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Autore: Serpentina    01/12/2014    6 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Bentrovate, fanciulle! Non mi dilungo perché credo vogliate leggere di F&F, non le mie menate. Lasciatemi solo ringraziare Bijouttina, Calliope Austen, DarkViolet92 ed elev, che hanno recensito il capitolo precedente, e Gennyyy, gioser e so91bi, che hanno inserito la storia nelle seguite/preferite, e chiarire che la frase di Rafa (“Le ossa si danno ai cani”), per quanto, forse, politically incorrect, non voleva essere offensiva nei confronti delle magre; è semplicemente un'opinione: c'è chi apprezza le donne in carne (troppo pochi, ahimè) e chi no, punto.

Enjoy!

Missione possibile

Non v'è rosa senza spine... ma vi sono parecchie spine senza rose.

Arthur Schopenhauer

E' normale, quando si ha la mente intasata da troppi pensieri, cercare di svuotarla gettandosi a capofitto in un'attività, possibilmente noiosa e ripetitiva come il proprio lavoro. Infatti Faith, in barba alla spossatezza e all'emicrania - il modo scelto dal suo organismo per intimarle di fermarsi - aveva accompagnato Noyce nel sopralluogo. Niente di nuovo sotto il sole: aveva sgobbato col fiato del capo sul collo, Serle aveva ingiuriato Franz e l'aveva pregata di stare attenta a Marcus, perché degli ex non c'era da fidarsi, e Sherman era stato gradevole come al solito; senza perdere tempo aveva schioccato la lingua al palato e sibilato un commento sprezzante sul fatto che, nonostante la gravidanza, si ostinasse a indossare il trench in pelle, neanche fosse l'ultimo rimasto sulla Terra.

Avergli risposto per le rime le aveva illuminato la giornata, così, quando aveva finalmente posato l'ombrello nel portaombrelli, l'aveva fatto col morale alle stelle. Non aveva cenato, tanta la stanchezza, preferendo stendersi sul divano con una tazza di cioccolata fumante e un buon libro a tenerle compagnia. Contravvenire una volta alla rigida dieta impostale dalla dietologa in combutta con quella dittatrice della Meigs non l'avrebbe ammazzata!

Si accorse di essersi appisolata solo quando trillò il campanello. Si alzò di scatto, un po' stordita, e si guardò intorno, dopodiché si precipitò allo specchio nell'ingresso per valutare i danni: notò con sconcerto di avere il segno del cuscino impresso su una guancia, gli occhi arrossati e il viso rigato di lacrime. Dopo aver urlato che si stava rendendo presentabile, borbottò a mezza voce un torrente di imprecazioni: gli ormoni in esubero l'avevano trasformata in una fontana vivente, ma quella era la prima volta che piangeva nel sonno.

“Tutta colpa di Franz, è sempre colpa di Franz”, pensò, prima di aprire esibendo un sorriso tirato.

–Ciao, Faith!- squittì una Maggie Bell decisamente su di giri. –Oh, stavi dormendo?

–Ma no, che dici!- rispose, sebbene conscia della palese menzogna. –Ah, che bifolca sono! Vieni, accomodati. Posso offrirti qualcosa?

Maggie negò recisamente, si diresse velocemente nel salottino, si sedette, si alzò in piedi, fece il giro del divano, si sedette nuovamente, infine esclamò, giubilante –Ci sposiamo! Io e Ian ci sposiamo!

“Hai capito il buon vecchio Sam? Ha tirato fuori le palline! Chissà come si usa vestirsi ai matrimoni hobbit...”

Sforzandosi di non riderle in faccia, la Irving si congratulò per la lieta notizia: dopotutto era merito suo se la dolce Maggie e l'irlandese Ian (soprannominato Sam per via dell'impressionante somiglianza con Sean Astin) erano finiti insieme, meritava di assistere al coronamento del loro amore; quell'invito non era un onore, bensì un atto dovuto. La moderna fata madrina dimenticava che, in realtà, i due piccioncini si erano innamorati nonostante il suo intervento, non grazie ad esso.

–Oh, Meg, è magnifico!- tuonò. –Avete già scelto una data?

–Non ancora. Io opterei per un classico matrimonio inglese a giugno, Ian preferirebbe settembre-ottobre e che la cerimonia si svolgesse nella sua città natale, in Irlanda.

–Sarà dura scegliere, sono entrambi periodi splendidi: clima mite, ma senza afa, ampie possibilità in materia di colori, fiori, decorazioni, abiti... quanto al dove, credo sia più pratico prendere una decisione dopo aver stilato la lista degli invitati: se saranno più numerosi gli irlandesi, vi converrà sposarvi nell'isola di smeraldo. Ah, adoro i matrimoni- “Nella Terra di Mezzo” –D'inizio estate e inizio autunno, sono i migliori!

–Pensi che per allora sarà nato il piccolo?- le chiese Maggie al termine di una lunga pausa.

Se glielo avesse domandato un'altra si sarebbe infastidita, ritenendolo un malcelato tentativo di carpire pettegolezzi, ma se esisteva al mondo una persona veramente buona e gentile, quella era Maggie Bell, perciò rispose senza tracce di stizza nella voce –Vanessa, la dottoressa Meigs, ha stabilito che dovrei partorire all'incirca a metà aprile, quindi sì, sarà nato... però dubito di portarmelo dietro, sarebbe troppo piccolo per affrontare la confusione di un matrimonio.

–Oh. Capisco- pigolò Maggie. –Dovrò contare due persone sole.

–Due?- esalò Faith. –Meg, ho appena detto....

–Ho sentito- sbuffò la Bell. –Spero, però, che ti presenterai comunque... accompagnata.

–Grandioso: eccone un'altra pronta a mettermi in guardia dai ritorni di fiamma!- sbottò la Irving, incenerendola con lo sguardo. –Capisco che ormai vi siate abituate a Franz, mi fa piacere che sia diventato uno dei nostri, ma non potete costringere lui ad accettare un ruolo per il quale non è pronto e me a rinunciare a quel poco di sostegno che mi dà Marcus!

L'altra ascoltò lo sfogo senza battere ciglio, poi replicò, con la massima tranquillità –Al contrario: approviamo - sì, insomma... io, Erin, Diane, Evangeline, Jeff, Josh e Rajiv - incondizionatamente la tua scelta, volevamo lo sapessi. Franz diventerà padre, ma non sarà mai un padre, non fa per lui; Marcus è molto più adatto. Sono sempre stata convinta che le cose tra voi sarebbero andate diversamente, se lo avessi incontrato prima di Weil, perciò... avanti tutta!

–S-Stai s-scherzando? Sono giorni che...

–Quando cercavamo di spingerti verso Franz non sapevamo ancora che si è rimesso sul mercato!- uggiolò Maggie, per poi tapparsi la bocca con le mani e aggiungere, costernata –Oh, accidenti, avrei dovuto dirtelo più delicatamente!

Faith, sconvolta, rispose, sforzandosi di mantenere un contegno distaccato –Non sopporto di ricevere la pillola indorata, ma questa, più che una pillola, è una supposta! Un po' di lubrificante non avrebbe fatto male.

–Scusa, scusa, scusa! Sono un disastro con le parole. Maledetti siano Jeff e le sue idee cretine! Perché non è venuto lui a portarti la cattiva notizia?

–Jeff ha il vizio di lasciare agli altri il lavoro sporco. E così...

–L'ha visto - cioè, lui e Demon l'hanno visto, mentre erano a spasso con Nate - insieme a una... svariate donne, in verità- pigolò Maggie. –Oh, Faith, mi dispiace tantissimo, eravate una coppia stupenda!

–Adesso siamo una coppia scoppiata- asserì, atona. –E' ufficiale: la mia nuova missione sarà essere felice con qualcuno che non sia lui.

–Non preoccuparti, hai un ottimo “supporto”, renderà la missione non soltanto possibile, addirittura facile!

La Irving scrollò le spalle, cambiò argomento, infine, non appena Maggie se ne fu andata, , finì la cioccolata (ormai fredda) e andò a coricarsi. Come eroina romantica sarebbe stata bocciata senza appello: lungi dal farsi privare del giusto sonno dalla ferale novità, cadde tra le braccia di Morfeo nel momento esatto in cui poggiò la testa sul cuscino.

***

Diverse ore più tardi, Franz ebbe il problema opposto: non riusciva a scivolare in un sonno ristoratore. Si rigirava in continuazione, contando invano pecore e altre amenità nella speranza di potersi riposare, dopo una giornata stressante. Seccato, aprì gli occhi e guardò la sveglia: segnava le tre e un quarto.

“Cosa faccio: rimango qui, tentando di addormentarmi, oppure mi alzo e tanti saluti?”

Scelse la seconda opzione: si alzò e si diresse in cucina, convinto che una buona tazza di latte caldo gli avrebbe giovato. Con sua grande sorpresa, uno degli sgabelli davanti alla penisola era già occupato.

–Brian?

–Anche tu insonne, eh? Vieni, siediti. Gradisci del tè? Latte? Oppure qualcosa di più forte?

–Del tè andrà benissimo, grazie- rispose Franz, sentendosi in colpa per aver interrotto uno dei rari momenti di solitudine di Brian, il quale, forse intuendo cosa l'altro stesse pensando, si affrettò a rassicurarlo.

–Mi dispiace per il sonno perduto, ma sono contento di avere compagnia. Dai, racconta: cosa ti tiene in piedi a quest'ora? Sogni anche tu che qualche corpo celeste vagante si abbatta sulla Terra?

–Santo cielo, no! Ho passato quella fase da più di vent'anni!- sbottò Weil, domandandosi se non fosse impazzito.

–Buon per te. Allora di cosa si tratta?

Punto sul vivo, Franz sbottò –Ehi, ehi, ehi! Chi ti ha eletto Inquisitore Capo? Perché non canti prima tu?

–Non vale, te l'ho chiesto io per primo- replicò Brian, ma poi si arrese. –Uff! Ok, visto che ci tieni... Crystal sta facendo pressioni per conoscere AJ. Fosse per me non potrebbe avvicinarsi a lui nemmeno coperta da una tuta antiradiazioni, ma ha minacciato di chiedere la custodia, se non dovessi acconsentire.

–Bella stronza!- commentò Franz, sconvolto all'idea che una donna fosse capace di tanto cinismo nei confronti del proprio figlio. Immediatamente i suoi pensieri andarono a un'altra donna, che sicuramente si sarebbe comportata molto meglio come madre. Si chiese se stesse dormendo, se stesse pensando a lui...

–Puoi dirlo forte!- ridacchiò Brian, quindi “vivacizzò” i loro tè con un goccio di Cointreau. –Quello che mi preme non è il desiderio di liberarmi di lei, o la prospettiva di una battaglia legale, è il benessere di mio figlio: non voglio che si senta minacciato, poco amato, rifiutato, e se Crystal entrasse a far parte della sua vita sono certo che lo deluderebbe; mira alla pecunia, una volta ottenuta si volatilizzerà di nuovo... fino al prossimo rifornimento. Posso pagarla lasciando intatta l'eredità di AJ, non è questo il problema, preferirei però farlo senza che turbi la sua serenità.

–Un bel casino- esalò Franz, prima di inalare i vapori emanati dalla bevanda calda e berne un sorso. –Ti toccherà assecondarla.

–Purtroppo sì. Spero soltanto che AJ non si faccia strane domande.

–Te le fai tu, secondo te non se le è già poste lui?- osservò Weil. –Per esperienza posso dirti che un figlio avverte che qualcosa non va e si fa delle domande, anche se non le esprime. Credi che non mi sia mai chiesto perché i miei hanno divorziato? Sì, ok, litigavano spesso, non si amavano più, ma questo è il casus belli. Qual è la causa prima? Perché hanno smesso di amarsi?

–Credo non lo sappiano neppure loro- asserì Brian, stringendogli una spalla. –Altrimenti avrebbero cercato di rimediare.

–Può darsi. Il nocciolo del discorso è un altro: Aidan va all'asilo e - purtroppo per te - ha cervello, si è reso conto che gli altri bambini hanno una mamma che li va a prendere, o comunque li aspetta a casa, lui no; ora, a meno che non gli abbia rifilato la bugia che sua madre è morta - cosa che spero vivamente tu non abbia fatto - si sarà domandato dov'è, perché l'ha abbandonato, se gli voleva bene... se se n'è andata per colpa sua...

–In pratica, mi stai consigliando di... dirgli tutto- sospirò Brian, spaventato dalle conseguenze di un atto simile: suo figlio, il suo piccolo AJ, l'avrebbe guardato con gli stessi occhi, una volta appresi i retroscena della sua nascita?

–Di dirgli la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità- precisò l'altro. –Se lo farai, continuerai ad essere il suo super papà. In caso contrario... preparati a uno scontro epico con tanto di colonna sonora figa, spade laser e mascherone nero di dubbio gusto- digrignò i denti. –Quanto vorrei trovarmi faccia a faccia con i costumisti di 'Star Wars' e dare loro qualche lezione di moda!

Brian rise di cuore, felice come non mai di aver dato asilo a Franz (sebbene non condividesse la sua opinione: a lui i costumi della saga piacevano).

–Va bene, va bene... adesso, però, è il tuo turno: la ragione della tua insonnia si chiama Faith Irving? Hai deciso di tornare da lei?

Franz sospirò teatralmente e disse –Ti sembrerà paradossale, ma l'ho capito grazie agli appuntamenti al buio organizzati da mio fratello. So che verserai calde lacrime perché lascerò un vuoto incolmabile...

–Effettivamente il tuo ego è parecchio ingombrante- scherzò Brian.

–Bell'ingrato! Sarebbe questo il ringraziamento per aver accompagnato tuo figlio a scuola in moto, rendendolo popolarissimo?

–Oh, sì, giusto. Grazie mille: AJ è entusiasta, ancora ne parla!- esclamò Brian con sincera gratitudine. –Adesso, però, torniamo all'argomento scottante: che hai intenzione di fare?

–I piani semplici sono i migliori: andrò da Faith - magari a un'ora improbabile, in modo da sfruttare l'effetto sorpresa - e la convincerò a mandare quel gonfia-tette della malora dove merita! Oh, e a ridarmi il mio posto accanto a lei, ovvio.

–Sì, come no! Così rimedierai solamente legnate! Visto il modo in cui l'hai lasciata, non puoi presentarti da lei con un misero mazzolino di fiori raccattato all'autogrill e scuse trite e ritrite!

–Faith detesta i fiori recisi, me li tirerebbe dietro dandomi del fioricida. Per il resto... mi costa ammetterlo, ma hai ragione. Ho perso la sua fiducia, non posso pretendere che rimetta in naftalina il gonfia-tette se non ho di meglio da offrire. Il problema è che non so se ho davvero di meglio da offrire: sono il cordardo che l'ha mollata incinta perché non vuole fare il padre... non è granché, come offerta.

Brian arricciò le labbra e alzò le sopracciglia in un'espressione saputa.

–Noto con piacere che, almeno stavolta, siamo sulla stessa lunghezza d'onda. E' vero, ti sei comportato da perfetto imbecille, ma - e se osi riferirlo a qualcuno negherò di averlo detto - sebbene non mi stia tanto simpatico, sei... decisamente meno peggio di un “Marcus” qualunque. Tengo a Faith, se sei tu a renderla felice, pazienza: devi stare con lei, non con me. Sei fortunato: conosco bene la mia “polla”, grazie a me la riconquista della Irving si è trasformata in una missione possibile.

–Allora è vero che hai fretta di buttarmi fuori da casa tua!- scherzò Franz. –Nessun problema. Levo volentieri le tende... senza offesa: il mio letto è più comodo! Hai qualche idea?

***

–Hai qualche idea?- chiese Abigail all'amica Bridget, mentre spingeva la carrozzina biposto lungo Oxford Street.

–Per la festa di Faith? Onestamente... no- ammise senza imbarazzo. –Sono stata piuttosto impegnata in questo periodo: sto uscendo con lo zio di un toyboy che avevo rimorchiato in un locale. Il ragazzetto, ahilui, è scialbo, ha come unica dote la giovinezza; il caro zio...

–E' ricco, celibe e affascinante?- sibilò Abigail, che disapprovava lo stile di vita dell'amica, e vedeva in ogni uomo un'occasione per accasarla.

–Celiberrimo e abbastanza ricco- sospirò la pluridivorziata. –Sul fascino stenderei un velo pietoso. Per i miei standard è la personificazione della noia, ma sai com'è, a una certa età le priorità cominciano a cambiare: meglio un uomo che si alza dal letto sempre con lo stesso piede di uno imprevedibile che una mattina si alza e se la dà a gambe, lasciandoti l'onere di pagare i suoi debiti di gioco...

–O di un bigamo impenitente oppure, peggio ancora, di uno che ti usa come facciata per nascondere le sue, ehm, “preferenze”- concluse Abigail, completando il triste quadro degli ex mariti di Bridget. Non la sorprendeva che la più scatenata della sua cerchia di amicizie stesse iniziando ad apprezzare la tranquillità di un rapporto poco movimentato.

–Esatto. Speriamo che la quarta volta sia quella buona- cinguettò l'altra, fermandosi davanti a una vetrina addobbata con esposti alcuni abiti favolosi. Se Abigail non l'avesse trascinata via, probabilmente Bridget avrebbe razziato il negozio. –Tu, invece? Idee?

–Ahimè, no. Ho avuto anch'io da fare: aiutare Kaori ad allenarsi per il suo numero e pensare a una ricetta d'effetto per l'asta di beneficenza della scuola. Dopo lo spettacolo degli alunni si terrà un'asta di dolci, i cui proventi andranno a un'associazione benefica scelta dal comitato genitori.

–Del quale fai parte, se non sbaglio.

–Non sbagli. Per questo motivo il mio dev'essere il migliore. Non posso sfigurare con Melanie!

L'altra scoppiò a ridere senza ritegno, attirando su di sè diversi sguardi allibiti.

–Tu... battere i dolci di Melanie? Impossibile! Melly è una pasticciera! E' come se andassi da un pittore e gli dicessi: “Tu sei un professionista, io non ho mai preso in mano un pennello in vita mia, ma ti dimostrerò che sono più brava di te”. Abbassa la cresta, tesoro, se non vuoi rimediare figuracce.

–Mai!- tuonò Abigail, agitando un pugno. –La tua scarsa fiducia in me non fa che aumentare la mia determinazione. Preparerò qualcosa di spettacolare!

–Se lo dici tu... perché intanto non pensiamo a qualcosa di spettacolare per Faith?

–Una festa a tema. Decisamente- asserì Mrs. Cartridge annuendo vigorosamente. –Non resta che sceglierlo.

In quel preciso istante, Bridget fece qualcosa di parzialmente inaspettato: si bloccò davanti a una vetrina... di libri. Estatica, afferrò l'amica per un braccio e, indicandone uno, trillò –Eureka, Ab! Ho avuto un'ideona! E so pure chi può aiutarci a realizzarla!

Abigail deglutì a vuoto, terrorizzata: conosceva fin troppo bene le “idee geniali” di Bridget McDuff (ex Mrs. Parker, Da Silva, Rodriguez).

***

Rose, con in testa il cappello delle grandi occasioni, ricambiò la visita di Gertrud... certamente non per cortesia! Avanzò con passo deciso lungo il vialetto d'ingresso, gettando occhiate inquisitrici al giardino - decretò che l'inverno non gli rendeva giustizia, pertanto avrebbe rimandato il giudizio definitivo all'estate - salì tre gradini e, nervosa ma determinata, bussò alla porta, favorevolmente impressionata dalla presenza di un battente tradizionale al posto del campanello.

Aprì Martin, che la ricordava vagamente come la suocera del suo figliastro minore.

–Buongiorno! Qual buon vento?

–Vento di tempesta- rispose lei, dura. –Gertrud è in casa?

Dato che, a giudicare dal tono, quella donna non ammetteva giri di parole e convenevoli, Martin si limitò a rispondere –E' in soffitta- prima di scostarsi per lasciarla passare.

Mrs. Philips, ignara dell'uragano in arrivo, stava rovistando negli scatoloni degli addobbi di Natale, canticchiando 'The holly and the Ivy'. Persa nei ricordi, si accorse della presenza di Rose solamente quando questa si schiarì la voce, richiamando la sua attenzione.

–Che bella sorpresa!- trillò, salutandola con la mano. –Stavo giusto per chiamarti: vorrei fare a Faith un regalo utile anche al bambino, ma ho bisogno di sapere se prenderai qualcosa del genere anche tu, in modo da non presentarmi con un doppione.

–Onestamente brancolo nel buio- rispose Mrs. Irving. –Se conoscessimo il sesso sarebbe più semplice, ma è troppo presto e mia figlia insiste nel volersi riservare la sorpresa per quando nascerà. Cocciuta e capricciosa! Ha preso da mio marito. Ma non sono qui per discutere del nipotino in divenire, bensì di suo padre.

–Franz?- esalò Gertrud, per poi illuminarsi, convinta che la sua “consuocera” recasse buone notizie. –Sono tornati insieme? Sia ringraziato il cielo! Cominciavo a temere che lo strampalato piano di Alex...

–Che cosa?- tuonò Rose. –Lo sapevi? Sapevi che se la fa con altre donne?

–Beh... sì- confessò l'altra a capo chino. –Aspetta un momento: tu come lo sai?

–Ero a cena con mio marito e alcuni nostri ex colleghi, quando chi sbuca? Tuo figlio, in compagnia di una... inqualificabile forma umana. Fortuna che ci trovavamo in un luogo pubblico, altrimenti mio marito avrebbe dato di matto, e forse questa conversazione sarebbe avvenuta in obitorio e con toni più bellicosi.

Gertrud avvampò: nè lei, nè Alexander avevano contemplato l'eventualità che Franz potesse imbattersi in qualche parente, amico o conoscente. Scheiße! Rose era un fiammifero, si accendeva facilmente e si spegneva con altrettanta facilità; suo marito, invece, era coriaceo, testardo come la figlia: se Franz aveva perso la sua stima, avrebbe faticato a riconquistarla. Doveva chiarire la situazione: il suo geliebte kind aveva tanti difetti, ma era ad alta fedeltà.

–Oh, ehm... è meglio se ci sediamo, è una faccenda complessa.

–Complicata, direi- ribatté Rose, che non si mosse di un millimetro. –Prova comunque a riassumerla.

–Ehm... come spiegarlo? Hai presente il principio: “se voglio essere davvero sicuro che qualcosa mi piaccia, devo provarne altre”? Ecco! Credevamo - io e Alexander - che Franz, provando altro, avrebbe capito che è Faith la donna della sua vita.

–E' la follia più assurda che abbia mai sentito- sputò Rose. –Oltretutto non sta funzionando, o sbaglio?

–Lì per lì era sembrata una buona idea... peccato non abbia dato i frutti sperati- chiocciò Gertrud: inizialmente non aveva nascosto il proprio scetticismo, poi, però, negli anni, aveva capito che quei due erano davvero fatti l'uno per l'altra. Avrebbero potuto avere decine, centinaia di altri partner, nessuno avrebbe retto il confronto.

–Allora serve un nuovo piano- propose l'altra, quasi leggendola nel pensiero. –I nostri figli devono stare insieme, punto. Lo sanno anche loro, solo che l'orgoglio li frena. Prendi Faith: se ascoltasse il suo cuore sarebbe già corsa da lui, ma la sua zucca di marmo non le farà mai fare il primo passo.

–Faith... correre da lui? Dopo quello che ha combinato? Oltre il danno, la beffa! Nein! E' quella testa di granito di mein kind che ha rovinato tutto e rischia di precipitare ulteriormente le cose per una questione di principio, tocca a lui rimediare!- sbraitò l'agguerrita madre di Franz.

Le due (nuovamente) alleate emisero un sospiro esasperato in sincrono.

–Abbiamo allevato due muli. Ma li piegheremo, eccome se li piegheremo!

***

Robert, furioso, diede un calcio a una lattina, grato all'inciviltà di chi l'aveva gettata per terra, consentendogli di sfogarsi.

I suoi amici avevano eretto nei suoi confronti una cortina di ferro, per una ragione secondo lui ridicola: l'invidia. Era convinto che quei tre bacchettoni fossero invidiosi del suo successo... d'altronde, a chi non piacerebbe avere due donne fisse, e una in fase di conquista? Si era persino iscritto a quel patetico corso di ikebana pur di rimorchiare Madeleine e ci sarebbe riuscito, alla faccia loro!

Tuttavia, il loro comportamento immaturo lo mandava in bestia; poteva capire Harry - stava praticamente tradendo sua sorella, era già tanto che non gli avesse cambiato i connotati! - ma Chris e Franz erano ingiustificabili, specialmente quest'ultimo: con che faccia osava giudicarlo, proprio lui, che aveva voltato le spalle alla compagna nel momento del bisogno? Come se non bastasse, il bastardo senza palle aveva (indirettamente) provocato la rottura tra Chris e la sua Erin, instillando nell'amico uno spirito ribelle che lo aveva indotto ad opporsi all'insistenza della sua fidanzata nel voler diventare genitori a tutti i costi.

Onestamente non capiva nemmeno Harry: andava a letto alternativamente con sua sorella e una donna favolosa, ma detestabile, e allora? Che spifferasse tutto alla sua sorellina, non gliene poteva fregare di meno, anzi, affossare la dignità e l'autostima di Harper sarebbe stato la sua vendetta: l'avrebbe fatta pentire di averlo lasciato per quel bamboccio!

Andò a sbattere contro un invadente Babbo Natale, gli ringhiò contro e si allontanò senza chiedere scusa. Odiava il Natale con tutto se stesso - non a caso, da piccolo, il suo personaggio preferito era il Grinch - non sopportava l'atmosfera leziosa, infantile, le carole, l'albero.... i regali.

Estrasse dalla tasca una foglio di carta e lo lesse frettolosamente, sbuffando. I suoi genitori gli affidavano ogni anno le compere natalizie perché non avevano tempo. Se, per certi versi, era comprensibile, per altri lo trovava assurdo e avvilente: si comprava da solo il regalo di Natale da che ne aveva memoria; non importava che il tetto spesa fosse illimitato, la gioia di ricevere un dono dalle mani di mamma e papà e scartarlo per scoprire la sorpresa era inestimabile, una gioia che purtroppo gli era stata preclusa. Aveva provato, invece, molte volte la frustrazione di un Natale rovinato dagli impegni lavorativi dei genitori, i quali, di fronte alla sua cocente delusione, ripetevano: “Rimedieremo l'anno prossimo”. Peccato che l'anno seguente arrivasse, puntuale come la riscossione delle imposte, qualche altra sfortunata coincidenza a infrangere i suoi sogni.

La rabbia malamente repressa toccò l'acme quando un cane di grossa taglia lo travolse, per poi abbaiare amichevolmente e leccargli la faccia. La padrona non tardò ad arrivare, profonendosi in scuse mortificate.

–Mi dispiace, stavo pagando e ho perso la presa sul guinzaglio! Guardi il lato positivo, però: le è simpatico!

–Chissà perché, questo pensiero non mi conforta affatto- sbuffò lui, pulendosi il viso con un fazzoletto. L'istante in cui spostò lo sguardo sulla padrona sbadata la riconobbe, e non trattenne un verso scocciato. –Calder. Elise Calder. Sei una persecuzione!

–Potrei dire lo stesso di te- rispose lei, strattonando l'alano, un po' troppo attratto da Robert. –Non mi stavi seguendo, vero?

–Ma ti pare?- sputò, indignato, prima di osservarla con maggiore attenzione e notare che era molto diversa rispetto all'ultima (nonché prima) volta che l'aveva vista: al posto della giovane donna acqua e sapone in tutone e scarpe da ginnastica, aveva davanti una Elise acconciata, truccata, in stivali col tacco e un abitino, coperto soltanto in parte dalla mantella in stile Cappuccetto Rosso. –Vedo che stai uscendo. Non ti trattengo!

–Beh, sono uscita col mio cane- bofonchiò lei, prima di intuire cosa stesse pensando l'altro. –Se credi che abbia un appuntamento, purtroppo per me ti sbagli: mi sono agghindata per un... diciamo, incontro di lavoro- Robert moriva dalla curiosità di scoprire quale fosse la professione di Elise, ma il suo entusiasmo morì sul nascere. –Ti piacerebbe sapere che lavoro faccio, eh? Invece no, non te lo dirò. A giudicare dal poco che ti conosco, credo rideresti di me... più di quanto non abbia fatto finora.

La conversazione si spense quando una bambina si avventò su Elise, abbracciandola di slancio.

–Miss Ellie! Che bello rivederti!

–Anche per me, Alice. Sono ben... due ore che non ci vediamo!- esclamò, vezzeggiò la piccoletta (Robert, pur di non starsene con le mani in mano, prese ad accarezzare il molosso, che, grato della premura, gli leccò le mani guantate) e salutò cordialmente i suoi genitori.

Attese che fossero spariti dal suo campo visivo, poi ridacchiò –Avevi ragione. Perdonami, ma il tuo lavoro mi fa davvero ridere: la tata?

–Sono una maestra d'asilo, veramente. La “riunione” era un incontro con bambini e genitori- ribatté Elise. –Ora puoi ridere.

Come sempre, quando era con lei, Robert si sentì un perfetto idiota. Avvampando, mormorò –Scusa, sono stato offensivo, fuori luogo, un...

–Imbecille matricolato?

–Sì!

–Non avresti potuto dirlo meglio di così! Scuse accettate, tranquillo. Bene, ti lascio ai tuoi acquisti- diede un'occhiata alla lista e commentò –Chanel n°5 per mamma? Accidenti! Se penso che alla mia ho preso un micragnoso libro di cucina, mi sento una figlia degenere!

–Mia madre ha gusti costosi- esalò lui, riappropriandosi del foglietto spiegazzato. –Ehm... invece Madeleine che gusti ha?

–Madeleine?

–La tua amica strafiga. Quella del corso di ikebana.

–Oh, sì. Madeleine. La panterona. Quella al cui confronto impallidisco, per non dire che faccio schifo. Non mi dirai che ti sei iscritto al corso per cercare di rimorchiarla!- ridacchiò Elise, intuendo dalla sua espressione che aveva indovinato. –L'hai fatto sul serio? Oddio, troppo divertente!

–Cosa c'è da ridere?- sbraitò Robert, oltraggiato: come si permetteva quella lì di farlo sentire stupido?

–Tanto per cominciare... quella non è una mia amica. Non so nemmeno come si chiama!

–Cosa?

–Lo so, sono stata cattiva, ma era un'occasione irripetibile: solo perché eravamo arrivate insieme credevi fossimo amiche, poi mi hai offesa, così... ho ceduto alla tentazione di prenderti in giro. E tu hai abboccato!

–Q-Quindi, q-quella tizia...

–Non ho idea di chi sia, ma potrai scoprirlo da te al corso- celiò Elise. –Confesso che mi dispiacerà perdere il mio compagno di banco, ma un grande amore richiede grandi sacrifici.

–Oh, signore!- mugolò Robert, sentendosi più idiota che mai. –M-Ma a-allora... se non è il suo nome... chi diavolo è Madeleine?

–Lei- rispose la bionda con semplicità, indicando l'alano scodinzolante. –Saluta il nostro nuovo amico, Maddie.

Lei? Madeleine è il tuo cane?

–Un alano non deve per forza chiamarsi Scooby- doo.

–M-Ma... ma... e la “Madeleinite”? E il tuo ex che aveva una cotta per lei?

–Quello è vero. In parte. Ci siamo lasciati perché, ehm, apprezzava troppo una mia amica. Brutta faccenda, preferisco non pensarci.

–Ti sei presa gioco di me... così? Tanto per ridere? E' da pazzi! Mai pensato di farti visitare da uno bravo?- sibilò Robert, piccato.

–Uuh, qualcuno è permaloso!- lo canzonò Elise, dopodiché gli arpionò un braccio e aggiunse, raggiante –Ho un'idea: volevi un appuntamento con Madeleine? Lo avrai! Ne sarà felice, vero, Maddie?

–Un appuntamento col cane?

–Ehi, la mia cagnolona potrebbe dare filo da torcere a molte donnette da due pence che circolano per le strade- si accalorò Elise, che non tollerava offese al proprio animale. –Consideralo una buona azione: non ho nulla da fare... e vorrei tanto vedere dal vivo una confezione di Chanel n°5!

Era impossibile negare alcunché a quel sorriso tenero, perciò Robert, a malincuore, sicuro che se ne sarebbe pentito, acconsentì a proseguire lo shopping in compagnia di Madeleine e della sua frizzante padrona.

–Immagino che “no” non sia contemplato come risposta.

–Perspicace!

–E va bene: andiamo.

–Non fare quella faccia, sopportarmi non è una missione impossibile!

Note dell'autrice:

Forse non interessa a nessuno, ma ho fatto un'inversione: Robert è migrato in questo capitolo, più “casalingo”, mentre la seconda parte di Abby e Bridget alla riscossa è slittata al prossimo. Se siete curiose di sapere cose ha architettato la pluridivorziata più simpatica del globo dovrete pazientare una settimana. Sorry.

La situazione si complica: proprio quando Franz ha finalmente deciso di tornare con Faith, lei decide di tagliare i ponti. Se non è sfiga questa...

Immagino tifiate tutte per lui... nessuno è per Marcus? Povero! Mi fa (quasi) pena! Ora che sono scese in campo pure le mamme, non ha scampo: dovrà farsi da parte e lasciare che l'amore faccia il suo corso.

A proposito di amori in corso: gioite per Maggie e Ian (se volete saperne di più, capitoli 23-28 di “Dr. Irving”) e il loro grosso, grasso matrimonio... inglese? O irlandese?

E Robert? Vi si è stretto un po' il cuore a pensare che natali tristi ha passato da bambino? Certo che Elise gli ha giocato un bello scherzetto... Maddie è una femmina, sì, ma di cane! La maestrina sa il fatto suo, non si lascia mettere i piedi in testa, e questo spiazza il bel ginecologo, abituato (diciamolo) ad avere tutto servito su un piatto d'argento.

Au revoir!

Serpentina

 

 

 

   
 
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