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Autore: _HalWill_    01/11/2008    1 recensioni
Lo scenario di un' imminente guerra interplanetaria. Due mondi opposti ma incredibilmente simili. Un ragazzo piombato dal nulla in una base militare, senza alcuna certezza, senza alcuna sicurezza, ma con la consapevolezza di fare la differenza nelle sorti della specie umana. Un giovane irriverente e spregiudicato, che lotta per una guerra in cui si è ritrovato, ancora inconsapevole del futuro e del proprio ruolo nella battaglia. L'incontro fra due anime sole e complementari, destinate ad un comune destino. Il sogno di una terra lontana dove poter vivere assieme, senza la guerra, senza a morte. L'amore, l'arma perfetta.
Genere: Romantico, Science-fiction, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 18

Si guardava intorno con insistenza alla ricerca di qualcosa che lo potesse riportare alla sua calma abituale.
No, non c’era neanche lì.
Il suo sguardo vagava sbattendo contro le pareti, le scatole ferrose degli aerei, le persone, ma nessuna di quelle si rivelava essere ciò che cercava. Chi cercava.
Finalmente la luce parve affacciarsi in quella sala oscurata.
Il riflesso della testolina bionda lo colpì negli occhi e lo strappò dall‘indifferenza che provava in quel momento per tutto ciò che lo circondava.
La sua anima inquieta si placò improvvisamente, come tirando un respiro di sollievo, come a liberarlo da un‘angoscia repressa. Erano tre giorni che non lo aveva visto ne sentito. Da quando era sparito quella notte, diretto all’ufficio del padre non aveva più avuto occasione di contattarlo. Era scomparso per quei due maledettissimi ed orribili giorni.
E lui aveva avuto paura. Temeva che quell’arrivo cambiasse le cose,  rovinasse quella quiete apparentemente stabile che era riuscito a crearsi grazie ad Alex; rovinasse ciò che era riuscito a costruire con lui, a fare con lui.
Si alzò dalla sedia impaziente ma conscio che di fronte a tutta quella gente non avrebbe potuto di certo manifestare la sua gioia nel vederlo, ne tautomero sfogare quell‘angoscia che lo aveva angustiato.
Il bel viso del giovane incontrò il suo. Era cinereo, spento, inespressivo.
Il timore di qualcosa di incombente riprese a scintillare in lui. Si ritrovarono uno di fronte all’altro, senza riuscire a dire nulla. Il soldato tentava di catturare lo sguardo del superiore, ma era impossibile; l’altro lo schivava senza lasciargliene l’opportunità. Tentando di farsi poco notare, scivolarono nel piccolo bagno di servizio poco lontano da loro.
- Ehi, dove sei stato tutto questo tempo?
Era la prima domanda che si era fatta largo nella sua mente, seguita poi da molte altre che invece tenne per se.
Il ragazzo fece una smorfia, aprendosi in un sorriso palesemente forzato. Non lo abbracciò, non lo sfiorò neanche.  William avvertì qualcosa dentro di se rivoltarsi.
- Scusami. Io, non… Ho dovuto sistemare delle faccende.
L’uomo tese le mani in avanti afferrandogli i fianchi.
- Tutto bene? L’allenamento lo possiamo rimandare…
Il giovane lo bloccò poggiandogli una mano sul petto.
- No. E’ questo il problema… non possiamo più rimandare. Non abbiamo più tempo.
- Perché?
Esitò un momento, poi lo fissò diritto in volto. Aveva gli occhi lucidi e stanchi.
- L’allenamento ormai è finito; siamo giunti all’amplificazione massima dell’impulso. Ma potrà essere utilizzata una volta sola e soprattutto in presenza di tutte le coppie Ev che ancora esistono. Lo sforzo cerebrale che richiede è troppo per essere sopportato più di una volta.
- Ma cosa c’entra il tempo?
- E’ questo: le forse nemiche dovranno essere concentrate tutte nell’attacco in modo da distruggerle in massa. Sarà la battaglia decisiva. E’ stato lanciato un ultimatum ai Neoterrestri. Scade fra una settimana.
Il tono greve e sommesso. Il volto basso e cupo.
William rimase immobile, scioccato da quelle ultime definitive parole.
La guerra che combattevano da una vita si sarebbe conclusa.
Aveva incominciato a pensare che sarebbe morto in battaglia o comunque che il conflitto si sarebbe protratto fino alla sua vecchiaia.
Ora quella novità che gli scivolava addosso con semplici parole si abbatteva dentro il suo cervello con gli stessi effetti devastanti di uno tsunami su una spiaggia affollata.
Tutto era già stato deciso, tutto programmato, tutto limitato. Avrebbe dovuto mettere in pratica quello per cui si era duramente allenato in quegli ultimi mesi, insieme ad Alex. Erano l’unica speranza di salvezza, l’unica. Ed era gia stato tutto deciso. Indipendentemente da ogni loro desiderio, da ogni loro decisione.
E lui era lì, di fronte a se. Se si sentiva così sconcertato allora come si sarebbe dovuto sentire quella che gli appariva una piccola ed indifesa creatura? Cosa provava in quel momento? Si stupì per l’ennesima volta di quanta forza potesse celarsi in un essere talmente fragile e delicato.
Il diamante. Già, Alex gli ricordava proprio un bel diamante. Un oggetto che appare così fragile e sottile che se intaccato sembra doversi infrangere in mille pezzi. Ed invece no. Non era così.
Era il minerale più resistente e forte, uno dei più duri da scalfire.
Alex era un diamante.
Lo attirò a se stringendolo.  Non disse nulla. Sentiva che non avrebbe dovuto farlo, non ce ne era bisogno. Lo abbracciava dolcemente rassicurandolo con presa salda.
Cercò di calmarlo, di farlo parlare.
- …come è andata con tuo padre?
Il biondo si avvinghiò al corpo di lui, affondando il capo. Lo avvertì tremare, poi sussultare. Sentiva il calore del suo respiro trapassargli la stoffa.
Umido.
Piangeva. Piangeva singhiozzando, col corpo scosso da forti sussulti. Il tutto silenziosamente, ovattato dal proprio corpo, represso da quella pressione insistente. Per la seconda volta.
Si sentiva inutile, inutile e sciocco. Ma sapeva che l’unica cosa che poteva fare in quel momento era restare lì, fermo, in silenzio ed abbracciarlo.

Quando uscirono dal bagno scoprì che Peter era nell‘hangar e stava cercando il ragazzo.
Il generale voleva controllarli e lo aveva mandato per stare accanto ad Alex.
Rimase per tutti gli allenamenti e persino negli spogliatoi. Poi afferrò il giovane per un braccio e lo accompagnò fino alla propria stanza senza lasciarli soli nemmeno un attimo.
Nei giorni seguenti non si riuscivano a vedere quasi mai. Inoltre per tutta la settimana ci fu un’ondata di frenesia in tutta la base, sia per l’arrivo degli Ev, sia per la scadenza prossima dell’ultimatum.
Se ne andava spesso in spiaggia nella speranza di vederlo arrivare, ma nulla. Si ritrovava solo ad osservare tramonti sempre più malinconici. Persino il ricordo di quando avevano fatto l’amore gli pareva lontano e vacuo.
Tutto lo stress e la rabbia di quei giorni si focalizzò su colui che li teneva separati.
Gli sembrava assurdo che non gli importasse di ciò che pensava suo figlio, dei suoi sentimenti. Non riusciva a capire cosa lo rendesse così freddo nei suoi confronti. Ma la cosa che lo turbava di più era il non sapere cosa si fossero detti.
Il biondo aveva pianto. Molto probabilmente gli aveva intimato di farla finita con lui o cose simili. Ma allora perché non reagiva? Il suo carattere era sempre stato forte e deciso, non poteva farsi spaventare per così poco. Eppure sembrava terrorizzato.
Qualcosa si era rotto.
L’unico sguardo che quell’uomo gli aveva rivolto era di disprezzo. Lo stesso disprezzo che gli rivolgeva Peter. In questo quei due erano uguali.
Alex non c’entrava nulla con loro. Non riusciva a capire come potesse appartenere a quel mondo tanto diverso, tanto freddo e crudele. Forse era nato nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
Una volta sola riuscirono a trovarsi senza essere visti. Tornava da una perlustrazione più breve del previsto e lo incontrò davanti alla propria stanza.
Era fermo immobile a guardare la porta con aria affranta. Quando il biondo lo vide gli corse incontro senza alcun timore di essere visto, come se non gli importasse più nulla e di nessuno.
William lo aveva trascinato nella propria stanza ed avevano fatto l’amore come mai prima. E poi si erano addormentati. Lo aveva stretto al proprio petto col timore che fuggisse, che sparisse.
Al suo risveglio si era ritrovato a sfiorare un viso gelato di lacrime. Il giovane non aveva risposto alle sue domande, limitandosi ad accoccolarsi contro il petto di lui.
Tutto questo non gli piaceva affatto. Sentiva che qualcosa di terribile e doloroso stava per accadere.  Ma non gli disse nulla. Non voleva turbarlo ulteriormente.

La rabbia esplose il giorno dopo quando seppe da Peter stesso che Alex era stato confinato nella propria stanza fino allo scadere dell‘ultimatum. Evidentemente suo padre e quella serpe del fratello dovevano aver scoperto che erano stati assieme. Il cuore gli balzò in gola e la mente gli si annebbiò dall’ira.
Si diresse con fare assassino verso l’ufficio del generale. Sentiva la testa pulsargli e lo orecchie che gli fischiavano. Gli avrebbe sbattuto in faccia la nuda e cruda realtà dei fatti e gliela avrebbe fatta accettare, volente o nolente.
Non gli importava più di nulla della guerra, degli Ev, di suo padre e di tutto il resto; voleva solo stare con Alex, e sicuramente non sarebbe stato lui a fermarli.
Entrò con violenza nonappena gli fu aperto. A grandi passi si avvicinò alla scrivania  e batté i pugni sul piano.
- Chi diavolo ti credi di essere?! Arrivi e lo costringi a fare ciò che non vuole! Ho sopportato te e quel verme solo perché lui vi rispetta! Ma la mia pazienza ha un limite!
Sappi che non puoi impedirmi di vederlo, ne ora ne mai! E lui è mio; mio chiaro!??
Non sarai tu a fargli cambiare idea!!! Mai!!!
Gli gridò a pochi centimetri dal volto, senza badare al minimo rispetto. Il viso sudato e contratto dalla rabbia, i denti digrignati, i pugni stretti.
L’uomo lo squadrò con indifferenza disgustata non intimorito da quel tono minaccioso e fuori controllo.
- Alexander è mio figlio; tu non vanti alcun diritto su di lui. Sapevo della tua arroganza, mi è stato detto tutto di te. Questa storia finirà molto presto che tu lo voglia o meno. Sei solo un soldato William Hartnett.
Dimenticalo.
L’ultima parola risuonò nella sua mente come lo sparo di una pistola.
- Io non dimentico proprio niente.
Quando la guerra sarà finita ce ne andremo e non potrai fare nulla per fermarci. Saremo lontani da tutto, da te, da quel leccapiedi di tuo figlio e da tutti quanti!
- E’ una sciocchezza! Siete dei pazzi se sperate di poter vivere davvero assieme. Questo tuo sciocco “amore” finirà e ti ritroverai senza niente; lo porterai alla rovina e rovinerai te stesso. Sfrutterai la sua semplicità  finché ti farà comodo e poi lo abbandonerai in mezzo ad una strada.
Conosco quelli come te.
Il tono del generale divenne più duro e privo di espressione.
- Rinunceresti a tutto inutilmente.
- Non mi importa di rinunciare. Non mi serve niente se non posso averlo con lui. L’unica cosa che non voglio perdere è Alexander. E’ l’unica cosa che conta, e questo non cambierà. Non me lo porterete via.
Ormai è troppo tardi. E se nessuno vuole capire allora che pensiate quello che vi pare; io so quello che davvero mi sta a cuore. I vostri consigli inutili non ci sfiorano neanche.
Io amo Alexander, lo amo! E non mi importa di dover rischiare, di dover vivere da solo e senza tutto ciò che ho adesso. Non mi vergogno  di nulla.
Non voglio nient’altro.
L’uomo lo squadrò con durezza. Poi spostò lo sguardo in basso, sulle proprie scarpe lucidate.
- Alexander è una stella cadente, più splendente di qualsiasi altra stella comune; rara, bellissima e breve…
Il tono era greve e solenne.
-Tu sei solo un puntino Hartnett. Un piccolo, minuscolo puntino di pulviscolo nell’universo.
Come puoi pretendere di cambiare il cosmo?


P.S. Bene. Stiamo tirando le fila fino alla fine. La guerra pare avere un possibile termine, ma anche la storia di Alex e William pare avvicinarsi ad una svolta. Spero che riusciate a seguire la trama e la storia ancora per un po. A presto e vi ringrazio infinitamente per i commenti, mi fanno davvero piacere.
_HalWill_
  
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