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Autore: Dragon_Flame    28/11/2014    3 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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26.

 


 

Note: capitolo lime. O lemon, boh (non ho proprio capito la differenza fra i due... ^^'''). Spero che la scena erotica che leggerete non sia una cagata, dato che è la prima volta che ne descrivo una. E spero che nemmeno il capitolo e la storia non stia diventando una cagata colossale. Ci ho messo tre settimane a scrivere questo... ehm, capitolo. Speriamo che mi ci voglia di meno per il prossimo - cioé, sarò io a sperare, perché non credo che dopo questa schifezza qualcuno vorrà continuare a leggere la storia. xD

 


 

Il mattino dopo trovò Lidia già sveglia e pronta per andare a scuola intorno alle sette e mezza. Non avendo voglia di rimanere ancora a casa e attendere che la sorella minore si preparasse, con la solita calma esasperante, per affrontare le lezioni del mercoledì, la ragazza aveva deciso di partire per l'istituto "Calamandrei" in sella al proprio scooter, arrivando lì poco dopo.

Dopo neanche venti minuti la castana già era seduta al proprio banco nell'aula del quinto linguistico a ripassare storia dell'arte in vista di una possibile interrogazione. Quel giorno avrebbe avuto due ore di Antonelli e difficilmente sarebbe scampata alla prova orale, dato che era rimasta tra i cinque ancora da interrogare. Quindi si mise di buona lena per cercare di imparare a memoria i concetti chiave delle correnti artistiche degli anni Venti e Trenta del Novecento, sospirando sconsolata e sicura al cento per cento che una possibile brutta insufficienza in storia dell'arte le avrebbe abbassato la media già non tanto alta. La Prof. Laura Antonelli, vecchia arpia umbra, era una tipa tosta che pretendeva molto dai suoi alunni e si manteneva assai bassa con i voti: prendere un sei con lei equivaleva a un otto e mezzo con l'altro prof. della medesima materia che aveva insegnato all'ormai classe quinta in terzo liceo, ossia Pietro Buscarini.

Lidia stava ancora ripetendo ciò che probabilmente le sarebbe stato chiesto durante l'interrogazione quando i suoi compagni cominciarono ad arrivare, dando via ad un lento tramtram che servì solo a deconcentrarla. Tra i primi ad entrare in classe vi fu Enrico, che si sedette subito accanto alla sua migliore amica, fermamente deciso per quel giorno a spedire Aurelia accanto ad Andrea Ferrero, che cominciava a stancarlo con le sue chiacchiere su tette, fondoschiena, serate in discoteca con tanto di fumata finale di marijuana e sesso occasionale con sconosciute nei bagni dei locali. Andrea era un tipo simpatico e alla mano, ma anche sgradevole alle volte, e molti suoi compagni di classe non lo frequentavano al di fuori della scuola. Enrico avrebbe anche tentato di convincere Aurelia a fare scambio di posto in modo definitivo con lui.

"Good morning" la salutò in inglese.

"Hello" lo salutò l'amica con noncuranza, senza nemmeno alzare gli occhi dalla pagina aperta che aveva sotto.

"Che saluto è mai questo?" finse di offendersi Enrico, più per darle noia che per altro.

Lidia finalmente lo guardò di sbieco, scuotendo poi la testa e accennando un sorriso.

"Tanto quella arpia non mi darà un sette nemmeno se le ripeto a memoria tutto il libro di arte" concesse, accostando poi il volto al suo per stampargli un bacio veloce ma pieno d'affetto sulla guancia un po' ruvida. "Sai, dovresti raderti tutte le mattine. Un po' di barba ti sta bene, ma è fastidiosa al contatto con la pelle."

"Suvvia... lui" replicò con un sorriso Enrico, menzionando implicitamente Ivan, "ne ha tanta quanto me, a quanto ho potuto vedere, perciò non mi rompere. E poi non mi racconti cosa avete fatto ieri? Dài, sono curioso! Confessa, hai peccato di lussuria e ci hai fatto cose zozze" la prese quindi in giro, ridendo a più non posso nel constatare che il volto della ragazza era diventato paonazzo per l'imbarazzo.

"Quanto sei cretino! Te l'ho mai detto? Sì? Be', te lo ripeto: sei un cretino, anzi no, un coglione!" strepitò Lidia, attirando l'attenzione di metà dei compagni di classe.

Quindi si guardò intorno, arrossendo ancora di più, poi s'impose di calmarsi, fulminò l'amico con lo sguardo e riprese a parlargli sottovoce.

"Per la verità mi aveva chiamato a casa e non era mai successo prima, perciò ho pensato che potesse essere accaduto qualcosa. In realtà voleva parlare con me di una questione importante" si spiegò, sospirando pesantemente al pensiero del motivo per cui Ivan le aveva telefonato.

"E quale sarebbe questa ragione? Che c'è, si sta facendo geloso?" la stuzzicò l'amico, al quale la castana diede una dolorosa gomitata al fianco.

"Scemo. Guarda che sta arrivando Aurelia... ne parliamo dopo, non voglio che lei ci senta. Meno persone lo sanno e meglio è per me e lui" l'ammonì l'amica, voltandosi poi verso il libro per lasciare Enrico solo soletto ad affrontare la sua quasi ex-compagna di banco.

Aurelia si offese non poco vedendo che il biondo voleva prendere il suo posto accanto a Lidia, ma, alla prospettiva di poter trascorrere qualche mese accanto all'intrigante e divertente Andrea Ferrero, la rossa accettò di buon grado, allettata dall'idea di soddisfare la propria egocentrica malizia femminile. Quindi si sedette accanto al ragazzo, lasciando Lidia al suo ripasso disperato.

Che tonta che sono! Ieri potevo studiare, invece di uscire con Gianluca... mi sarei risparmiata anche la scenata di Roberto. Che scema!, si ripeteva Lidia mentalmente, sospirando esasperata quando vide la figura imponente di Marzi entrare nell'aula al suono della campanella per reclamare l'attenzione dell'intera classe sulla propria lezione.

Non le fu possibile ripassare di nascosto durante l'ora di tedesco perché l'uomo, che aveva forse intuito il nervosismo che permeava la sua alunna migliore di sempre, l'aveva chiamata alla cattedra con un ironico ghigno stampato in volto e l'aveva interrogata su tutto il programma svolto, dandole dopo quarantacinque minuti di supplizio un bel nove meritato per l'esposizione chiara e logica e per il linguaggio perfetto che la liceale aveva utilizzato.

Lidia tornò al posto al suono della campanella, quasi mordendosi le nocche per reprimere la tentazione di mollare un cazzotto al volto attraente del giovane prof. Non sapeva nemmeno se odiasse più lui o l'Antonelli. Sicuramente però la Landi, la docente di matematica e fisica, era imbattibile e si teneva saldamente aggrappata al primo posto della classifica personale dei prof. più stronzi per Lidia.

"Che stronzo che è stato Marzi" commentò Enrico, leggendo il disappunto e la collera nel volto offuscato della sua nuova compagna di banco.

"L'aveva capito, quel bastardo, che ero nervosa per un'interrogazione che mi avrebbero fatto in mattinata. Aveva pure visto il quaderno di storia dell'arte aperto sul mio banco, quindi non ci sono scusanti. Quello me l'ha fatto apposta!" sbottò la castana, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia.

"Dài, magari la Antonelli si dimentica di interrogare... e noi della classe non andiamo di certo a dirglielo" la rincuorò Aurelia dal suo posto in terza fila, allungando una mano sulla sua spalla per scuoterla lievemente.

"Grazie, ragazzi" disse Lidia, grata di avere una classe pronta sempre ad appoggiare qualche suo membro in difficoltà.

Effettivamente, le due ore di storia dell'arte passarono tranquillamente, almeno per la maggior parte: la professoressa arrivò con mezz'ora di ritardo a causa del traffico cittadino che l'aveva tenuta bloccata per quasi un'ora, mormorando scuse a tutti quanti. Quindi perse un'altra mezz'ora a parlare ai suoi alunni di un concorso di fotografia indetto da un liceo toscano a cui i più bravi dell'istituto avrebbero potuto partecipare, e tra questi fece i nomi di Enrico Alessi e Heydar Lotfollahi, che già in terzo liceo erano arrivati secondi alla stessa competizione.

Poi la Antonelli cominciò a spiegare e nessuno disse nulla a proposito delle interrogazioni, pregando anche in aramaico antico affinché non se ne ricordasse all'improvviso.

Tuttavia l'essere supremo a cui avevano rivolto le loro preghiere doveva aver deciso che quel giorno non potevano scamparla, perché dopo neanche venti minuti la donna si era voltata verso la classe, smettendo di fare uno schizzo alla lavagna, negli occhi gelidi un'espressione offesa e indispettita.

"Ragazzi, ma io oggi dovevo interrogare gli ultimi cinque rimasti! Perché non me lo avete detto subito? Sapete benissimo che io non ho una memoria affidabile!" strillò incollerita, tornando subito alla cattedra e sedendosi per controllare il registro ancora aperto. Scorse i nomi, sottolineando con la matita quelli di chi ancora non aveva nessun voto.

"Allora, sono rimasti da interrogare Lidia Draghi, Andrea Ferrero, Beatrice Lorenzetti, Tommaso Romani e Francesca Letizia Rossi... Bene, Lorenzetti, vai alla pagina del libro in cui è scritta la biografia di Otto Dix e commenta la sua opera Trittico della guerra."

La povera malcapitata, che non aveva più studiato alcuna materia da quando si era concentrata esclusivamente sul compito di fisica svolto il giorno precedente, non sapeva un'acca delle opere di Dix e tacque per un periodo interminabile.

Lidia, dal canto suo, sudava freddo già da un bel po' e osservava quasi con terrore la professoressa seduta dietro la cattedra, mordendosi le labbra piene e carnose con gli incisivi mentre sfregava i palmi delle mani l'uno contro l'altro.

Dopo aver atteso ancora un minuto, la Antonelli si voltò verso gli altri alunni, sorridendo quasi sadicamente.

"Che silenzio di tomba, ragazzi miei... evidentemente qui non ha studiato nessuno per oggi. Ma lo sapevate che interrogavo. Avete fatto un passo falso non ricordandomi che dovevo verificare le vostre conoscenze, perciò dopo non venite da me a piangere per un voto così basso da entrare nel Guinness World Record, chiaro?" mormorò con tranquilla indifferenza. "Romani, che mi sai dire dell'opera di Dix?"

"Ehm... il Trittico della guerra... è stato dipinto nel... nel... ehm..." esordì audacemente il ragazzo, tacendo poi di colpo.

"Rossi?"

Francesca non si premurò nemmeno di rispondere, osservando ostinatamente fuori dalla finestra.

"Ferrero? Tu sai qualcosa di Otto Dix?" l'interrogò la prof., quasi disperata dal silenzio assoluto che avvolgeva la classe. Poteva quasi sentire i suoi alunni respirare, si disse esasperando la situazione.

"Prof., ma scusi: sinceramente, a lei importa sapere che ha dipinto o che ha fatto 'sto Dix, che sia Otto o Sette o Sei...?" si buttò il ragazzo dopo un respiro profondo, strappando sbuffi divertiti e risatine represse a buona parte dei suoi compagni di classe.

Stringendo le sottili labbra esangui, la Antonelli impugnò la penna posizionata accanto al registo sulla cattedra. Il risultato di quella buffonata fu una nota chilometrica e un bel posto a sedere nello stretto corridoio su cui si affacciava l'aula.

Quando la docente si sedette nuovamente, Lidia avvertì subito il suo sguardo rabbioso su di sé. L'insegnante le lanciò un'occhiata a metà fra l'ammonimento e la supplica.

"Draghi, almeno tu... mi sai dire qualcosa sulla vita e l'arte di Otto Dix oppure ti risparmio un penoso silenzio e metto a tutti gli interrogati un due?" le chiese la Antonelli, tamburellando nervosamente le dita sulla superficie lignea della cattedra.

Lidia lanciò uno sguardo veloce all'orologio appeso dietro la donna, il quale segnalava che mancavano meno di dieci minuti al suono della campanella. Poteva sopravvivere, si disse. E poi non voleva un due: le avrebbe tirato giù tantissimo la media, già abbastanza bassa di suo. Riorganizzò velocemente i pensieri e le conoscenze frammentarie che aveva, attingendo alle reminescenze che aveva delle vecchie spiegazioni della professoressa sul programma del quinto, quindi prese un bel respiro e si lanciò.

"Otto Dix fu uno dei più importanti pittori tedeschi delle correnti di inizio Novecento. Nacque nel 1891 a..." esordì, continuando poi a parlare con voce calma e pacata, cercando di perdere più tempo possibile con una lentezza quasi esasperante.

Ricorse alla spiegazione di letteratura tedesca di Marzi del giorno prima, in cui aveva trattato proprio i concetti che stava ripetendo ora. Il docente, infatti, nelle sue spiegazioni trattava anche argomenti come storia, cultura generale e arte tedesca e nella sua ultima lezione aveva fortunatamente parlato del genio artistico di Dix e di altri esponenti della corrente cui apparteneva. Il tutto, ovviamente, tornava a beneficio di Lidia, che rispose in modo soddisfacente alla prima domanda postale dalla prof. di storia dell'arte, arricchendola con commenti brevi e vaghi sulle sue opere principali che accontentarono finalmente un poco la docente.

Lidia parlava mostrando una sicurezza apparente che in realtà non provava, mentre al di sotto del ripiano del banco si tormentava le mani febbrilmente.

Lo squillo della campanella pose fine al suo supplizio. Andrea rientrò subito in classe per andare a prendere il pacchetto di Marlboro da venti e fumarsi una o due sigarette, senza neanche degnare di uno sguardo la Antonelli che gli intimava di rimanere in classe per farsi dire il voto.

"Ragazzi, oggi l'unica di voi che mi ha soddisfatta un po' è stata Lidia, che si prenderà ovviamente il voto più alto. Ferrero si prende un uno e pure un'altra nota per avermi ignorata: diteglielo dopo, quando torna, a quel disgraziato! Poi, Romani, Rossi e Lorenzetti, vi dovreste beccare un uno, ma, tutto sommato, vi tirerebbe troppo giù la media, perciò assegnerò un quattro a ciascuno. E' sempre una brutta sufficienza, ma più semplice da recuperare di un uno, no? Siete in quinto anno e avete gli esami vicini. Non voglio che debbano toccare a me i rimorsi di coscienza per aver bocciato qualcuno di voi. A questo punto, comunque, la Draghi si meriterebbe un cinque e mezzo perché le ho chiesto molto poco e non ha risposto sempre in modo completo, però aveva a disposizione troppo poco tempo per svolgere un'interrogazione decente, quindi le alzo il voto a sette. L'ho alzato di alcuni punti a voi altri tre interrogati e per una questione di equità lo faccio pure con lei. E ora andate. Arrivederci" borbottò quindi l'insegnante, raccogliendo i suoi libri, il registro e l'astuccio dalla cattedra e rimettendoli ordinatamente nella borsa, uscendo poi dall'aula traballando ad ogni passo sulle scarpe dai tacchi a spillo che calzava.

"Non ci credo... non ci credo! Un sette con quell'arpia!" cominciò a esultare Lidia senza ritegno, abbracciando con foga Enrico e Aurelia che l'avevano raggiunta davanti alla cattedra insieme ad altri compagni.

"Brava, Lidia, ci hai salvati da un voto peggiore" la ringraziò Tommaso con un rassegnato sospiro di sollievo. "Se non ti fossi fatta interrogare avrebbe messo un due o un uno a tutti per quanto era incazzata. Tu l'hai calmata un pochino, anche se quel coglione di Ferrero l'ha provocata. Grazie a te abbiamo rimediato un'insufficienza molto meno grave."

"Tommy, mica devi ringraziarmi... ho fatto solo quello che dovevo" si schermì Lidia con un sorriso, accettando la gratitudine dei suoi compagni di interrogazione.

"Mi sembra che abbiano esagerato un po'... in fondo ho solo risposto a delle domande. Un quattro l'Antonelli gliel'ha messo comunque" mormorò fra sé la castana più tardi, mentre percorreva insieme al biondo e alla rossa i corridoi per andare dal resto del suo gruppo.

"Lilli, hai comunque salvato le loro medie facendo sì che la prof. mettesse loro un quattro invece che un uno, perciò hanno ragione a ringraziarti" le rispose Aurelia, dandole una pacca sulla spalla. "E smetti di pensarci, adesso. Già ti hanno tartassata abbastanza, vuoi rilassarti almeno adesso che c'è la pausa?"

"Forse hai ragione" concesse la ragazza sbuffando una risata. "Comunque oggi era meno acida del solito. Deve avere l'ammiratore segreto che le lascia lettere nella casella postale."

Il trio di compagni di classe ridacchiò. Quando i tre arrivarono al gruppo di amici, Lidia fu piacevolmente sorpresa di trovare Heydar e Céline a parlare insieme con disinvolta allegria, lievemente discosti dagli altri. Insieme erano così carini da sembrare una coppia di fidanzati.

Lo sguardo di Aurelia seguì quello azzurro della castana, soffermandosi sulla scena con sommo stupore.

"Ma... Ehm, Lilli: Céli e Dar si piacciono?" le domandò, indicandoli con un dito.

"Boh... a me Céline non ha detto niente. Probabilmente sarà un caso vederli insieme a parlare." Lidia fece spallucce, fingendo di non saperne niente per proteggere l'amica dalla curiosità impicciona della sua ex-compagna di banco.

Enrico prese improvvisamente la castana per un braccio, attirando su di sé la sua espressione confusa.

"Andiamo a fare un giro? Devo comprare la colazione ai distributori. Intanto tu mi parli di ieri" le propose e lei accettò di buon grado.

I due quindi si allontanarono, passeggiando piano.

"Enri, praticamente ieri è successo un casino. Gianluca, il fratello di Ivan - di cui ti ho già parlato -, mi ha invitata ad uscire e io ho accettato perché non avevo voglia di rimanere a casa da sola. Mentre eravamo in giro ho incontrato Roberto" cominciò a narrare Lidia.

"Il fratello di Ivan? E il Mollusco? mi sono perso un sacco di eventi!" Enrico sgranò gli occhi, senza togliere più lo sguardo onice dall'amica.

"Sì, per tua fortuna." La castana sospirò pesantemente, avvertendo l'animo turbarsi al ricordo della scena surreale che aveva vissuto subito dopo quell'incontro sgradevole e che le sarebbe tanto piaciuto dimenticare. "Quell'idiota si è messo a insultarmi davanti a tutti perché secondo lui io non avevo diritto a frequentarmi con un altro ragazzo. Mi ha dato della puttana, in pratica."

"Si è permesso di insultarti! Perché non mi hai detto niente ieri pomeriggio? Perché non mi hai chiamato, Lilì!" sbottò a voce alta il biondo, arrestandosi di colpo in mezzo al corridoio e attirando pure l'attenzione di qualcuno.

"Shhh! Enrico, sta' zitto" lo ammonì la ragazza, facendogli cenno di continuare a camminare.

"Io non capisco, Lidia... perché non me lo volevi dire?"

Enrico era sconcertato dal suo comportamento. Ma, soprattutto, era adirato. Roberto aveva insultato la sua migliore amica e non l'avrebbe passata liscia. Anche se lui era soltanto un diciottenne fortemente sottopeso e senza un briciolo di forze, avrebbe comunque fatto la pelle a quel bastardo nerboruto ventiquattrenne. Indipendentemente dalla forza fisica o dall'età, gli avrebbe fatto la festa.

"Te lo volevo dire stamattina, a ricreazione. A Céline lo racconto dopo, all'uscita. Prima preferivo prendermi una rivincita e poi sfogarmi da sola."

"In che senso?"

I due amici erano arrivati al distributore di merendine. Il ragazzo inserì un euro dentro l'apposito spazio e poi digitò il numero dello snack che intendeva comprare, quindi attese che venisse erogato.

"Gli ho risposto, mi sono difesa, l'ho insultato e gli ho fatto fare la figura dell'idiota davanti a tutti, amici suoi compresi. Poi me ne sono andata e Gianluca mi ha riaccompagnata a casa. Lì mi sono messa a piangere." Lidia aveva gli occhi lucidi al ricordo. "Il Mollusco è un grande stronzo, Enri, ma non devi metterti nei guai per me. Già mi basta il fatto che Gianluca si sia confidato con Ivan sull'uscita di ieri e che lui mi abbia chiamata a casa alle dieci di sera per farmi l'interrogatorio. Non ti ci mettere in mezzo pure tu, per favore."

Il biondo si chinò per estrarre dal macchinario il cornetto della Bauli che aveva comprato, quindi si rialzò in piedi.

"Interrogatorio? Che cazzo gli ha detto il suo fratellastro?"

"Ivan voleva sapere perché non gli avessi detto nulla dell'incontro con Roberto. Io speravo soltanto di non dover aprire questo discorso con lui, ma Luca gli ha chiesto un consiglio su come comportarsi con me e, confidandosi, gli ha spiattellato tutto. Allora suo fratello mi ha chiamata e io mi sono precipitata a casa sua perché temevo fosse successo qualcosa, dato che prima non ci aveva mai fatto. Gli ho raccontato cos'era successo e poi alla fine lui mi ha lasciata andare. Sembrava apparentemente tranquillo, ma sono sicura che stia elaborando un piano per vendicarsi in qualche modo di Roberto. E' geloso di me e ci tiene a che mi si porti rispetto. Poco importa che io gli dica di stare alla larga da quel deficiente: non sono sicura che mi darà retta. Perciò ti prego, Enri, non ti ci mettere anche tu con i tuoi progetti di rappresaglia. Almeno tu" lo pregò la ragazza.

"Ci proverò, Lilì, ma non te lo garantisco. Quel verme non deve passarla liscia" promise il biondo, serrando la mascella per l'ira.

Lidia era la sua migliore amica da cinque anni e gli voleva un bene dell'anima. In secondo liceo si era pure preso una bella sbandata per lei, ma era bastato qualche mese per guarirne completamente. Ora provava un attaccamento morboso per lei, quasi fosse una sorella minore da proteggere, e si comportava come un fratello con la ragazza. Perciò non avrebbe permesso all'odiato Mollusco di cavarsela così facilmente. No, gli avrebbe impartito una lezione coi fiocchi. Magari con l'aiuto di Ivan, se fosse riuscito a incontrarlo una seconda volta e a parlarci pure senza la presenza di Lidia.

"Oh, voi maschi siete impossibili!" esclamò la castana, sbuffando irritata e alzando gli occhi al soffitto dell'antico istituto trecentesco.


 

***


 

Le lezioni erano terminate intorno all'una e venticinque come sempre. Quel giorno Lidia avrebbe riaccompagnato Céline a casa, dandole un passaggio con il suo scooter. Approfittò dell'occasione per raccontarle ciò che aveva confidato ad Enrico a ricreazione, ottenendo una reazione collerica e incattivita da parte della sua migliore amica.

"Se lo prendo lo scuoio vivo, quello stronzo!" aveva esclamato la bruna alla fine del breve racconto della ragazza.

"Calmati e ascoltami: tu invece non farai nulla, così come nemmeno Ivan, Gianluca o Enrico devono. E non lo farai, altrimenti la prenderò come un'offesa personale. E sappi che non scherzo. Questa è una faccenda mia, personale, e nessuno ci deve mettere lo zampino" l'aveva ammonita con una certa durezza, prima di salutarla davanti al cancello del suo condominio e tornarsene a casa. "Ah, ricordati che stasera tardi voglio tutti i dettagli piccanti del tuo appuntamento a luci rosse con Heydar!" aveva poi aggiunto, facendole una scherzosa linguaccia e scappando via di corsa prima di finire tra le grinfie dell'irritatissima amica.

Ora la ragazza se ne stava in cucina a lavare le stoviglie impiegate per preparare il pranzo. Era da sola in casa: Eva era uscita di nuovo intorno alle tre senza dire nulla, incurante del divieto paterno impostole per il cinque rimediato a scuola con l'interrogazione di storia, e sarebbe sicuramente rientrata dopo le sette e mezza come al solito, mentre Domenico era ritornato al lavoro subito dopo aver pranzato con le figlie a casa, con l'umore allietato dai due bei voti che Lidia aveva preso a scuola.

Per Domenico, Lidia era la figlia preferita in assoluto: era obbediente, riflessiva, ragionevole e diligente; si impegnava a scuola e nello sport e dava ai suoi genitori soltanto soddisfazioni. L'unica cosa che non aveva mai accettato della figlia era stato il suo fidanzamento con Roberto, che le aveva fatto passare due anni di crisi continue, di pianti e di arrabbiature. Anche quel periodo era terminato, però.

Ora il padre della ragazza guardava con occhi critico al legame sempre più forte e al tempo che Ivan, il collega della moglie, trascorreva con la diciottenne, perché era chiaro il feeling che li legava. Sospettava pure che ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ma, riponendo fiducia nella logica ferrea e nel senso di responsabilità della sua primogenita, non aveva mai detto nulla che facesse trapelare i suoi sospetti, sperando che prima o poi quel dubbio potesse essere sciolto definitivamente.

Dopo aver riordinato la cucina, Lidia si occupò di rimettere a posto la propria camera, che Eva aveva lasciato nel più completo caos mentre era alla ricerca del cellulare dimenticato la mattina stessa a casa.

Rimettendo a posto i cuscini sparsi sul tappeto nel mezzo della camera, la ragazza scorse con la coda dell'occhio la custodia di un CD caduto per terra dagli scaffali sopra la scrivania. Stizzita, Lidia lo prese tra le mani, sperando che non si trattasse di un suo disco e che non fosse scheggiato o rotto. Altrimenti avrebbe fatto sua sorella a fettine.

Si trattava di un CD di Robbie Williams. Rotto. Di Eva.

Almeno non ha danneggiato nulla di mio, considerò Lidia con un'alzata di spalle, palesemente sollevata, seppur un pochino dispiaciuta per la sorte subita dal povero dischetto della noncurante sorella, posando la custodia spaccata e incrinata sul ripiano del tavolo accanto al pc.

Annoiata, la giovane se ne tornò al piano inferiore, chiedendosi cosa poteva fare. Poteva terminare di leggere l'ultimo libro che aveva comprato di Ken Kollett, L'inverno del mondo, oppure guardarsi un po' di tv. Non aveva molto da studiare, dato che il giorno dopo le sarebbero mancati due professori perché in gita con il primo linguistico a Pisa, il che avrebbe significato tre ore di buco su sei di lezione totale.

Oppure poteva sentirsi con Ivan. Tramite sms aveva saputo da lui che quel pomeriggio l'aveva libero. Quindi perché non vedersi con lui? Ne sentiva un bisogno invincibile: voleva scrollarsi di dosso il turbamento del ricordo dell'incontro con Roberto che ancora l'affliggeva. Voleva abbracciare Ivan e farsi dire parole rassicuranti, e magari pure fare un saluto ad Emma, che non rivedeva più da qualche giorno.

Quindi Lidia prese la sua decisione: afferrò il cellulare e digitò subito il testo di un messaggio, accordandosi con l'uomo per vedersi quel pomeriggio. Ebbe risposta positiva e, piena di gioia ed entusiasmo, cominciò a discorrere con lui per mettersi d'accordo su cosa fare, quando e dove vedersi.

Mezz'ora dopo, alle tre e mezza precise, Ivan si presentò davanti al portone di casa Draghi con tra le mani una confezione di pizza da asporto e un dvd. Lidia lo accolse gettandosi subito tra le sue braccia e lo fece quasi cadere giù dalla scalinata esterna.

"Scusami, Ivan... ma non vedevo l'ora di vederti!" ridacchiò la ragazza, aiutandolo a rimettersi in equilibrio e conducendolo dentro.

Si richiuse la porta alle spalle e, guidandolo fino al salotto, gli fece appoggiare pizza e film sopra un tavolino, premurandosi che si mettesse comodo a sedere sul divano mentre lei appendeva il cappotto dell'infermiere all'attaccapanni dell'atrio.

Tornò da lui a passo lento, quasi ciondolante, e si lasciò cadere tra le sue braccia, beandosi del contatto con quel corpo intrigante.

"Mi sei mancata tantissimo" mormorò tra i suoi capelli l'uomo, cingendola strettamente e posando poi un bacio sulle sue labbra.

"A me di più" replicò con un sorrisetto la ragazza.

"Oh, non cominciamo a fare la gara di chi ha sentito più la mancanza dell'altro. Altrimenti perdiamo tutto il pomeriggio" protestò il moro, scatenando la sua risata.

"Anche se passassero cento anni, tu non cambieresti mai: resteresti comunque l'acido quarantenne che conosco" lo prese in giro la giovane, sollevandosi poi in piedi ridendo.

"Dove vai?" si precipitò giocosamente l'uomo per rincorrerla, incontrando però una sua mano protesa a bloccarlo, posata sul suo petto.

"Sta' giù. Chiudo le luci, accendo la tv e inserisco il dvd... almeno ci guardiamo questo benedetto film e tu non pensi male."

Dopo aver svolto tutto, Lidia si diresse in cucina, uscendone un minuto dopo con due bicchieri, una bottoglia di Coca Cola e un pacco di popcorn aperto trattenuti in precario equilibrio fra le braccia sottili. Ivan accorse in suo aiuto sfilandole delicatamente bicchieri e bottiglia dalle mani. Quindi, dopo aver posato tutto sul basso tavolino del salotto, i due si sedettero l'uno accanto all'altra sul divano, pronti per vedere il film.

Ivan abbracciò le spalle di Lidia con l'arto, attirando la figura della liceale al suo petto. Lidia gli lanciò un'occhiata sarcastica, sollevando un sopracciglio.

"Hey, il fatto che mi abbracci così significa che ci stiamo per vedere un porno e vuoi fare qualcosa di sconcio? No, perché altrimenti tolgo direttamente il dvd... Oggi non credo di avere voglia di esplorare la nostra limitata conoscenza fisica."

Ivan, che stava assaggiando i popcorn nell'attesa che i titoli d'apertura terminassero di scorrere, quasi si strozzò con uno di essi, facendo scoppiare a ridere la ragazza.

"Lidia! Ma che ti salta in mente?" ribatté esasperato l'uomo, voltandosi a guardarla negli occhi nonostante la semi oscurità della stanza. "Non ho intenzione di fare un bel nulla."

"Eddài, dicevo per scherzo."

"Non fa ridere."

Ivan era piuttosto suscettibile ed riusciva facile alla giovane punzecchiarlo in ogni modo, soprattutto quando toccava argomenti delicati, come quello del sesso. In quel caso diventava permaloso e Lidia se la rideva sempre come una pazza per la comicità infantile del suo atteggiamento.

"Come sei irritabile" commentò la ragazza, guadagnandosi un'ultima occhiata torva da parte del moro.

"Forse è meglio se comincia il film" borbottò Ivan, trattenendo a stento un sorrisino di divertimento. Era permaloso, ma non a livelli così esasperanti.

"Sì, credo che sia un buon suggerimento."

Lidia si accoccolò accanto all'uomo, che la strinse a sé.

"Già, di che film si tratta? Prima non ho letto il titolo sulla copertina..." l'interrogò la ragazza un istante dopo, osservando fissamente lo schermo della tv per la curiosità di scoprire che pellicola avrebbero guardato.

"Ti piacerà, vedrai" asserì Ivan sicuro.

"A me basta che non sia un western o un colossal americano" borbottò la castana tra i denti, scura in volto, scatenando la risata dell'infermiere seduto accanto a lei.

Il film cominciò.


 

***


 

Alle sei meno dieci, dopo che i titoli di coda ebbero finito di scorrere lungo lo schermo, Lidia spense la tv, annoiata.

"Che palle! Io non capisco come fanno a piacerti gli western... sono così noiosi. E perché dovevamo guardare proprio quel film?"

"Be', semplicemente, io ti avevo proposto un film che piaceva a me. Non era sicuro l'avresti apprezzato pure tu. Vuol dire che la prossima volta deciderai tu quale dvd guarderemo insieme."

"Se ci sarà una seconda volta..."

Ivan scoppiò a ridere, divertito dal broncio della ragazza.

"Maddài, non mi dire che veramente non ti è piaciuto!"

"Per niente. E te l'ho già detto" puntualizzò lei, dandogli poi una leggera spinta abbastanza forte da far oscillare il corpo dell'uomo sull'orlo del divano.

"Hey, potevo cadere! Vacci piano con le mani" la riprese il moro accigliandosi, rimettendosi a sedere compostamente dopo aver oscillato pericolosamente sul bordo del sofà. "Comunque, che film hai intenzione di guardare la prossima volta?"

Il volto di Lidia s'illuminò di un sorriso tremendo che non prometteva nulla di buono.

"Non credo che tu abbia diritto a sapere il titolo... sarà una sorpresa."

"Mi devo aspettare una di quelle soporifere commedie romantiche o le tragedie lacrimose che piacciono tanto a voi ragazze?"

La ragazza fece spallucce.

"Deduci quel che ti pare, tanto non te lo dico comunque il nome del film."

"Su, Lilli..."

"No, tesoro." Lidia fece segno di diniego con il capo e poi sorrise all'uomo, con negli occhi un luccichìo ironico.

"Come vuoi tu. Allora te lo estorcerò con le maniere forti" dichiarò l'infermiere, slanciandosi sopra il corpo sottile della ragazza, che gridò sorpresa e divertita.

Cominciò a farle il solletico e a tormentarla in ogni modo, facendola ridere forte e mozzandole il fiato.

"Dài, Ivan, smettila... ti prego!" riuscì a singhiozzare a fatica la giovane, alternando voce e risate.

"No, fino a che non mi sveli il titolo" rispose lui, intensificando l'azione delle dita sul ventre tonico della castana.

Dopo qualche istante Lidia riuscì miracolosamente a sgattaiolare via da sotto il corpo dell'uomo, scivolando a sedere sul tappeto del salotto e strappando un respiro ai suoi polmoni sottoposti a supplizio.

"Sei uno scemo" replicò non appena ebbe ripreso un po' di fiato, quindi si rimise a sedere accanto ad Ivan, che sembrava aver rinunciato all'assalto, e si asciugò due lacrimucce agli angoli degli occhi con le dita sottili.

"Stronza" mormorò quindi lui al suo orecchio con uno sbuffo comico.

Le braccia dell'uomo avvinghiarono il suo fisico in un tenero abbraccio e le due figure accomodate sul divano si fusero in una sola. Ivan baciò le labbra di Lidia con snervante dolcezza, accarezzandole la schiena e sovrastandola lentamente con il proprio corpo imponente.

Ben presto i due si ritrovarono avvinghiati l'uno alla figura dell'altra, intenti ad esplorare con le labbra ogni singolo centimetro di pelle scoperta di vestiti del proprio partner. Ivan posò la mano destra sulla coscia della ragazza, risalendola lentamente in una carezza leggera, poi l'infilò sotto la sua maglia, ghermendo il fianco. Risalì ancor più in su ed incontrò il seno sinistro, sfiorandolo appena e strappando un sospiro a Lidia, la quale non si stancava di baciarlo sulla bocca ampia e sottile.

Lidia si protese verso l'alto nell'intento di sfilarsi la maglia, lasciandola scivolare per la testa e cadere sul tappeto con un fruscio. Aveva indosso solo la catenina, regalatale dall'uomo, pendente al collo e un push-up. Ivan si avventurò famelicamente sui dolci pendii nivei del petto fiorente della giovane, sganciando il reggiseno nero con una mossa esperta e sfilandolo frettolosamente.

Le guance di Lidia divennero color porpora al pensiero di essere mezza nuda di fronte al fidanzato, incerta sul suo comportamento e su cosa sarebbe successo. Era pur sempre un approccio che non aveva mai esplorato prima e si sentiva intimidita. Quasi si vergognò della situazione per un senso di imbarazzata pudicizia, ma non si nascose, piacevolmente conscia dello sguardo di Ivan che osservava rapito le sue forme.

Il respiro della castana si spezzò quando sentì le labbra dell'uomo carezzarle le morbide aureole chiare delle mammelle, posando baci delicati. Arresa all'eccitazione, si rilasciò contro il sofà, stesa e completamente rilassata, godendo di quella dolce tortura. Era la prima volta che qualcuno toccava così il suo seno. E la mandava in estasi il contatto della bocca di Ivan sul suo petto morbido, gratificato da numerose carezze. Trattenne a stento un gemito quando Ivan, come per stuzzicarla, morse appena la punta di un capezzolo inturgidito, facendola sussultare appena.

"Sei tu uno stronzo" riuscì a mormorare la ragazza, tentando debolmente di respingere il volto dell'uomo dal suo generoso petto. "Scansati."

"Perché, altrimenti che mi fai?" la provocò Ivan con le labbra ad un centimetro dalla pelle denudata del seno, soffiando lievemente sopra essa e facendola rabbrividire.

Lidia non rispose, ma si alzò di scatto, quasi lanciandosi contro la figura che ancora la sovrastava, slacciando con movimenti febbrili i bottoni della camicia nera che l'uomo indossava. Una volta che l'ebbe tolta insieme alla canottiera di lana che Ivan portava sotto, la ragazza si accoccolò sul suo petto per inspirare afondo il profumo del moro, avvolta dalle sue braccia, ridacchiando appena al pizzicorio che avvertì al contatto del seno delicato con il petto villoso dell'uomo.

"Sei sicura di volerlo fare?" le mormorò all'orecchio Ivan, incontrando subito l'assenso della ragazza.

La camicia fu presto seguita da un paio di scarpe nere, da uno di jeans maschili e da quello di una tuta da ginnastica. Lidia se ne stava ancora accoccolata tra le braccia virili di Ivan, quando questi improvvisamente si sollevò in piedi sgusciando via da sotto il suo corpo. L'uomo le sorrise enigmaticamente, quindi le si inginocchiò al fianco, sfiorandole appena le gambe lunghe e toniche. Alla castana venne da ridere per la comicità della posizione dell'infermiere, che se ne stava genuflesso davanti a lei solo in boxer, ma al contatto della mano di lui sul suo corpo tacque, incuriosita e coinvolta.

L'uomo esplorò con le dita le sue gambe slanciate, poi l'interno coscia, indugiando quindi sul bordo dell'elastico degli slip. Lidia si eccitò: chiudendo estaticamente gli occhi, la ragazza allargò appena le gambe, invitandolo a farsi avanti e a toccarla proprio lì. E Ivan colse quell'incoraggiamento, posando un dito sopra gli slip sottili e muovendolo lentamente. Sfilando le mutandine, giocherellò con i chiari peli pubici e disegnò movimenti circolari sull'intera zona intima, bagnando poi la punta del polpastrello negli umori della ragazza.

Lidia inarcò di scatto la schiena, ansimando furiosamente. Ivan le strappò un gridolino di piacere continuando quel dolce supplizio erotico, penetrandola di quando in quando con il dito e stuzzicando la sua apertura virginea a più riprese. A Lidia sfuggì il fiato tra i denti con forza e cominciò a contorcersi, gemendo piano e continuamente. Ivan ebbe un'erezione al pensiero di stare provocando nella sua compagna del piacere e un moto di orgoglio maschile e soddisfazione personale contribuirono ad eccitarlo oltre ogni limite, compartecipando al piacere della ragazza.

Quando l'ebbe portata sull'orlo del culmine, Ivan smise di sfiorarla, come per prolungare la sua ebbrezza e tormentarla un pochino, e poi le sfiorò l'intimità con un bacio, terminando quel lungo momento eccitandola con il tocco esperto della sua lingua.

Lidia aveva i nervi a fior di pelle. Quel contatto l'avrebbe fatta impazzire, prima o poi. Tutto il suo mondo, la sua concentrazione vertevano intorno a quel punto focale, come se quel piacere fosse di capitale importanza, come se quelle labbra, quella lingua e quella mano fossero il fulcro di tutta la sua realtà. I nervi catturavano ogni piacevole impulso elettrico, inondando il cervello che era andato letteralmente in blackout. Non esisteva null'altro se non quel contatto e la spasmodica attesa di mettere fine alla febbrile tortura cui Ivan l'aveva sottoposta, giungendo finalmente all'acme.

Ivan la stimolò ancora un poco, assaporando ancora il sapore forte e femminile di Lidia, inebriato da quel profumo paradisiaco che gli riempiva le narici e che aveva mandato a quel paese la cautela. Lasciò con riluttanza la vulva della giovane che tremava visibilmente sotto le sue carezze sensuali, penetrandola ancora un'ultima volta con le dita mentre si levava di nuovo in piedi per chinare il volto su quello della fidanzata, baciandola.

Lidia avvertì sulle labbra il proprio sapore. Le sembrò una cosa quasi proibita, così intima e intensa da condividere con qualcuno che il piacere la raggiunse inaspettatamente, lasciandola preda dell'estasi. Con un grido soffocato contro la bocca di Ivan la giovane venne tra le braccia dell'uomo, sentendo i lombi sconquassati all'infinito da una fiammata violentissima di passione. Tremando violentemente per il scompiglio di emozioni che le aveva sconvolto l'animo, la ragazza riprese ad ansimare dopo aver trattenuto il respiro per un intervallo interminabile, quasi boccheggiando, ancora sconvolta dall'orgasmo.

"I-Ivan..." riuscì a mormorare dopo una manciata di secondi, riprendendo ancora fiato mentre la beatitudine più totale le pervadeva il corpo, abbandonandosi ad un rilassamento completo.

"Lilli..." la chiamò l'uomo con voce arrochita, osservandola con occhi amorevoli.

Lei ricambiò lo sguardo levando su di lui due iridi azzurre liquide e dolci. Gli sorrise appena, poi si alzò sospirando. Ancora nuda, si levò a sedere trascinando accanto a sé il corpo del bruno. Lui la cinse con le braccia e lei fece altrettanto, lasciandosi sprofondare tra gli arti forti e protettivi di Ivan.

"Ti amo" mormorò lei al suo orecchio, baciandolo poi lungo il profilo della mascella volitiva. " E la prossima volta sarai tu ad insegnarmi come farti provare ciò che oggi hai fatto provare a me."

"Con piacere" replicò maliziosamente l'uomo, suscitando l'ilare tenerezza della ragazza.

"Almeno quando mi prenderai ti sarai sfogato un pochino e ci andrai piano con me" lo prese in giro lei, scoppiando poi a ridere di fronte all'espressione fintamente scandalizzata dell'infermiere.

"Che intendi dire? Che sono un animale capace solamente a seguire l'istinto?" l'accusò l'uomo, levando un sopracciglio, dubbioso.

Lidia scosse la testa provocando un movimento della serica massa bronzea di boccoli, negli occhi un luccichìo malizioso.

"No. Ma ne avresti proprio bisogno. Guarda in mezzo alle tue gambe."

Solo allora Ivan si accorse di avere ancora una semi erezione non soddisfatta. Avvampò appena per essere stato colto in fallo, ma la giovane rise.

"Oh, Ivan, sei umano anche tu, dopotutto" lo placò, avvicinandosi al suo volto con un'espressione enigmatica negli occhi intriganti.

Si sedette sulle sue cosce muscolose e affondò una mano tra i suoi capelli scuri e folti, attirando il suo volto al proprio per baciarlo con ardore, mentre l'altra mano, fattasi ardita, sfiorò appena il turgore fra le gambe di Ivan, cominciando a giocherellare ed accarezzare il pene duro ed eretto dell'uomo da sopra i boxer. Ivan sobbalzò visibilmente ansimando contro le sue labbra, ghermendo con entrambe le mani il tessuto soffice del divano su cui erano seduti. Lo strinse con forza fra le dita, gemendo e agitandosi man mano che le dita di Lidia proseguivano il contatto. Ad un certo punto le afferrò la mano per insegnarle il movimento giusto, quindi la lasciò fare nuovamente, godendo del piacere che la ragazza gli stava dando.

Ad un certo punto sussultò. Lidia avvertì una specie di spasmo del membro dell'uomo, poi Ivan si accasciò contro lo schienale del sofà, come esausto, prendendo il respiro a grandi boccate.

La ragazza osservò eccitata e incuriosita la piccola macchia umida e biancastra che si era aperta pian piano sul tessuto dei boxer in corrispondenza della zona genitale. Chinò il volto su quello dell'uomo per baciarlo, poi si abbandonò contro il suo corpo, lasciandosi abbracciare.

"Vorrei poterti fare mia in questo stesso istante" le confidò Ivan all'orecchio con voce roca.

Lidia sospirò pesantemente, desiderosa di poter fare altrettanto ma cosciente che il tempo passava in fretta e che rischiavano di essere colti insieme. lanciò un'occhiata all'orologio appeso alla parete.

"Invece adesso sarebbe meglio rivestirsi... Mio padre potrebbe tornare fra qualche minuto a casa. Oppure mia sorella" disse con preoccupazione e una certa delusione Lidia, levandosi in piedi di scatto. "E' troppo rischioso, Ivan. Altrimenti sarei più che felice di cedermi a te."

L'uomo osservò la sua figura longilinea e proporzionata in tutta la sua nuda, spoglia bellezza, meravigliandosi ancora una volta di essere il fortunato custode dell'amore di quella ragazza fantastica. Sospirando sconsolato, si costrinse a far scivolare via dalla mente tutti i pensieri poco casti che si stava facendo sul corpo svestito di Lidia, alzandosi in piedi per poi piegarsi a raccogliere gli indumenti e le scarpe sparse alla rinfusa sul parquet del salotto. Porse alla ragazza il suo maglione invernale, notando con piacere che si trattava del pullover di cachemire avorio che lui le aveva regalato mesi addietro.

"E' caldo e adatto da indossare per l'inverno" si giustificò lei con semplice sarcasmo, tentando di smontare il sorrisetto di soddisfazione che aleggiava sulle labbra sottili del moro.

"Certo" la prese in giro lui con accondiscendenza, infilandosi i jeans fascianti che fino a pochi minuti prima aveva ancora indosso. Si chiese perché a volte Lidia fosse riluttante a dimostrare i suoi sentimenti schermandosi dietro lo scudo del sarcasmo che di quando in quando sfoderava, ma liquidò la questione con un'alzata di spalle, tornando a concentrarsi su altro.

Si rivestì con calma, abbottonando ordinatamente la camicia nera, poi infilò calze e mocassini e si ravviò i capelli, tentando di dare loro una parvenza d'ordine.

Intanto Lidia si era già rivestita e stava dando una sistemata al salotto, togliendo quindi il dvd dal lettore e rimettendolo a posto nella sua custodia, mentre Ivan aveva afferrato i bicchieri di vetro e li avevi riportati in cucina, gettando poi nella pattumiera il sacchetto vuoto dei popcorn e la scatola della pizza. Infine ripose la bottiglia di Coca Cola nel frigo, rientrando nel salotto già messo velocemente in ordine.

"Sono le sei e mezza" disse il moro osservando lo schermo del cellulare. "Devo andare a prendere Emma a casa di Marco" aggiunse a voce più bassa, riluttante a dover salutare Lidia.

"Non voglio che tu te ne vada" protestò Lidia con uno sbuffo rassegnato mentre accompagnava l'uomo all'uscita.

Gli porse il giaccone e la custodia del film e si fece da parte in un angolo dell'atrio, osservandolo indossare il cappotto.

L'uomo le rivolse uno sguardo avvilito, mordendosi il labbro e corrugando la fronte.

"Tanto ci rivediamo presto, no?"

Lidia chinò lo sguardo, annuendo appena con il capo. Le iridi azzurre si appannarono, ma si impose di non piangere di fronte a lui. Perché per la ragazza quegli incontri saltuari, quei momenti di felicità rubati al tempo e alla fiducia delle persone che li conoscevano e li amavano, erano uno spreco di sentimenti. Avrebbe voluto poterlo frequentare liberamente con il benestare dei genitori e senza che ci fosse a rischio la custodia di Emma, ma non le era permesso. E soffriva per quella vicenda difficile, sebbene l'amore che Ivan provava per lei la ricambiava di tutto. Lidia amava Ivan e non avrebbe mai voluto lasciarlo. E non l'avrebbe fatto, anche se non era permesso loro stare insieme, almeno non ufficialmente.

"Sì, ci rivediamo presto" gli rispose, tentando di eludere l'intuito e l'espressione attenta dell'infermiere.

"Però voglio sapere il nome del film che vuoi farmi vedere... dài" aggiunse per scherzo l'uomo, strappandole un sorriso alquanto forzato.

"No. Non ti sei comportato da cavaliere con me e ora è il mio turno di essere antipatica con te. Ti sorbirai un film che di sicuro di annoierà a morte e di cui sicuramente non ti svelerò il titolo" e gli fece la linguaccia, scoppiando poi a ridere nonostante il dispiacere che le attanagliava il cuore.

"Allora sei stronza davvero" ironizzò Ivan, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della castana.

"E te un maleducato" ribattè mordacemente la ragazza, alzando il mento in segno di sfida.

Ivan si portò davanti a lei, negli occhi chiari un'espressione addolcita, quasi rapita dal luccichìo impertinente delle iridi azzurre di Lidia.

"Mi mancherai" mormorò, chinandosi poi a baciarla.

Il ricordo delle audaci carezze di prima si risvegliò nella giovane quando lui le cinse la vita attirando a sé la sua figura. Si scambiarono un ultimo bacio, poi si tennero abbracciati l'uno all'altra per qualche istante ancora, godendo ognuno del familiare tepore del proprio partner.

Quindi Ivan sciolse l'abbraccio, andandosene via da casa Draghi, mentre Lidia lo salutava dalla porta dell'abitazione, serbando gelosamente nel cuore i ricordi inaspettati di un pomeriggio indimenticabile. Aveva assaporato per la prima volta le vette dell'estasi grazie a lui, sentendosi finalmente donna, matura, adulta, e non più una giovane ragazzina sprovveduta come gli altri tendevano spesso a giudicarla. E si era resa conto di amare Ivan tantissimo, come se fosse la metà gemella della sua anima, come se si trattasse della tessera mancante al puzzle della sua giovane vita. E di non poter più rinunciare a lui, pena il dolore più atroce che avrebbe mai potuto provare. Si sentiva pronta a mandare avanti quella storia in segreto da tutti, grazie anche alla complicità dei suoi amici più fedeli, e non avrebbe rinunciato a lui facilmente, nemmeno di fronte alle difficoltà.

Quando Eva ritornò a casa, ossia circa dieci minuti dopo, la routine quotidiana della diciottenne riprese come al solito, costringendola ad abbandonare i pensieri che tenevano la sua mente legata all'uomo che amava.

Per trovare un po' di consolazione al proprio dispiacere, Lidia cercò di immaginarsi come stava procedendo la serata di Céline e Heydar al Gilli, andandosene a dormire alle nove e mezza con L'inverno del mondo di Follett tra le mani e in testa un'aspettativa positiva riguardo all'inizio alquanto curioso di quella frequentazione tra la sua più cara amica di sempre e il compagno di classe.


 

***



N.d.A.
Salve a tutti!
Per un pelo riesco a pubblicare prima della mezzanotte! Sono stata impegnatissima ultimamente...
Comunque, il capitolo - e specialmente quel pezzo - faranno cagare in una maniera assurda, perciò chiedo venia in anticipo. Inoltre, aggiungo che quello della settimana prossima sarà l'ultimo capitolo che pubblicherò, perchè poi dal sette a quattordici dicembre sarò in gita a Vienna con la scuola - yeeeeeeee!!! *-* Ich liebe Oesterreich und Wien! - e quindi da lì non potrò aggiornare con il capitolo 28 di venerdì 12 dicembre. Ma molto probabilmente, dopo questa cagat... ehm, dopo questo capitolo orrendo... credo che non importerà più a nessuno, eh. ^^'''
Detto questo, vorrei ringraziare Lachiaretta per aver recensito il capitolo scorso *-*
Alla prossima... e grazie ancora a chi è arrivato a leggere fin qui xD
Notte :*


Flame
  
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