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Autore: Il Rilegatore    26/11/2014    0 recensioni
- Drake scese dallo scuolabus sistemandosi la giacca e notò subito la figura di Nick che si avvicinava al marciapiede guardando in basso. Indossò il falso viso arrabbiato e giudicatore e si incamminò deciso verso il migliore amico, con i soliti passi lenti e decisi, mentre l’altro sembrava attendere con impazienza l’ora del giudizio. Non appena si trovarono abbastanza vicini Drake aprì la bocca per iniziare a sparare qualche parolaccia all’amico ritardatario, ma subito lo investì un odore, uno strano aroma che lo mandò per pochi attimi in visibilio e gli fece dimenticare che in quel momento doveva strigliare Nick. “E’ strano, ha sempre questo odore quando perde lo scuolabus e me lo ritrovo a scuola.” -
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII

CAPITOLO VII

 

4 ottobre 2011, 11.25

Fort George G. Meade, sede della National Security Agency, Maryland

 

Laurence stava guardando l’enorme distesa verde che riempiva il territorio a sud delle grandi strutture che ospitavano l’NSA. Il suo ufficio, con quella grande vetrata che offriva uno spettacolo naturale invidiabile, era uno dei più luminosi e belli del palazzo. D’altronde, Laurence era arrivato ai piani alti dell’Agenzia grazie al suo duro lavoro e all’impegno che aveva dimostrato. E, certo, anche perché era a conoscenza di certe informazioni scottanti che nessuno in quel dipartimento avrebbe voluto maneggiare.

«Signor Powell, il Direttore desidera riceverla nel suo ufficio.»

Laurence si avvicinò all’enorme scrivania, premette un pulsante sulla grande tastiera del telefono che spiccava vicino al computer e rispose alla segretaria.

«Grazie, Sarah; vado subito.»

L’uomo si allacciò il bottone della giacca ed uscì dal suo ufficio, dirigendosi verso l’ascensore. Sapeva che il “Boss” prima o poi l’avrebbe chiamato a rapporto per discutere di quella faccenda.

«Powell, dove sta andando?»

Laurence si voltò. In mezzo al corridoio vi era un uomo sulla cinquantina, con un viso ovale e un po’ stempiato. Lo stava guardando dietro a spessi occhiali rettangolari, sorridendo con le labbra sottili.

«Signor Direttore.. mi avevano detto che voleva vedermi, Signore, quindi stavo venendo nel suo ufficio...»

L’uomo si avvicinò, stringendo la spalla di Laurence: «Non preoccuparti Powell, la tua segretaria non ha sbagliato. Ma sai che di certe questioni preferisco parlare all’aria aperta.»

Laurence si lasciò guidare dal Direttore verso l’esterno dell’edificio, e l’uomo iniziò a parlare solo quando entrarono nel grande parco vicino al parcheggio.

«Immagino tu sappia perché ti ho voluto incontrare, giusto?»

«Signore, credo di immaginarlo.»

«Vorrei chiederti se hai pensato a ciò di cui abbiamo parlato l’ultima volta, Powell. Il tempo stringe, abbiamo bisogno di una scelta da parte vostra.»

«Capisco, Signore, ma la faccenda non è tanto semplice. In questa settimana sono riuscito a parlare solo con mio fratello, e come lei sa vi sono molti altri soggetti da interpellare prima di poter decidere. Inoltre, non ci state chiedendo qualcosa di semplice. Stiamo valutando un altro accordo da poter fare.»

«So che la situazione non è facile, Powell. Se dipendesse da me, non cambierei l’accordo per nulla al mondo. Purtroppo non posso ignorare ordini dalla Casa Bianca... Gliel’ho spiegato, con i tempi che corrono si vuole avere la massima sicurezza possibile, e voi siete considerati un pericolo.»

Laurence, che finora aveva mantenuto un atteggiamento pacato e calmo, iniziò ad alterarsi.

«Un pericolo! Sono secoli che viviamo in queste terre, ci siamo adeguati a voi, abbiamo perso la forza e le capacità della nostra razza per poter essere più compatibili alla vostra e conviverci. Abbiamo eliminato chiunque dei nostri si volesse opporre a questa scelta, e viviamo ogni giorno con la repressione dei nostri istinti naturali per non permettere che qualcuno ci scopra. Dopo tutto questo, siamo considerati un pericolo?!»

Il generale sospirò guardando Laurence con aria comprensiva. «Powell, sono davvero dispiaciuto e so quanto sia difficile ma...»

Laurence guardò in basso, amareggiato: «No, Signore. Scusi, ma non può capire davvero. Dei nuovi accordi per noi sono impossibili. A cosa potremmo rinunciare ancora?»

«La capisco. Non so perché d’improvviso i vecchi accordi siano stati annullati. Mi è stato solo detto di riferirle che il prima possibile devono essere rivisti, altrimenti...»

«Altrimenti cosa? Che succede se non abbiamo degli accordi ragionevoli? Volete rinchiuderci in un parco controllato e studiarci come cavie da laboratorio? Volete espellerci e confinarci in un territorio inabitato? O credete che la soluzione più comoda sia sterminarci ed eliminare il problema?»

Il Generale parve a disagio. «Mi hanno solo riferito che in caso non formuliate nuovi patti, la Casa Bianca non potrà che intervenire.»

Laurence si voltò verso il Generale, fissandolo negli occhi incredulo.

«Mi dispiace davvero Powell... ma non so cosa fare.» sospirò il Direttore prima di voltarsi e tornare verso gli uffici.

Laurence rimase solo nel parco, fissando il vuoto in cerca di risposte. Il sangue gli ribolliva nelle vene, un nodo di rabbia lo stava lacerando dall’interno, tentando di uscire allo scoperto.

Non poteva credere che tutto ciò stesse succedendo davvero, non ora che tutto sembrava andare bene.

Quella faccenda doveva essere sistemata il prima possibile.


 

4 ottobre 2011, 19.37

Wallace Manor Road, 200 - Villa Powell, Annapolis, Maryland

 

Nick entrò in casa allegro. Sorrideva da giorni, da quel fantastico bacio, da quando lui e Drake erano diventati qualcosa di più. D’un tratto gli era parso che tutto avesse un senso, gli sembrava che nella sua vita fosse arrivato quel “qualcosa” che ora poteva riempire il vuoto che aveva sempre provato. Passare del tempo con Drake lo rendeva felice, ora più che mai.

Poggiò lo chiavi di casa sul mobiletto a parete che occupava l’ingresso, si tolse il soprabito e controllò la macchia di ketchup vicino alla tasca sinistra; lui e Drake erano andati a fare merenda in centro, prendendo un panino e delle patatine fritte da un fast food. Certo, tutto sarebbe andato benissimo se Drake non avesse deciso a un certo punto di imboccare Nick con le patatine piene di ketchup. Nick sorrise, pensando allo sguardo rammaricato di Drake mentre tentava di ripulire la macchia della patatina che era inavvertitamente caduta sul cappotto. Piegò il soprabito per portarlo a lavare, e si diresse verso la lavanderia.

Si fermò di fronte all’ufficio di suo padre quando sentì una strana conversazione. Spiò dall’uscio della porta socchiusa, e vide Arthur che stava parlando al telefono tenendo in mano fascicoli e lettere.

«Quindi non abbiamo nulla, nessun indizio che ci possa far capire perché abbiano deciso di annullare gli accordi?» Arthur aveva l’aria preoccupata e concentrata, teneva la cornetta del telefono tra il viso e la spalla, avendo le mani intente a sfogliare un faldone pieno di scartoffie.

«Laurence, non è possibile che ci stiano chiedendo tutto questo. A pensare che se non troviamo una soluzione potrebbero farci fuori tutti.. Credevo saremmo stati tranquilli per sempre con l’ultimo accordo... Sì, sì, lo so che la Casa Bianca è la Casa Bianca, ma allora è inutile sottoscrivere accordi se loro possono annullarli quando vogliono! Teste di cazzo!»

In quel momento Nick iniziò a capire di cosa stessero parlando suo padre e suo zio. Sapeva che avevano la protezione dello Stato grazie ad accordi speciali sottoscritti anni prima tra la Casa Bianca e la sua specie. E sapeva che quegli accordi erano l’unica cosa che permetteva loro di vivere tranquillamente. Cosa stava succedendo adesso?

«Va bene Laurence, dobbiamo richiamare gli altri capofamiglia per discuterne. Dobbiamo trovare assolutamente una soluzione. Ci sentiamo.»

Arthur riattaccò e si mise il viso tra le mani, appoggiandosi con i gomiti alla scrivania. Sospirò nervoso, quando la porta dello studio si aprì lentamente. Nick stava sulla soglia, guardandolo con occhi preoccupati.

«Nick! Non pensavo fossi già tornato a casa... tutto bene?» Arthur si alzò dalla scrivania, tentò di distendere i nervi cercando di apparire il più naturale possibile.

«Papà, che cosa sta succedendo? Sono saltati gli accordi?»

Tentativo fallito.

«Nick, non avresti dovuto ascoltare la conversazione con tuo zio, comunque non c’è nulla di cui preoccuparsi, solamen...» le spiegazioni di Arthur furono interrotte bruscamente dal ragazzo.

«Papà, non provare a mentirmi.»

Arthur fissò suo figlio per pochi secondi, poi si accasciò inerme sulla sedia con uno sguardo rammaricato. Non voleva mettere Nick in mezzo a quella faccenda, ma suo figlio era un ragazzo coraggioso e perspicace. Non spiegargli la situazione l’avrebbe solo spinto a volerne sapere di più.

«Chiudi la porta e siediti, Nick. Ora ti spiego tutto.»

 

Nick sapeva che il segreto della sua famiglia non sarebbe mai dovuto essere stato raccontato a nessun essere umano. Chiunque fosse, qualunque cosa succedesse, quel segreto doveva essere mantenuto tale. Nonostante questo aveva sempre provato il forte impulso di raccontare tutto a Drake. E molte volte era stato sul punto di farlo, ma gli veniva sempre in mente suo padre.

Non era mai stato facile, un peso simile grava su una persona come un enorme macigno, infatti Nick non aveva mai avuto molti amici. Nessuno sembrava fidarsi di quel ragazzo un po’ scontroso e riservato, che stava sempre sulle sue. Nessuno tranne Drake. Nick non sapeva perché, ma Drake aveva imparato ad accettare i suoi lati oscuri e aveva imparato a non chiedere spiegazioni su questioni che sapeva non avrebbero avuto risposta. Ed è proprio questo che ha sempre spinto Nick a volergli raccontare tutto.

Nonostante questo, ora che suo padre aveva vuotato il sacco, il primo pensiero di Nick non era stato di cercare conforto dal proprio ragazzo, ma di lasciarlo invece all’oscuro di quella faccenda spinosa. Il problema era che se l’avesse tagliato fuori avrebbe finito per allontanarlo da sé, di nuovo.

Continuare a frequentarsi avrebbe ficcato Drake nei guai, e Nick non voleva. Sapeva cosa voleva dire vivere sapendo quello che sapeva lui, correndo i rischi che correva lui, e non voleva far passare a Drake la stessa cosa. Inoltre, spiegare ai propri genitori di essere innamorato di un ragazzo ora avrebbe solo complicato la situazione, e avrebbe dato loro molte più preoccupazioni di quante già non ne avessero.

C’era una sola cosa da fare: lasciarlo.

“Lo devi fare per il bene di tutti, Nick. Ma soprattutto per il bene di Drake.”

Se quando si trattava di emozioni Nick se la faceva sotto dalla paura, quando doveva controllare una situazione di stress riusciva a mantenersi freddo e distaccato, quasi non fosse lui ad agire. Il fatto che conoscesse Drake e sapesse come ferirlo aiutava.

“Mi farò sentire sempre di meno, sarò freddo e distaccato, fingerò di avere impegni per non vederlo. Qualche giorno e crollerà.”

Prese la camicia che Drake aveva dimenticato a casa sua domenica notte, la strinse fra le mani sentendosi momentaneamente distrutto per quello che stava per fare. Odiava la sua parte umana in quei momenti.

Chiuse gli occhi, e si fece coraggio. “Lo devi fare per lui, Nick.”

 

 

10 ottobre 2011, 09.29

Annapolis Senior High School, Maryland

 

Drake chiuse stancamente l’armadietto con in mano il libro di Diritto. Si soffermò fissando il vuoto per qualche istante, con l’aria preoccupata. Era da giorni che Nick era strano nei suoi confronti: non lo cercava mai, non rispondeva ai messaggi, e quando Drake lo chiamava il più delle volte non rispondeva al telefono. Non c’era mai la possibilità di vedersi, per un motivo o per l’altro. Drake non sapeva se prenderlo come uno dei momenti “no” di Nick, arrivato all’improvviso, oppure se pensare che Nick tentasse di chiudere il loro rapporto.

Si incamminò verso le scale, e voltando l’angolo si trovò davanti Nick. Gli sembrò affaticato e preoccupato, anche quando tentò di fingere un sorriso freddo nel salutarlo.

«Ehi, Drake.»

«Ciao Nick.. Senti, ti volevo chiedere...»

Nick lo superò senza lasciar finire la frase a Drake. «Scusa, Drake, ma devo correre a lezione adesso...»

Drake alzò gli occhi al cielo, innervosito improvvisamente da tutta la situazione. Si voltò di scatto.

«Nick, posso sapere cosa sta succedendo?»

Nick si fermò, voltandosi a sua volta verso Drake. Tentava di mantenere un viso freddo e distaccato, solo così sarebbe riuscito nel suo intento «Non capisco, cosa intendi?»

Il nervosismo di Drake cresceva. «Non ti fai sentire da giorni, non ci siamo più visti... sembra che mi stia evitando.»

«Drake, è solo che sono sempre molto impegnato.»

Drake sospirò, il nervosismo era a livelli da Guinness dei primati, e continuava a non capire da cosa nascesse quel distacco di Nick. «Senti, vorrei solo parlare un po’ con te...»

Nick distolse i suoi occhi da quelli del ragazzo per un millesimo di secondo: doveva riprendere il coraggio necessario per sferrare il colpo finale.

«Drake, non hai capito? È finita, basta. Non c’è nulla da dire, ora devo andare.»

Drake lo guardò esterrefatto. Il nervosismo sparì di colpo, lasciando spazio al vuoto totale.

Nick sostenne lo sguardo per qualche attimo, poi si volto e andò via. Era già stato abbastanza difficile così, non sarebbe mai riuscito a vederlo piangere.

 

 

Duke of Gloucester Street, 189 - Casa Coleman, Annapolis, Maryland

 

Drake non sapeva cosa pensare: forse non conosceva Nick come credeva, forse quello era il vero Nick, una persona capace di scelte incomprensibili che non si curava di quello che gli altri provavano. Ok, era sempre stato un po’ sociopatico, sempre sfuggente con tutti e a tratti persino antipatico, ma questo con gli altri. Mai con lui.

Guardò il cellulare appoggiato sul letto. Doveva scrivergli? Si era già fermato più volte prima di inviargli suppliche, o spiegazioni, o insulti. Fortunatamente, era riuscito a mantenere un forte autocontrollo prima di sembrare più patetico di quanto non fosse stato nei corridoi della scuola, quando aveva quasi iniziato a piangergli in faccia.

Decise comunque di scrivergli qualcosa. Giusto per fargli sapere cosa stava pensando in quel momento.

 

 

14 ottobre 2011, 18.56

Great Smoky Mountains National Park, pochi chilometri da Gatlinburg, Tennessee

 

Nick si sedette su una roccia sporgente, seguito dalla cugina Elizabeth. «Mi fa piacere che tu sia passato, Nick.»

«Mi spiace per essere arrivato così all’improvviso...»

«Ehi, cuginetto! Qui sei sempre il benvenuto, quando vuoi. Allora, veniamo al sodo: che succede?»

Nick abbassò lo sguardo, tentando di trovare le parole adatte per spiegare a sua cugina che aveva allontanato dalla sua vita l’unica persona che lo facesse sentire completamente felice. Aveva bisogno di parlare con Elizabeth, perché sapeva che lei era l’unica in grado di capirlo a pieno: era sempre stata l’unica. Si erano trovati fin da piccoli, stesso modo di pensare, stessi atteggiamenti, stessi interessi, ed era nata un’amicizia alquanto unica, fatta di tanto affetto e aiuto reciproco. Nick sapeva che in sua cugina avrebbe sempre trovato un appoggio sincero e leale.

Elizabeth lasciò in silenzio il cugino per circa cinque secondi, poi decise di aiutarlo; sempre impacciato, Nick, quando si parla di sentimenti. «È per amore, vero?»

Nick sospirò: «Sì...»

«E c’entra quel ragazzo, vero?»

Nick fece un mezzo sorriso, orgoglioso della perspicacia di Elizabeth. «Drake, sì...»

«Sai, l’avrei detto subito. C’era troppa intesa tra di voi, la sera della cena... in effetti, voi due da soli emanavate tanto amore da mandarmi in pappa il cervello. Ho addirittura mangiato gli asparagi senza accorgermene.»

Nick rise: «Elizabeth, non c’erano asparagi a cena...»

La cugina lo guardò sorpresa, per assumere subito dopo un’espressione dubbiosa. «Cavoli, mi sembrava strano che fossero proprio asparagi. Comunque era qualcosa di verde... Beh, torniamo al discorso principale:a parte gli scherzi, c’è davvero qualcosa di molto forte tra di voi, un’intesa che a momenti è palpabile. Quindi, tralasciando tutti i dettagli che mi racconterai in un altro momento, come mai stai così male?»

Nick si rifece serio, chiudendo gli occhi. «Credo di aver fatto una cazzata, non so cosa fare, come potrei rimediare...»

«Spiega meglio, caro. Non so ancora leggere nella mente.»

Drake prese il cellulare dalla tasca, lo accese e mostrò a Elizabeth il messaggio di Drake: “Forse abbiamo corso troppo, forse avremmo dovuto pensare bene a cosa stavamo facendo, tutti e due. Ma non posso credere che tu mi abbia considerato la tua botta e via.”

Elizabeth lo lesse attentamente, poi riconsegnò il cellulare al cugino. «È stata la tua botta e via?»

«No! E non sai quanto mi faccia stare male il fatto che lui lo pensi.»

Elizabeth mise la sua mano su quella di Nick:«Capisco... Ma perché lui ne è tanto convinto?»

«Vedi, in questi giorni ho fatto di tutto per evitarlo e per farlo allontanare da me... sapevo che lui sarebbe arrivato a una conclusione del genere, ma non sapevo quanto mi avrebbe fatto male.»

«E perché l’hai allontanato?»

«Non so se posso spiegartelo... Diciamo che la nostra famiglia è in una situazione strana.»

«Ah, sì, il fatto della Casa Bianca.»

Nick si voltò verso la cugina, sorpreso. Lei fece spallucce, assumendo un’espressione colpevole.

«Ho letto delle lettere sulla scrivania di papà, e ho collegato il tutto.»

«Ok, quindi sai quanto possa essere pericolosa questa cosa, sai a cosa stiamo andando incontro...»

«Certo, Nick, ma so anche che per affrontare questa situazione ci serve tutta la forza possibile. E tu senza Drake non riesci ad essere forte, credo te ne sia accorto anche da solo.»

Nick sbiancò. In effetti, no. Non aveva pensato a questo particolare, anche se era vero. Da quando aveva deciso di tagliare il rapporto con Drake era cambiato: era sempre nervoso, aveva meno fame, si era indebolito visibilmente. Punto in più per convincerlo dell’importanza di Drake nella sua vita, e punto in più per essere sicuro di aver fatto uno sbaglio nell’allontanarlo.

«Resta il fatto che non voglio metterlo in mezzo a questa storia. Potrebbe succedergli qualunque cosa!»

«E credi che quello che stai facendo lo stia aiutando?»

Nick si trovò spiazzato dalla domanda della cugina: «Come?»

«Secondo te, se lui potesse scegliere di stare vicino a te in questa battaglia o di starne completamente fuori e vivere col dubbio che tu sia solo uno stronzo, cosa sceglierebbe?»

«Beh, se la metti sotto questa prospettiva... Ma c’è il segreto! Lui non capirebbe, Elizabeth, è un essere umano.»

Elizabeth accennò ad un sorriso, guardando Nick negli occhi. «Nick... mio padre, tuo zio Laurence, ha infranto la regola del segreto con mia madre, ed è da lei che ha trovato la forza, in tutti questi anni. Oltretutto, mia madre è l’esempio vivente di come un essere umano possa comprenderci. Di fronte all’amore, nulla è importante, Nick. Nemmeno il segreto.»

Nick alzò lo sguardo, pensando alle parole della cugina. Ora, forse, aveva capito cosa doveva fare.

 

 

15 ottobre 2011, 15.23

Quiet Waters Park, Annapolis, Maryland

 

Drake avanzava goffamente per il bosco, tentando di farsi strada tra gli arbusti che tempestavano il parco. Non riusciva a capire perché Nick gli avesse chiesto di vedersi proprio lì, ma non aveva intenzione di lasciarsi scappare quella possibilità. I giorni passati erano stato davvero pesanti. Nick era il suo pensiero fisso, e anche se tentava di distrarsi pensando ad altro, lui rimaneva nella sua mente, come una macchia di unto che non sparisce nonostante la continui a lavare. Non gli dava tregua, ed era veramente stressante.

Non sapeva perché Nick gli avesse chiesto di parlare, non voleva pensarci per non rischiare di cadere nella speranza che stesse tornando da lui. Sarebbe stato davvero troppo vedere quella speranza infrangersi per qualsiasi motivo.

Arrivò nel luogo dove Nick gli aveva espressamente chiesto di andare, e lo trovò seduto su una roccia mentre giocava nervoso con un sassolino. Lo guardò per qualche secondo, pensando a quanto lo volesse, e poi riprese a camminare verso la sua direzione.

Nick alzò gli occhi dalla piccola pietra che aveva trovato solo quando sentì dei passi avvicinarsi. Aveva passato le ultime decine di minuti a pensare esattamente al discorso da fare, a prevedere delle possibili reazioni di Drake, a provare i toni della voce, a decidere se era meglio un’espressione seria o tranquilla. Naturalmente, ogni volta che ripensava a un particolare tutto il progetto gli sembrava sbagliato, e lo iniziava daccapo. Quando Drake arrivò, sospirò. L’ora delle prove generali era scaduta, adesso si andava in scena. Si alzò.

«Ciao, Drake...»

«Ciao Nick. Puoi spiegarmi perché siamo qui?»

Le mani di Nick iniziarono a sudare. «Ora capirai tutto, Drake. Prima di tutto, vorrei scusarmi per questi giorni. Credevo di aver preso una scelta giusta, ma ho capito di aver fatto una cazzata.»

Drake lo guardava, zitto, anche se i suoi occhi dicevano apertamente “Ok, per ora stai andando bene, ma vai avanti.”

Nick si risedette sul masso «Allora, Drake... Tu non sei stato la mia botta e via. E non voglio che lo pensi. C’è un motivo, un grosso motivo, per il quale ho tentato di allontanarti da me in questi giorni. Riguarda me, la mia famiglia, ed è da tanto tempo che sento l’impulso di dirtelo, ma è difficile, molto difficile...»

Drake si avvicinò a Nick, sedendosi sulla stessa roccia. Lo guardò negli occhi. A quanto pare la cosa era più seria di quanto pensasse, e qualunque cosa Nick gli volesse dire, doveva essere qualcosa di veramente importante. 

« Nick, sai che puoi dirmi qualunque cosa...»

«Sì, Drake, ma questo è davvero qualcosa che tu non puoi minimamente immaginare, potresti rimanere shockato.»

Drake rimase a pensare per qualche secondo. Quella situazione iniziava davvero a preoccuparlo.

«A questo punto dimmelo e basta Nick.»

Nick respirò profondamente, chiuse gli occhi e strinse i denti.

«Drake. Io sono un licantropo.»

  
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