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Autore: Marra Superwholocked    05/12/2014    2 recensioni
A volte si ha la sensazione che qualcosa di oscuro aleggi intorno a noi. E, credetemi, è tutto vero.
Da bambini pensiamo ai mostri sotto al letto, ai fantasmi nell'armadio o alla strega cattiva che gira per le strade buie imprecando e lanciando incantesimi. Ma poi cresciamo e ci rendiamo conto che faceva tutto parte di un film, di una storia raccontataci dai nostri fratelli maggiori o di un libro che avevamo letto pochi giorni prima e che nulla di tutto ciò poteva succedere. Be', è lì ci sbagliavamo: tutto può succedere, basta solo avere la mente aperta.
E un TARDIS.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, Nuovo personaggio, Rory Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 6
Occhi neri

 


«Silvia!» Una ragazza dai folti capelli biondi era aggrappata alla spalla di un altro ragazzo e avevano entrambi l'espressione di chi aveva appena visto un fantasma.
La diretta interessata voltò di scatto il capo e riconobbe subito i due. «Mari! Willy! Che ci fate qui?»
Maria Vittoria e Willy erano seduti sulla cattedra che anticipava l'entrata dell'infermeria delle palestre. Sul tavolo avevano abbandonato zaini e giubbotti. «Siamo venuti per una specie di rimpatriata, ma...» cominciò la bionda.
«Ma poi ci siamo addormentati» concluse Willy.
Il Dottore, nel frattempo, era andato avanti nel corridoio per rilevare qualunque cosa che potesse aiutarlo, ma la fortuna non era dalla sua parte. «Rory, torniamo indietro, qui non c'è nessun altro» disse al ragazzo.
«Un momento.» Lele, che aveva seguito il Dottore e Rory, si era fermato proprio di fronte ad un vecchio armadio in ferro rosso dentro l'infermeria e cercava di sbirciare attraverso le sottili aperture orizzontali. «Vedo un luccichio strano...» Avanzò di qualche passo finché non vide qualcosa sfrecciargli davanti, proprio all'interno dell'armadio. Fu un movimento brusco, ma non gli sfuggì.
Catherine fu la prima a prendere una decisione: andò diretta alla porta che conduceva alla piccola saletta; dopo di lei vi entrò il Dottore, che fece segno agli altri di rimanere lì dov'erano, per non correre troppi rischi.

«Ebbene?» Silvia si rivolse a Willy. Proprio non poteva sopportare la presenza della biondina.
«Eh?»
«No, dico. Vi siete addormentati?» chiese Silvia.
«Sì!» Maria Vittoria si intrufolò nella loro discussione senza indugio. «Stavamo aspettando l'orario d'uscita, ma credo di essermi appisolata poco prima della campanella. Non abbiamo sentito nulla!» Era affannata, sudata, confusa. E anche una brava attrice.
«Willy. Mari. L'infermeria è proprio di fronte alla campanella. Com'è possibile che non abbiate sentito nulla?!»
«Prima il Dottore mi ha detto che questa Nebbia può interferire con le nostre menti. Può aver fatto qualcosa anche a loro. In fin dei conti, noi che ne sappiamo?» Lele se ne stava con le braccia incrociate, di fianco a Silvia, in una posa da pistolero con tanto di stuzzicadenti fra le labbra.
«Lele, credimi, tu sei un attore nato.» Silvia diede una leggera gomitata all'amico poi tornò seria. «Ma a quale scopo può averlo mai fatto?»
«Per lo stesso per cui siete qui anche voi. Credo. Il genio è il Dottore» disse Rory avvicinandosi al gruppo.
Willy e Maria Vittoria si scambiarono un'occhiata a dir poco confusa. «Cosa?! Chi?!» chiesero in coro.
«Storia lunga» tagliò corto Silvia. «Ma perché non sono ancora usciti da lì?»
Proprio mentre Silvia si stava domandando cosa stessero facendo il Dottore e Catherine ancora nell'infermeria, questi due sbucarono fuori da essa correndo a tutta birra. «Via via via!» urlò l'alieno.
Gli altri non ebbero nemmeno il tempo di capire che una folata di vento quasi sovrannaturale li investì all'improvviso. Sembrava il vento di un uragano pronto a sterminare qualunque cosa al suo passaggio, ma – stranamente – fogli, sedie e altri oggetti, che normalmente avrebbero fatto i chilometri con quel vento, sembravano soggetti di un'istantanea.
Rimasero tutti lì impalati come dei bambini davanti ad uno spettacolo di magia, ma ciò che stavano fissando non era affatto un'illusione: la Nebbia vorticava incessante, disturbata dall'umana e dal gallifreyano che non avevano saputo resistere alla loro curiosità. Avevano aperto l'armadio, l'avevano vista. E ne avevano avuto paura.
Uno per uno, Rory riuscì a far scattare l'adrenalina di ciascuno degli studenti e di Diego.
Il Dottore corse senza pensare alle scale, senza voler raggiungere gli altri, perché è vero che l'unione fa la forza, ma con loro, al piano superiore, c'era Amy. «Per di qua!» urlò in coda al gruppo.
«Dove stiamo andando?!» chiese Diego in preda al panico e con il fiatone corto per le troppe sigarette.
«Ehm... Non lo so!»
Alla fine, si ritrovarono tutti chiusi in una piccola aula dalle pareti fredde come il ghiaccio, senza contare che il riscaldamento si era spento automaticamente circa dieci minuti prima. Erano già le sei di sera, tutti loro dovevano essere chi a casa, chi agli allenamenti di calcio, chi da un'altra parte nell'universo.
Il Dottore si assicurò che la porta dell'aula fosse ben chiusa, ma quel maledetto di un cacciavite sonico non poteva nulla sul legno, quindi si limitò ad arretrare, pronto a rivedere la Nebbia che sbucava o dalla serratura o da sotto la porta stessa. Tirò con sé anche gli altri e li portò dietro la sua schiena. Sentiva i loro respiri affannati sul suo collo sudato. Voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa che potesse tranquillizzarli, ma si sentì la gola bruciare: era una bugia troppo grossa, quella.
Poi, quando cominciarono a riprendere un battito cardiaco regolare, ecco che l'urlo squarciò il silenzio e la tranquillità tanto agognata. Un urlo straziante di dolore, che riempì l'aria di paura quasi accecante.
Rory si sentì le gambe molli e pesanti, come se qualcuno gli avesse caricato una tonnellata di pietre addosso. «Quella... Era la voce di...» La frase gli si fermò in gola.
Il gallifreyano ripensò ad un particolare: Catherine, come lui, aveva notato una strana polvere sul ripiano più basso dell'armadio dell'infermeria. Era gialla, quasi ocra e aveva un odore tra il dolciastro e il bruciacchiato. Improvvisamente capì di che cosa si trattava: era zolfo.«Amy!» esclamò il Dottore.


Come dei fulmini, tutti ed otto salirono di corsa le scale che portavano al piano superiore della scuola. Subito, vi trovarono un piccolo gabbiotto protetto da vetri doppi in cui le bidelle svolgevano il loro lavoro, ma questi, ovviamente, era vuoto. Dall'altra parte, tuttavia, si era radunato l'altro gruppo di ragazzi tra cui vi erano anche Laura, Rachele e i due registi, Marco e Ivan. Solo una persona era rimasta isolata: Amy.
Essa dava le spalle al Dottore e agli altri. La sua schiena era ingobbita dallo sforzo e – a giudicare dalle facce di chi riusciva a scorgere il suo viso – non aveva un bell'aspetto.
«Amy?» Rory fece un passo avanti, tendendole una mano. «Stai bene?»
Il Dottore lo bloccò all'istante. «Non farlo. Non sappiamo cos-»
«Frottole.» La voce di Amy fu glaciale, tagliente come la lama di un coltello appena affilato.
«C-cosa?» chiese il Dottore.
«Tu sai cosa sono.»
Rory non fece neanche mezzo passo che Amy mimò il gesto con cui si scaccia una mosca e il ragazzo si alzò in volo per andare a sbattere subito dopo contro il gabbiotto delle bidelle. Lei, poi, si voltò lentamente, tenendo la testa bassa e un sorriso beffardo sulle labbra.
Un battito di ciglia, uno solo, e il Dottore vide i suoi occhi.
Neri come la pece.

   
 
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