The
Harry
Potter’s Forbidden Story
Disclaimer:
Non
posseggo ne il mondo di
Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai
rispettivi autori. Questa storia è stata
scritta senza fini di lucro.
Prologo
Area
Boschiva nei pressi di Privet
Drive, Surrey
Inghilterra, Regno Unito
15 Dicembre, 1988
Arrancava
nel buio, con il corpo scosso dai tremiti e lo
sguardo perso ed addolorato. Non aveva una meta, un posto dove andare,
stava
solo vagando nel bosco vicino casa alla ricerca di un cantuccio caldo
dove
passare quella fredda notte. Ed era colpa sua se si trovava
lì. Colpa del suo
piccolo corpo da mostro che l’aveva tradito ancora, colpa di
tutto il male che
risiedeva in lui e delle cose strambe che faceva capitare.
E di
nuovo inciampò
mentre, per l’ennesima volta, il piccolo Harry Potter, di
soli otto anni,
cedeva alla stanchezza ed alla fame. Erano due giorni che non mangiava,
due
giorni senza cibo passati a fare le pulizie e sbrigare le faccende di
casa. Era
stanco, tremendamente stanco, ma sapeva per esperienza che non poteva
fermarsi.
Il suo corpo era debole, instabile, e se si fosse fermato, se si fosse
arreso,
allora avrebbe fatto la fine dei suoi orrendi genitori.
Sarebbe
morto e nessuno lo avrebbe pianto, nessuno sarebbe
stato in pena per lui. Forse sarebbe stata la cosa giusta da fare visti
i
presupposti, visti i tormenti e la fatica, ma nonostante tutto
quell’istinto
primordiale che non riusciva a mettere a tacere lo spingeva a vivere. E
di nuovo
tornò ad alzarsi, con le gambe che tremavano sotto il
gracile corpo, che
somigliava più a quello di un bambino di sei anni piuttosto
che a quello di uno
di otto.
I suoi
capelli, che da sempre erano ribelli ed indomabili,
ora giacevano flosci e privi di vita sulla sua testa. I suoi occhi, in
genere
di un vivace verde smeraldo, erano vitrei mentre riprendeva la marcia
in
quell’oscuro bosco. E come se questo non fosse sufficiente a
dare un’idea della
sua situazione, in dosso portava un lurido pigiama che appariva vecchio
e
sporco, come se fosse stato lavato troppe volte, ed usato come straccio
in più
di un’occasione. Era due volte più piccolo della
sua taglia, e lasciava
scoperte le bracca le gambe, esponendolo così
all’ira degli elementi.
Erano
queste le condizioni del piccolino che tornò a
stringersi il petto, frizionandolo con le braccia per riscaldarsi,
senza però
riuscirci. Era già arrivato al punto da non sentirsi le
punta delle dita, ma
quella era la punizione che meritava. Lo sapeva, perché era
stato suo Zio
Vernon a dirglielo, nel momento in cui lo aveva sbattuto fuori di casa.
I
piccoli mostri, ma soprattutto gli ingrati, non meritavano un tetto
sulla
testa, ne un piatto caldo a tavola.
E lui
era davvero un ingrato, questo lo sapeva, ne era
certo, perché nella lettera a Babbo Natale
aveva avuto l’ardore di chiedere se non ci fosse
stato qualcun altro,
chiunque altro, pronto a prendersi cura di lui, a
trattarlo bene, come i Dursley trattavano
bene il loro vero figlio Dudley, senza costringerlo a pulire, lavare e
stirare,
picchiandolo con la cinta se sbagliava qualcosa, anche solo di poco.
Il suo
cuore perse un battito al ricordo, mentre si
ostinava a non versare una lacrima. Voleva piangere, lo voleva davvero,
ma tra
le tante cose che aveva imparato durante la sua breve vita
c’era la certezza
assoluta che quel gesto non portava mai a nulla di buono. Era inutile
piangere,
dimenarsi e gridare, perché il più delle volte si
finiva a sputare sangue, o a
supplicare perché quel tormento finisse.
Il tormento di un braccio rotto, di una mano sul fuoco,
della testa
nella bacinella dell’acqua. Tutte cose che una volta gli
capitavano spesso,
anche troppo spesso, ma che da quando aveva imparato a comportarsi bene avvenivano molto
meno.
E in
quel momento non andava poi troppo male, il freddo
stava iniziando a passare, non sentiva più nemmeno il suo
corpo, il mondo
stava diventando un amalgama di nero
e buio. Non si rese nemmeno conto di essere caduto ancora e di stare
guardando
il fitto intrico di rami che coprivano il cielo. La sua mente era
persa, stava
per cedere al sonno nonostante fino ad ora lo avesse combattuto. Spontanei sorsero i
ricordi di un’altra vita,
i ricordi di quando era ancora un infante, e non abitava con quella
famiglia,
ma con un’altra. Un sorriso su un volto contornato da capelli
rossi, degli
occhi castani dietro occhiali tondi trasparenti, ed una figura in ombra
con un
volto da serpente e spaventosi occhi vermigli.
L’immagine
esplose nella sua mente e per un attimo ebbe
paura, sapeva che stava per farlo ancora, stava per comportarsi da
mostro e suo
Zio lo avrebbe picchiato per questo, ma davanti a quegli occhi
così spietati,
ed a quella paura così intensa, non poté che
lasciarsi andare.
Le
gambe vennero tirate al petto e strette tra le braccia,
il capo si seppellì sulle ginocchia e le palpebre si
strinsero. Voleva solo che
smettesse, voleva solo che la cosa che gli pulsava dentro, e che tanto
lo aveva
fatto soffrire si fermasse, e non fosse mai più. Voleva
un’altra vita, un altro
mondo, un’altra strada da seguire.
Voleva
tutto ed il contrario di tutto, e come rispondendo
a questo suo insensato desiderio, un fremito di magia
attraversò l’aria,
causando uno strappo nello spazio. Dall’altro lato di quello
strappo venne
un’oscura presenza, un potere senza fine che gli fece rizzare
i capelli in
testa. Due mani sbucarono dalla fessura, si aggrapparono ad essa,
mentre
qualcosa veniva
fuori.
Si
aspettava un mostro, forse lo stesso mostro con gli
occhi vermigli che aveva visto poco prima nei suoi ricordi, ma
ciò che comparve
di fronte a lui era qualcosa di molto più strano e senza
logica. Si trattava di
un uomo, anzi un ragazzo, che non poteva avere più di
trent’anni. I suoi
capelli erano cremisi, la sua aria nobile, e trasmetteva un immenso
senso di
potere. Eppure era tranquillo, svagato, con un sorriso sulle labbra.
Un
sorriso che subito venne meno quando i suoi occhi
videro il bambino raggomitolato in posizione fetale proprio davanti
alla
spaccatura. Per qualche istante i due si guardarono, il bambino
spaventato e
l’uomo sbigottito.
L’essere
supremo, uno dei quattro Maou che reggevano
l’inferno, era stato convocato da un bambino di non
più di sei anni. La cosa
era impossibile, perfino un mago adulto, ed in pieno possesso dei suoi
poteri,
avrebbe impiegato anni, se non decenni ad imparare le formule
necessarie, senza
contare che la sua anima sarebbe stata strappata e gettata nel Cocito
come
pagamento anche solo per aver tentato.
Invece
il bambino era lì, in evidente stato di ipotermia,
e non vi era nemmeno l’ombra di un sigillo o di un cerchio
magico di
convocazione. Questo fatto senza precedenti lo fece avanzare. Mosse il
suo
primo passo nel mondo umano da secoli, solo per vedere il piccolo
esserino
rifuggire da lui. Lo vide tentare di alzarsi, cadere, e poi iniziare a
strisciare. Nonostante l’evidente paura però non
piangeva.
Si
sarebbe aspettato lacrime come minimo, invece il
piccolo si limitò ad allontanarsi, mostrando una forza di
volontà di cui non
gli avrebbe dato atto. Questa cosa colpì l’essere
supremo, che allora parlò al
bambino.
“Sei
tu che mi hai convocato, ed ora scappi da me?”.
La
voce, che i più si aspetterebbero essere tetra e senza
vita, era in realtà divertita e piena di compassione. I suoi
passi si erano
fermati, ed ora si limitava a guardare il piccolo Harry negli occhi,
senza
mostrare nulla di più del suo sorriso.
“Dimmi
perché sono qui, forse posso aiutarti. Sai, sono un
tipo potente io”.
Un
occhiolino da parte dell’uomo, che si era chinato sulle
ginocchia, per trovarsi alla sua stessa altezza, bastarono per
interrompere la
sua fuga. E fu quando i loro occhi si incrociarono di nuovo, che il
Satanasso
si mise ad esplorare le memorie del bambino. Non servirono parole tra
loro, ne
nessuno dei due disse altro per i minuti successivi. L’uno
guardava e l’altro
mostrava.
E
così Sirzechs Lucifer del clan Gremory, conobbe la
storia del bambino. Attraverso i suoi occhi vide gli abusi che aveva
subito, e
come mai nessuno fosse venuto in suo soccorso. Vide come questo lo
aveva
cambiato, costringendolo a crescere prima del tempo, a maturare, a
chiudersi in
se stesso, a dire basta alle lacrime ed alla vita. E nel cuore del
demone
nacque il desiderio di salvare quel bambino, di salvarlo da una vita
fatta solo
di dolore e paura, per portarlo in un futuro pieno di gioia e
ricchezza.
Ma
quando prese questa decisione, e si preparò a fare
quanto necessario, scoprì che ben oltre quello che il
bambino sapeva, c’erano
altre forze in gioco. Quando sollevò la mano sul ragazzo,
per aiutarlo a
rimettersi in piedi, vide una fitta rete di incantesimi e maledizioni
che
scorrevano nel suo sangue e nel suo corpo. Incantesimi di protezioni,
rituali
di sangue, rimasugli di oscure presenze, e più di tutto un
contratto vincolante
che lo legava ad un dato posto.
Inarcò
un sopracciglio, continuando a spolverargli il
pigiama, trasmettendogli allo
stesso
tempo parte del suo potere per farlo smettere di tremare e fermare
l’ipotermia.
Alla fine estrasse da una tasca un oggetto, che pose tra le sue mani.
“Harry…”
ora che aveva visto la sua vita tramite i suoi
occhi, conosceva tutto del bambino, compreso il suo nome.
“… io posso salvarti.
Posso portarti via di qui, ora, e prometterti che non dovrai
più rimetterci
piede, ma quello che ti offro non è senza prezzo. Dentro di
te sento un enorme
potere, un potere che un bambino non dovrebbe avere, e che rivaleggia
con
quello dei più grandi della tua stirpe. Io posso amplificare
quel potere, e
rompere quasi tutti i legami con la tua vita, ma per farlo…
per farlo tu dovrai
morire…”
Le
parole del demone erano tristi, mentre il bambino
schiudeva la mano, rivelando l’oggetto che Lucifer vi aveva
riposto. Un pezzo
degli scacchi, per la precisione un alfiere scarlatto, era quello che
il
bambino stringeva in pugno. Il suo sguardo dubbioso, eroso da anni di
soprusi e
finte gentilezze. Aveva visto quando i suoi finti-genitori gli avevano
offerto
dei doni, solo per poi romperli davanti a lui, quando lo avevano
curato, solo
per poi picchiarlo ancora. Sapeva che era una scelta difficile, se non
impossibile per lui, ma voleva credere che avrebbe accettato. Che
avrebbe
accettato, diventando parte della sua famiglia, come suo servo.
“Dopo
che sarò morto… diventerò come
te?”
Queste
erano le prime parole che gli sentiva pronunciare,
e rivelarono ancora quanto grande fosse il suo potere. Per quanto
avesse
nascosto la sua natura, e sopito i suoi poteri, lui li aveva avvertiti
comunque, ma non ne sembrava spaventato. Al contrario, una strana luce
aveva
preso ad animargli gli occhi.
“Diventerai
come me, si, ma passeranno anni prima che tu
possa controllarti e diventare davvero forte. Fino ad allora vivrai
insieme
alla mia famiglia, nel castello che noi abbiamo negli Inferi. Io ti
farò
crescere, e ti istruirò, preparandoti al tuo destino, in
modo che nessuno, mai
più, possa farti quanto ti hanno già
fatto.”
Ora la
voce del demone aveva assunto un tono duro. La
presa sulle spalle di Harry si era fatta più forte,
più protettiva, quasi
volesse difenderlo anche a costo della vita. E questo, più
di ogni altra cosa,
spinse il ragazzo ad accettare. Facendo un passo indietro, e spostando
gli
occhi di lato, distolse il suo sguardo da quello della creatura che
aveva
evocato, annuendo un’unica volta.
“Nulla
di quello c-che mi aspetta, può essere peggio di
questo…”
Nascondeva
la sua paura dietro frasi coraggiose, ma
nonostante questo il suo corpo tremava.
“Quindi
accetti? Farò in modo che sia una cosa rapida,
promesso.”
“Sì,
accetto.”
Il
patto fu siglato, e nel momento in cui il bambino
parlò, una sfera di un’ardente di colore cremisi,
gli attraverso il cuore. Il
potere della distruzione, che aveva reso grande
Sirzechs Lucifer tra i demoni, facendolo diventare uno dei
quattro
signori dell’Inferno, aveva lasciato un buco nel petto di
Harry, che barcollò
stupito per un attimo, prima di crollare al suolo. Esanime.
“Ora
risorgi come mio Alfiere Harry Potter, risorgi e
ritorna al mondo come mio servo e mio Demone Custode.” Il
pezzo degli scacchi
ancora tra le mani del bambino, risplendette per un attimo di
un’intensa luce
bianca, levitando lentamente verso il suo cuore, ormai assente. Li
prese
dimora, ricostruendo e reintegrando quanto era andato distrutto, fino a
che il
cambiamento non fu definitivo. Della sua umanità non era rimasto nulla.
All’altro
capo del Regno Unito, in un’antica scuola di
magia, un vecchio sobbalzò nel sonno, conscio che il destino
del mondo era
cambiato.
Il
giorno seguente, per quanto cercassero, non fu trovata
alcuna traccia di Harry Potter, ne in Inghilterra, ne altrove nel resto
del
mondo. Tutto ciò che rimaneva della casa che lo ospitava,
era un cratere
fumante, ed i racconti deliranti di alcuni passanti che parlano di
un’intesa
luce. Una luce cremisi.
*******************
Palazzo
Gremory, Mondo Sotterraneo
Sei mesi più tardi
Lo
sguardo di Harry vagò irrequieto, alternandosi dal
basso delle sue nuove scarpe lucide al finestrino della carrozza che lo
stava
trasportando. Aldilà del vetro, a poche centinaia di metri
di distanza, si
erigeva un enorme castello medievale, circondato da cinta murarie ed
enormi
fossati. L’ansia prese a crescere nel piccolo corpo del
bambino, mentre questo
cercava di regolare la respirazione per mettere a tacere quelle
emozioni.
Erano
passati sei mesi, sei mesi da quando aveva
abbandonato la casa dei suoi zii, sei mesi da quando era morto e
risorto come
demone, sei mesi da quando era stato preso sotto l’ala
protettiva di Lucifer e
condotto nel mondo sotterraneo. Durante questo lasso di tempo, la sua
vita era
cambiata radicalmente, infatti, sebbene si aspettasse di passare
dall’asservimento alla sua famiglia
all’asservimento nei confronti del suo
‘Re’, quello che si era ritrovato a vivere era
qualcosa di totalmente diverso.
Non una volta gli era stato dato un ordine, non una volta era stato
punito, e
non una volta era stato emarginato. Al contrario, era circondato da
servitori
che gli sorridevano e soddisfacevano
ogni suoi bisogno, quasi fosse un principe o qualcosa del
genere.
Davanti
ai suoi dubbi ed alle sue domande, il Maou gli
spiegò che lui era sì, un suo servitore, ma
faceva parte di una cerchia
ristretta che prendeva ordini solo e soltanto da lui e che quindi non
si
sarebbe mai dovuto preoccupare di nulla perché sarebbe
venuto il tempo in cui
gli avrebbe trovato qualcosa da fare. Fino ad allora poteva svagarsi e
divertirsi,
a patto che non mettesse la sua vita in pericolo.
Gli ci
vollero quasi tre mesi perché si abituasse ai
cambiamenti della sua nuova vita, ma alla fine vi riuscì. La
prima cosa che
fece fu quella di farsi portare una televisione in camera, in modo da
poterla
guardare quanto voleva, senza dover badare a nessuno. Guardò
tutti i programmi
televisivi che sapeva piacevano a suo cugino Dudley, più
altri film che avevano
catturato il suo interesse. Da lì, Harry iniziò
ad interessarsi ai videogiochi,
ottenendo presto una sua console ed una montagna di giochi. Pur non
essendovi
ossessionato come alcuni, sfruttò molto
l’apparecchio, quasi cercasse di
recuperare il tempo perduto.
Tuttavia,
dopo sei mesi, anche questo aveva perso il suo
fascino, Harry si ritrovò nuovamente solo. Il Castello di
Lucifer, pur essendo
molto grande, non aveva al suo interno molte persone. Non vi era quasi
nessuno
della sua età, e la maggioranza del totale faceva parte
dell’esercito personale
del Maou. Alla fine prese a girovagare senza meta, senza nulla da fare
e senza
voler davvero fare nulla. Da qui l’idea di fargli visitare il
castello di
famiglia, lì dove il clan Gremory risiedeva, e dove avrebbe
potuto incontrare
persone nuove e fare amicizia.
Certo,
l’idea non era sua, anzi non sapeva nemmeno chi
avesse concepito un piano simile, l’unica cosa che gli era
stata detta era di
salire in carrozza per andare a far visita ai parenti del suo
‘Re’, e che al
castello di famiglia avrebbe avuto modo di conoscere una bambina che
aveva la sua
stessa età, con la quale avrebbe certamente legato.
Il suo
nervosismo era dovuto a questo. All’incontro con i
parenti del suo padrone, all’incontro con la bambina ed ai
giudizi che loro
avrebbe avuto di lui. Gli era stato spiegato più volte che
le sue capacità
erano dovuto alla magia, e non all’essere un mostro, ma
nonostante questo
ancora cercava di reprimere il suo potere per evitare di trasformare
accidentalmente i capelli di qualcuno o dar fuoco a qualcosa. Era certo
che non
sarebbe piaciuto a nessuno se avesse iniziato a fare cose del genere.
Infine
Harry, quasi senza accorgersene, si ritrovò a
seguire i suoi servi/guardie, salendo a piedi verso il castello vero e
proprio.
La carrozza era stata parcheggiata a poche decine di metri
dall’ingresso, ed
un’enorme scalinata in marmo bianco portava ad un portone in
ossidiana. Di
fronte al portone, in piedi quasi lo stessero aspettando, si trovavano
tutti i
membri di casa Gremory, più i loro servitori.
Nel
mucchio risaltava enormemente il padrone di casa, che
condivideva con il figlio il colore cremisi di capelli, e la donna al
suo
fianco, una bellissima ragazza dai capelli biondi che poteva essere sua
figlia.
Un passo dietro di loro, quasi fosse in attesa di ordini, si trovava
una
cameriera con lunghi capelli argentei, ordinatamente legati in una
stretta
crocchia, che le dava un’aria severa, ma regale. La sua
compostezza era però
rovinata dall’enorme ventre gonfio, al quale rivolgeva
regolarmente uno
sguardo, poggiandovi di tanto in tanto una mano sopra.
Inchinandosi
goffamente, come gli era stato insegnato
dieci minuti prima di lasciare la residenza di Lucifer, Harry
parlò. “Lord e
Lady Gremory, grazie per avermi accolto nella vostra casa. Il mio nome
è Harry
Potter, e sono l’alfiere di Sirzechs Lucifer, vostro figlio.
P-Per favore
prendetevi cura di me.”
Al
sentire il suo nome, i demoni sgranarono gli occhi per
lo stupore, venendo a patti con l’evidenza che
l’eroe del mondo magico,
conosciuto per fama pure nel mondo demoniaco, era rinato come uno di
loro sotto
il vassallaggio di loro figlio.
Harry
era famoso per essere sopravvissuto alla maledizione
che uccide, evento mai avvenuto prima e che aveva scosso nel profondo
pure il
mondo Sotterraneo. La maledizione che uccide era uno dei trucchi
peggiori che
il Dio della Bibbia aveva creato, in quanto era utilizzabile da
qualsiasi mago,
e nessuno poteva sopravvivere una volta colpito.
Lo
stupore dei presenti
fu però interrotto da una voce carina
proveniente da dietro di loro.
“Lo
sei davvero?!” Un vortice di capelli rossi uscì
allo
scoperto da dietro la gonna tutti fronzoli della madre, posizionandosi
proprio
di fronte ad Harry, che batte le palpebre in stato di shock.
“Sei davvero Harry
Potter?!”
Harry
fece un passo indietro mentre studiava la bambina di
fronte a lui. Lei era una ragazza carina che aveva
all’incirca la sua età, come
tutti i membri della famiglia aveva i capelli cremisi, e gli occhi
azzurro-verdi. Indossava un abito casual, che nonostante tutto sembrava
essere
più costoso di qualsiasi cosa Harry avesse mai visto,
ciò dimostrava l’agio
della famiglia alla quale apparteneva. Nonostante avesse ancora otto
anni, era
facile intuire che crescendo sarebbe divenuta una donna alla quale
sarebbe
stato difficile resistere, soprattutto visto e considerata la
somiglianza con
la madre, la quale differiva solo per il colore dei capelli.
Harry
si accorse di tutto questo con un solo sguardo,
mentre leggermente intimidito si preparava a rispondere.
“Uhm… si. Almeno
questo è il mio nome. Sirzechs Lucifer mi ha parlato della
mia storia, e di
come sono davvero morti i miei genitori, ma non mi ricordo molto di
quello che
successe allora. Mi dispiace.”
Harry
era stato sconvolto per non dire peggio, quando gli
era stata detta la verità sull’omicidio dei suoi
genitori, e sulle circostanze
che lo coinvolgevano. Era ancora troppo piccolo per capire tutto
ciò che
riguardava la guerra e l’uomo che li ha uccisi, Voldemort,
tuttavia lui sapeva
che se non fosse già morto, sarebbe stata la missione della
sua vita porre fine
alla sua esistenza, nel modo più brutale possibile. Era
colpa sua se lui era
vissuto senza l’affetto di una famiglia, se aveva subito
soprusi e angherie da
parte degli zii e se era infine morto, solo per risorgere come demone.
Non era
dispiaciuto della sua nuova condizione, ma sapeva di non poter essere
mai più
un bambino normale.
Gli
occhi di Rias brillarono mentre lo guardava
insistentemente. Lei aveva letto tutte le storie su Harry Potter, al
punto da
conoscere meglio il ragazzo di molti membri della sua famiglia. Era
sbigottita
nel sapere che il bambino era diventato un demone, che era stato
asservito da
suo fratello, e che ora, proprio ora, si trovava davanti a lei, in
carne ed
ossa. Nelle sue fantasie loro andavano in giro per il mondo cercando
città
perdute e combattendo i draghi, lui era un nobile come lei, e le
professava
amore eterno ogni tre per due.
I
diavoli adulti sorrisero all’eccitazione della piccola,
prima di scambiarsi degli sguardi d’intesa, annuendo
rapidamente. “Rias? Perché
non porti Harry a fare un giro per il castello? Sono sicuro che
è molto ansioso
di vedere il posto.”
A
parlare fu il Lord Gremory, il padre del suo padrone,
che differiva da questo solo dall’aspetto più
maturo, quasi fosse un uomo di
mezz’età.
Rias
sorrise luminosa, mentre iniziava a trascinare via
Harry, che sconcertato la ascoltava parlare a razzo di cose che non
poteva
nemmeno capire. Gli adulti li guardarono allontanarsi con un sorriso in
volto,
prima di tornare dentro iniziando a discutere dei nuovi avvenimenti.
Nemmeno
Grayfia Lucifuge, la donna vestita da cameriera
con i capelli argentei, che era anche la moglie e
‘Regina’ di Lucifer, sapeva
nulla dell’asservimento di Harry Potter. Il Maou aveva tenuto
la notizia
riservata, facendo in modo che nessuno all’infuori della sua
cerchia più
ristretta ne sapesse nulla.
“Sai…”
disse Grayfia con un sorriso inquietante. “Potresti
anche smettere di fare l’asociale, e parlare con noi, invece
di nasconderti.”
L’aria
dietro l’angolo della stanza iniziò a rifulgere
d’oro, rivelando il Maou in persona, leggermente sorpreso per
essere stato
beccato. Il suo sguardo era stupito, l’espressione penitente,
mentre osservava
la moglie avvicinarsi con quel suo enorme pancione, e l’aria
terribilmente
assassina.
“Nemmeno
un messaggio! Non ti fai sentire per mesi, mi
abbandoni alla porta dei tuoi genitori, lasciandomi credere che stai
svolgendo
il tuo lavoro come pilastro che regge l’inferno, e poi scopro
che vai in giro a
rendere tuoi schiavi i pezzi grossi
dell’umanità?!”
L’aria
iniziò a tremare, un’enorme aura prese a scuotersi
dalle spalle della donna, mentre questa puntava un dito verso suo
marito, il
suo ‘Re’. “Muori un milione di
volte!”
Ne
segui un lampo ed il tuono di un’esplosione, che fece
saltare in aria parte delle mura esterne della sala. A dispetto degli
avvenimenti, nessuno sembrava allarmato o sorpreso, nemmeno il Maou che
giaceva
steso al suolo, completamente annerito, ma senza un graffio.
“L-L’ho
fatto per te amore mio. Harry non si è ancora
ambientato nel mondo dei demoni, e penso che spiegargli tutto ed
iniziarlo ad
addestrarlo avrebbe solo peggiorato le cose. Volevo dargli tempo per
mettersi a
suo agio.. e tu.. ehm… tu non sei proprio
l’ideale… per mettere a proprio agio
qualcuno..”
La
voce venne fuori esitante dal Signore dei Demoni, che
nonostante la sua carica, temeva più di qualsiasi cosa il
giudizio della
moglie, e le sue orrende punizioni. Un secondo scoppiò
accompagnò il primo,
facendo crollare un’altra frazione di muro.
La
regina in vesti di cameriera, voltò le spalle al marito
ed al resto dei presenti, allontanandosi dall’ingresso del
palazzo.
Dall’altra
parte del castello, dove i boati e le
esplosioni erano solo tenui botti, un povero Harry
veniva trascinato in giro come una bambola di
pezza da un’esaltata Rias, che senza mai fermarsi per
respirare, aveva iniziato
a spiegargli come sapesse tutto di lui, come avesse sognato che
avrebbero
combattuto insieme, che loro si sarebbero sposati, che lui sarebbe
stato
felice, e che nulla poteva cambiare tutto ciò.
“Allora,
cosa ne pensi?! Era destino che io ti
incontrarsi, tu da ora in poi sei solo mio, nessuno può
averti se non me!”
Il
sorriso della bambina era contagioso, e se ci fosse
stato chiunque altro al posto di Harry, sarebbe stato solo contento di
ricevere
tutte quelle attenzioni. Lui tuttavia si sentiva a disagio, non
abituato a
nulla di tutto questo, e soprattutto non abituato a lei. Sorridendo
timidamente, provò un’altra volta a tirare via la
sua mano dalla stretta
mortale della ragazza, ma questa poteva essere incastrata in una
trappola per
orsi, per quanti risultati ottenne.
“Ehm…
Io.. non lo so.”
In un
lampo, il sorriso di Rias scomparve, mentre la
bambina si portava le mani al petto, rilasciando finalmente la sua
preda. La
sua espressione ora era triste, sebbene cercasse ancora di sorridere.
“Tu…
devi pensare che io sia strana. Non ho molti amici,
tutti mi trattano come… una principessa. E nessuno vuole
giocare con me, non
sul serio.”
Gli
occhi di lei iniziarono a bordarsi di lacrime, e la
tensione di lui iniziò a crescere. Non voleva farla
piangere! Non sapeva
nemmeno come aveva fatto, ma evidentemente aveva sbagliato ancora una
volta!
“Nemmeno
io… ho amici. Cioè, non ne ho nessuno. Nella mia
casa… quella di prima, non avevo nessuno con cui giocare
nemmeno io. Non è… non
è una cosa strana.”
Gli
occhi della bambina si riaccesero mentre questa
li strofinava cercando di ricacciare indietro
le lacrime. “B-Bè, allora posso essere io la tua
prima amica no?”
Le sue
parole erano lente, senza la giovialità che le
aveva caratterizzate fino a quel momento, quasi come se ora si sentisse
più in
imbarazzo di quando gli aveva detto che si sarebbero sposati. Ma Harry
non fece
caso a nulla di tutto questo, la sua mente era ancora bloccata,
paralizzata
dall’incredulità delle sue parole. Lei voleva
essere sua amica.
Lei
gli aveva chiesto di essere suo amico.
Una
sensazione di calore riempì il petto di Harry, mentre
anche lui iniziava a reprimere il forte impulso di piangere. Non aveva
pianto
quando era stato picchiato, quando era morto, e non avrebbe pianto ora.
Ma
sebbene la sua volontà fosse forte, il suo corpo era debole,
e non poté
sostenere lo sguardo della bambina per un minuto di più.
“S-Stai
bene?”
L’aveva
fatta di nuovo preoccupare, la sua voce era un
tremito di emozioni trattenute e non le aveva nemmeno risposto quando
gli aveva
proposto di diventare la sua prima amica. Strofinandosi con forza gli
occhi,
sarebbe tornato a guardarla, con le guance rosse, come possono essere
rosse
solo le guance di un bambino alla sua prima cotta.
"S-Sto
bene, Rias," assicurò Harry felicemente.
"Sono solo felice ... davvero felice di averti conosciuto."
Rias
arrossì come lui, ed il suo sorriso smagliante si
ripristinò, come se non fosse mai stato cancellato. Un
sorriso che Harry
avrebbe ricordato per sempre, come il sorriso più bello del
mondo.
Da
quel momento, Harry giurò a se stesso, che avrebbe
fatto qualsiasi cosa per assicurarsi che lei continuasse a sorridere in
quel
modo.
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Nel
frattempo ad Hogwarts, Regno
Unito
Erano
passati sei mesi dalla presunta morte del Salvatore.
Sei mesi da quando la sua Traccia era svanita ed il suo nome cancellato
dagli
elenchi del Ministero, sei mesi da quando agli occhi del mondo il
venerando
Albus Silente, era diventato niente di più di un rimbambito
che aveva lasciato
le sorti del Bambino Sopravvissuto in mano a degli sporchi babbani, ed
ancora,
nonostante i sei mesi, nulla era cambiato.
Albus
Silente, Preside di Hogwarts, era ancora convinto
fino al midollo, che il suo pupillo, la sua arma finale contro
Voldemort, fosse
ancora viva. La realtà dei fatti, come Minerva sapeva fin
troppo bene, era che
Harry era morto, ed a nulla servivano le frasi fiduciose di Silente, il
suo
pensiero positivo, o la sua testardaggine. Era impossibile che la
traccia
venisse rimossa da un minorenne se questo era ancora in vita, e cosa
altrettanto impossibile era far scattare gli allarmi di Hogwarts per
errore
come era successo la notte dell’attacco alla casa dei suoi
zii.
Tamponandosi
gli occhi con un fazzoletto ricamato, l’anziana
strega sarebbe rimasta immobile, osservando la senilità del
preside avanzare. I
suoi vaneggiamenti si facevano più irrealistici ogni volta
che l’uomo si
confidava con lei, e man mano che il tempo passava anche i suoi
atteggiamenti
peggioravano. Secondo Severus, che era rimasto addolorato e scioccato
dalla
morte del figlio di Lily, il vecchio stregone stava attraversando una
cosa che
i babbani chiamavano ‘Fase del Cordoglio’, che
sarebbe dovuta molto peggiorare
prima di poter migliorare.
La
cosa più triste però, era dovuta al fatto che il
vecchio fosse sconvolto, non perché fosse affezionato al
bambino, che aveva
visto solo un paio di volte in vita sua, ma perché tutti i
suoi piani, che
erano retti dalla sola presenza di Harry, erano infine crollati come un
castello di carte, lasciandolo con niente di più che le sue
forze in declino.
Alla
fine, la donna, facendosi forza, interruppe il
discorso del preside, reprimendo a forza un singhiozzo che minacciava
di
uscire. “Albus… ti prego, basta.” La sua
voce era addolorata, in parte per la
perdita dell’ultimo dei Potter, in parte per
l’evidente declino del suo vecchio
amico, ormai ridotto all’ombra di quello che era un tempo.
“Tu
non capisci Minerva! Lui è vivo, so che è vivo!
Chiunque lo abbia rapito, ha fatto in modo di rompere ogni incantesimo
o
maledizione che avevo gettato su di lui, ma non ha potuto rompere
questo!
Questo è il contratto vincolante che i suoi genitori hanno
firmato alla sua
nascita! È la sua iscrizione Minerva, l’iscrizione
di Harry ad Hogwarts!”
Gli
occhi del vecchio erano stralunati, i suoi occhiali a
mezzaluna gli pendevano storti sul viso, mentre continuava a sventolare
davanti
agli occhi della strega un foglio consunto e malandato, che sembrava
averne
attraversata di ogni, ma su cui era ancora visibile il nome di Harry
scritto
con inchiostro sempiterno.
“Albus,
non c’è alcuna documentazione sul fatto che il
nome degli iscritti venga cancellato dal castello se questi muoiono,
queste
sono solo congetture! Come quello che mi hai detto due giorni fa, e
cioè che
Harry era stato rapito da un demone con i capelli scarlatti e portato
negli
inferi. Sono secoli che nessuno usa più quel tipo di magia
Albus! Nessuno fa
più contratti con demoni od angeli ad eccezione delle
guardie di Azkaban!”
La
voce di Minerva divenne più acuta, mentre il vecchio
mago riprendeva a camminare avanti ed indietro nel suo studio,
verificando ed
attivando diversi dei suoi gingilli, che iniziarono ad emettere fumo e
cigolare.
“Questo
è l’ultimo tassello Minerva,
non capisci? Se riuscirò ad imporre altri
incantesimi su questo contratto, se riuscirò a rafforzare
questo legame con
Harry, lui sarà costretto a tornare per sconfiggere
Voldemort! Devo farlo
Minerva, io devo… devo…”
I suoi
occhi divennero lentamente opachi, mentre la forza
lo abbandonava. Per un attimo barcollò sul posto, arrivando
quasi sul punto di
cadere, ma con un gesto della bacchetta la donna riuscì a
sorreggerlo, evitando
il peggio.
“Albus…
guarda come ti sei ridotto… sono settimane che non
dormi, ti nutri solo di quelle orrende pozioni che cucini nel tuo
laboratorio,
e che Merlino solo sa che effetto avranno su di te a lungo termine.
Devi
smetterla, devi riposare…”
La sua
voce era lacrimevole, mentre faceva levitare il
Supremo Pezzo Grosso fin dentro la sua camera. “Non opporti
Albus… riposa…”
Lentamente lo mise al letto, lo coprì con un lenzuolo,
lasciando solo il viso
pallido e sporco di fuliggine scoperto.
“Lui
tornerà… io lo farò
tornare… io… lo
farò…”
I suoi
vaneggiamenti ripresero anche nel sonno, mentre la donna
si allontanava ora, singhiozzando silenziosamente.
Una
catastrofe era piombata su Hogwarts il giorno della
morte di Harry Potter. Una catastrofe che pareva essere solo
all’inizio.
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NdA: Per
chi già mi
conosce non ho bisogno di presentazioni, per gli altri io sono Bumbix,
23 anni,
autore di questa storia. L’idea per scriverla mi è
venuta rileggendo le light
novel su High School DxD, ed immaginando come questo universo si
sarebbe fuso
con quello ideato dalla Rowling. Alle mie spalle ho avuto un grande
supporto,
fatto da amici e conoscenti che hanno letto e betato, rendendo tutto
questo possibile.
Indi per cui un sentito ringraziamento per l’aiuto va ad
IpseDixit, Pamaras,
Minus e LadyRiddle, senza il cui supporto non sarei arrivato fin dove
sono
arrivato. Come notizia generale, sappiate che la storia è
già a buon punto, ho
scritto già 6 capitoli, di 10/15 pagine l’uno, che
coprono quasi l’intero primo
anno ad Hogwarts e prevedo di sfornare ogni settimana almeno un altro
paio di
capitoli, in modo da avere sempre da pubblicare. Per ovvi motivi, non
pubblicherò
tutto insieme, ma ogni domenica, alle 20:00, avrete un capitolo nuovo.
Per i
primi anni di scuola i capitoli saranno pochi ed accorpati in modo tale
da
poter correre velocemente tra le tappe dell’adolescenza,
più in là invece il
loro numero aumenterà in modo da chiarire le sempre maggiori
differenze rispetto
al testo originale. Sperando che questo prologo sia stato di vostro
gradimento,
vi lascio alla vostra recensione… Che mi lascerete
sicuramente… vero?! xD
Scherzi a parte, alla prossima domenica!
Vostro
Bumbix