Perché
per una donna le parole hanno un peso, non sono leggere come per un
uomo. Una donna ci crede alle parole, soprattutto quando è un uomo a
pronunciarle, solo a lei.
(Alessandro
D'avenia, Cose che nessuno sa )
Allie
accoglie bene la notizia che andremo a cena dal suo maestro, e per
tutto il tragitto non fa che sprizzare gioia da tutti i pori. Quando
siamo a casa la devo rallentare, vorrebbe già prepararsi, la
distraggo con la proposta di andare a cercare una pasticceria aperta
per prendere qualcosa da portare stasera. Lei è indecisa tra la Red
Velvet e una torta di frutta e panna, io invece non riesco a
togliermi l'idea che una torta di mele sarebbe più apprezzata. La
prendo alla lontana e riesco a convincerla, così usciamo dalla
pasticceria con il nostro dolce, entrambe soddisfatte.
Ripenso al
pranzo di ieri, alle sue parole, a quel momento così innocuo e
insignificante, lo so, che io ho trasformato nella mia mente in un
quasi bacio. E il pensiero mi confonde: è da stamattina che ho in
mente un'idea e solo al pensarci mi sento stupida.
Cerco di
cancellarla, ma come un piccolo tarlo non se ne va e continua a
tornare: non devo farmi beccare da Allie perché mi farà domande,
magari davanti a Parker, e morirei di vergogna: non so cosa potrebbe
pensare di me.
La spedisco in bagno e almeno dieci volte mi alzo,
per tornare seduta a tamburellare le dita sul tavolo della cucina,
nervosa. Ma che mi prende?
- Zia! - mi chiama e sussulto. - Posso
mettermi il maglione giallo?
- Ok! - le do il permesso, e dopo
aver controllato l'orologio capisco che è arrivato il momento che mi
prepari anche io.
Sono una sciocca, dicevo tanto a Drew che volevo
sentirmi ventiduenne ma la realtà è che lo sono, sono una ragazzina
come Parker mi ha detto più di una volta, che cosa vado a
pensare?
Mi alzo, ma prima di andare a fare la doccia prendo il
dvd di Come d'Incanto e lo nascondo ben in fondo alla mia
borsa.
Quando esco dalla camera vorrei tanto chiedere ad Allie
come sto, ma ho paura che potrebbe capire qualcosa con l'intuito iper
sviluppato tipico della sua età e mettersi a fare castelli in aria,
quindi mi accontento di guardarmi nello specchio dell'ingresso.
-
Come sei bella, zia!
Mi giro e la trovo accanto a me, che guarda
il mio riflesso.
Mi sono cambiata dieci volte, adattando la
filosofia di Chanel e togliendo ogni cosa che mi sembrava troppo
elegante o vistosa; e alla fine ho scelto un paio di jeans e un
maglione in cachermire aperto sul davanti che ho allacciato con una
cintura.
Prendo la borsa e mi infilo la giacca, Allie è già
pronta ad andare ed è lei a ricordarsi della torta.
Mi tremano le
gambe. Per tutto il tragitto non faccio che inciampare nei miei
stessi piedi, il dvd nella mia borsa pesa come fosse un macigno e la
presenza di Allie mi innervosisce ancora di più. Lei mi guarda, ogni
tanto, ma deve essersi abituata all'impiastro che ha per zia perché
non fa commenti.
Arriviamo con il mio tipico tempismo, lascio ad
Allie il compito di aprire il portone del palazzo e farmi strada
mentre io mi aggrappo con metodica attenzione alla torta: se non mi
do una calmata la più presto cadrà, me lo sento. Cielo, perché c'è
Allie qui con me? Non che non la vorrei, ma se ci fosse Pam potrei
sfogarmi e lei saprebbe cosa dirmi per calmarmi; ora mentre
l'ascensore sale sono tesa nello sforzo di mantenere un contegno
impeccabile quando dentro sto esplodendo.
Parker
apre la porta e succede qualcosa: il mio battito rallenta, riesco a
sorridere e ad affidargli la torta senza fare danni.
- Siete
puntuali. - dice, probabilmente per fare conversazione mentre prende
le nostre giacche.
- Chissà perché lo dicono tutti con tono
stupito, eh, Allie?
- Lo dicono a te, zia.
Ottimo, perfino lei
mi tratta come una ragazzina: siamo a posto.
Mi guardo intorno, la
casa è piccola ma progettata bene, si entra direttamente nel
soggiorno che si snoda ad elle intorno alla cucina, al lato opposto
due porte che condurranno sicuramente alla zona notte e al bagno.
Alla mia sinistra c'è una scala a chiocciola, e notando che la sto
guardando Parker mi spiega:
- C'è un sottotetto.
Annuisco e
li seguo in cucina, più tranquilla ma non meno impacciata. Al mio
posto ha messo una bottiglia di birra, non posso fare a meno di
ringraziarlo con lo sguardo per la piccola premura: gesti che
sembrano ovvi quando siamo circondati dalla famiglia, Paul ne ha
sempre una per me anche quando stappa un ottimo vino, ma che assumono
un altro significato quando li notiamo da parte di qualcuno che in
teoria non ci conosce così bene.
Ci sediamo e scelgo di passare
la serata a fare l'ospite silenziosa: sono molto più spigliati tra
di loro, quando non devono cercare di coinvolgere me; e lo stesso non
si può dire invece di me e lui, per cui è la soluzione migliore per
tutti. A parte quando Allie non decide che è arrivata l'ora di
mettermi in ridicolo e svelare tutti i nostri segreti.
- Così
la zia guardava il signore della banca facendo finta di non avere la
maglietta sporca di succo, e lui alla fine ha fatto finta anche lui.
- racconta, e se non fosse la mia adorata nipotina a quest'ora
avrebbe già ricevuto un calcio sugli stinchi.
- Basta, Allie. -
intervengo, - Il signor Parker ha già avuto modo di vedere che tendo
ad essere un po' maldestra.
- lo vedo cercare di trattenere una risata, miracolo, e lui e Allie
si scambiano uno sguardo d'intesa, decidendo silenziosamente di
cambiare argomento.
- Mi fai vedere il gatto? - chiede, e sono
quasi tentata dal dirle di continuare a raccontargli le cazzate che
faccio.
- È allergica? - si informa Parker, per
sicurezza.
Scrollo la testa,
- Niente allergia, sono io che non
ci vado d'accordo.
E infatti, non appena va ad aprire la porta
delle camere dove l'aveva confinato, il gatto punta dritto in cucina
e poi su di me, captando che è l'ultima cosa che voglio: sono bestie
proprio stronze.
- Su, vai da Allie, gattino. - gli dico, cercando
di sfilare le sue unghie dal maglione con cui se la sta prendendo. -
Forza, gattino!
Parker
interviene.
- Se le parli così, non la farai mai calmare. Vieni,
Elisa.
Me la prende di dosso e la bestia diventa immediatamente
mansueta: si mette addirittura a fare le fusa e giurerei che mi ha
scoccato uno sguardo di sfida. Va a finire in braccio ad Allie,
mentre Parker prepara il secondo e io decido di rompere il mio stato
di ospite soprammobile, offrendomi di dargli una mano.
È stato
rilassato fino ad ora, ma percepisco chiaramente che non vorrebbe
avermi intorno mentre cucina, solo che è un po' dura tirarmi
indietro adesso, così inizio a sparecchiare i piatti del primo
cercando di non stargli tra i piedi.
- Posso andare a giocare di
là con Elisa? Qui non c'è abbastanza spazio.
- Non abbiamo
finito di mangiare, Allie: dopo. - mi viene istintivo dirle,
indaffarata.
Lei sembra voler iniziare la cantilena del “ti
prego”, e mi fa gli occhioni a cui non riesco a dire di no, ma
essendo che siamo in presenza di Parker mi costringo a non guardarla
finché è lui a capitolare.
- Hai mangiato abbastanza?
I suoi
occhi brillano ora, passando in modalità “ce l'ho fatta”.
-
Sì! E avevo mangiato tanto già dalla nonna!
Adesso è lui a
guardarmi e io so che la facoltà di accordarle il permesso spetta a
me, avendoglielo negato prima, ma lui è d'accordo.
Cielo,
saremmo una coppia di genitori incredibile.
- Vai. - dico,
arrossendo per il pensiero fuori luogo.
Lui mette l'insalata in
tavola, sorpreso.
- Pensavo realmente che tu fossi troppo
indulgente, e invece a modo tuo le regole le fai rispettare.
-
Vedi? - assumo un'espressione soddisfatta.
- Alcune, - aggiunge in
fretta lui. - per esempio non quella di mandarla a letto quando
sarebbe ora. - Stringo le spalle, mi ha beccata. - E... siamo ancora
in disaccordo su un paio di punti, giusto?
- Possiamo evitare di
parlarne, stasera? - gli chiedo, e gli prendo un piatto di mano,
mettendolo sul tavolo. Mi giro, per andare a prendere anche l'altro e
permettergli di pensare al vassoio con il tacchino, ma
sfortunatamente lui era già verso il tavolo e gli vado addosso,
facendo volare per aria vassoio, tacchino e tutto quando. E noi
siamo ancora nella stessa posizione di ieri, io tra lui e il tavolo
senza che nessuno dei due faccia niente per raccogliere il disastro
che c'è a terra. - Scusa. - dico sommessamente, impedendomi di
deglutire: sapendo perfettamente cosa potrebbe leggere da quel gesto
istintivo.
- Non è niente.
Mi sta guardando, questo non me lo
sto sognando: non sono così patetica almeno. Mi sta fissando e...
- Avete fatto
cadere qualcosa?
Non appena sento la voce di Allie lo spingo
via.
- Indovinato: niente secondo, mi sa. - dico, cercano di
mantenere un tono pratico per nascondere invece il mio
turbamento.
Lei guarda il macello che Parker sta già
sistemando.
- Per fortuna vi è rimasta l'insalata. - commenta,
prima di tornare a giocare con la sua nuova amica.
Tiro un
sospiro di sollievo e lo aiuto a raccogliere quello che è rimasto,
prendendo nota del fatto che siamo ripiombati nel silenzio. Non so
più cosa è vero e cosa è frutto della mia immaginazione, questa
volta mi stava per baciare o no?
Lo guardo, mi dà le spalle
mentre mi prende una seconda bottiglia di birra e si versa un
bicchiere di vino: ti prego, Parker, baciami se vuoi perché non ce
la faccio più. Sono pronta ad ammettere che lo voglio, ma fallo per
favore.
Ci sediamo a
tavola, uno di fianco all'altro, e mi porge la birra.
- Tutto
bene? - mi chiede, notando che sono incerta nel prenderla.
Beh,
sì, mi va, ma mi andrebbe anche di assaggiare il vino che sta
bevendo, anche se non è una cosa che sono disposta ad ammettere
ricordando quella cena a casa di Pam.
Lui segue il mio sguardo.
-
Vuoi assaggiarlo? - mi chiede, e io scuoto caparbiamente la testa. Mi
porge il calice, - Andiamo. - insiste e questa volta, mentre faccio
ancora cenno di no, sorrido. L'ha capito. - Vado a prendere il pane.
Lascerò il bicchiere qui e non mi girerò a vedere se cedi alla
tentazione, va bene?
Sono indecisa, non voglio dargli questa
soddisfazione anche se non potrà mai saperlo. Però ormai è nato un
mito intorno a questo vino, ne bevo un sorso e sì, dannazione, è
maledettamente buono.
Lo metto velocemente al suo posto e
controllo che sul bicchiere non siano rimaste eventuali tracce,
quando Parker si gira mi trova con in volto l'espressione più
innocente di cui sono capace.
- Quindi? - mi chiede.
- Non l'ho
mica bevuto. - dico, cercando di trattenermi dal ridere.
Lui
stringe gli occhi, appoggia il cestino del pane sul tavolo e si
siede. Penso che la questione sia finita ma lo vedo che osserva
pensoso il bicchiere e so che non riesce a capire se l'ho bevuto o
no.
- La pianti? - ridacchio, sentendomi la vittoria in tasca.
Mi
guarda, e come se niente fosse mi afferra il mento e mi assaggia.
Letteralmente, non c'è altro modo di spiegarlo: le sue labbra si
impossessano delle mie, la sua lingua prima segue il contorno della
mia bocca e poi la schiude senza trovare resistenza e accarezza la
mia. Mi assapora in ogni modo possibile e io sono così stordita che
rimango incapace di muovermi, l'unico segnale che sono viva è il
cuore che sembra voler schizzare via dalla cassa toracica. Bacia da
dio.
Si intreccia ancora alla mia lingua, e poi si allontana senza
preavviso, così come si era avvicinato, lasciandomi imbambolata con
gli occhi ancora socchiusi.
- L'hai assaggiato. - dice.
Registro
che sta iniziando a mangiare l'insalata ma io non riesco ancora a
muovere un muscolo: chi è William Parker? Esiste un manuale di
istruzioni? Esiste la funzione “repeat”?
A me, attualmente,
andrebbe benissimo quella “loop”.
Lo vedo guardarmi con la
coda dell'occhio e infilzo qualche foglia di insalata, non troppo
impaziente di togliermi la sensazione del suo bacio, poi quando Allie
torna in cucina dichiarandosi pronta per il dolce sono costretta a
riprendere il controllo di me.
- Elisa vuole dormire ora, e io mi
annoio.
- Stiamo ancora mangiando noi, cerca di avere un attimo di
pazienza.
William segue con interesse il nostro scambio di
battute, e alla fine mi toglie letteralmente la forchetta di mano.
-
Mangiamo la torta: neanche a tua zia andava molto l'insalata, ci sta
giocando da cinque minuti.
Le strizzo l'occhio, mentre lui è
girato, e mi allungo invitandola a stritolarmi in un abbraccio.
Allie, pur inconsapevole del mio scombussolamento emotivo, non se lo
fa ripetere due volte e per un attimo mi sento meglio.
Al
contrario dell'insalata mi getto a capofitto nella torta, frustrata,
e finisco la mia fetta così velocemente che Allie e William mi
guardano stupiti. Io scrollo le spalle e la mando giù rubandogli un
sorso di vino, poi lo guardo innocentemente:
- La birra non si
abbina bene alla torta di mele. - mi giustifico. Mi sembra di
scorgere un lampo di sfida nei suoi occhi e ci vuole tutta la mia
determinazione per non rabbrividire.
Sì, mi ha baciato e
vorrebbe farlo di nuovo, non mi sono inventata niente.
- Allie, -
dico, fissando lui per spiare la sua reazione e aspettare che mi
guardi. - ti va di vedere Come d'Incanto?
- Ce l'hai, signor
William?
Lui mi guarda perplesso e io non riesco più a sostenere
il suo sguardo, abbasso gli occhi.
- È nella mia borsa. Chiedi al
signor William se te lo può far partire, non penso che tu sia capace
di usare il suo dvd.
Allie è già andata a frugare nella mia
borsa e William la segue, perplesso.
Sento i rumori dalla sala, le
sta accendendo la tv e io, pur di non rimanere con le mani in mano ad
aspettare di affrontarlo, mi metto a sparecchiare.
Non lo sento
tornare in cucina, le sue braccia mi afferrano e mi girano contro il
lavandino e lui finalmente mi bacia.
È più impetuoso di prima,
mi toglie letteralmente il respiro ma mi riprendo subito, e questa
volta mi aggrappo a lui e gli rispondo.
Mi solleva appoggiandomi
sul piano della cucina, portandomi alla sua altezza, e mentre io lo
inseguo lui si tira leggermente indietro, per guardarmi.
- Hai
portato un film. - mi dice, sottolineando l'ovvio.
- Non mi sembra
che abbiate parlato di spelling. - ribatto, e adesso che siamo pari
si spinge ancora sulle mie labbra.
Non avrei mai
creduto di volerlo, eppure eccomi qua, totalmente persa in lui: non è
solo fisica, per quella probabilmente Drew sarebbe andato benissimo
lo stesso, ma nonostante siamo così diversi è lui che voglio, c'è
qualcosa in William che mi attrae e ci unisce. E ora, sotto l'effetto
del suo bacio, non mi ricordo nemmeno più com'era vivere senza aver
bisogno di lui.
La sua mano, posta
al centro della mia schiena, mi tira contro il suo torace ed è la
cosa più sensuale che io abbia mai provato. Lo ripeto, non ero una
puritana, ma tutto quello che fa mi provoca un giramento di testa.
-
Ho bisogno d'aria. - sospiro, staccando le labbra da lui e
appoggiando la fronte al suo mento, respirando a fondo. Ho
decisamente bisogno d'aria, o potrebbe farmi dimenticare che Allie è
di là a guardare un film. Potrebbe farmi dimenticare che è
l'insegnate di Allie e non voglio farlo con lui sul piano della
cucina, per quanto sto avendo un anticipo di quanto potrebbe essere
piacevole, non ora.
Le sue dita corrono sulla mia schiena mentre
riprendo fiato, leggere e confortanti, facendomi sentire al sicuro. E
considerando quante volte mi sono invece sentita a disagio con lui, è
una strana novità.
Fa un passo indietro, ma ho bisogno di
trattenere questa sensazione. Stringo il tessuto della sua camicia,
guardandolo, finché ancora non siamo divisi che dall'incastro dei
nostri corpi, e sollevando appena la testa ritrovo le sue labbra.
Un
primo bacio che mi ha fatto tremare le ginocchia, un secondo che me
le ha private di ogni forza, e con questo terzo sento che non solo le
ginocchia sono state coinvolte, ma anche qualcosa che è da qualche
parte nella mia cassa toracica.
Non c'è fame in questo nuovo
bacio, o almeno non è così travolgente come poco fa. Le nostre
bocche si sfiorano e si approfondiscono, tornano a lambirsi
dolcemente e affondano di nuovo l'una dentro l'altra. Le lingue si
incontrano e si rincorrono, piano, le nostre dita si trovano e si
intrecciano, coinvolgendosi nella scoperta.
Lo sto sentendo molto
più nel profondo di quanto avrei creduto.
Mi lascia andare, ma
non slega le nostre mani che continuano a cercarsi mentre ci
osserviamo. Afferra la mia e mi fa scivolare giù dal tavolo.
-
Sarebbe stato molto più sexy se mi avessi sollevato tu. - gli dico
con ancora un filo di imbarazzo, per sciogliere il silenzio. Non c'è
niente che non vada nel silenzio ma noi ce ne siamo confinati dentro
troppe volte, e ho bisogno anche delle nostre parole.
Lui mi
guarda, imperturbabile,
- Prenderò nota. - mi dice, e anche se la
sua voce è più rilassata del solito è confortante sentire che è
la stessa di sempre, calma e vagamente fuori moda con la sua
perfezione.
Non so cosa dire del suo tempismo, in realtà mi ha
spostato perché ero sopra alla lavastoviglie e la sua intenzione è
quella di caricarla. Finisce di sparecchiare e appoggia la pigna di
piatti nel lavello.
- Lo so fare abbastanza bene anche io, sai? -
gli dico.
Mi arrampico ancora sul piano ma dall'altra parte
rispetto al lavello, passo ogni piatto sotto al getto dell'acqua
pulendo gli avanzi e glielo passo, perché lui possa metterlo nella
lavastoviglie. E anche se il suo tempismo non è stato dei migliori
devo ammettere che non è male: ci guardiamo, ci sfioriamo,
sorridiamo.
- Posso farti una domanda sciocca? - azzardo.
-
Dubito che tu abbia domande sciocche.
Detta da un'altra persona
suonerebbe come un'adulazione, ma da lui no.
- Parlami di te.
Lui
mi guarda, aggrotta appena le sopracciglia osservandomi meglio.
-
Domani mattina ho scuola, non credo di avere tanto tempo.
- Sai
quello che intendo.
Chiude la lavastoviglie e la fa partire, poi
si mette di fronte a me e incastriamo le nostre gambe mentre le mani
si trovano ancora.
- Ho sempre pensato che avrei insegnato a dei
ragazzi più grandi. Forse letteratura, al college o alle superiori.
Non credevo sarei finito alle elementari, non so se ti sei accorta ma
il mio approccio non è il classico da maestro.
Trattengo un
sorriso, ha assolutamente ragione. E, quasi non credo alle mie
orecchie, sta facendo auto-ironia.
- Va avanti. - lo incalzo,
allungando la mano verso la birra che ha appoggiato di fianco a me
quando ha sparecchiato la tavola.
- Poi un giorno mi è stata
proposta una supplenza, l'anno scorso, e ho capito che in questo
momento è la cosa che voglio. C'è qualcosa, nei bambini... fiducia,
rispetto, che al college in un aula di cinquanta persone trovi solo
in cinque, e alle superiori se sei fortunato hai uno studente
all'anno così. Non credo di avere la pazienza necessaria a fare il
babysitter a degli adolescenti scalmanati.
Smetto immediatamente
di bere per non rischiare di sputare la birra. L'idea, con lui sempre
così impeccabile, è abbastanza comica.
Arriccio le labbra.
-
E allora che cosa ci trovi in me?
Basta il suo sguardo per farmi
stingere lo stomaco.
- Non sei il gatto a cui è stato affidato il
compito di crescere un pulcino: tu sei la gabbiana che ha imparato a
volare, tu sei Fortunata.
Vorrei stringermi il maglione addosso,
perché mi ha guardato come se stesse guardando direttamente il mio
cuore.
Non so cosa dire, e di sicuro lui non ha bisogno di
aggiungere nient'altro, così mi aggancio al suo collo andando
incontro alle sue labbra.
Sento la sigla di coda del film, e
capisco che è arrivato il momento di tornare con i piedi per terra
in tutti i sensi.
- Andiamo a casa? - dico, affacciandomi verso la
sala, in quello strano stato in cui si è in pace con il
mondo.
William ci accompagna alla porta, mi restituisce il dvd e
aiuta entrambe a metterci le giacche.
- Hai salutato Elisa? -
chiede ad Allie, e lei corre a cercarla.
Nascosti dal muro della
cucina ne approfitta per spingermi dolcemente contro lo stipite della
porta e darmi il bacio della buonanotte.
- Mi sono divertita
un sacco. Voi non vi siete annoiati mentre guardavo Come d'Incanto? -
sbadiglia Allie, nel taxi.
Mi copro con la sciarpa per non
arrossire.
- Ce la siamo cavata.
Allie si addormenta in
taxi e la porto in casa in braccio, la metto a letto e torno in
soggiorno. Prendo il telefono e faccio scorrere le foto, sempre più
indietro, fino a che ne trovo quelle che ho copiato dal vecchio
cellulare, in un mondo in cui è l'unico modo per non perdere i
ricordi.
Siamo io e Becca, alla mia festa del diploma con le
bocche spalancate, catturate mentre cantiamo il ritornello di
Ironic.
- E scommetto che tu eri il gatto, vero?
Accarezzo il
suo viso con il dito e spengo lo schermo, chiedendomi come sarebbe
raccontarle di William.
Nda Ben ritrovate! Non aggiungo molto a questo capitolo, se non i ringraziamenti a chi mi segue e mi recensisce. È sempre un piacere ricevere le vostre impressioni, quindi ancora grazie.
Questo capitolo proprio non potevo dividerlo in due, già inizio a rompere i miei buoni propositi (un po' come Bridget all'inizio: buoni propositi per l'anno nuovo smettere di fumare e bere di meno, poi si accorge di avere in una mano un bellini e nell'altra una sigaretta accesa. "E rispettare i buoni propositi" XD )
A dire la verità penso che farò così, se dividerò i capitoli in pezzi più brevi farò un secondo aggiornamento settimanale, in alternativa uno con un capitolo un po' più lungo.
Alla prossima!