore. Leo diceva che era il miglior modo per superarlo, invece di maledire da lontano quelle ragazze che erano riuscite in quello in cui lei aveva sempre fallito -far innamorare qualcuno di lei-, facci una bella battuta. Ridici sopra, chissà perché poi ti verrà voglia di ridere per davvero. Ed in quel modo era lui che faceva di nuovo sorridere lei.

Calypso non aveva mai pensato che anche Leo si sarebbe innamorato di qualcuno; non immaginava proprio che, già dalla prima volta in cui lei gli aveva gridato contro Omuncolo, lui era già innamorato di un'altra. Leo era...il Ragazzo delle Riparazioni, che flirta senza flirtare davvero, rimanendo sulla superfice della risata e non va in profondità. Solo in profondità ci si può innamorare. Lui non poteva innamorarsi. Era controproducente.

Ma l'aveva fatto; aveva conosciuto una ragazza ed aveva intravisto l'anima di lei e l'aveva trovata bella e...

E non capiva perché questo la ferisse così tanto.

"Teoricamente parlando, la tua amica è molto innamorata di lui"

Rachel si morse il labbro, sbattendo le palpebre velocemente "Teoricamente parlando, sì"

"E teoricamente parlando, poco fa lo stava spiando durante un suo appuntamento" punzecchiò la castana, spostando la testa di lato, di modo tale che sembrasse più innocente di quello che in realtà era.

La rossa sbuffò "Vederlo da lontano è l'unica cosa che potrebbe rimanere mia"

Non aggiunse nient'altro, si sedette per terra ed iniziò a disegnare sui bordi delle pagine dei libri. Erano disegni tristi ed anche se non erano espressi esplicitamente, in quelli, Calypso vide tanti cuori spezzati, tanto dolore nel non poter avere chi desiderava.

Mai come in quel momento, Rachel sembrò essere lo specchio della figura di Calypso.



☆★☆★


"Nico, tu non capisci la gravità della situazione" ripeteva per l'ennesima volta Leo, spostando in posizione d'attacco Dioniso e mandando le Baccanti nel campo nemico, perché decapitassero parte dell'esercito del ragazzino "Non mi saluta neanche", piagnucolò passando il turno.

Nico arricciò le labbra, annuendo e controllando le carte che aveva in mano "Non è l'unica ragazza che ti ha tolto il saluto, mi pare" rispose posizionando una trappola per ninfe nel mezzo del suo campo, per poi evocare Apollo in posizione d'attacco, che lanciò una pestilenza nel campamento nemico "Chione non ti ha retrocesso al grado di Sasso, dopo che hai fatto squagliare la sua pista di pattinaggio artistico? "

Leo sbuffò di malumore "È stato un incidente" bofonchiò "E comunque almeno lei un motivo per avercela con me, ce l'ha". Il ragazzo fece avanzare la sua statuina di Artemide verso il confine dei campi, mentre le Cacciatrici si posizionavano in difesa della Rocca. Si stava facendo paura per quanto stava diventando bravo a giocare a Mitomagia e -ma questo non lo avrebbe mai detto a Nico, neanche sotto tortura- per quanto quel giochetto da nerd gli stesse piacendo. Forse c'era un motivo se i suo compagni di scuola lo chiamavano in quel modo -"Quel tizio strano e nerd"-, magari era una sua parte nascosta a se stesso, ma chiarissima agli occhi degli altri.

Preso atto di questo, cosa doveva fare, allora? Mettersi gli occhiali da vista ed iniziare a tirare su col naso moccioli inesistenti?

Sembrava forte.

"Come Thalia. Che le hai fatto? È sbattuta contro un muro di cemento mentre cenavate? La tua compagnia è così terribile?" ridacchiò con un tono cupo il ragazzino, posando le carte sul tavolo e guardando negli occhi il messicano, che non poté fare altro se non abbassare lo sguardo e borbottare qualcosa d'incomprensibile.

Per quanto si potesse avvicinare a Nico, quell'aura oscura che lo circondava permaneva inalterata. Leo si chiedeva quanto tempo ci mettesse il suo cuore a ripararsi. Non aveva idea che il cuore di Nico fosse ancora in fase di rottura.

"Da quando ti sei dato alle battute, tu?" aveva chiesto aprendo la bocca il meno possibile, con fare offeso.

Nico alzò le spalle, facendo comparire Poseidone dal mare e facendogli causare uno tsunami, che devastò i campi coltivati di entrambi i campi, e Nico sarebbe stato nei guai, se solo non avesse avuto Demetra dalla sua parte.

Leo imprecò interiormente e si ripromise che avrebbe comprato le espansioni del suo deck il prima possibile.

"Non mi può ignorare per sempre"

"Dici?"

"Non le ho fatto niente!"

"Davvero?"

"Amico, non sei d'aiuto" concluse il messicano, incrociando le braccia con fare da ragazzino viziato e sempre più offeso.

"Non ho mai detto di voler essere d'aiuto. Anche se tu sei ovviamemte confuso"

"Ti ci voleva una laurea per capirlo?"

Nico sbadigliò, dimostrando quanto poco s'interessasse della conversazione, poi si stropicciò un occhio e, controllando a destra ed a sinistra che non ci fosse nessuno che potesse vederlo o sentirlo, disse l'unica cosa che Leo non avrebbe mai voluto sentire in quel momento:"Ma tu non dovresti pensare al fatto che il tuo appuntamento con Thalia è andato male?"

Eh, niente male Di Angelo. Touche.

La verità era che Leo non aveva pensato all'appuntamento con Thalia, neanche durante l'appuntamento con Thalia, e neanche prima o dopo. Tutto per colpa di quella ragazzina viziata, che si era arrabbiata con lui perché... perché... doveva chiedere spiegazioni su questo dettaglio.

Lui faceva cose stupide, continuamente.

Dimenticava le chiavi di casa, a volte anche il gas acceso, creava marchingegni, che donava ai suoi amici, e scoppiavano loro in faccia -povera Piper. Si era beccata un'esplosione almeno quattro volte, per quattro anni di fila, il giorno del suo compleanno. Non era cattiveria però, era affetto che non raggiungeva il suo scopo-, copiava durante i compiti in classe di letteratura, punzecchiava le persone col sarcasmo... ma, prendendo in considerazione la settimana prima dell'arrabbiatura di Calypso, non aveva fatto cose troppo stupide e -volutamente- cattive; non nei confronti della ragazza, almeno.

Era un'intera settimana, dal Giorno del Grande Fiasco, che Calypso non lo insultava neanche più. E no, Leo non era masochista, ma punzecchiare una persona è qualcosa che si fa in un rapporto d'amicizia, o, almeno, si faceva nel loro rapporto di amicizia. Ricordate la scaletta? Eh, appunto. La scaletta è sacra! Non si può tralasciare la scaletta!

All'inizio aveva sperato che la ragazza si fosse dimenticata della sua arrabbiatura. In fondo, per quanto ne sapeva Leo, Calypso poteva essere nei Suoi Giorni e avrebbe potuto cambiare stato d'animo continuamente -Come? Ah, no. Leo non sapeva se questa fosse una leggenda metropolitana o no. Ad esempio, sua mamma non era mai irritata, ma Annabeth e Piper lo erano quasi sempre, roba che confondeva non poco il Calendario della Luna che Leo teneva in camera, per sapere in quali giorni poteva scherzare liberamente con le sue amiche, ed in quali no. Aveva provato a chiedere direttamente alle ragazze "Quando avrete il ciclo?", ma la reazione era stato un pugno dritto in faccia. Che non era una risposta. Forse quel giorno avevano il ciclo.-. Seriamente, Leo non ricordava di averle fatto niente di terribile. Eppure la ragazza, il giorno dopo il Grande Fiasco, era entrata nella biblioteca, gli occhiali da sole sul naso a coprirle gli occhi, e, senza girare nemmeno la testa dalla parte di Leo, che, sulla scala, avvitava una lampadina a risparmio energetico, aveva oltrepassato la stanza senza una sola parola.

E così aveva fatto per sette lunghissimi giorni, non lasciando Leo lamentarsi né con lei, né interiormente, della cena con Thalia andata male.

La sua testa era piena di domande che avrebbe voluto fare a Calypso e gli macava parlare con lei, farla arrabbiare e -sì, beh, magari un po' masochista lo era- farsi insultare.

Avrebbe dovuto pensare a Thalia, nel frattempo?

"Dovrei?"

"Dovresti"

"Nico?" la testa di Calypso spuntò dal corridoio, lasciando la sua treccia svolazzare sulla sua spalla.

Era aggrappata allo stipite della porta, mostrando solo la metà superiore del suo corpo. Nonostante questo, Leo riuscì a vedere la sua maglietta rossa svolazzare e pensò a quanto il rosso potesse starle bene.

Il ragazzino sbattè le palpebre, annoiato, facendo cenno con la testa verso la ragazza, per farle capire che sì, purtroppo l'aveva sentita. Leo, che poco prima aveva girato in fretta la testa, lasciando che alcuni suoi ricci mori gli cadessero sugli occhi, cercando d'incontrare gli occhi scuri di lei, aveva già in bocca una battuta che avrebbe detto col sorriso.

Ma non disse niente.

Si congelò, come se, per una volta nella sua vita, avesse paura di Calypso e di un possibile rifiuto da parte sua. Ossia, no, lui aveva sempre avuto paura di essere rifiutato dagli altri -guarda come si era sentito quando Jason aveva preferito parlare con Piper, piuttosto che con lui-, in quel momento aveva il terrore che qualcuno, dopo aver visto qualcosa di nascosto in lui, lo allontanasse a causa di quella parte di se stesso che le aveva mostrato. Capito, no? Terrore, non semplice paura.

"Afrodite dice che è ora per voi di parlare di quella cosa" roteò gli occhi la ragazza, appoggiando una mano sul legno della porta.

"Quale cosa?" chiese diffidente Nico. Era impallidito e la sua voce suonava debole e lontana.

Che fosse nei guai?

Leo iniziò a tamburellare le mani, seguendo il codice morse che sua madre gli aveva insegnato quando era più piccolo. I. L. O. V. E. Y. O. U.

Il più piccolo aveva preso a guardare le sue dita sbattere leggermente contro il legno, alzando un sopracciglio, quasi avesse compreso il codice del messicano. Se anche fosse stato così, non disse niente e Leo tirò un sospiro di sollievo.

Sarebbe stato imbarazzante, se qualcuno avesse scoperto che, tutte le volte che s'innervosiva -fosse a causa di qualcosa che doveva affrontare lui di persona, o qualcosa che colpiva i suoi amici e lui non poteva far nulla per aiutarli-, iniziava a tamburellare a tutti quanto volesse loro bene.

Insomma, già lo abbiamo detto che Leo non era Grover!

"Ha detto che avresti capito"

Nico annuì gravemente "Giochiamo un'altra volta" disse, infilando velocemente il suo deck e le statuine nel suo zainetto. Con la mano salutò Leo, con un cenno della testa ringraziò Calypso per averlo chiamato, poi scomparve a passo lento, senza una sola spiegazione.

La ragazza seguì i suoi movimenti con lo sguardo, a metà tra il preoccupato ed il solidale, dimentica della presenza del messicano nella stanza.

"Allora..." iniziò Leo, imbarazzato.

Calypso non si degnò neanche di guardarlo, iniziò a camminare velocemente nella stessa direzione del ragazzino, lasciando le parole di Leo volare per la stanza vuota.

Il ragazzo strinse i pugni sul tavolo, mordendosi rabbiosamente le labbra.

Adesso anche lui era arrabbiato.




Note dell'autore
Non so esattamente cosa dovrei aggiungere a questo punto della storia. Ho calcolato, più o meno, dieci capitoli in tutto, fatti di battibecchi e scene fluff. Perché ci vogliono cose che non ci fanno soffrire. Nonostante questo, ho dovuto inserire qualcosina di più serio. Un po' per Nico, un po' anche per Leo e per Thalia.
Se siete curiosi di sapere com'è andata tra Thalia e Leo, sappiate che la prossima settimana avrò l'onore di pubblicare il capitolo d'esordio della maggiore dei Grace.
Ultimo punto: Leo computa I love you solo perché, avendo ambientato il tutto negli Stati Uniti, Leo parla inglese. Ed in inglese non c'è differenza tra "Ti voglio bene" e "Ti amo", almeno così mi hanno detto. Cioè, se lo trovo lo scrivo, giuro. Ma questo era solo un Ti voglio bene da amico. Davvero.
Ringrazio chi segue, ricorda e preferisce la storia :)
Ed un ringraziamento speciale a chi recensisce! Mi scaldate il cuore (❤️=> mio cuore)  
  
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