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Autore: drawandwrite    30/11/2014    1 recensioni
Un racconto in prima persona di una ragazza ribelle e particolare che si trova ad affrontare il noioso "Bon Ton" della prestigiosa scuola Toussand. Ma, attenzione, perché sono passate solo quattro settimane dall'inizio dell'anno scolastico quando un evento particolare colpirà Kyla, stravolgendole la vita una volta per tutte e scaraventandola nella vita di sette ragazzi che nascondo un terribile segreto. Kyla non desidera problemi, ma presto due occhi magnetici la coinvolgeranno più di quanto lei non voglia.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Settima settimana alla Toussand.

Negli ultimi giorni, Hortense mi aspetta fuori dalla classe a fine lezione, poi entriamo insieme in mensa. Devo dire che si sta instaurando un buon rapporto, forse posso persino definirla qualcosa di simile ad un amica, anche se il contesto ha qualche punto insolito che si differenzia da un’ordinaria amicizia.
La trovo dritta e composta come sempre, lo sguardo fra la folla che scorre nei corridoi e le mani strette con grazia sulla cartelletta di scuola.
Una volta che ci si abitua a quell’aria tetra che le aleggia attorno come uno spettro, quando si è in grado di andare oltre la semplice scorza esterna, Hortense appare timida e graziosa come un’adolescente in boccio. Guardandola più attentamente, i suoi occhi grigi hanno un’espressione calda e sfuggevole che le addolcisce i toni del viso, così come la linea morbida del naso, rivolta verso l’alto, e le piccole mani bianche.  
La ragazza si volta e incrocia il mio sguardo. Mi sorride con aria amichevole e agita una mano in saluto.
-Ciao- saluto,sollevata di avere una pausa fra le interminabili ore di scuola. Dopo la frana di avvenimenti che mi è crollata addosso, recuperare non è stato facile. Non quando i professori non fanno altro che ricordarmi costantemente l’andatura disastrosa dei miei ultimi test.
Entriamo in mensa e noto con la coda dell’occhio che Hortense si guarda attorno con insistenza, nonostante tenti di darsi un contegno naturale.
-Cerchi Derek?- chiedo spigliata, cercando una zazzera bionda nella folla.
Ma alla domanda lei sussulta con un sorrisetto forzato e scuote la testa –Ci sediamo?-
Perplessa, la seguo al tavolo, dove hanno già preso posto Endymion, Marine e Bruno.
Poco dopo si unisce a noi anche Daisy, che ovviamente sfoggia una pettinatura complicata e del tutto innovativa mentre mi si siede accanto strizzandomi l’occhio.
Derek ci raggiunge quando ormai il mio piatto è vuoto; si lascia letteralmente cadere sulla sedia di fianco a Hortense con uno sbadiglio che potrebbe slogargli la mascella.
Elijah non è venuto.
Spero che non c’entri nulla ciò che è successo in biblioteca. Anche perché, francamente, non ho idea di cosa sia successo. So solo che un momento prima lui era lì che si offriva di aiutarmi in matematica, e il momento dopo era sparito, lasciando come testimonianza i segni delle proprie unghie sul legno del tavolo.
Non credo che sia un segno positivo.
Forse dovrei chiarire la faccenda.
Ma mi sorprendo a sapere, nel fondo più remoto della mia mente, che il portamento di Elijah mi intimidisse al punto di impedirmi di confrontarmi con lui senza che parte della mia lucidità decida di lasciarmi a piedi.
-Kyla?-
Sobbalzo sulla sedia, mentre torno alla realtà.
-Eh?-
-sai bene?- Daisy inclina il capo e mi guarda con aria indagatrice.
-Sto bene- rispondo in automatico.
 -Come mai Elijah non è venuto?- chiede Hortense, giocherellando distrattamente con un acino d’uva.
Tengo lo sguardo basso ma rizzo le orecchie con attenzione.
È Derek a rispondere:
-Dice di non aver fame- risponde con una scrollata di spalle –Si è chiuso nei dormitori ad ammuffire fra i libri-
il tono del ragazzo è leggero, quasi  critico.
-Dovresti cominciare anche tu a spolverare qualche libro, Derek- interviene Bruno con disinvoltura –Se non sbaglio è il tuo nome che sta affondando nella classifica generale-
Derek arriccia le labbra con fare piccato e in tutta risposta gli rivolge una smorfia infantile.
La campanella suona con un acuto stridulo che ci getta nella pigra consapevolezza di dover affrontare altre tre lunghe ore di scuola.
 
Caccio un mezzo sospiro mentre percorro il corridoio a ritroso verso i dormitori. Sono già tre giorni che Elijah salta i pasti alla mensa, in biblioteca si vede di rado, e quando succede scompare dopo pochi minuti. Sto davvero cominciando a preoccuparmi; non vorrei essere responsabile del suo comportamento schivo, ma contemporaneamente non capisco cosa potrei avergli fatto.
Di sottecchi getto un rapido sguardo a Hortense, che zampetta al mio fianco in silenzio. Forse dovrei chiedere a lei. Forse c’è ancora qualcosa che stanno nascondendo, sinceramente non me ne sorprenderei affatto: se c’è una cosa che ho appurato in loro compagnia, è che la diffidenza sta alla base della loro vita.
-senti- esordisco, ostentando naturalezza. –Che fine ha fatto Elijah?-
Hortense sembra irrigidirsi lievemente, ma nasconde la reazione sotto un sorriso spigliato –non sta molto bene, ultimamente-
-Capisco- rispondo, un po’ delusa. So bene che sta mentendo, ma so anche che non lo farebbe se non per una buona ragione.
Per un istante, l’unico suono che riempiei corridoi sono i nostri passi periodici e regolari, ma il silenzio che c’è fra noi non è più il silenzio mite di qualche secondo fa: ora una sfumatura tesa impaccia sia me che Hortense.
-D’accordo- interviene d’un tratto lei, piantandomi nel volto uno sguardo serio –Non ti ho mentito. Elijah sta male davvero-
Mi fermo e la guardo seria, aspettando che vada avanti.
-Lui ha … - Hortense scosta lo sguardo. Sembra che si senta terribilmente in imbarazzo a parlarne con me e, per un istante, me ne sento in colpa.
-Elijah ha dei problemi di autocontrollo- continua lei –sai riguardo cosa-
Mi si gela il sangue nelle vene –Mi stai dicendo che ...-
-Ha sete, Kyla- completa lei, diretta –per questo motivo si tiene alla larga dagli umani. Non vuole fare del male a nessuno, almeno finché non sarà finito-
-Finito?- corrugo la fronte –finito cosa?-
Hortense rimane in silenzio per qualche minuto. Sta soppesando la situazione, per decidere se farmi scivolare ancora più in profondità nella loro vita o meno.
-Elijah ti ha parlato del Sigillo, vero?- prosegue poi, a voce bassa.
Io annuisco, ricordando vagamente il marchio nero sul petto del Vorace. Mi aveva spiegato che serviva a quelli come lui per poter digerire il cibo umano, senza costringerli a spargere sangue.
-Be’, probabilmente il motivo per cui Elijah sta male è che l’effetto del Sigillo sta svanendo. Senza la limitazione imposta dal Sigillo gli impulsi animali si fanno più vivi e il sangue diventa l’unica alimentazione digeribile dal nostro organismo.
Imporre il Sigillo è una pratica lunga e non poco dolorosa, senza contare che va fatta periodicamente: ai normali Vampiri basta praticarla una volta ogni cinque mesi, se non di più. Ai Voraci non è permesso andare oltre il terzo mese, e questo solo per chi già di natura possiede un controllo d’acciaio.
Elijah sta rinnovando il Sigillo, entro qualche giorno si sentirà meglio e sarà in grado di tornare tra gli umani-
In un istante mi rendo conto di quanto sia realmente difficile la vita di un Vorace. Sopprimere gli impulsi del corpo costantemente, sottoporsi a pratiche regolarmente, e nel frattempo mantenere un aspetto naturale e nascondere il terribile segreto dietro un sorriso.
-Mi dispiace- farfuglio, imbarazzata –non dev’essere facile-
Lei mi trae d’impaccio con un sorriso –in realtà sarebbe più difficile una vita senza il Sigillo. Pensaci bene, ci permette molti lussi che non potremmo ottenere senza-
-Tipo una vita sociale?- butto lì, giusto per alleggerire un po’ l’atmosfera.
Lei ride –Esatto. Io e te non saremmo amiche, per esempio-
Le sorrido.
Siamo amiche, dopotutto.
-Quindi il Sigillo vi permette il lusso della scuola-
Annuisce.
-Vi permette di entrare nella normale società-
-Già-
-Di stringere amicizie-
-Si-
-E magari di trovare un ragazzo-
ironia. Giusto per ridere un po’, ma come al solito sembra che io non ci sappia fare in queste cose.
Hortense si incupisce un poco e inclina il capo di lato –A dire il vero, si dovrebbe aprire una piccola parentesi riguardo questo aspetto-
Sbatto le palpebre un paio di volte –Cioè?-
-Be’ … il desiderio per un Vorace è qualcosa di sottile e in continuo mutamento. I confini che distinguono il desiderio d’amore e il desiderio di sangue sono appena riconoscibili, solo una mente fredda e calcolatrice sarebbe in grado di avvertire il passo che va oltre, ma anche in quel caso non è detto che si riesca a tornare indietro: spesso le lusinghe del sangue sanno sedurre anche il più tenace Vorace.-
Mi fermo nel bel mezzo del corridoio, un brivido ghiacciato a scalarmi le vertebre. Fra i complicati aspetti della vita di un Vorace, di certo non mi sarei mai aspettata di trovare questo.
-Più un Vorace è attratto da un umano, più è attratto anche dal suo sangue- conclude Hortense, fredda.
Abbasso lo sguardo. Una fitta mi sorprende sul fondo dello stomaco. Mi sento stranamente infastidita, quasi in disapprovazione, e non capisco perché. In fondo Umani e Voraci sono due razze diverse, è normale che su questo aspetto rimangano separati; eppure non riesco ad ingoiare quel retrogusto amaro che ho sul fondo della gola.
-Dev’essere orribile amare una persona e nel frattempo desiderare di ucciderla. Non vorrei mai trovarmi in una situazione del genere-
La voce di Hortese svanisce nei corridoi, mentre un velo ghiacciato mi cresce nel petto.
 
Elijah caccia un sospiro fra i denti, alzando lo sguardo al soffitto bianco della sala. Le luci sono spente, la stanza è vuota e silenziosa, come piace a lui. Eppure non riesce a trovare la pace che cerca, non riesce a mettere a tacere quel vortice di pensieri striduli che gli affollano la mente.
Ha mentito.
A Hortense, a Derek, a tutti.
Ha giustificato il suo smarrimento con la scusa del Sigillo, ha detto loro di aver bisogno di tempo per tracciare nuovamente la pratica.
Non è vero.
Ha compiuto il rito non più di un mese fa, il Sigillo è fresco e pulsante, svolge il suo effetto alla perfezione.
Eppure Elijah ha sete.
Una tremenda e animale sete che lo ha gettato al margine della follia.
Non sa come sia riuscito ad evitarlo, non sa dove abbia trovato la forza per allontanarsi dal collo tiepido di Kyla, sa solo che per un istante ha desiderato ucciderla più di ogni altra cosa al mondo, e questo lo disgusta.
Si, prova disgusto per se stesso;  soprattutto perché anche ora, a distanza di tre giorni e chiuso in una stanza lontana,il solo pensiero di avvicinarsi a quella ragazzina gracile gli sguinzaglia in corpo un’adrenalina inappagabile. 
Stringe i denti: una goccia di sudore gli percorre l’incavo del viso e, ancora, la sua metà animale ringhia e scalpita, trattenuta da catene sfinite.
Così non va.
In questo stato non può guidare i suoi compagni, né può avere la sfacciataggine di considerarsi ancora loro protettore.
Elijah è debole, l’abisso del sangue lo richiama con un urlo che ha del disumano, e per quanto lui si sforzi di ignorarlo,  sa che nel suo petto cresce una ferocia incontrollabile.
Un bussare cupo lo distoglie dai suoi pensieri.
Endymion entra nella stanza stagliato su una lama di luce, sul volto un espressione grave.
Con un unico gesto brusco, quasi sprezzante, getta all’interno della sala una seconda sagoma, debole e caracollante, mentre il silenzio si spezza di rantoli e sibili affannosi.
Elijah contrae la mandibola. Un fondo di rabbia lo avvelena, ma lui la tiene a bada e si sforza di mantenere la calma razionale che lo distingue.
-Ottimo lavoro- si limita a dire con voce tagliente, liquidando il compagno con un autoritario gesto della mano.
Endymion esce senza fiatare e in pochi seconda la stanza affonda nuovamente nel buio.
Elijah si alza lentamente, tiene gli occhi fissi sulla sagoma scomposta, si impone la fredda razionalità, il distacco di una mente calcolatrice, ma non può fare a meno di avvertire una venatura violenta scuotergli gli abissi dell’anima.
È un ragazzo. Deve avere la sua età, forse qualche anno in più, ma è giovane. Ha un viso scavato e occhi vitrei puntati nel vuoto.
-Chi sei?- comincia Elijah.
La sua voce è fredda e affilata come una lastra di ghiaccio.
Silenzio.
-Chi ti manda?-
Ancora silenzio.
Il silenzio ostinato della fedeltà ad un ordine. Qualcuno gli aveva cucito la bocca e lui non aveva intenzione di sottrarsi a quel vincolo.
Elijah si inginocchia di fronte al ragazzo e lo costringe rudemente a guardarlo in volto: ha occhi accesi d’odio e la bocca affogata in una piega di disprezzo.
Un mezzo sorriso amaro affiora sulle labbra di Elijah.
Disprezzo.
Quella feccia lo disprezza. Quel Vorace vestito del sangue di più morti e imbrattato nell’anima della colpa più imperdonabile lo disprezza.
-Il tuo silenzio è un atto di inutile eroismo- gli sussurra ad un nulla dal viso iracondo –parla- ordina poi, imperioso.
Per un istante, la sua autorità sembra insinuarsi nelle prime crepe della corazza nemica, ma subito il ragazzo si riprende con un ringhio e gli sputa in faccia.
-Non sei degno di alcuna parola, Traditore- sibila, contenendo a stento la rabbia.
Elijah non fa una piega, non si scompone –è piuttosto infido affidarsi ad un espediente indiretto per colpirmi alla spalle- alza il mento con disprezzo – ma in fondo non c’era da aspettarsi altro da voi, subdoli foste in passato e subdoli rimanete- 
Il Vorace scoppia a ridere, la risata folle e feroce di chi ha venduto la propria umanità al sangue.
-Eppure ero ad un passo dal successo, Traditore. Se solo l’Umana non avesse avuto con sé il pugnale, ora saresti morto-
Una fitta d’ira morde Elijah, ma lui ostenta impassibilità –Piuttosto limitativo basarsi su ipotesi. Hai fallito e ora i ruoli si invertono-
Il Vorace ruota gli occhi verso il soffitto –è stato difficile, sai? Chissà se mi sarei fermato, se lei non mi avesse pugnalato. Il suo profumo era irresistibile e il suo sangue … - un sorriso sghembo gli taglia in due il volto, trasfigurato dal desiderio selvaggio.
Prima ancora che possa rendersene conto, Elijah lo afferra con violenza per il bavero, portandoselo ad un soffio dal viso –Non ti avvicinerai ancora a lei- gli sussurra, la voce bassa come il monito di un predatore.
Ma lui torna a guardarlo negli occhi e in viso gli si dipinge un’espressione divertita, quasi incredula –Ma guarda, allora anche tu perdi il controllo-
Scoppia a ridere, un ghigno sguaiato e dissennato che rimbomba nella stanza buia, mentre Elijah solleva gli occhi sull’unico specchio appeso alla parete della stanza.
Nel buio denso e filamentoso, i suoi occhi spiccano rossi e feroci come il sangue fresco.
Gli occhi della bestia che c’è in ogni Vorace.
-Fammi indovinare- continua il Vorace con voce leggera, quasi divertita, priva di ogni senno –La ragazzina ti piace-
Elijah contrae la mandibola. Avverte un terribile gelo sprofondargli nelle viscere e quella terribile consapevolezza da sottile farsi pesante come un macigno. Una lieve nausea lo coglie alla gola e avverte il primo vero accenno della paura.
Paura fresca e pura, paura di ciò che potrebbe diventare e di ciò che le sue mani potrebbero compiere.
Il ghigno del Vorace si allarga ancora, una crepa disgustosa su un volto che ormai non ha più nulla di umano –Te ne stai innamorando! E ora temi di poterla … -
Elijah agisce in un lampo.
Sa che se quella frase verrà terminata, la verità gli crollerà addosso con il peso di una frana e improvvisamente prenderà consistenza.
Invece la voce del Vorace si spenge in un gorgoglio, il silenzio lento e freddo che non verrà mai più spezzato.
Elijah si alza con calma, in un unico gesto teatrale si pulisce del liquido nero che gli cola lungo le dita.
Endymion fa irruzione nella stanza con aria allarmata, probabilmente attirato dal trambusto.
La situazione è chiara e impattante, nessuna domanda, nessun dubbio.
-Dì agli altri di tenersi pronti- dice Elijah con voce affilata –la guerra è cominciata- 
  
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