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Autore: Mikirise    29/11/2014    2 recensioni
Piper sa che sua mamma è… speciale.
Sa che è bravissima a risolvere i problemi di cuore delle persone, nonostante non riesca proprio a togliersi quel sorriso divertito dal viso, quando qualcuno soffre per amore.
Non sa, però, come Afrodite faccia a risolverli, questi problemi.
Bacchetta magica? Stregoneria? Lavaggio del cervello?
No, è inutile, non riesce proprio a immaginalo.
Ma Leo può.
Piper non ha mai accettato di lavorare per sua madre, ma Leo, con un contratto che non chiedeva soldi ma la soluzione ai suoi problemi sentimentali, sì.
E questo è il racconto di quell'anno in cui Leo fu il meccanico-aggiusta-tutto della biblioteca e di come questo lavoro gli cambiò la vita.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Afrodite, Calipso, Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutta colpa di Afrodite'
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Come utilizzare la biblioteca nella maniera più sbagliata in questo mondo ed essere felici

Ossia di quando Leo scoprì dei retroscena della vita di tutti che non avrebbe mai, mai, proprio mai, confessato a Piper

Capitolo cinque: La prova del nove, che ormai Leo non sa più fare


Alle mie sorelline, e a chi, come loro, ama Leo Valdez e squittisce per ogni singola cosa che l'emoziona







La pronuncia del nome di Leo, nelle diverse bocche dei suoi conoscenti e dei suoi amici, era oggettivamente diversa.

Era a questo a cui stava pensando il ragazzo, mentre stava dividendo con Thalia un pezzo di pizza americana, ai lati del parchetto, in mezzo al gelo. Il che era odioso, visto che era da anni che aspettava la sua opportunità con quella ragazza. Praticamente dalla prima volta in cui l'aveva vista, seduta accanto ad un grande falò, mangiando mashmallow bruciacchiati, insieme alle girl scout e criticando la sezione maschile dei boy scout -a quei tempi lo faceva molto bonariamente, lasciandosi scompigliare i capelli da Luke-, e da prima di aver guarito, grazie a Piper, la sua irrazionale paura nei confronti delle ragazze.

Già, erano millenni che Leo Valdez aveva una cotta per Thalia Grace.

"Leo" aveva chiamato la maggiore, indicando, con la bocca piena, la Coca-cola . Il ragazzo annuì assente, prendendo la lattina e porgendogliela, senza staccare gli occhi dalla terrazza, arricciando le labbra ed aggrottando le sopracciglia, in un'espressione pensierosa.

A Thalia questo silenzio di Leo non sembrava dar fastidio, anzi. Per la prima volta nella sua vita lo stava trovando gradevole, in qualche strana e curiosa maniera.

Niente battutine, niente flirt, niente marchingegni esplosivi. Solo un ragazzino preso dai suoi pensieri e non troppo rumoroso. Il che, ad essere sinceri, non era assolutamente da Leo, era da... qualcuno che non era Leo.

Forse, Luke era così.

Sorriso triste, discorsi convincenti, mente elastica, vivacità repressa. Sì, quello era Luke. Leo era più un folletto rompiscatole che salta per le praterie, con un irritante sorriso felice e una lingua troppo lunga.

E così avrebbe dovuto essere in quel momento, soprattutto dopo che Thalia aveva acconsentito ad uscire di nuovo con lui, dopo il Disastro del loro primo appuntamento. Leo si rendeva conto che la ragazza aveva deciso di dargli una seconda possibilità più perché aveva in mente qualcosa, che perché fosse realmente interessata a lui. Ma a caval donato non si guarda in bocca, si era detto davanti allo specchio del bagno, con le mani impiastricciate di gel, che avrebbe buttato nel water, visto che non sapeva cosa doveva essenzialmente farci.

Insomma, neanche Leo si sarebbe dato un secondo appuntamento, non dopo aver accidentalmente causato una reazione a catena, con l'aiuto di Festus, facendole scoppiare una bottiglietta di gassosa tra le mani, che l'aveva fatta balzare indietro e l'aveva mandata a sbattere contro un ciclista poco attento, facendole colpire violentemente la testa.

Per chi pensa che Leo Valdez, piccoletto e smilzo, non sarebbe riuscito mai a mettere KO nemmeno una ragazza: alla faccia vostra!

Thalia aveva un bernoccolo in testa, ma questo non era niente. Sembra che dopo l'impatto con la bicicletta, dalla testa della ragazza avesse iniziato ad uscire un mare di sangue, cosa che aveva mandato nel panico più totale il piccolo messicano. Fortunatamente una Annabeth munita di fasce e cerotti era corsa verso di lui -seguita da una Piper con un bicchiere d'acqua. Fu così che Leo Valdez capì che quelle due, più i rispettivi fidanzati, o quasi fidanzati, che seduti su una panchina del parco lo salutavano allegramente, lo stavano spiando durante il suo Appuntamento. Ma non poté arrabbiarsi con nessuno. Fece promettere loro che non lo avrebbero mai più seguito con binocoli e occhiali da sole; non per questo aveva la speranza che effettivamente rispettassero la parola data. Già-, ed aveva salvato Thalia da un possibile dissanguamento. E poi l'aveva portata via.

Un Appuntamento da raccontare ai propri nipoti. Almeno per farli ridere... Vostro nonno Leo, quando era giovane... suona bene.

Detto questo, a Leo dispiaceva veramente molto per Thalia. Ma la cosa finiva lì.

Strano, no? La mente del ragazzo era completamente occupata ad essere arrabbiata con Calypso, ripassando i loro vari incontri casuali nella biblioteca e pensando a come farle pesare il più possibile il loro litigio, con stupidi scherzetti, alcuni giorni, ignorandola completamente, altri.

Litigare, che ci crediate o no, è uno spreco infinito di energie e di tempo.

"Leo?"

"Mmm?" mugugnò il ragazzo, prendendo da sopra la pizza una patatina fritta, ricoperta di ketchup e maionese, attento a non sbrodolare sulla sua maglietta rossa.

Stava morendo di freddo, ma, da quando aveva lasciato il suo giubbotto militare a Ragazzina Viziata, non aveva niente con cui coprirsi, se non i vecchi giubbotti di Efesto, che però erano deformati e troppo grandi per lui, ed il ragazzo aveva preferito lasciarli a casa, pensando che, in fondo, non doveva fare poi così freddo, quel giorno.

Una cosa era sicura: Leo non sarebbe mai diventato un meteorologo.

"Pensavo oggi saresti andato in visibilio. Ero pronta a dover sopportare per almeno due ore un Leo iperattivo" borbottò con un tono semplice ma straordinariamente comprensibile ed autorevole la ragazza. Sorrise -cioè, uau, sorrise!- girandosi verso il ragazzo e, per una frazione di secondo, si potè intravedere quella dolcezza che la ragazza aveva quando parlava con Jason. Leo non commentò il fatto, semplicemente, alzò le spalle "Invece te ne stai lì zitto zitto. A cosa pensi?"

Si sarebbe dovuto offendere? Anche soltanto un pochino? Essere trattato dalla ragazza che ti piace come un fratellino minore doveva essere quantomeno umiliante, ma Leo ci passò sopra senza problemi.

Sembrava che, in fondo, tutte le ragazze intorno a lui lo vedessero semplicemente come un fratellino, bastava prendere come esempio Annabeth, o Piper. Che alla sua lista di sorelle maggiori si aggiungesse anche Thalia, avrebbe dovuto irritarlo?

"A come le persone dicono Leo" rispose, riportando il suo sguardo annoiato verso l'orizzonte. Dalla parte di Thalia si alzò un verso sorpreso, seguito da un leggero sorriso accennato e rumoroso "Lo giuro" continuò il ragazzo annuendo.

"Perché?"

"Voi " spiegò, indicando la ragazza, senza troppa attenzione "dite Lio. Ehi, Lio, ti va di andare a prendere una pizza? All'inizio non capivo neanche steste parlando con me. Mia mamma mi ha sempre chiamato Léo, alla spagnola, quindi sono sempre stato abituato a questa pronuncia. Anche Reyna mi chiamava in questo modo, prima di... beh, sai: Jason... Poi, con la scuola mi sono abituato al vostro Lio, ma ultimamente mi suona di nuovo strano"

"Non mi sembra tu abbia smesso di andare a scuola" rispose l'altra, infilandosi in bocca una cannuccia per poter bere la sua Coca-cola.

"No, infatti. Ma sai come mi chiama Nico? Lèo, all'italiana. Ed è fantastico. Solo per come mi chiama lui, mi trasferirei in Italia a farmi chiamare Lèo, Lèo, Lèo"

"Sembra divertente"

"Penso lo sarà"

"Ti piace Nico?"

"È veramente un buon amico"

"Non intendevo quello" Thalia abbassò la testa, fino a far toccare il suo mento alle mani, poggiate sulla fredda ringhiera di ferro, davanti a lei "Penso dovreste stare più attenti a Nico"

"In che senso?"

"In tutti i sensi" Thalia dondolò sui talloni "Come altro pronunciano il tuo nome?"

"Calypso" rispose immediatamente il ragazzo, girando la sua testa verso quella di lei "lo dice in modo strano. È bello quando pronuncia il mio nome, non so..."

"Dici perché la sua lingua è il maltese?"

"Maltese? Una salsa?"

"Una lingua. Lo sai, vero, che lei viene da Malta?"

Leo si grattò il mento, pensieroso "Mi stai dicendo che chi viene da Malta parla il Maltese? Oh, per favore! Questa te la sei inventata! È come se dicessi che chi viene dal Brasile parla il brasiliano, o dal Messico il messicano, o dal Sudafrica il sudafricano, o..." la lunga lista di esempi che Leo aveva preparato in quei pochi sencondi, fu interrotta da un pugno sulla sua spalla forte e deciso da parte di Thalia, che lo guardava visibilmente irritata.

"Ovviamente parlano il maltese, Leo. Come lingua esiste" roteò gli occhi, scuotendo la testa, con aria da superiore "Comunque ti piace come Calypso pronuncia il tuo nome"

"Sì"

Cadde nuovamente un piacevole silenzio ed i due, seduti su una panchina di pietra, davanti al panorama fatto di natura e case, che offriva loro la posizione di New Olympus, terminarono di mangiare la loro tiepida pizza, condita con patatine fritte e salse di tutti i tipi.

Erano anni che Leo desiderava quello. Lui e Thalia, insieme, condividendo qualcosa, senza che il silenzio li mettesse a disagio, senza quello sguardo altero di Thalia e la sua maschera di irraggiungibile nobiltà, senza mura costruite da lui. Magari, in più, si aspettava solo la sua giacca militare ed una sciarpa. Chissà perché, tutte le volte che fantasticava sul suo primo appuntamento con Thalia, pensava che avrebbe indossato una sciarpa rossa. In fondo, non ce l'aveva neanche una sciarpa rossa.

Ma, adesso che, bene o male, le sue fantasie erano diventate realtà, l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era che, a volte, anche con Calypso rimaneva in silenzio. Lei leggeva, o studiava, lui avvitava lampadine o progettava nuove macchine, o motori. A volte lei si occupava del giardino della biblioteca, per svago, non per dovere, amava piantare fiori e canticchiare a bassa voce e lui adorava il fatto di poterla ascoltare, mentre lavorava. Od il semplice saperla lì, lo faceva sentire più sicuro, non sapeva il perché.

Pensava a quanto fosse diverso il silenzio tra loro, in quel periodo. Era tutto così disagevole, così pesante, così pieno di rabbia... odiava quel tipo di silenzio.

Lo odiava come non aveva mai odiato niente al mondo, prima di allora.

"Penso che tu non mi piaccia più, in quel senso" Leo osservava una nuvoletta di anidride carbonica formarsi davanti alla sua bocca, mentre diceva l'unica frase che non aveva mai pensato di dire nella sua vita a Thalia Grace. E mentre terminava la frase, fu colpito dalla verità delle proprie parole, che, sincere e libere, volavano ancora nell'aria del parco.

"Lo so" fu la sorprendente risposta di lei, sorridente "Finalmente ci sei arrivato"

"Perché hai accettato di uscire con me?"

"Per la fine" la ragazza s'infilò le mani nelle tasche, nascondendo le proprie guance nella sciarpa viola, che portava intorno al collo "Ogni amore ha bisogno di un punto fisso, Leo. Anche quelli che non hanno mai avuto inizio. Un momento in cui dici Basta, più di così non si può fare, in cui entrambi mettono un punto alla storia. Altrimenti si chiederanno sempre se c'è un modo per continuare un amore mai nato, o già morto. Potrebbe esserci ancora una speranza, per noi?" Thalia non lo guardava negli occhi, guardava verso le luci delle case, con un'aria triste e malinconica. Leo comprese che, in quel momento, non stava parlando necessariamente di loro due "Questo è il nostro Punto Fisso. La fine della nostra non-storia d'amore. Da qui c'è un punto, non puoi che andare avanti, quindi," la ragazza prese la scatola, in cui pochi minuti prima si trovava la pizza tonda, ormai vuota e fece per alzarsi in piedi "addio Leo Valdez che aveva una cotta per Thalia Grace"

"Aspetta" la fermò il ragazzo, prendendola dalla giacca "Non dovrei avere un bacio d'addio? Tutti gli amori hanno un bacio d'addio" aveva il solito sorriso furbo, con quel suo tono di voce scherzoso che sempre utilizzava con le ragazze. Era il tono di voce che usava con tutte le ragazze. Con quelle che non erano speciali per lui. Non aveva mai parlato così a Piper, figuriamoci ad Annabeth! Non aveva parlato così neanche a Calypso, ma quella era solo una coincidenza. Prima di allora, non l'aveva usato mai neanche con Thalia...

La ragazza alzò gli occhi in cielo e colpì in testa il ragazzo, con la scatola della pizza "Aspetta e spera, Valdez"

"Addio Thalia Grace per cui avevo una cotta" sorrise lui.

E si chiese tante cose, mentre Thalia se ne andava, chiusa nel suo giubbotto a vento e nascosta dalla sua sciarpa.

Perché sembrava tanto triste, parlando della fine di una storia d'amore? Perché ci teneva tanto a dare un punto di fine e partenza a Leo? Perché proprio in quel momento, e non prima?

Come faceva a sapere Thalia che lui non era più innamorato di lei?


☆★☆★


"E questa roba a cosa serve?" chiese Rachel, passando la casetta di legno a Calypso che, insieme ad Ella e Juniper, era seduta su un ramo della Grande Quercia, con un martello in mano e dei chiodi in bocca "Non potevi chiedere semplicemente a Leo di aiutarti?"

"No!" gridò indignata la castana, incastrando le gambe tra loro, intorno al ramo, per potersi sporgere in basso, verso Rachel e la casetta di legno. La prese, mentre i suoi capelli caddero verso terra, come le ultime foglie attaccate sugli alberi, per poi dondolarsi e spingersi di nuovo in alto, non con poca difficoltà. Ella prese la casetta tra le mani, mentre Juniper, più esperta nell'arte di vivere sopra gli alberi, in piedi sul ramo, aiutò la ragazza a sistemarsi la treccia e rimanere in equilibrio "Quell'omuncolo non avrebbe mai capito. Come non lo fanno tutti gli uomini"

Rachel sospirò, alzando gli occhi al cielo "Questa roba deve finire" borbottò, prendendo da dietro l'orecchio la matita, incastrata trai suoi riccioli rossi "Perché non parlate?" chiese, sedendosi con le gambe incrociate sotto l'albero.

"Solo gli idioti parlano con gli idioti" rispose Calypso, iniziando a martellare il tronco dell'albero con violenza, quasi dovesse uccidere il povero vegetale.

"Solo gli idioti partono senza neanche salutarti" ringhiò Juniper, attaccando con rabbia una casetta dipinta di verde sul tronco dell'albero.

"Solo gli idioti non si accorgono quando qualcuno è innamorato di loro" sospirò con la matita in bocca Rachel, appoggiando la testa sul grande tronco della Quercia, sperando che, da un momento all'altro, questa potesse passarle la sua forza. "Ma cosa siamo? Il club delle pene d'amore?" rise amaramente, agitando la matita in aria e cercando lo sguardo delle ragazze che, a cavalcioni sui rami continuavano ad inchiodare le casette di legno sul tronco.

"In lotta per un migliore mondo per gli uccelli!" rise, scuotendo la testa Juniper, con le braccia tese ad afferrare un ramo più alto di quello sul quale era poggiata.

"Se hai pene d'amore, finirai ad attaccare casette di legno sugli alberi. Mi piace." annuì Calypso, togliendosi dalla bocca l'ultimo chiodo " È anche sincero. Potresti fare un cartello, Rachel. Finirete come noi"

"Ella non è triste" sorrise Ella, dondolandosi su un ramo, tenendosi per le mani, le braccia allungate verso il basso ed un sorriso che Rachel vide al contrario, dalla sua postazione "Ella è felice. E le piacciono gli usignoli! A Ella costruire case per gli uccelli piace!" e rise, mentre continuava a dondolarsi avanti ed indietro, quasi si trovasse su un'altalena al contrario.

Le altre tre ragazze, al vedere i movimenti bruschi di lei, si mossero in contemporanea verso la piccola rossa, allargando le braccia per assicurarla al ramo. Rachel scattò in piedi, fermando il busto della bambina con entrambe le mani e dedicandole un sorriso preoccupato "Ti sfido a trovare qualcosa che non ti piace, Ella" disse, facendola scivolare sulle sue spalle e tenendola come un sacco di patate, per poi rotearla ed appoggiarla a terra, sui suoi piedi.

"È un male?" chiese, aggrottando le sopracciglia, Ella, e seguendo con lo sguardo la rossa, che porgeva altre casette di legno ed altri chiodi a Calypso, mentre Juniper, passata la preoccupazione per la più piccola, continuava ad arrampicarsi sui rami più alti.

"Ella" disse la castana, con i nuovi chiodi in bocca e lo sguardo concentrato sul tronco, le sue mani accarezzavano la corteccia con delicatezza, mentre decideva qual era il posto migliore per la casetta "sei l'essere più saggio che io abbia mai conosciuto"

"Lo ha detto anche la signora Afrodite" annuì la bambina pensierosa, sedendosi accanto a Rachel sul prato pieno di foglie secche. La ragazza aveva preso un blocco di fogli, che teneva sulle sue ginocchia, e teneva la punta della matita ferma sul foglio bianco.

Con la mano libera, Rachel accarezzò dolcemente i capelli spettinati della bambina "E sei anche troppo piccola per capire le pene d'amore" le sorrise con tenerezza.

"Oh, lo pensava anche la signora Afrodite, ma poi mi ha detto che non è così." Ella prese dei colori dalla borsa di Rachel e si buttò sul foglio, ancora bianco, per disegnare un grosso sole giallo nel mezzo.

"E perché mai Afrodite ha cambiato idea? Ammettendolo per di più! Quella donna non ammette mai di avere torto" chiese Calypso, sedendosi all'amazzone sul ramo, mentre guardava in basso verso le due. Non voleva ancora scendere dall'albero, anche se, di casette sulla corteccia della Grande Quercia, ce n'erano abbastanza.

"Tyson?" chiese Juniper saltano sul ramo in cui si trovava la castana e sedendosi a cavalcioni su quello "Sempre detto che Ella non è stupida. Si è accaparrata il ragazzo migliore di tutta New Olympus, ed anche il più dolce"

Ella continuò a colorare il suo enorme sole, sulle gambe di Rachel "Signora Afrodite dice che siamo stati un effetto collaterale. Non so perché. Dice che Ella e Tyson non dovevano incontrarsi."

"Perché mai?" esclamò Calypso dondolando le gambe, ma la sua voce fu oscurata dalla domanda più chiara e forte di Rachel.

"E come vi siete conosciuti?"

Ella guardò la ragazza e spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, arricciando le labbra "Dei cani stavano inseguendo Ella. Percy ha salvato Ella sul suo skateboard e poi ha lasciato Ella alle cure di Tyson. E siamo diventati amici"

Le tre ragazze sorrisero teneramente alle parole della ragazzina, che aveva ripreso a colorare in obliquo il sole. "Tyson è fantastico" ruppe il silenzio Calypso, guardando verso il tronco d'albero le casette per gli uccelli "è stato lui, no?, a costruire le casette, intendo. Sono fantastiche"

Ella sbattè le palpebre, sdraiandosi sulla schiena "No" rispose, alzando una mano verso le foglie caduche "Tyson doveva farlo, ma non poteva finirle in tempo. Allora Signora Afrodite ha dato il compito a Leo Valdez. Le ha finite tutte in un pomeriggio"

Calypso continuò a dondolare le gambe, mentre Rachel alzava lo sguardo verso di lei, con un sorrisetto furbo e sul viso scritto Leo, eh?

"In effetti, queste casette non sono poi così belle" sbuffò la castana, gettandosi dal ramo verso terra. La rossa stava ancora guardandola con quel sorrisetto, come a dirle E chi ti crede?, ma non disse niente, in presenza di Ella e Juniper. Raccolse invece, una foglia rossa, a forma di cuore e la infilò tra i fogli del suo album.

"Una settimana" mormorò, canticchiando.

Calypso la fulminò con lo sguardo e sbuffò “Al diavolo”


☆★☆★


"Non potresti farmi, che so, da avvocato?" chiese Leo, seguendo la bionda in mezzo agli scaffali della biblioteca, mentre riponeva dei libri.

"Sto studiando per diventare architetto, non avvocato, Leo" sbuffò lei, tirandogli un libro perché lo infilasse trai libri più alti.

Il ragazzo arricciò le labbra, facendo passare da una mano all'altra il detto libro, pigramente, mentre Annabeth andava a destra ed a sinistra, accarezzando le copertine dei libri "Architetto, avvocato, c'è differenza?"

"Direi di sì" sorrise l'amica, girandosi verso di lui e poggiando le spalle contro gli scaffali, mentre incrociava le braccia "Anche se penso che nessuno si farebbe imbrogliare come te"

Leo, col libro sotto il braccio ed un foglietto nella mano destra, la fulminò con lo sguardo, assottigliando gli occhi scuri "Non è divertente"

"Afrodite ti sta pagando con consigli amorosi" mise in chiaro Annabeth, portandosi una mano davanti le labbra per nascondere un sorriso che voleva sfociare in una fragorosa risata "È esilarante" si dovette mordere le labbra per non scoppiare.

Leo mise il broncio "E non posso neanche denunciarla"

"Santo cielo! No!" scoppiò la bionda, tenendosi la pancia "Il vostro era un patto orale. Ha promesso niente più problemi sentimentali, non economici. Era ovvio che sarebbe andata a finire così"

"Se era così ovvio, potevi sempre avvertire" sbuffò il ragazzo, scuotendo la testa.

"E perdermi i consigli Made in Afrodite? Neanche matta" Annabeth salì sulla scaletta, chiedendo con il solo gesto della mano il libro con cui lui continuava a giocherellare "La paga di questo mese è stato...?"

Leo alzò gli occhi al cielo, lasciando il libro nelle mani della bionda, per poi infilare le sue mani nelle tasche e mostrare un altro libro, solo in formato tascabile e con l'aria di esser stato appena comprato. Annabeth assottigliò gli occhi, cercando di focalizzare il titolo dall'alto della sua scaletta, ma il messicano aprì alla prima pagina del libro per leggere ad alta voce "Ti piace qualcuno a cui non puoi piacere perché è più facile sopravvivere all'amore non corrisposto che ad un amore non più corrisposto"

"Vedo che anche Afrodite è caduta davanti al fascino di John Green" sorrise Annabeth, leggendo i codici dei libri con i quali la biblioteca li ordinava.

"Jason?" chiese stupidamente il ragazzo, ripensando al fatto che, se Percy Jackson per il signor Dioniso -proprietario di alcuni pub e preside di quasi tutte le scuole di New Olympus, va a sapere come fosse possibile- era Peter Johnson, Jason Grace nei registri della scuola appariva sotto le mentite spoglie di John Green, nonostante le proteste del biondo e di suo padre. La verità era che il signor D era l'unico preside in tutti gli Stati Uniti a fare quello che cacchio gli pareva, come far entrare ed uscire dal complesso scolastico gli alunni senza alcuna giustificazione, o, e questo aveva scaturito lo sdegno di quasi tutti i genitori -tranne di Zeus, che aveva detto "Sono adulti e vaccinati, non mi porteranno alcun motivo di vergogna, i miei figli", mandando una frecciatina ai suoi due fratellini ed ai suoi nipoti, intenti a lottare tra loro, tirandosi addosso Happy Meal-, far bere vino rosso a tutti gli alunni durante i consigli d'Istituto, obbligatoriamente e proclamando, a volte, la superiorità della Coca-cola sulla Pepsi, a volte, al contrario, quella della Pepsi sulla Coca-cola.

"Jason è uno scrittore?" alzò un sopracciglio Annabeth.

"Jason sa scrivere?"

"Sa parlare latino..."

"Parlare, appunto"

Entrambi scoppiarono a ridere, a discapito del biondo che, probabilmente stava di nuovo litigando con Percy su chi fosse il più fantastico trai due, nei campetti da calcio, poco lontano dalla biblioteca.

"Devi leggere quel libro?" disse iniziando a scendere dalle scalette la ragazza, anche se il suo occhio fu catturato da qualcosa sullo scaffale dei libri, un volume che credeva non fosse nella biblioteca, avendolo richiesto più volte ad Afrodite senza che lei lo trovasse.

"Ho mai letto un libro che mi hanno detto di leggere?" la distrasse Leo, inconsapevole del percorso mentale della bionda.

"Hai letto Kangaroo? a quattordici anni, perché te lo aveva detto Chione" Annabeth sorrise, portandosi entrambi le mani sui fianchi ed aspettando una risposta che scusasse il conportamenti di un Leo Valdez quattordicenne ed in preda agli ormoni.

"Se una bella ragazza mi dice Va a leggerti Kangaroo?!, io, per amor suo, me lo leggo" rispose perfettamente in linea col suo personaggio il ragazzo.

Annabeth pensò che, forse, Will ti presento Will sarebbe potuto essere terapeutico per lui "Era un modo per mandarti a quel paese" spiegò, annuendo velocemente.

"Queste ragazze d'oggi" sbuffò Leo, scuotendo velocemente la testa "Mica le capisco. Potrebbero dirmi tutte Va al diavolo!, questo lo capisco"

"Leo, nessuno dice Va al diavolo da decenni" mormorò la bionda, prendendo il libro che aveva adocchiato poco prima, più per paura che una possibile conversazione seria con Leo -conversazioni non rare, per quanto ragazze come Thalia le trovassero tanto rare quanto un buon professore di educazione fisica, e che li avevano portati a discutere tutta la notte su piante di edifici e possibili attrezzi da costruzione per un minimo di cinque ed un massimo di quindici ore, mentre Percy li guardava, mangiando pizze e cercando di superare il record di Jason riguardo il rimanere a testa in giù per un tot di tempo-, la potesse distrarre dall'acchiappare una tale rarità e bellezza.

Annabeth con un sorriso quasi estasiato, con lo sguardo con cui guardava soltanto Percy, sfogliò il libro, odorandone le pagine -polvere ed antichità- e non ebbe il tempo di pensare quante ragazze avrebbero avuto la stessa reazione davanti al De profundis, perché un foglietto cadde sul naso di Leo, che aveva aperto la bocca nell'intento di andar contro le ultime parole di lei.

Il ragazzo arricciò il naso, acchiappando, con qualche difficoltà il foglietto, stropicciato ma visibilmente nuovo, nonostante il maltrattamento ricevuto, e portandoselo davanti ai suoi scuri occhi curiosi.

La prima cosa che pensò, da ragazzo dislessico, fu che chiunque avesse scritto quel bigliettino era dislessico. La seconda cosa che pensò fu che c'era scritto -per quel che era riuscito a capire-il nome di Calypso, la terza cosa che pensò fu "Eh?", mentre Annabeth gli strappava dalle mani il foglietto e lo studiava attentamente.

Alzò un sopracciglio.

Mi disp tnt Calypso.

"Percy?" domandò lei alzando un sopracciglio.

"È nel campo di calcio..." iniziò a rispondere confuso Leo, inclinando la testa.

"No, no" rispose velocemente la bionda, scendendo altrettanto velocemente le scalette e correndo accanto al messicano. Gli sventolò sotto il naso il foglietto, per poi mostrarglielo quasi fosse un cartello "Percy. Lo ha scritto Percy"

I due si guardarono e sbatterono le palpebre, visibilmente a disagio. Annabeth prese a mordersi furiosamente le labbra, e Leo riuscì a sentire i suoi neuroni lavorare nella sua testolina così furiosamente che gli ricordò il surriscaldamento e la conseguente esplosione della sua macchinetta per fare caffè fai da te. Quindi ebbe paura che la testa di Annabeth esplodesse.

Certo, per farla calmare avrebbe potuto dire qualsiasi cosa. Un Sarà un vecchio biglietto, un In fondo dice solo che gli dispiace -forse, Leo non era mai stato bravo a capire il linguaggio messaggini, ed ammetteva essere colpa sua, visto che non gli era mai interessato nemmeno a cercare di capirlo. Il problema era che gli dava fastidio dover reimparare l'inglese scritto dai suoi coetanei-, magari Calypso ha qualche problema, un Percy ci potrà spiegare tutto.

Invece optò per un "Mi spiace che il tuo ragazzo non sappia scrivere", mentre Annabeth guardava dalla finestra Calypso parlottare con Rachel. 





Note dell'autore

Non so perché,  ad un certo punto, Thalia inizi a parlare come una Whovian. Insomma, punti fissi, storie che devono finire. Aspettavo che facesse una battuta sui Dalek -inside joke-
Nonostante non ci sia molta Caleo, vi giuro che ci sono personaggi che stanno iniziando a muoversi e...
Ringrazio chi segue, ricorda e preferisce la storia. E a chi recensisce, mando un cuore enorme ♥♡
Grazie mille!!
  
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