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Autore: alicehorrorpanic    03/12/2014    9 recensioni
[Piccola revisione in corso: fino al settimo capitolo modificato]
**********
«Senti coso, tu non mi trascinerai da nessuna parte, punto primo» gli puntai un dito contro e presi un respiro «punto secondo, non sono una di quelle che cascano ai tuoi piedi con un battito di ciglia»
«A me sembra che non ti sia dispiaciuto così tanto guardarmi»
Inclinai la testa e lo esaminai.
«Detto tra me e te, ho gusti più raffinati»
Lui rise, tenendosi la pancia con le mani.
«Non inventare cazzate solo per non ammettere la verità»
«Non sto dicendo cazzate»
«Allora vorresti dire che preferisci un tipo come Fiocchi, secchione, occhialuto, basso, a uno come me, alto, bello e affascinante?»
«E arrogante, stronzo, idiota» elencai con le dita «potrei continuare fino a domani mattina» lo fissai inclinando la testa.
«Se passi con me la notte puoi continuare a insultarmi fino a domani» ghignò e cercò di avvicinarsi di nuovo.
Più cercavo di mantenere le distanze più lui era vicino.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'killkisskill'
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ANGOLO AUTRICE
scrivo qua così non vi rovino il finale ç.ç

bene, spero vi sia piaciuta questa storia abbastanza incasinata, ci tengo molto ai miei personaggi che sono cresciuti e maturati, forse, e quindi questa sarà una fine non fine, ci penserò ancora, ma ora li lascerò un po' tranquilli e cercherò di concentrarmi sulle altre storie, ditemi voi quali ahah.

ah ecco, io non sono brava a descrivere certe cose, quindi spero sia uscita una cosa almeno decente, altrimenti accetto suggerimenti per possibili integrazioni ahahah.

ora, siamo giunti alla fine, vi ringrazio di nuovo per tutti i vostri commenti positivi dall'inizio alla fine, mi hanno aiutato molto a continuare e a credere in questa storia incasinata, quindi, un GRAZIE ENORME A TUTTI

non so che altro dire, forse è la prima storia che riesco a concludere ahahah (no okey, la seconda storia u.u)

ah, si, Arianna e Lorenzo si sono eclissati ahahah non sapevo come inserirli, ma se ci sarà un sequel ovviamente per vostra somma gioia e rabbia compariranno come funghi xD

baci e abbracci
accetto torte e pasticcini in faccia
alla prossima







Epilogo







«Era ora, ci voleva molto? No, ma dico, sento perfino suonare le campane, anche i muri stanno ballando»

«Gaia, non fare la scema» dissi non trattenendomi però dal sorridere divertita.
Quella ragazza era unica.

«Ho detto solo la verità cara, mi stava crescendo la barba» sbuffò alzando gli occhi al cielo.

«Si ti stavi trasformando in Babbo Natale!» socchiusi gli occhi e mi voltai, incontrando quello sguardo che mi avrebbe sempre tolto il fiato.

«Ritorna sul pianeta terra, avrai tempo dopo per mangiartelo tutto» esclamò lei schioccandomi le dita davanti agli occhi.

Boccheggiai imbarazzata e la guardai con gli occhi sbarrati.
«E non guardarmi così, lo so che sogni sconci ti fai e non hai bisogno di dirmelo, te lo si legge in faccia, non vedi l'ora di saltargli addosso» ammiccò soddisfatta e sorridente.

«Tu sei pazza» dissi cercando di prendere un certo contegno senza trasformarmi in una melanzana viola animata.

«Sei tu quella che non ce la fa più ad aspettare, io sono normalissima» ribattè quasi stizzita.

«Ma non dire cavolate, a te non ispira nessuno?» chiesi curiosa di estorcere qualche segreto nascosto.

Lei girò lo sguardo e si perse a guardare il vuoto, ghignai soddisfatta, avevo azzeccato in pieno.
«Nessuno degno di essere al mio cospetto» rispose quasi in un sussurro.

«Certo come no, e io ci credo» sbuffai e sorrisi scuotendo la testa.

«Fai come ti pare» scrollò le spalle e aggiunse «Prima sistemati te e vedi di non fare casini. Buttati tra le sue braccia, rischia o non lo saprai mai, non voglio più vederti così depressa, e poi devi farla pagare a quella stronzetta» disse seria e mi lasciò un bacio sulla guancia.




*********




Durante l'ultima ora di quella giornata interminabile mi arrivò un bigliettino di carta, stropicciato, accartocciato e con una scritta maschile che mi fece mozzare il respiro.

Vieni al vicoletto dietro scuola se mi vuoi ancora.
Spero tu mi abbia sognato stanotte come ho fatto io.
Se vuoi un anticipo, ora vado in bagno.

Lessi tutto d'un fiato e tossii rumorosamente rischiando di strozzarmi proprio nel momento in cui lui stava uscendo dall'aula strizzandomi l'occhio.
«Stronzo» sibilai a denti stretti.

Gaia mi guardò stranita e prese frettolosamente il biglietto che tenevo sulle ginocchia.
Spalancò la bocca e mi diede una gomitata nello stomaco: «Che ci fai ancora qua?»

«Non ci penso neanche» sussurrai, in realtà non facevo che pensarci a stare soli io e lui, ma dovevo trattenermi o sarei impazzita del tutto.

Lei sbuffò e si mise le mani tra i capelli: «Se lui fosse quel qualcuno degno della mia attenzione, sarei corsa da lui a occhi chiusi»

«Prima dobbiamo parlare» dissi risoluta.

«Bene, allora ora vai in bagno e pomiciate per almeno mezz'ora e dopo fuori scuola parlate di cose serie, come ad esempio mettervi insieme e sposarvi»

Storsi la bocca e lei aggiunse scocciata: «Va beh, magari non parlate ancora di matrimonio, ma almeno fate un po' di pratica per fare bambini» ammiccò tranquilla, mentre io diventavo di tutti i colori.

«Adesso basta, Bucci e Lucchi fuori, state disturbando la mia lezione! Ripeto, fuori!» 
L'urlo disumano del professore di latino ci fece saltare in piedi come due molle e uscire di buon grado dalla classe. 
Che gente pazza e schizzata avevano messo dietro la cattedra? 

«Adesso non hai più scuse tesorino, muovi il culo e vai dove devi andare» ammiccò Gaia prendendomi per le spalle e facendomi avanzare verso il bagno.

«Ti odio» grugnii ma non mi opposi quando mi ritrovai di fronte alla porta incriminata.

«Vi lascio alle vostre porcate, non fate casino però» disse e si allontanò, indicandomi con lo sguardo l'entrata del bagno.

Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi, ma quando li riaprii mi immobilizzai sul colpo.
«Ce ne hai messo di tempo» sorrise, non il solito ghigno odioso, ma un sorriso vero e puro che mi travolse prima di accorgermi che lui mi aveva preso una mano per portarmi dritta al paradiso, o all'inferno.

«Dobbiamo parlare» ecco, il panico e l'eccitazione mi facevamo parlare quando invece dovevo solo tacere e agire di istinto, senza badare alle macchinazioni del mio cervello.

«Mh» mugugnò lui appoggiando la testa sulla mia spalla e stringendomi con una mano il fianco, mentre l'altra iniziò a percorrermi con lenti carezze la schiena.
«Proprio adesso?»

«Prima o poi dovremo affrontare questa cosa» dissi in un sussurro, socchiudendo gli occhi per le sue attenzioni.

«Preferisco il poi sinceramente, ora vorrei fare altro con te, e non è certo parlare in questo momento, se tu sei d'accordo» mormorò e alzò la testa per guadarmi negli occhi e leggervi la mia risposta.

«Perché non mi hai baciata l'altra sera?» chiesi impulsiva, era una domanda che mi vagava in testa da sabato sera e non mi aveva fatto chiudere occhio. 
Ma questo non presupponeva il fatto che dovessi chiederglielo così apertamente e in una situazione così ambigua.

Lui parve sorpreso, tanto che si allontanò di qualche centimetro dal mio viso per osservarmi meglio.
«Davvero vuoi saperlo?»

Inarcai un sopracciglio e chiesi incerta: «Perché, non dovrei?»

«Pensavo fosse ovvio, avevi baciato quel succhia sangue, non volevo mischiare te e lui, volevo sentire solo le tue labbra sulle mie» disse e abbassò il capo, forse imbarazzato da ciò che aveva appena affermato, troppo romantico, troppo fuori dalla sua portata, non da lui.

«E ora vuoi baciarmi?» dissi con un tono supplichevole nella voce.
Io lo volevo da matti, e non solo da sabato sera, ma da molto di più. 
Il bacio di Jacopo non aveva significato niente, non mi aveva fatto nè caldo nè freddo. 
Ma i suoi baci, cazzo, mi facevano dimenticare perfino il mio nome.

«Tu non ne hai idea da quanto tempo ho voglia di baciarti, di toccarti, di stringerti, e ora sto impazzando perché so che tu vuoi parlare prima e sono d'accordo, ma ora che ti ho davanti a me, così vicina, così..» iniziò ma lo interruppi, azzerando la poca distanza che ci separava, facendo scontrare i nostri corpi, facendo incontrare di nuovo le nostre bocche affamate.

Lui mi baciò forte, stringendomi i fianchi, bloccandomi contro il muro per non lasciarmi andare, prendendomi il viso tra le mani, sfiorandomi le cosce, le sue dita erano ovunque, non riuscivo a rendermi conto di dove fossero che avevano già rivolto l'attenzione ad altro, e tutto questo senza smettere di baciarmi.

Quando si staccò da me, respiravamo entrambi a fatica, eravamo come scivolati in un mare d'acqua senza voler più riemergere in superficie.

«Baciami ancora» sussurrai così a bassa voce che non fui sicura che lui avesse sentito fino a quando le mie labbra furono di nuovo tappate dalle sue.

Mi strinse più forte e mi sollevò, posandomi poi con delicatezza sul lavandino, e di riflesso allacciai le gambe intorno ai suoi fianchi, sentendolo più vicino, volendolo su di me.

«Se ti muovi in questo modo finisce che lo facciamo qui, e non voglio, tu sei diversa per me» disse ma non smise di baciarmi, e scese a mordicchiarmi il collo, mentre stringevo con forza i suoi capelli e lo tiravo ancora di più verso di me.

Come se lui non avesse mai parlato mi divincolai per afferrare la sua felpa e togliergliela, c'era troppo tessuto fra di noi, agonizzavo un contatto pelle contro pelle.

«Alice, cazzo» sibilò mentre riuscii a sfilargli la felpa e lui rimase solo in maglia, stretta e aderente al massimo che mi fece perdere del tutto la sanità mentale.

Iniziai a mordergli il labbro inferiore con forza e le mie mani, che andavano ormai per conto loro, raggiunsero la cerniera dei suoi pantaloni.

«Bastava dirlo che volevi solo scoparmi, ti avrei accontentato prima»
ruggì lui quasi infastidito e solo a quel punto mi bloccai di colpo, togliendo le mani che avevano ormai raggiunto il punto cruciale mettendomi seduta composta, per quel che il lavandino permetteva.

«Scusa» dissi imbarazzata abbassando la testa, possibile che non ne faceva una giusta?
Mi lasciavo andare o troppo tanto o troppo poco, mai il giusto. 

«Hai sentito almeno quello che ti ho detto prima?» ribattè lui serio.

Di colpo mi rianimai e mi misi sull'attenti: «Si e in proposito volevo dirti che io non voglio solo scoparti cioè si, cioè no cazzo, io voglio che tu mi ami, e che quello che faremo, se mai succederà, non sarà solo quello, sarà amore vero perché mi piaci davvero tanto e in questo periodo pensavo di diventare pazza con tutto questo casino, Arianna e quell'altra, e poi tutte le ragazze che ti stanno intorno, non credo che riuscirei a sopportare l'idea che tu mi tradisca, ne morirei, e starei male come non sono mai stata. Quindi non voglio scoparti, voglio..fare l'amore con te» sussurrai le ultime parole sentendomi rossa in volta e in imbarazzo come mai prima d'ora, mi ero lasciata andare, avevo espresso le mie paure più grandi di fronte a lui, che mi guardava fisso e con le pupille dilatate.

«Avresti la tua risposta se solo mi avessi ascoltato» rispose lui sorridendo e accarezzandomi una guancia.

«Eh sarebbe?» chiesi con voce tramante.

Si avvicinò di nuovo a me, mi inchiodò con quei suoi occhi blu oceano e mi sussurrò all'orecchio: «Perché sei diversa dalle altre» scese con le labbra sfiorandomi il collo e facendomi rabbrividire «E sei sempre nella mia testa, in ogni cosa che faccio, e perché ti amo e per questo non voglioche la nostra prima volta sia in questo posto schifoso» concluse in un soffio baciandomi ancora, e ancora, fino a non avere più fiato per respirare.




********




 

«Allora, allora, avete fatto cose zozze?» mi chiese Gaia scrollandomi per le spalle e con l'allegria a tremila.

«Ma che dici» esclamai ridendo, dopotutto era una situazione comica nel bel mezzo del corridoio a fine lezioni.
Tutti ci stavano osservando con facce strane e stanche per la mattinata intensa.

«Si certo, sai che devi raccontarmi i dettagli?» ribatté seria lei incrociando le braccia e ticchettando con il piede a terra.

«Ma non c'è niente da dire, qualche bacio e basta» sorrisi ebete e mi persi nei ricordi di qualche tempo prima, i suoi baci che non finivano più e mi facevano mancare l'aria.

«Si vabbè, ciao Alice, domani ti rapisco e confessi» disse mentre raggiungevamo l'uscita della scuola piena zeppa di studenti.

Risi e mi fermai di colpo. 
«Ahi ahi» affermò Gaia a denti stretti.

«Jacopo» sussurrai prima che lui si sporgesse a baciarmi sulla guancia, per fortuna.

«Buongiorno» rispose lui raggiante.
Merda, ora come glielo avrei detto?

«Che ci fai qui?» 
Mi guardai intorno in cerca di lui, che come sospettavo, mi stava osservando intensamente e incenerendo con lo sguardo Jacopo.

«Sono venuto a salutarti, non sei contenta?»

«Si però pensavo che..»

«Che sarei scomparso? Non fa per me baciare una ragazza e non farsi più vivo»

Vidi Gaia spalancare la bocca e rimanere di pietra, forse avevo omesso quel particolare tanto importante.

«Ecco, a proposito io..» iniziai, cercando le parole giuste per porre fine alla sua corte serrata.

«Alice andiamo» spuntò lui, livido in volto e scocciato, mi mise una mano sulla spalla come per marcare il territorio e sorrise sghembo.

«Mh, e tu sei?» chiese invece Jacopo, potevo sentire e percepire distintamente la tensione nell'aria, guardai Gaia e capii che stava pensando la stessa cosa.

«Il suo ragazzo e ora dobbiamo andare a rotolarci nel prato, quindi se non ti dispiace» e mi prese la mano trascinandomi via, senza darmi la possibilità di replicare e di rendermi conto di come mi avesse chiamata, lasciando un Jacopo sorpreso alle nostre spalle e una Gaia con gli occhi a cuoricino.

«La prossima volta ti chiuderò a chiave» sibilò seccato accarezzandomi i capelli, che a causa del clima umido e freddo erano diventati una specie di criniera biondo scuro.

«Cosa?» domandai confusa, non mi ero ancora ripresa completamente, stavo riordinando le idee in un possibile senso logico.

«Ti lascio un secondo e quel succhia sangue ti assale, dovevo baciarti davanti a lui così avrebbe smesso all'istante di stare tra i piedi» disse pensieroso e sorridendo furbo, ma io mi ero persa a metà frase.

«Allora perché non l'hai fatto?»

«Perchè quando ti arrabbi diventi una tigre, quindi non volevo urtare la tua sensibilità» rispose scherzosamente, facendomi inarcare un sopracciglio e fermare in mezzo alla strada.

«Dai, ti sei offesa? Se vuoi ti bacio adesso» sussurrò avvicinandosi pericolosamente e accarezzandomi con le nocche una guancia rossa per il freddo e per l'imbarazzo.

«Ma non è per quello» mormorai a bassa voce.

«Allora per cosa?» chiese lui fissandomi e piazzandosi davanti a me, con le mani sulle mie spalle.

«Insomma, io che dovrei fare? Chiuderti dentro a un armadio? Anche tu hai migliaia di ragazze che ti vengono dietro, e chissà con quante l'hai fatto, voglio dire, sono io quella che deve essere gelosa marcia, a me non interessa nessun'altro, a te invece? Rinuncerai a tutte quelle bellissime ragazze per me?» lo guardai con occhi imploranti e lucidi, quel discorso mi stava portando all'inferno.

«È per questo quindi? Perché non ti fidi di me? Pensi davvero che mi butterei tra le braccia di un'altra proprio ora che posso avere te? Non mi crederesti neanche se ti dicessi centomila volte che ti amo vero?» disse, e la sua voce era quasi delusa, il suo sguardo ferito, e io mi sentivo uno schifo.

«Non lo so, io vorrei che tu volessi solo me, senza desiderare le altre» ammisi, ormai con le lacrime agli occhi.

«Io già ora desidero solo te, e non sai quanto. Se ho te posso fare a meno di loro» disse e mi asciugò le lacrime con le dita, appoggiando poi le sue labbra sulle mie in un semplice bacio.

«Vieni con me» mi prese per mano e mi condusse al paradiso. 




*********





«Dove siamo?» chiesi guardandomi intorno, l'edificio era spoglio, a parte per qualche mobile lasciato probabilmente dalla famiglia precedente.

«Nella casa che i miei mi regaleranno per i diciotto anni» spiegò, scrollando le spalle.

Spalancai la bocca, incredula, chi mai vorrebbe cacciare di casa il proprio figlio?

«Ti piace?» domandò lui speranzoso.

«È bella, ma è da arredare ancora»

«Già, ma c'è la cosa principale per viverci» disse malizioso.

«E quale sarebbe?» chiesi curiosa, mentre il mio sguardo si posava su un divano bianco in pelle in mezzo alla sala.

Arrossii di colpo quando lui mi raggiunse e mi strinse i fianchi, appoggiando la sua bocca sul mio collo, e iniziò a lasciare dei baci caldi che piano piano salirono fino ad incontrare le mie labbra.

A quel punto lo baciai con foga, come volevo fare da sempre, come non avevo prontamente fatto qualche ora prima, e lo strinsi a me, avvolsi il suo collo con le mie braccia, le mie mano passarono dalle sue spalle al viso, fino ad arrivare ai capelli, tirandoli e afferrandogli con forza.

«Fammi tutto quello che vuoi ora, meraviglia» sussurrò tra un bacio e l'altro, con il fiato corto.

Non me lo feci ripetere due volte, avevo già afferrato la sua felpa e gliela stavo sfilando velocemente, mentre lui trafficava con la mia maglietta e mi accarezzava la schiena.

Si fermò e sorrise malizioso, leccandosi le labbra e facendomi rabbrividire, mi prese per la vita e mi trascinò fino al divano, buttandomi poi sopra e bloccandomi con il suo corpo.

«Così non scappi» sorrise e si tuffò di nuovo a baciarmi.
Lo staccai da me solo per togliergli finalmente quella maglietta così aderente che mi aveva fatta impazzire in precedenza, e lui ne approfittò per slacciarmi il reggiseno e fissarmi.

«Che c'è?» chiesi quasi infastidita per il suo sguardo di scherno sul mio seno.

«Non ti sono cresciute dall'ultima volta» rispose lui tranquillo, inconsapevole del dramma che stava per scoppiare dentro di me.
«Ma tranquilla, ci penserò io a loro» aggiunse malizioso e mi lasciò dei baci sul collo e sulla clavicola fino ad arrivare a loro, e iniziò a baciarle, a mordicchiarle e a succhiarle come se fossero un nettare prelibato, mentre io mi contorcevo come un'anguilla.

Quando si staccò proseguì la sua scia di baci e morsi lungo il ventre, fino ad arrivare alla stoffa dei miei jeans.
«Che ne dici se li togliamo questi?» mormorò malizioso e con un sorriso sghembo mentre aveva già iniziato a slacciarmi la cerniera.

«Solo se li togli anche tu» sospirai quando lui iniziò sfiorarmi.

«Affare fatto tigre» sussurrò, e si alzò leggermente per sfilarsi i pantaloni rimanendo in boxer neri che vidi per due secondi, prima che lui fosse di nuovo su di me.

«Allora, dov'ero rimasto?» ammiccò e mi guardò con uno sguardo liquido mentre la sua mano si avvicinava e toccava, e iniziava a giocare con la mia intimitá.

In quei minuti persi completamente il senno, la ragione, e la mia testa era andata a farsi un giro sulle nuvole, respiravo a fatica come se stessi correndo una maratona, e pensai di morire soffocata quando la sua bocca seguì con la lingua il tragitto della sua mano.

Pensavo seriamente di rimanerci secca, mentre lui continuava la sua dolce tortura strappandomi gemiti e sospiri pesanti, incurante che stessi per passare a miglior vita sotto di lui.

Sentii qualcosa contorcersi nel mio stomaco, dei brividi attraversarono tutto il mio corpo e, mentre stringevo di più le mie mani tra suoi capelli, scoppiai un ansito ancora più forte dei precedenti.

Ormai completamente esposta a lui, che mi stava guardando con un cipiglio soddisfatto e divertito, allungai la mano verso i suoi boxer e ne sfiorai la stoffa e non solo, in un attimo cambiò espressione, stringendo gli occhi e socchiudendo le labbra dalle quali uscivano dei sospiri.

Sorrisi malefica e lo guardai travolto dal piacere, così imparava a ridere e a prendermi in giro.

«Direi..che ora..siamo pari» soffiò, con ancora il fiato corto, mi prese la mano per allontanarla e si posizionò tra le mie gambe, facendo sfiorare delicatamente e dolcemente le nostre intimità.

Chiusi gli occhi per rilassarmi, per assaporare ancora meglio quel momento, per rendermi conto che fosse tutto reale, e proprio in quell'istante lo sentii entrare lentamente dentro di me, sempre di più, mi strinsi selvaggiamente a lui, aggrappandomi alle sue spalle forti e lui si tuffò a baciarmi, soffocando i miei gemiti.

I nostri corpi di scontravano, si muovevano a ritmo, si inarcavano uno verso l'altro, si possedevano e noi non smettevamo di baciarci con passione e staccandoci a volte per guardarci negli occhi e respirare affannati.

Il mio bacino si muoveva sempre di più verso il suo, agognavo un contatto più profondo, volevo che arrivasse fino a toccarmi l'anima, fino a strapparmi il respiro, fino ad essere un unico corpo, scosso da brividi irrefrenabili e incontrollabili.

Arrivai a un punto in cui credevo di essere in paradiso, non vedevo più niente, avevo gli occhi chiusi dal piacere e il mio corpo stava per esplodere, dei fremiti mi percorsero tutto il corpo fino a sfociare in un gemito quasi urlato.

E fu in quel momento di totale assenza dalla realtà che lo dissi, che mi lasciai andare completamente mentre ero ancora provata dal godimento.

«Ti amo»

Lui si fermò a fissarmi, era al limite e stava per esplodere sopra di me, sorrise e sentii una spinta ancora più forte, ancora più profonda, ancora più dentro che gli fece urlare il mio nome.

«Ti amo anche io, da morire» ansimò mentre si accasciava su di me e mi stringeva tra le sue braccia.






FINE



 

Voglio te nel mio letto—Missing Moment


SEQUEL


Voglio te e basta.

  
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