CAPITOLO
VII
4 ottobre 2011, 11.25
Fort
George G. Meade, sede della National Security Agency, Maryland
Laurence
stava guardando
l’enorme distesa verde che riempiva il territorio a sud delle grandi strutture che
ospitavano l’NSA. Il suo ufficio, con quella grande vetrata che offriva uno
spettacolo naturale invidiabile, era uno dei più luminosi e belli del palazzo. D’altronde, Laurence era arrivato ai
piani alti dell’Agenzia grazie al suo duro lavoro e all’impegno che aveva
dimostrato. E, certo, anche perché era a conoscenza di certe informazioni
scottanti che nessuno in quel dipartimento avrebbe voluto maneggiare.
«Signor
Powell, il Direttore desidera riceverla nel suo ufficio.»
Laurence
si avvicinò all’enorme scrivania, premette un pulsante sulla grande tastiera
del telefono che spiccava vicino al computer e rispose alla segretaria.
«Grazie,
Sarah; vado subito.»
L’uomo
si allacciò il bottone della giacca ed uscì dal suo ufficio, dirigendosi verso
l’ascensore. Sapeva che il “Boss” prima o poi l’avrebbe chiamato a rapporto per
discutere di quella faccenda.
«Powell,
dove sta andando?»
Laurence
si voltò. In mezzo al corridoio vi era un uomo sulla cinquantina, con un viso
ovale e un po’ stempiato. Lo stava guardando dietro a spessi occhiali
rettangolari, sorridendo con le labbra sottili.
«Signor Direttore..
mi avevano detto che voleva vedermi, Signore, quindi stavo venendo nel suo
ufficio...»
L’uomo
si avvicinò, stringendo la spalla di Laurence: «Non preoccuparti Powell, la tua
segretaria non ha sbagliato. Ma sai che di certe questioni preferisco parlare
all’aria aperta.»
Laurence
si lasciò guidare dal Direttore verso l’esterno dell’edificio, e l’uomo iniziò
a parlare solo quando entrarono nel grande parco vicino al parcheggio.
«Immagino
tu sappia perché ti ho voluto incontrare, giusto?»
«Signore,
credo di immaginarlo.»
«Vorrei
chiederti se hai pensato a ciò di cui abbiamo parlato l’ultima volta, Powell.
Il tempo stringe, abbiamo bisogno di una scelta da parte vostra.»
«Capisco,
Signore, ma la faccenda non è tanto semplice. In questa settimana sono riuscito
a parlare solo con mio fratello, e come lei sa vi sono molti altri soggetti da
interpellare prima di poter decidere. Inoltre, non ci state chiedendo qualcosa
di semplice. Stiamo valutando un altro accordo da poter fare.»
«So che
la situazione non è facile, Powell. Se dipendesse da me, non cambierei
l’accordo per nulla al mondo. Purtroppo non posso ignorare ordini dalla Casa
Bianca... Gliel’ho spiegato, con i tempi che corrono si vuole avere la massima
sicurezza possibile, e voi siete considerati un pericolo.»
Laurence,
che finora aveva mantenuto un atteggiamento pacato e calmo, iniziò ad
alterarsi.
«Un
pericolo! Sono secoli che
viviamo in queste terre, ci siamo adeguati a voi, abbiamo perso la forza e le
capacità della nostra razza per poter essere più compatibili alla vostra e
conviverci. Abbiamo eliminato chiunque dei nostri si volesse opporre a questa
scelta, e viviamo ogni giorno con la repressione dei nostri istinti naturali
per non permettere che qualcuno ci scopra. Dopo tutto questo, siamo considerati
un pericolo?!»
Il generale sospirò
guardando Laurence con aria comprensiva. «Powell, sono davvero dispiaciuto e so
quanto sia difficile ma...»
Laurence guardò in
basso, amareggiato: «No, Signore. Scusi, ma non può capire davvero. Dei nuovi
accordi per noi sono impossibili. A cosa potremmo rinunciare ancora?»
«La capisco. Non so
perché d’improvviso i vecchi accordi siano stati annullati. Mi è stato solo
detto di riferirle che il prima possibile devono essere rivisti, altrimenti...»
«Altrimenti cosa?
Che succede se non abbiamo degli accordi ragionevoli? Volete rinchiuderci in un
parco controllato e studiarci come cavie da laboratorio? Volete espellerci e confinarci in un territorio inabitato? O
credete che la soluzione più comoda sia sterminarci ed eliminare il problema?»
Il
Generale parve a disagio. «Mi hanno solo riferito che in caso non formuliate
nuovi patti, la Casa Bianca non potrà che intervenire.»
Laurence
si voltò verso il Generale, fissandolo negli occhi incredulo.
«Mi
dispiace davvero Powell... ma non so cosa fare.» sospirò il Direttore prima di
voltarsi e tornare verso gli uffici.
Laurence
rimase solo nel parco, fissando il vuoto in cerca di risposte. Il sangue gli
ribolliva nelle vene, un nodo di rabbia lo stava lacerando dall’interno,
tentando di uscire allo scoperto.
Non
poteva credere che tutto ciò stesse succedendo davvero, non ora che tutto
sembrava andare bene.
Quella
faccenda doveva essere sistemata il prima possibile.
4 ottobre 2011, 19.37
Wallace Manor Road, 200 - Villa Powell, Annapolis,
Maryland
Nick
entrò in casa allegro. Sorrideva da giorni, da quel fantastico bacio, da quando
lui e Drake erano diventati qualcosa di più. D’un tratto gli era parso che
tutto avesse un senso, gli sembrava che nella sua vita fosse arrivato quel
“qualcosa” che ora poteva riempire il vuoto che aveva sempre provato. Passare
del tempo con Drake lo rendeva felice, ora più che mai.
Poggiò
lo chiavi di casa sul mobiletto a parete che occupava l’ingresso, si tolse il
soprabito e controllò la macchia di ketchup vicino alla tasca sinistra; lui e
Drake erano andati a fare merenda in centro, prendendo un panino e delle
patatine fritte da un fast food. Certo, tutto sarebbe andato benissimo se Drake
non avesse deciso a un certo punto di imboccare Nick con le patatine piene di
ketchup. Nick sorrise, pensando allo sguardo rammaricato di Drake mentre
tentava di ripulire la macchia della patatina che era inavvertitamente caduta
sul cappotto. Piegò il soprabito per portarlo a lavare, e si diresse verso la
lavanderia.
Si fermò
di fronte all’ufficio di suo padre quando sentì una strana conversazione. Spiò
dall’uscio della porta socchiusa, e vide Arthur che stava parlando al telefono
tenendo in mano fascicoli e lettere.
«Quindi
non abbiamo nulla, nessun indizio che ci possa far capire perché abbiano deciso
di annullare gli accordi?» Arthur aveva l’aria preoccupata e concentrata,
teneva la cornetta del telefono tra il viso e la spalla, avendo le mani intente
a sfogliare un faldone pieno di scartoffie.
«Laurence,
non è possibile che ci stiano chiedendo tutto questo. A pensare che se non
troviamo una soluzione potrebbero farci fuori tutti.. Credevo saremmo stati
tranquilli per sempre con l’ultimo accordo... Sì, sì, lo so che la Casa Bianca
è la Casa Bianca, ma allora è inutile sottoscrivere accordi se loro possono annullarli
quando vogliono! Teste di cazzo!»
In quel
momento Nick iniziò a capire di cosa stessero parlando suo padre e suo zio.
Sapeva che avevano la protezione dello Stato grazie ad accordi speciali
sottoscritti anni prima tra la Casa Bianca e la sua specie. E sapeva che quegli
accordi erano l’unica cosa che permetteva loro di vivere tranquillamente. Cosa
stava succedendo adesso?
«Va bene
Laurence, dobbiamo richiamare gli altri capofamiglia per discuterne. Dobbiamo
trovare assolutamente una soluzione. Ci sentiamo.»
Arthur
riattaccò e si mise il viso tra le mani, appoggiandosi con i gomiti alla
scrivania. Sospirò nervoso, quando la porta dello studio si aprì lentamente.
Nick stava sulla soglia, guardandolo con occhi preoccupati.
«Nick!
Non pensavo fossi già tornato a casa... tutto bene?» Arthur si alzò dalla
scrivania, tentò di distendere i nervi cercando di apparire il più naturale
possibile.
«Papà,
che cosa sta succedendo? Sono saltati gli accordi?»
Tentativo
fallito.
«Nick,
non avresti dovuto ascoltare la conversazione con tuo zio, comunque non c’è
nulla di cui preoccuparsi, solamen...» le spiegazioni di Arthur furono interrotte
bruscamente dal ragazzo.
«Papà, non provare a
mentirmi.»
Arthur fissò suo
figlio per pochi secondi, poi si accasciò inerme sulla sedia con uno sguardo
rammaricato. Non voleva mettere Nick in mezzo a quella faccenda, ma suo figlio era
un ragazzo coraggioso e perspicace. Non spiegargli la situazione l’avrebbe solo
spinto a volerne sapere di più.
«Chiudi la porta e
siediti, Nick. Ora ti spiego tutto.»
Nick sapeva che il
segreto della sua famiglia non sarebbe mai dovuto essere stato raccontato a
nessun essere umano. Chiunque fosse, qualunque cosa succedesse, quel segreto
doveva essere mantenuto tale. Nonostante questo aveva sempre provato il forte
impulso di raccontare tutto a Drake. E molte volte era stato sul punto di
farlo, ma gli veniva sempre in mente suo padre.
Non era mai stato
facile, un peso simile grava su una persona come un enorme macigno, infatti
Nick non aveva mai avuto molti amici. Nessuno sembrava fidarsi di quel ragazzo
un po’ scontroso e riservato, che stava sempre sulle sue. Nessuno tranne Drake.
Nick non sapeva perché, ma Drake aveva imparato ad accettare i suoi lati oscuri
e aveva imparato a non chiedere spiegazioni su questioni che sapeva non
avrebbero avuto risposta. Ed è proprio questo che ha sempre spinto Nick a
volergli raccontare tutto.
Nonostante questo, ora
che suo padre aveva vuotato il sacco, il primo pensiero di Nick non era stato
di cercare conforto dal proprio ragazzo, ma di lasciarlo invece all’oscuro di
quella faccenda spinosa. Il problema era che se l’avesse tagliato fuori avrebbe
finito per allontanarlo da sé, di nuovo.
Continuare a
frequentarsi avrebbe ficcato Drake nei guai, e Nick non voleva. Sapeva cosa
voleva dire vivere sapendo quello che sapeva lui, correndo i rischi che correva
lui, e non voleva far passare a Drake la stessa cosa.
Inoltre, spiegare ai propri genitori di essere innamorato di un ragazzo ora
avrebbe solo complicato la situazione, e avrebbe dato loro molte più
preoccupazioni di quante già non ne avessero.
C’era
una sola cosa da fare: lasciarlo.
“Lo devi
fare per il bene di tutti, Nick. Ma soprattutto per il bene di Drake.”
Se
quando si trattava di emozioni Nick se la faceva sotto dalla paura, quando
doveva controllare una situazione di stress riusciva a mantenersi freddo e
distaccato, quasi non fosse lui ad agire. Il fatto che conoscesse Drake e
sapesse come ferirlo aiutava.
“Mi farò
sentire sempre di meno, sarò freddo e distaccato, fingerò di avere impegni per
non vederlo. Qualche giorno e crollerà.”
Prese la
camicia che Drake aveva dimenticato a casa sua domenica notte, la strinse fra
le mani sentendosi momentaneamente distrutto per quello che stava per fare.
Odiava la sua parte umana in quei momenti.
Chiuse
gli occhi, e si fece coraggio. “Lo devi fare per lui, Nick.”
10 ottobre 2011, 09.29
Annapolis Senior High School, Maryland
Drake
chiuse stancamente l’armadietto con in mano il libro di Diritto. Si soffermò
fissando il vuoto per qualche istante, con l’aria preoccupata. Era da giorni
che Nick era strano nei suoi confronti: non lo cercava mai, non rispondeva ai
messaggi, e quando Drake lo chiamava il più delle volte non rispondeva al
telefono. Non c’era mai la possibilità di vedersi, per un motivo o per l’altro.
Drake non sapeva se prenderlo come uno dei momenti “no” di Nick, arrivato
all’improvviso, oppure se pensare che Nick tentasse di chiudere il loro
rapporto.
Si
incamminò verso le scale, e voltando l’angolo si trovò davanti Nick. Gli sembrò
affaticato e preoccupato, anche quando tentò di fingere un sorriso freddo nel
salutarlo.
«Ehi,
Drake.»
«Ciao
Nick.. Senti, ti volevo chiedere...»
Nick lo
superò senza lasciar finire la frase a Drake. «Scusa, Drake, ma devo correre a
lezione adesso...»
Drake
alzò gli occhi al cielo, innervosito improvvisamente da tutta la situazione. Si
voltò di scatto.
«Nick,
posso sapere cosa sta succedendo?»
Nick si
fermò, voltandosi a sua volta verso Drake. Tentava di mantenere un viso freddo
e distaccato, solo così sarebbe riuscito nel suo intento «Non capisco, cosa
intendi?»
Il
nervosismo di Drake cresceva. «Non ti fai sentire da giorni, non ci siamo più
visti... sembra che mi stia evitando.»
«Drake,
è solo che sono sempre molto impegnato.»
Drake
sospirò, il nervosismo era a livelli da Guinness dei primati, e continuava a
non capire da cosa nascesse quel distacco di Nick. «Senti, vorrei solo parlare
un po’ con te...»
Nick
distolse i suoi occhi da quelli del ragazzo per un millesimo di secondo: doveva
riprendere il coraggio necessario per sferrare il colpo finale.
«Drake,
non hai capito? È finita, basta. Non c’è nulla da dire, ora devo andare.»
Drake lo
guardò esterrefatto. Il nervosismo sparì di colpo, lasciando spazio al vuoto
totale.
Nick sostenne
lo sguardo per qualche attimo, poi si volto e andò via. Era già stato
abbastanza difficile così, non sarebbe mai riuscito a vederlo piangere.
Duke of Gloucester Street, 189 - Casa Coleman,
Annapolis, Maryland
Drake non
sapeva cosa pensare: forse non conosceva Nick come credeva, forse quello era il
vero Nick, una persona capace di scelte incomprensibili che non si curava di
quello che gli altri provavano. Ok, era sempre stato un po’ sociopatico, sempre
sfuggente con tutti e a tratti persino antipatico, ma questo con gli altri. Mai
con lui.
Guardò
il cellulare appoggiato sul letto. Doveva scrivergli? Si era già fermato più
volte prima di inviargli suppliche, o spiegazioni, o insulti. Fortunatamente,
era riuscito a mantenere un forte autocontrollo prima di sembrare più patetico
di quanto non fosse stato nei corridoi della scuola, quando aveva quasi
iniziato a piangergli in faccia.
Decise
comunque di scrivergli qualcosa. Giusto per fargli sapere cosa stava pensando
in quel momento.
14
ottobre 2011, 18.56
Great
Smoky Mountains National Park, pochi chilometri da Gatlinburg, Tennessee
Nick si
sedette su una roccia sporgente, seguito dalla cugina Elizabeth. «Mi fa piacere
che tu sia passato, Nick.»
«Mi
spiace per essere arrivato così all’improvviso...»
«Ehi,
cuginetto! Qui sei sempre il benvenuto, quando vuoi. Allora, veniamo al sodo:
che succede?»
Nick
abbassò lo sguardo, tentando di trovare le parole adatte per spiegare a sua
cugina che aveva allontanato dalla sua vita l’unica persona che lo facesse
sentire completamente felice. Aveva bisogno di parlare con Elizabeth, perché
sapeva che lei era l’unica in grado di capirlo a pieno: era sempre stata
l’unica. Si erano trovati fin da piccoli, stesso modo di pensare, stessi
atteggiamenti, stessi interessi, ed era nata un’amicizia alquanto unica, fatta
di tanto affetto e aiuto reciproco. Nick sapeva che in sua cugina avrebbe
sempre trovato un appoggio sincero e leale.
Elizabeth
lasciò in silenzio il cugino per circa cinque secondi, poi decise di aiutarlo;
sempre impacciato, Nick, quando si parla di sentimenti. «È per amore, vero?»
Nick
sospirò: «Sì...»
«E c’entra
quel ragazzo, vero?»
Nick
fece un mezzo sorriso, orgoglioso della perspicacia di Elizabeth. «Drake,
sì...»
«Sai,
l’avrei detto subito. C’era troppa intesa tra di voi, la sera della cena... in
effetti, voi due da soli emanavate tanto amore da mandarmi in pappa il
cervello. Ho addirittura mangiato gli asparagi senza accorgermene.»
Nick
rise: «Elizabeth, non c’erano asparagi a cena...»
La
cugina lo guardò sorpresa, per assumere subito dopo un’espressione dubbiosa.
«Cavoli, mi sembrava strano che fossero proprio asparagi. Comunque era qualcosa
di verde... Beh, torniamo al discorso principale:a parte gli scherzi, c’è
davvero qualcosa di molto forte tra di voi, un’intesa che a momenti è
palpabile. Quindi, tralasciando tutti i dettagli che mi racconterai in un altro
momento, come mai stai così male?»
Nick si
rifece serio, chiudendo gli occhi. «Credo di aver fatto una cazzata, non so
cosa fare, come potrei rimediare...»
«Spiega
meglio, caro. Non so ancora leggere nella mente.»
Drake
prese il cellulare dalla tasca, lo accese e mostrò a Elizabeth il messaggio di
Drake: “Forse abbiamo corso troppo, forse avremmo dovuto pensare bene a cosa
stavamo facendo, tutti e due. Ma non posso credere che tu mi abbia considerato
la tua botta e via.”
Elizabeth
lo lesse attentamente, poi riconsegnò il cellulare al cugino. «È stata la tua
botta e via?»
«No! E
non sai quanto mi faccia stare male il fatto che lui lo pensi.»
Elizabeth
mise la sua mano su quella di Nick:«Capisco... Ma perché lui ne è tanto
convinto?»
«Vedi,
in questi giorni ho fatto di tutto per evitarlo e per farlo allontanare da
me... sapevo che lui sarebbe arrivato a una conclusione del genere, ma non
sapevo quanto mi avrebbe fatto male.»
«E perché
l’hai allontanato?»
«Non so
se posso spiegartelo... Diciamo che la nostra famiglia è in una situazione
strana.»
«Ah, sì,
il fatto della Casa Bianca.»
Nick si
voltò verso la cugina, sorpreso. Lei fece spallucce, assumendo un’espressione
colpevole.
«Ho
letto delle lettere sulla scrivania di papà, e ho collegato il tutto.»
«Ok,
quindi sai quanto possa essere pericolosa questa cosa, sai a cosa stiamo
andando incontro...»
«Certo,
Nick, ma so anche che per affrontare questa situazione ci serve tutta la forza
possibile. E tu senza Drake non riesci ad essere forte, credo te ne sia accorto
anche da solo.»
Nick
sbiancò. In effetti, no. Non aveva pensato a questo particolare, anche se era
vero. Da quando aveva deciso di tagliare il rapporto con Drake era cambiato:
era sempre nervoso, aveva meno fame, si era indebolito visibilmente. Punto in
più per convincerlo dell’importanza di Drake nella sua vita, e punto in più per
essere sicuro di aver fatto uno sbaglio nell’allontanarlo.
«Resta
il fatto che non voglio metterlo in mezzo a questa storia. Potrebbe succedergli
qualunque cosa!»
«E credi
che quello che stai facendo lo stia aiutando?»
Nick si
trovò spiazzato dalla domanda della cugina: «Come?»
«Secondo
te, se lui potesse scegliere di stare vicino a te in questa battaglia o di
starne completamente fuori e vivere col dubbio che tu sia solo uno stronzo,
cosa sceglierebbe?»
«Beh, se
la metti sotto questa prospettiva... Ma c’è il segreto! Lui non capirebbe,
Elizabeth, è un essere umano.»
Elizabeth
accennò ad un sorriso, guardando Nick negli occhi. «Nick... mio padre, tuo zio
Laurence, ha infranto la regola del segreto con mia madre, ed è da lei che ha
trovato la forza, in tutti questi anni. Oltretutto, mia madre è l’esempio
vivente di come un essere umano possa comprenderci. Di fronte all’amore, nulla
è importante, Nick. Nemmeno il segreto.»
Nick
alzò lo sguardo, pensando alle parole della cugina. Ora, forse, aveva capito
cosa doveva fare.
15 ottobre 2011, 15.23
Quiet Waters Park, Annapolis, Maryland
Drake
avanzava goffamente per il bosco, tentando di farsi strada tra gli arbusti che
tempestavano il parco. Non riusciva a capire perché Nick gli avesse chiesto di
vedersi proprio lì, ma non aveva intenzione di lasciarsi scappare quella
possibilità. I giorni passati erano stato davvero pesanti. Nick era il suo
pensiero fisso, e anche se tentava di distrarsi pensando ad altro, lui rimaneva
nella sua mente, come una macchia di unto che non sparisce nonostante la
continui a lavare. Non gli dava tregua, ed era veramente stressante.
Non
sapeva perché Nick gli avesse chiesto di parlare, non voleva pensarci per non
rischiare di cadere nella speranza che stesse tornando da lui. Sarebbe stato
davvero troppo vedere quella speranza infrangersi per qualsiasi motivo.
Arrivò
nel luogo dove Nick gli aveva espressamente chiesto di andare, e lo trovò
seduto su una roccia mentre giocava nervoso con un sassolino. Lo guardò per
qualche secondo, pensando a quanto lo volesse, e poi riprese a camminare verso
la sua direzione.
Nick
alzò gli occhi dalla piccola pietra che aveva trovato solo quando sentì dei
passi avvicinarsi. Aveva passato le ultime decine di minuti a pensare
esattamente al discorso da fare, a prevedere delle possibili reazioni di Drake,
a provare i toni della voce, a decidere se era meglio un’espressione seria o
tranquilla. Naturalmente, ogni volta che ripensava a un particolare tutto il
progetto gli sembrava sbagliato, e lo iniziava daccapo. Quando Drake arrivò,
sospirò. L’ora delle prove generali era scaduta, adesso si andava in scena. Si
alzò.
«Ciao,
Drake...»
«Ciao
Nick. Puoi spiegarmi perché siamo qui?»
Le mani
di Nick iniziarono a sudare. «Ora capirai tutto, Drake. Prima di tutto, vorrei
scusarmi per questi giorni. Credevo di aver preso una scelta giusta, ma ho
capito di aver fatto una cazzata.»
Drake lo
guardava, zitto, anche se i suoi occhi dicevano apertamente “Ok, per ora stai
andando bene, ma vai avanti.”
Nick si
risedette sul masso «Allora, Drake... Tu non sei stato la mia botta e via. E
non voglio che lo pensi. C’è un motivo, un grosso motivo, per il quale ho
tentato di allontanarti da me in questi giorni. Riguarda me, la mia famiglia,
ed è da tanto tempo che sento l’impulso di dirtelo, ma è difficile, molto
difficile...»
Drake si
avvicinò a Nick, sedendosi sulla stessa roccia. Lo guardò negli occhi. A quanto
pare la cosa era più seria di quanto pensasse, e qualunque cosa Nick gli
volesse dire, doveva essere qualcosa di veramente importante.
« Nick, sai
che puoi dirmi qualunque cosa...»
«Sì,
Drake, ma questo è davvero qualcosa che tu non puoi minimamente immaginare,
potresti rimanere shockato.»
Drake
rimase a pensare per qualche secondo. Quella situazione
iniziava davvero a preoccuparlo.
«A
questo punto dimmelo e basta Nick.»
Nick
respirò profondamente, chiuse gli occhi e strinse i denti.
«Drake.
Io sono un licantropo.»