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Autore: HelloAutumn_    23/11/2014    5 recensioni
(crossover Percy Jackson, Frozen, le 5 leggende)
(Jelsa, nuova ship)
Elsa aveva capito come affrontare il dolore, la paura, anche l'amore in quei lunghi anni.
Però quando il tuo mondo viene sconvolto e scopri di non essere chi credevi, anche la pace più duratura viene messa alla prova.
Perchè quando parti con l'intenzione di tornare ma l'amore si mette in mezzo niente resta come prima.
Quando dei segreti invisibili vengono a galla le scelte non diventano che più difficili
§§§
Tra amicizie, amori, segreti, battaglie, insicurezze e altro ancora Elsa, con le sue nuove (e semidivine) conoscenze dovrà capire cosa davvero è importante e come affrontare ogni sfida.
§§§
spero vi piaccia la mia prima long!
baci
Tumn
recensite vi prego,ho bisogno di consigli e dritte per migliorare.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Il Sigillo Bianco

Capitolo 10: colpo che ferisce, sguardo che punisce

 
L’alba era di una bellezza sconvolgente. Le nuvole lasciavano spazio al sole, illuminava le foglie che la facevano filtrare a macchie sul terreno umido e scintillante di rugiada; mentre una Eos indaffarata accarezzava il cielo con le rosee dita e il manto color zafferano. Poeti, figli del sole, avrebbero passato ore ad osservarla, componendo sotto il suo sguardo materno i lavori più ispirati ed espressivi.
Per Edward, era tutta un’altra storia. Non che non ne apprezzasse la bellezza; egli aveva infatti l’innato dono di vederla ovunque anche nella lotta, armonioso scontro di corpi e di coscienza, ma esprimersi ad alta voce avrebbe implicato come minimo un labbro spaccato, ancora.
Edgar era a torso nudo, mettendo in mostra il fisico muscoloso tanto da essere inquietante, mentre rideva con voce gutturale e ordinava con male parole ai fratellastri di alzarsi. Edward sentiva i suoi occhi di fuoco perforargli la schiena come punte acuminate, intrise d’odio e arroganza.
Prese i vestiti ripiegati e si diresse con passo deciso nello spogliatoio. Era stato il primo, avrebbe avuto qualche minuto prima che i fratelli gli urlassero attraverso la porta di uscire.
Si mise con noncuranza le brache e si lavò, sedendosi sopra allo sgabello col volto ancora gocciolante d’acqua. Si passò le mani sul volto arrivando alla nuca dove le intrecciò, respirando profondamente. Faceva quel gesto miliardi di volte in una giornata, quando era irritato o malinconico.   Era principalmente colpa del fratello se lui non era più il bambino spensierato di una volta. Rancore, ancora, e bruciava. Sale, su una ferita mai completamente rimarginata. Perché in fondo non era colpa sua, non lo era mai stata.   Dieci anni erano troppi, anche per il dolore più ceco; ma Edgar non voleva perdonarlo di qualcosa di cui non aveva realmente colpa.
Un bussare insistente lo riscosse in tempo da asciugare dalla lacrima solitaria un angolo dell’occhio e prendere la camicia, lasciandola pendere su una spalla; rivolse un’occhiata gelida alla ragazzina in coda. Era più facile così, molto più facile.
§§§
Il sangue bruciava nelle vene, mentre la pelle era grondante di sudore, lucida; la camicia gettata nella polvere.               
 I muscoli contratti nello sforzo, i denti digrignati.
Edward si stava allenando, dando tutto se stesso per quello che molti avrebbero definito banale attività fisica. Doveva essere perfetto, rendendo un combattimento molto più della lotta primordiale tra due animali; una sincronia di colpi potenti e precisi, un’arte che sublimava l’architettura dei corpi.
Le mani erano avvinghiate alle spalle dell’avversario che iniziava a fremere dallo sforzo. Erano restati così per minuti interi con i muscoli in tensione per allenare la resistenza. Ora Edward non la percepiva, la fatica, solo la frenesia dello scontro, i sensi vigili. I primi impercettibili segni di cedimento iniziavano a mostrarsi nel corpo del compagno, sempre più lunghi. Cercò di prolungare la lotta per puro piacere personale poi, approfittando dell’occasione propizia, atterrò il ragazzo con un’abile torsione del braccio.
-Grazie mille Evan, stai migliorando molto comunque – disse il figlio di Ares
Il ragazzo, mentre afferrava la mano che Edward gli porgeva per rialzarsi dalla polvere, rispose –Figurati, è sempre un piacere allenarsi con uno esperto come te. –
Edward incassò il colpo come si trattasse di uno scontro, senza battere ciglio, per poi allontanarsi verso la sua casa. Vedeva con la coda dell’occhio Edgar, un ghigno che non abbandonava mai il volto, sventrare un manichino con il lucente e robusto spadone a due mani che era stato regalato dal padre. Nemmeno si è scomodato per me... pensò prima di rimpiangere in silenzio chi davvero mancava...
§§§
Jonathan era seduto al tavolo di Apollo, mentre consumava distrattamente l’ultimo pasto della giornata. Era passata circa una settimana da quando Anya era stata riconosciuta. Aveva provato molte volte a cercarla per passare del tempo insieme, anche più volte in un giorno, ma la ragazza era sempre parecchio impegnata e la sua unica consolazione era un luminoso sorriso di scuse visto di sfuggita. Jonathan anche se non lo dava a vedere era rimasto deluso.
Gli piaceva passare le giornate con la figlia di Efesto, anche se non sapeva definire bene il loro rapporto. Avevano condiviso molto in quei giorni, si erano divertiti e avevano riso. Robert, il fratello con cui aveva più confidenza, lo aveva visto distante in quei giorni. Rob era un ragazzo molto empatico e intelligente, così non aveva neppure provato a nascondergli nulla.
Avevano parlato a lungo ed erano arrivati ad una conclusione: Jonathan era quasi cotto, in pratica. Anche se il ragazzo negava spudoratamente.
 
Ricordava bene come aveva iniziato la conversazione:” perché quella faccia? sembri Eddy quando è depresso (ovvero sempre)!”
Jonathan aveva preferito non sentire il fratello parlare del migliore amico. Neppure lui sapeva il perché del suo comportamento, conosceva solo una mezza verità.   
Si accorse di aver meccanicamente mangiato per tutto il tempo, e di star raschiando il fondo del piatto, si alzò e gettò gli avanzi nel fuoco sacro.
Il falò era semideserto, solo alcuni ragazzi avevano finito prima di mangiare per prendere i porti migliori ed ora chiacchieravano senza curarsi di lui. Jonathan si sedette su un tronco isolato e appoggiò la schiena ad un albero, con la seria intenzione di addormentarsi.
Il fato però, optò per movimentare la serata.
Jonathan sentì una fitta alle gambe, che lo sbilanciò, minacciandolo di cadere dal tronco. Anya si era bellamente lanciata su di lui e lo fissava con gli occhi smeraldini, attendendo una sua reazione. Non vedendone lo salutò, comunque entusiasta:
-Ciao! Come va? - chiese senza ottenere una vera risposta
-uhm, si...e tu? – disse il biondo grattandosi la nuca imbarazzato
-Benissimo grazie! Mi sto divertendo un sacco, il campo è fantastico non trovi?!- iniziò la mora felice –Tutti i miei fratelli sono stati gentili e divertenti con me, è bello avere tanti che ti capiscono e ti vogliono bene vicino- proseguì abbassando la voce, che prima rasentava l’urlo.
-Ne sono felice –disse il figlio del sole, deglutendo. Da quando non riesci a parlare con una ragazza scemo!? Pensò seccato. Racimolando un po’ di dignità decise di smetterla di farsi problemi e disse la prima cosa che gli veniva in mente.
-ti va di trovarci domani davanti all’arena? Poi magari andiamo a fare una passeggiata- chiese, senza tremolii nella voce
-Credo che vada bene ai miei fratelli se per un pomeriggio non lavoro con loro. Si, ho proprio bisogno di un po’ di svago con un amico- disse sorridendo
Jonathan non batté ciglio e le rivolse uno sguardo. I suoi occhi in quel momento erano azzurri come il cielo, intensi e senza ombre. Anya si perse a fissarli, venendo riscossa soltanto dal vociare che aumentava e dalla risata cristallina di Elsa che si stava avvicinando con Thomas al falò.
Si affrettò a scendere dalle sue gambe e schioccargli un veloce bacio sulla guancia prima che gli altri riuscissero a vederli.
§§§
Elsa stava ridendo molto quella sera. Se vogliamo essere precisi era da tutta la giornata che si divertiva. Diciamo che anche se una parte di lei era malinconica, Thomas non le permetteva di crogiolarsi nella tristezza. Da una settimana, come minimo.
Il ragazzo era di un’allegria contagiosa e, consapevole di esserlo, giocava bene le sue carte.
Dentro di sé Thom sentiva di dover alleggerire l’atmosfera con gli altri, specialmente con la regina di Arendelle. Quella giornata l’avevano passata nell’arena ad allenarsi o a tirare con l’arco lei, con la balestra lui, alternando il tutto con battutine del tutto demenziali del moro.
Per quanto pessime potessero essere, Elsa rideva gettando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi, liberando un suono cristallino nell’aria, lasciandolo come inebetito.
-allora- riprese Thomas mentre gesticolava, senza abbandonare il sorriso scaltro che aveva dipinto sulle labbra –stavo dicendo che è stato un incidente, ma non mi sono mai divertito così tanto! La sua faccia era qualcosa di leggendario! - disse ridacchiando e riproducendo la buffa espressione gonfiando le guance e strabuzzando gli occhi, arricciando il naso mentre le fiamme del falò gli coloravano il volto di riflessi aranciati.
Elsa si portò una mano alla bocca soffocando una risata e scuotendo la testa perché “il suo amico era dannatamente stupido!” fece per sedersi su un tronco quando venne urtata, minacciando di finire a terra. Venne fortunatamente sorretta da Thom, che la prese per i polsi e la tenne stretta. La ragazza si staccò dalla presa gentile e tossì imbarazzata verso lo sconosciuto; in fondo era colpa sua, si era spostata repentinamente.
Il ragazzo aveva i capelli scuri e gli occhi neri, la pelle pallida e il fisico magro. Era sui sedici anni circa ed appariva abbastanza schivo. Elsa si sforzò di sorridergli e gli porse una mano –Scusami davvero tanto – disse
-non ti preoccupare- rispose –Joseph, piacere. sono arrivato ieri- disse porgendole una mano
-Elsa- -Thomas- aggiunsero i due stringendo la mano ossuta e regalandogli timidi sorrisi.
Il falò trascorse normalmente mentre tutti sedevano tranquilli vicino al fuoco.
§§§
Edward era seduto in disparte, lo sguardo che guizzava attento da una parte all’altra.
Aveva declinato il gentile invito di Jonathan ad unirsi a lui e la sua compagnia, in favore di una serata più silenziosa. Mentre i semidei cantavano in coro il figlio di Ares scrutava vigile la folla. C’era troppa monotonia, mancava qualcosa o meglio qualcuno...
 
Edgar ghignava spalleggiato da alcuni suoi fratelli, o semplicemente tirapiedi, mentre il suo sguardo sprizzava disprezzo e divertimento. Spostò il peso da una gamba all’altra mentre faceva scrocchiare teatralmente le nocche, compiacendosi del gridolino strozzato che la ragazzina aveva emesso.
Il falò in lontananza gli illuminava fiocamente la schiena mentre la sua figura era scura e la sua ombra di pece lambiva i piedi della biondina. Sentì qualcuno sghignazzare quando l’esile figura sussultò, scontrandosi con il muro, e constatando di non avere via di fuga.
Quella mocciosa aveva osato ribattere quando lui le aveva semplicemente ordinato di andarsene, lei con i suoi stupidi amici. Un ma troppo poco flebile, un’imprecazione mentre si apprestava a lasciare il posto, uno sguardo troppo sprezzante, che lo aveva fatto infuriare.
Edgar avanzò verso la ragazzina e si piegò alla sua altezza, pendendole il mento tra le unghie, mentre ella voltava il viso lontano da lui e soffocava il tremolio nella sua voce, chiudendo gli occhi.
-Come ti chiamo piccina? – chiese il figlio di Ares con voce fintamente mielosa
-L-Lily- rispose la biondina – ora puoi lasciarmi? Ti ho già chiesto scusa- sussurrò implorante.
-Oh senza fretta- disse Edgar rigirando il volto della figlia di Ermes tra le mani – posso tirarti una treccina? Posso? - chiese mentre i compari ridevano malignamente. Lily deglutì. –vediamo un po’ come starebbe un bel livido sul tuo faccino...- disse allontanandosi lievemente.
Un pugno colpì Edgar dritto al naso facendolo voltare fulmineamente. Il ragazzo imprecò ben poco elegantemente mentre il suo gruppo si apprestava a lanciarsi sul nuovo arrivato, attendendo il segnale del loro capo, ora troppo occupato a stringersi il setto nasale dolorante. Quando Edgar si voltò un lampo d’odio passò nei suoi occhi ardenti, riconoscendo la familiare figura di Edward.
-andate ragazzi, qui è una questione di famiglia...- disse minaccioso –e Tu! Ragazzina, non ci sarà sempre il paladino dei deboli a pararti il culo – disse ringhiando mentre Lily si asciugava le lacrime di spavento e correva via rapidissima.
La sicurezza di Edward stava scivolando via, facendogli pensare di aver fatto davvero un gesto sconsiderato. Già il fratello lo odiava per un buon motivo, due si appuntò mentalmente, se si permetteva pure di tenergli testa non sapeva di cosa sarebbe stato capace.
Edgar si asciugò il rivolo di sangue che gli colava dal naso sulla camicia con noncuranza, lasciandovi una lunga striscia cremisi, mentre faceva scrocchiare il collo per poi posare il suo sguardo di denigrazione sul fratello.
-oh cavolo, il mio fratellino è un eroe! – disse ridacchiando, mentre un sorriso ghignante gli compariva sul volto con un accenno di barba.
-Edgar...- fece per replicare, senza sapere davvero che cosa dire
-sai che ti dico? – continuò il maggiore –mi fai schifo- disse abbandonando l’espressione fintamente gioiosa.
-pensi che così le persone ti accetteranno? Così? comportandoti da eroe allocco?!- disse con ribrezzo nella voce mentre gli girava attorno.
-Beh non sei niente. Non sei degno di essere un figlio di Ares, non sei degno di essere mio fratello. Sei solo uno sciocco attaccabrighe, un insulso ingenuo! – disse alzando sempre di più il tono della voce, tanto nessuno li avrebbe sentiti da laggiù.
-non sei niente, da quando ti ha abbandonato E.... -  iniziò stringendo i denti con forza.
Un pugno di una potenza devastante lo colpì di nuovo.
Edgar iniziò a vedere sfocato. –Non, Non nominarla! - ruggì il fratello – non sei al Suo livello, verme. –
Edward si allontanò da luogo furibondo abbandonando il fratello e asciugandosi il volto dal sudore e dalle lacrime.
 

 

Angolino psikki:

 E uan e ciu e uan ciu tree! *entrano bea e Vic facendo il trenino con dei cappelli frutta*
 Come va semidei? Vi piace il capitolo? A me abbastanza (spero serva a conquistare la vostra fiducia e le vostre recensioni, calcolando lo scarso afflusso dello scorso capitolo)
Che ne dite?  Lo so che vi stresso con cose di cui non vi frega nulla (perché voi volete azione e quel figo di Jack Frost lo so io!) ma tutto a tempo debito...vi aspettavate tutti questi drammi infantili di Eddy? Tranquilli non dovrete aspettare troppo x jack e compagnia bella.
 Spero taanto di avere presto vostre notizie pipol<3
Voglio ringraziare i miei sponsor:
 le mie splendide vallette recensitrici: l’insostituibile Kamala_Jackson e la psicolabile xwhatsernamex
 agli zuccherini delle seguite: lusy97, mintheart, Notalovesong98, penguin_101lol, Poseidonson97, Sara JB, sonia2002, thebooksaremylife, Weasley_, lunadelpassato, ludmy610, Kamala_Jackson, Fred Halliwell, Deadly special, Darck_Angel, borntodie_s.
agli angioletti delle preferite: xwhatsernamex, Mirabel_malfoy, lusy97, Krista Kane, Jokul Frosti, Kamala_Jackson, GretaBho, Anima Ribelle, acquamarina_21.
Un grazie anche ai lettori silenziosi J
Dedica con cui devo rompere zemple zemple:
Dedico questo capitolo alla salvaguardia dei pandicorni in via d’estinzione (e quini più o meno direttamente a Sidney alias xwhatsernamex) rispettate questa specie! Non fatevi confezionare cappellini da festa con i loro corni magici, amateli! (Quindi anche Sidney –che non si chiama così, è il nome d’arte da me affibbiatole-) la quale li ama rispetta e venera (santo apolluccio una dedica più mongoloide non mi viene neanche se mi sforzo!) in ogni caso salvate pandicorni con una recensione e bambù al marshmallow.
Ora vi lascio. Spero tanto che la storia continui a piacervi (se vi piace, o inizi a piacervi se non vi piace)
Basci basci
*anche vic manda basci*
tumn
   
 
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