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Autore: Harryette    22/11/2014    9 recensioni
[...] Ci fu un silenzio imbarazzante, prima che Margareth si decidesse a riprendere e concludere il discorso.
‘’Questa sono io. Sono Margareth, la stessa persona che era affacciata sul balcone di quel ristorante italiano e la stessa persona a cui hai detto che, andandosene, si rinuncia non solo alle cose brutte ma anche a quelle belle. Sono contenta di averti dato ascolto, perché – io – l’ho trovata una cosa bella. E scusami, davvero perdonami, perché io sono innamorata di te e non so neanche perché te lo sto dicendo adesso’’
Dall’altra parte ci fu, ancora una volta, silenzio. Le parve di udire un sospiro, ma non ne era proprio sicura.
‘’Ho finito’’ disse. ‘’Mi dispiace per l'ora, e...''
Stavolta, però, lui la interruppe. ‘’Stai piangendo?’’ le domandò.
''Cambierebbe qualcosa?'' chiese.
''Non piangere'' lo sentì addolcirsi. ''Non piangere, Marge''.
[SPIN-OFF DI ''MORS OMNIA SOLVIT'', DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli inarrivabili del Bronx'
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|Capitolo Quarto|
In your world

Carl non sapeva guidare niente, e questo Margareth l’aveva capito dal momento in cui aveva acceso il motore.
Non che lei avesse la patente, i genitori la reputavano ancora troppo ‘’immatura’’ per prenderla nonostante avesse 17 anni, e non che fosse esperta di guide, avendo assistito solamente a quelle di George, ma l’aveva capito e basta.
O, più semplicemente, Carl Pearson andava troppo veloce per i suoi standard. Fatto sta, che mentre era in balia del freddo vento newyorkese, Margareth si sentì morire. Non era mai stata coraggiosa neanche nello stretto significato del termine, se così si può definire il suo essere un’irrimediabile fifona. E le strade di New York, precisamente quelle lontane da Manhattan e da tutti i luoghi che lei aveva sempre frequentato, erano più che scoscese. 
Le venne mal di stomaco.
‘’Potresti andare leggermente più piano?’’ urlò nell’orecchio del ragazzo, a metà viaggio circa, ma questo parve non ascoltarla affatto. Continuò imperterrito la sua corsa, manco avesse un treno da prendere, e acchiappando a pieno tutti i fossi e le buche presenti sull’asfalto duro.
Quando la motocicletta si fermò con un rombo in un piccolo parcheggio grigiastro, lei scese e tirò un sospiro di sollievo. Carl la imitò, sfilandosi il casco nero ad una velocità impressionante, e guardandola interrogativo. 
‘’Vuoi tenertelo per ricordo?’’ le domandò, con un tono che doveva presagire una battuta che a Margareth non fece ridere, indicando il casco rosso che ancora lei aveva in testa. 
Lo sfilò intimidita, e glielo porse.
‘’No, grazie’’ rispose, com’era abituata a fare, ed ebbe la vaga impressione che la sua educazione mettesse Carl a disagio. Come se non avesse il diritto di ironizzare su di lei o sul suo modo diverso di vivere, o come non fosse nella posizione di fare battutine. Era una specie di protezione, quel suo dire sempre ‘’grazie’’ e quel suo dimostrarsi sempre disponibile. Ne fu quasi fiera.
Lui lo afferrò e lo legò al manubrio della moto, facendole segno di seguirlo. Solo il quel momento a Margareth venne un dubbio: aveva fatto bene ad accettare la richiesta imperativa di Carl? Per quel che ne sapeva, poteva anche essere un maniaco o, peggio, un serial killer.
Si ritrovarono in un viale alberato prima ancora che lei potesse darsi, da sola ovviamente, una risposta. Non conosceva quel parco, non credeva neanche di esserci mai stata, eppure le piaceva. Era di media grandezza, molto verde e moltovuoto. Si stupì di se stessa, alle due e mezza del pomeriggio era naturale che la gente mangiasse o si riposasse. 
‘’Dove stiamo andando?’’ osò chiedere, sistemando una ciocca di capelli biondi che era stata scomposta dal vento ferreo.
‘’Da nessuna parte in particolare’’ rispose Carl, asettico ed apatico. Mise le mani lattee nelle tasche della felpa e continuò a camminare senza aggiungere altro. Il viale alberato in cui si trovavano era lunghissimo, e Margareth cominciò seriamente ad avere paura.
‘’Non vuoi uccidermi, giusto?’’ chiese.
Lui fece qualcosa che doveva somigliare molto ad un sogghigno. ‘’Se avessi voluto vederti morta, non credi ti avrei lasciata sul parapetto di quel ristorante?’’
Margareth non rise neanche quella volta, anzi si ritenne mezza offesa. Quel ragazzo bianco e silenzioso non la conosceva, non poteva sapere come si fosse sentita e che cosa avesse passato e perciò non poteva giudicarla né fare battutine sconce. 
Per questo motivo, e perché manco lo conosceva, la bionda tacque e non aggiunse nient’altro. Continuò a camminare, chiedendosi perché Carl le avesse detto di seguirlo, senza proferir parola.
Difatti fu lui a rompere il silenzio.
‘’Ti saresti buttata?’’ le domandò di soppiatto, facendola quasi sobbalzare. Margareth solo allora alzò lo sguardo ed incatenò i suoi occhi azzurri in quelli trasparenti del ragazzo. 
‘’Cosa?’’ sembrò confusa, ma in realtà sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo Carl.
‘’Quella sera’’ specificò. ‘’Ti saresti buttata?’’
‘’Io…’’ balbettò la ragazza, senza trovare qualche appiglio o l’ombra di qualcosa da dire. Era sempre così, pensò, un continuo balbettare e cercare scuse a cui tutti credono. ‘’No’’ mentì.
Per i successivi tre minuti nessuno parlò, solo il rumore sordo del vento produceva un qualche suono che allontanava- almeno del minimo indispensabile- l’imbarazzo.
‘’Non ti credo’’ esclamò d’improvviso Carl, e Margareth non ebbe neanche più la forza di sorprendersi. Non si potevano presagire le mosse e le parole del ragazzo, e questo l’aveva capito bene. Prese ad osservare le sue Hogan, quelle che metteva solamente per la scuola, e scalciò un sassolino. Si sentiva troppo esposta, troppo nuda, aveva quasi l’impressione che quel ragazzo etereo riuscisse a vederle attraverso. E non era una cosa positiva, proprio no.
‘’Perché?’’ trovò la forza di domandare. Aveva perfino timore della risposta.
‘’Perché non sembri il tipo da esporsi così tanto per poi tirarsi indietro’’ scrollò le spalle.
‘’Bhè, neanche tu sembri un assassino eppure non so dove stiamo andando e potresti essere sul punto di uccidermi!’’ cercò di risuonare convincente la ragazza, ma sembrò  incerta anche alle sue orecchie. 
‘’Non ti uccido’’ disse solo, e- per qualche arcano e assurdo motivo- Margareth ci credeva. Era come se lo sentisse, come se Carl Pearson ce lo avesse scritto in faccia. Sapeva che era stupido, ma nella stessa misura era anche così e basta.
‘’Carl’’ lo chiamò d’improvviso lei, perché comunque non c’era più spazio per la timidezza o l’incertezza. Quel ragazzo l’aveva vista piangere e sul punto di suicidarsi, il tutto in una sera, e non c’era lato peggiore di lei che potesse vedere. Non poteva prenderla per pazza, dopo quello a cui aveva assistito. Niente esisteva di peggiore di quel che era stata sul punto di fare. ‘’Hai mai desiderato cambiare vita?’’
Non era una domanda a doppi fini o a doppi termini, era semplicemente quello che le era saltato in mente. Ed ogni volta che vedeva Carl, così statico ed inarrivabile, si domandava se ci fosse qualcosa al mondo che avesse la capacità di scalfirlo. Sembrava marmoreo ed impenetrabile, ed in una certa misura lo invidiava. Anche lei avrebbe voluto fregarsene, andare avanti e basta, eppure non c’era mai riuscita. 
Avrebbe tanto voluto sapere qualcosa in più su quel ragazzo.
‘’Ho già cambiato vita una volta’’ evase lui, sempre più distaccato. Non aggiunse neanche un’altra parola, e prese a camminare un po’ più veloce. Margareth fece fatica a tornargli accanto.
La ragazza avrebbe voluto approfondire il discorso, chiedergli scusa se aveva detto qualcosa che poteva averlo urtato o ferito o infastidito, ma non ne ebbe il tempo. Carl si fermò improvvisamente, e lei con lui. 
‘’Voglio presentarti qualcuno’’ le disse, improvvisamente. In un’altra situazione Margareth si sarebbe preoccupata del suo aspetto, si sarebbe informata sulle persone che stava andando a conoscere, o quantomeno sarebbe stata agitata. Era la sua solita routine. Quella volta fu l’esatto inverso. Era tranquilla, calma, e- in qualche modo distorto e stupido- la presenza di Carl la rassicurava. Non era così male come sembrava.
Nel momento in cui smise finalmente di pensare, davanti a lei apparvero due ragazzi. Erano alti, di qualche spanna più di Carl, ed erano spalla a spalla. Uno di loro, il più alto, indossava una canotta nera dei Nirvana e dei jeans neri e sfilacciati. Aveva in mano un iPhone e guardava lo schermo interessato, facendo brillare alla luce del sole il suo septum e il suo piercing al labbro. Aveva un dilatatore che gli allargava il lobo all’inverosimile, e che gli dava un qualcosa di…macabro. Aveva la pelle chiarissima, tuttavia non quanto quella di Carl, che intonava con il colore dei suoi capelli: color platino, addirittura più chiari di quelli di Margareth, e palesemente non naturali. Le sue braccia erano tatuate fino ai limiti del possibile, facendolo somigliare quasi ad un rettile. A primo impatto poteva sembrare bello, ma aveva una vena inquietante che non dava alcun tipo di tranquillità.
L’altro, leggermente più basso e tarchiato, aveva la pelle scurissima e dei capelli corvini che Margareth invidiò quasi. Le sembrò una copia maschile di Robyn, con i capelli scuri tendenti al riccio. Il ragazzo indossava una t-shirt bianca dei Ramones e un jeans chiaro e largo, fin troppo. Gli occhi coperti da un paio di Rayban e le mani nelle tasche del pantalone. La osservava con uno sguardo che era un misto fra il curioso e lo sconvolto, mentre si grattava la nuca e mostrava tutti i tatuaggi del braccio sinistro. Quello destro, stranamente, era pulito.
‘’Ragazzi’’ soffiò Carl, mentre sfilava una sigaretta dal labbro del secondo ragazzo e se la portava alle labbra. ‘’Vi presento Margareth’’ e la indicò, quasi come se ci fosse qualcun altro lì intorno. 
Lei cercò di non arrossire, e si avvicinò per stringere la mano ad entrambi. Iniziò con il ragazzo più basso, che le dava più tranquillità. 
Si presentò come Cameron.
‘’A me sembra di averti già visto’’ disse il ragazzo ambrato.
‘’Io…’’ fece per parlare Margareth, per spiegare che la sua faccia era spesso sui giornali locali e ai convegni importanti, ma Carl la precedette- interrompendola. 
‘’E’ Margareth Grey, la figlia del sindaco’’ ammise, come se fosse la cosa più scontata del mondo e come se stesse rispondendo alla domanda ‘’che ore sono?’’.
Cameron e l’altro ragazzo scoppiarono in una fragorosa risata, il moro addirittura mantenendosi la pancia. ‘’Si, come no!’’ fece eco il biondo. 
‘’In realtà…’’ intervenne Margareth, prendendo ad arrotolarsi convulsamente una ciocca di capelli chiari attorno all’indice. ‘’Sono davvero Margareth Grey’’
I ragazzi smisero di ridere e guardarono sopresi prima lei e poi Carl, con uno sguardo che la bionda non seppe decifrare. ‘’Ma davvero?’’ domandò imbarazzato Cameron. ‘’Quella Grey?’’
Era esattamente il tipo di domanda che Margareth odiava, ma non poteva biasimare il ragazzo. Non perché fosse snob o famosa, ma la figlia del sindaco di New York di certo non era un incontro di tutti i giorni. Non per dei ragazzi particolari come loro, almeno.
‘’Si’’ ammise. ‘’Proprio quella’’.
‘’Cazzo’’ esclamò Cameron, grattandosi goffamente il capo scuro. ‘’Odio quando Carl ha ragione’’
Maggie rise di gusto, perché era impossibile non ridere davanti alla faccia stralunata di quel ragazzo dalla pelle abbronzata e il fisico tonico. Sembrava simpatico.
Poi voltò inevitabilmente lo sguardo verso il biondo, che aveva sentito ridere e dire qualche parola ma non sapeva ancora chi fosse, e lui capì al volo. ‘’Mi chiamo Holland’’ disse. 
‘’E com’è essere la figlia del sindaco?’’ si intromise Cameron, di nuovo, mentre Carl scuoteva il capo e lei non sapeva cosa dire.
‘’Ehm’’ balbettò. ‘’Noioso ma ha i suoi vantaggi’’ ne uscì.
La cosa che Margareth temeva di più era che Carl, essendo i suoi due migliori amici, avesse raccontato ai ragazzi che lei aveva tentato di gettarsi in un lago. Si sentiva in soggezione appunto per questo, e le si attanagliò lo stomaco al pensiero. Pearson sapeva fin troppo di lei.
‘’E quanti anni hai, ragazzina?’’ continuò Cameron. La bionda si sentiva tanto un vetrino sotto al microscopio, o una specie rara di qualche razza esotica.
‘’Hai finito di farle il terzo grado, Cam?’’ la voce di Carl echeggiò nel parco spoglio e verdissimo, facendo ritorno nelle orecchie della ragazza che lo ringraziò mentalmente. ‘’E’ solo una ragazza’’
Margareth rimase profondamente colpita da quella frase. Probabilmente qualche altra ragazza si sarebbe offesa, sentita sminuita e data per scontata, ma era proprio quello che voleva. Essere solo una ragazza.
‘’Ti da fastidio?’’ domandò di soppiatto Cam, guardandola con due occhi dolci a cui Margareth non seppe resistere. Evidentemente prese il suo silenzio per un no, e disse ‘’Oh andiamo Carl, se il solito barboso’’
‘’Barboso?’’ domandò sconcertato Holland. ‘’Che cazzo di parola è?’’
‘’E che cazzo ne so’’ se ne uscì il moro. ‘’Allora Maggie, posso chiamarti Maggie?’’
‘’Ehm, si va bene’’ balbettò confusa la bionda. Non riusciva a seguire la scena.
‘’Quanti anni hai, quindi?’’
‘’Quasi diciassette’’ rispose, guardandosi la punta delle scarpe. ‘’Voi?’’
‘’Io ne ho venti e Land diciotto, eh stronzetto?’’ rispose a sua volta Cameron, guardando l’amico biondissimo al suo fianco e alzandosi sulle punte per scompigliargli il ciuffo platinato. Holland si scansò, sistemandosi i capelli. ‘’Ma non mi toccare, coglione’’ ringhiò, eppure non c’era neanche un pizzico di antipatia o cattiveria o fastidio nella sua voce. Era quasi divertito.
‘’Belle scarpe’’ esclamò improvvisamente Cam, indicando le Hogan di Margareth. Lei si sentì a disagio nella sua divisa scolastica, e nei suoi capelli biondi perfettamente ordinati e nel suo volto così pulito e nella sua pelle così pulita e senza tatuaggi. Infondo le sarebbe piaciuto essere libera come loro. 
‘’Grazie’’ disse, sinceramente e sorridendo. 
‘’Sto pensando di rubartele per pagarci l’affitto, quanto valgono più o meno?’’ continuò imperterrito. 
Margareth divenne paonazza, ma ci pensò Carl- ancora- a tirarla fuori da quella situazione stramba. Cameron era schietto ed aperto, ma la metteva terribilmente in soggezione. 
‘’Ma che cazzo di domande fai?’’ domandò all’amico. 
‘’Tranquillo Carletto, Margareth la lascio a te’’ sogghignò. ‘’Sono felicemente fidanzato, anche se mi sento particolarmente attratto dalle sue scarpe’’
‘’Poi ti domandi ancora perché non trovi lavoro?’’ sputò Holland. ‘’Sei un cazzone, eh’’
‘’Dettagli’’ sbuffò il ventenne. Poi, improvvisamente, il suo telefono vibrò e rispose rapidamente a quello che doveva essere stato un messaggio. ‘’Ragazzi, mi spiace deludervi ma Laurine mi attende. Scappo’’
Margareth ipotizzò che Laurine dovesse essere la famosa fidanzata di cui parlava precedentemente, e si chiese se avesse dovuto dirle che il suo ragazzo voleva tradirla con le sue scarpe.
Ma prima che potesse trovare una risposta, Cam le si avvicinò e le schioccò un bacio veloce sulla guancia morbida. ‘’Alla prossima, quella Grey’’ ironizzò. Scomparve dietro ai cespugli dopo aver dato una pacca sulla spalla a Carl, sussurrando un ‘’ci vediamo stasera’’, e dopo aver tentato di abbracciare Holland. Il simpatico Land, infatti, si era distaccato subito ringhiando un ‘’che gay’’.
Margareth si ritrovò, così, fra Carl- particolarmente silenzioso- e Holland che non ispirava per niente simpatia e ironia. 
‘’Scusalo’’ le disse. ‘’E’ un pochino coglione’’
A Margareth venne da ridere di nuovo, ma sorrise semplicemente. ‘’Mi stanno simpatici quelli un poco coglioni’’
Aveva detto pochissime parolacce in vita sua. Primo perché i genitori si sarebbero arrabbiati tantissimo, e secondo perché neanche a lei piacevano particolarmente. Ma si sentì quasi più libera.
Land le si avvicinò particolarmente, e le poggiò un braccio sulle spalle esili. Lei reagì pietrificandosi, perché non se lo sarebbe mai e poi mai aspettato. Forse non era poi così antipatico.
La avvicinò così tanto a lui, che era altissimo e per cui il volto di lei gli sfiorava esattamente l’incavo del collo, che sentì il suo profumo. Era un misto fra fumo e anice. Piacevole.
‘’Sei carina’’ le disse, mentre Carl li guardava, e lei pietrificò del tutto. Avrebbe voluto urlare un ‘’prego?’’ o meglio un ‘’che cosa?’’, ma non ne ebbe il coraggio. 
Non disse niente, fino al momento in cui Holland la mollò e li salutò entrambi dicendo che tornava a casa. Anche lui disse a Carl che si sarebbero visti quella sera, e la salutò con un bacio sulla guancia come aveva fatto Cam, solo che questo fu leggermente più umido e lungo. 
Una pacca a Carl, e poi sparì.

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Era quasi un’ora che lei e Carl avevano ripreso a camminare per le strade del parco in cui si trovavano, ma Margareth non sentiva il peso del tempo. Si sentiva come una piuma nel vento, e le piaceva.
Si ripromise che avrebbe appuntato quella sensazione nella lista delle cose per cui vivere.
‘’Sono simpatici, i tuoi amici’’ disse poi, quando era silenzio da un paio di minuti. 
‘’Davvero?’’ la guardò stranito. ‘’Li trovi simpatici?’’
‘’Non dovrei?’’
‘’Non sono il tuo tipo’’ scrollò le spalle Carl. ‘’Tutto qui’’.
Margareth si chiese, a quel punto, chi fosse il suo tipo e perché non l’avesse ancora trovato. Eppure quei ragazzi, tutti e tre, le stavano davvero simpatici. Li trovava naturali e spontanei, tre ragazzi che erano esattamente chi volevano essere. Chi erano e basta. Li invidiava, quasi.
‘’Siete liberi’’ disse la bionda. ‘’Vivete facile. Mi piace’’
Carl si irrigidì, questo Margareth potè notarlo anche da lontano. Non parlò fino a quando non raggiunsero la moto, pronti per tornare alle rispettive case. Margareth avrebbe voluto chiedergli che cosa avesse detto di sbagliato, che cosa avesse fatto che l’aveva urtato in quel modo, ma si era quasi abituata. Poche volte quel che diceva non aveva ripercussioni sull’umore di Carl, fin troppo labile e lunatico, e non poteva di certo assillarlo di domande ogni volta che capitava. Era meglio tacere ed aspettare che parlasse lui, in quei casi. 
Mise il casco ed indicò a Carl una strada secondaria e poco trafficata per arrivare in fondo alla sua via, e lasciarla lì. ‘’Non vorrei che qualche domestica, o peggio i miei genitori, ci vedessero’’ e Carl non obbiettò. La accompagnò esattamente dove aveva chiesto lei, a pochi isolati dalla sua enorme villa che sorgeva imponente anche da lì.
Margareth scese dal mezzo un poco goffamente, mentre lui non si mosse, e si sfilò il casco subito, stavolta. Glielo porse e lui lo legò semplicemente al manubrio, mentre lei si sistemava meglio la cartella sulla spalla. Cosa doveva fare adesso? Salutarlo con un bacio o un cenno? Ringraziarlo per la bella giornata? Chiedergli cosa gli frullasse per la testa?
Fu Carl a parlare, nel momento in cui Maggie stava per aprir bocca e salutarlo. ‘’Nessuno è libero’’ sussurrò, riferendosi evidentemente a quello che lei aveva detto poco prima. ‘’Ognuno ha la sua croce, Marge. Nessuno vive facile’’ 
Carl era l’unico che la chiamava Marge, e a lei la cosa piaceva. Ma quello che aveva detto la toccò nel profondo. Lei non aveva intenzione di dire che la loro vita era una passeggiata, non voleva sminuirli, il suo era un semplice complimento. Una giustificazione plausibile sul perché le stessero simpatici i suoi amici. Solo allora si rese conto di quanto si fosse espressa male.
‘’Non intendevo dire questo. A me piacciono i tuoi amici perché osano, perché prendono tutto sul ridere e perché…’’ ma fu interrotta di nuovo dal ragazzo. Quando era agitata tendeva a parlare a sproposito. 
‘’Land ti sminuisce’’ disse solamente, prima di mettere di nuovo in moto la motocicletta e preparandosi a partire. 
‘’Cosa?’’ domandò confusa la bionda, prendendo in mano il suo iPhone che aveva iniziato a vibrare per un messaggio di Robyn. L’avrebbe letto dopo, comunque.
Carl lo guardò e lo prese fra le mani senza chiederglielo, premendo tasti che Margareth non riuscì a vedere e ridandoglielo poco tempo dopo. La ragazza suppose che si fosse mandato un messaggio dal suo telefono, in modo da avere il suo numero, ma non osava sperarci più di tanto. Carl non disse nient’altro, ne spiegò la frase di poco prima.
‘’A presto, Marge’’

 
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Osservando il soffitto della sua stanza, Margareth pensò che fosse arrivato il momento di rispondere al messaggio di Robyn di cinque ore prima, in cui blaterava riguardo l’imminenza del suo viaggio in Europa.
Quella sera i suoi genitori erano andati a cena fuori da qualche parte al centro, e Margareth aveva messo in gioco la sua emicrania per restare a casa. Hollie l’aveva obbligata a mangiare qualche pezzetto di pollo, ma per il resto non c’era stato verso.
Non aveva fame.
Prese in mano il suo iPhone, e notò che Robyn le aveva mandato altri due messaggi.
20:00
Da: Robyn
Margareth Elena Grey, hai capito cosa ho detto? MANCANO CENTO GIORNI E ADDIO AMERICA!!



20:30
Da: Robyn
Forse non hai capito cosa ho detto…chiama appena puoi. Baci xx


Margareth rispose velocemente con qualcosa che doveva sembrare entusiasta, giusto per compiacere la sua migliore amica, e bloccò lo schermo.
Voleva solamente dormire.

 
 
01:09
Da: 3457636452
Saresti più carina se mangiassi di più. Carl.
 
 
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Ecco a voi il capitolo :)
Dal momento che vado di fretta, cercherò di essere il più breve e coincisa possibile: il capitolo si intitola 
''In your World'' perchè Margareth viene catapultata - volontariamente, eh - nel mondo di Carl.
Cameron e Holland sono i suoi due migliori amici, dopo Zayn, e vivono tutti e tre insieme!
Vi chiedo solamente di non essere affrettati nei giudizi, perchè tutti e due - e soprattutto Land - avranno un ruolo 
abbastanza importante nella storia. Ovviamente, col tempo, ci sarà l'aggiunta di altri personaggi 
ma questi, in linea di massima, sono i più importanti!
Detto questo, lascio a voi i commenti!! Spero il capitolo vi sia piaciuto, e scusatemi per eventuali errori!
Un bacio enorme, risponderò presto alle vostre recensioni gentilissime. 
Buon sabato sera, a presto. xx
Harryette
Ps: vi lascio con una foto del nostro Carl :)


kk
  
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