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Autore: Kim WinterNight    05/12/2014    3 recensioni
«Ciao, cari lettori.
Mi presento: mi chiamo Albertina, per gli amici Berty. Ho quindici anni e vivo in Italia, precisamente in un paese fittizio che chiamerò… mmh… Bettola town.
Okay, lo so, il nome può sembrare buffo e non attinente al nostro caro Stato Italiano (Repubblica fondata sul Lavoro e bla bla bla), ma sfido chiunque a trovare un nome migliore di questo!»
Spero che la storia vi piaccia.
Non sono solita scrivere comici, però per queste vicende sono davvero ispirata e ho preso spunto da un sogno che ho fatto recentemente.
NOTE: tutti i personaggi sono di mia modesta invenzione e qualsiasi riferimenti a luoghi o persone è puramente casuale.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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«Scommetto che ti vuoi vendicare».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo quella sera passata a vomitare per svariati motivi, mi sono sentita una merda.

Non per altro, ma per il semplice fatto che io non ne voglio sapere di tizi che si sbaciucchiano, ragazzi che ti baciano, ti scopano e poi, puff, ti abbandonano.

Tanto la trafila è sempre la stessa.

E Gabri è proprio uno stronzo.

Ha commesso un’azione riprovevole di fronte alla ragazza che lo vuole e che lui vuole.

Ma cos’hanno questi maschi in testa? Merda, di sicuro.

Che poi, io non sono una di quelle femministe convinte, basta vedere cosa penso di mia madre… però non voglio fare né la sua fine, né avere tra i piedi un tizio a caso che ha solo una cosa in mente e che ha i neuroni in mezzo alle gambe.

Più ci penso e più mi innervosisco.

A scuola, il giorno dopo, fingo che non sia successo niente, ma la maggior parte dei miei compagni erano presenti al momento del misfatto.

«Tita, ce l’hai con me?» continuo a ripeterle per tutta la mattinata.

E lei ogni volta scuote il capo e mi dice: «No, Berty. È tutta colpa di quello stupido».

In effetti è vero, è tutta colpa sua e della sua coglionaggine.

Pezzo di merda, devo vendicarmi.

Così, durante l’intervallo, trascino via Giaco, con fare cospiratorio. Appartati in un angolo del cortile, ci guardiamo in faccia, in silenzio.

Poi Giaco mi fa: «Scommetto che ti vuoi vendicare».

Quanto adoro questo dolce e diabolico nanetto, sa sempre esattamente cosa voglio. Potrei sposarmi con lui e farne uno schiavetto perfetto. Giaco è come se vivesse per me, che carino!

«Detesto Gabri, mi ha proprio nauseato» rispondo, digrignando i denti.

«E che vuoi fare?»

«Me la pagherà cara. Tita non si merita uno del genere, perché tutti si innamorano? È frustrante. Io rimarrò da sola, sai? Al massimo potremmo andare a convivere io, te e Tita. Sarebbe bellissimo, come fratelli…» Sospiro, con aria sognante. «Ma dato che Tita è cotta di quel pirla, be’… devo fargli passare i bollenti spiriti» aggiungo, con tono fermo.

«Io sono con te. Ci facciamo due risate.»

Una lampadina si accende nella mia mente e le mie labbra si increspano in un bel sorriso.

«Parla, ti prego!» mi implora Giaco, a mani giunte.

«Lo umilierò di fronte a tutti, sta’ a vedere.»

Detto questo, raggiungo nuovamente Gabri, Tita e Mauro.

«Gabri, potresti venire con me un attimo? Dovrei parlarti di una cosa» mormoro, fintamente imbarazzata. In realtà, sto ribollendo di rabbia. Lo prenderei a schiaffi seduta stante.

Ma mi trattengo e, mentre lui sbuffa e annuisce controvoglia, strizzo l’occhio a Tita e mi allontano, seguita da Gabri.

Mi fermo intenzionalmente in mezzo al cortile, in modo da avere l’attenzione di gran parte degli studenti della scuola.

«Senti, se è per ieri, non ti chiederò scusa. Mi hai messo in imbarazzo, mi hai fatto fare la figura del fesso davanti a tutti, anche a quello sborone di Mauro» dice, guardandomi male.

Non so come riesco a non mollargli un pugno. Invece, gli sorrido con finta dolcezza.

«Ma no, Gabri. Sai…» mi avvicino a lui, posandogli una mano sulla spalla. Gli voglio distruggere quel dannato avambraccio, se solo penso che mi ha baciato… un brivido di disgusto mi percorre e sento l’impulso di scaraventarlo a terra e scalciarlo fino a che… ma non posso, devo stare calma. «Non importa, in fondo mi è piaciuto. È solo che non me l’aspettavo, sai… poi c’era Tita…»

«M-ma… ma Berty, i-io… non… non volevo farlo, ero arrabbiato. Tu non mi piaci!»

«Come sarebbe a dire?» grido, alzando intenzionalmente il tono di voce. «Cosa significa che non ti piaccio, Gabriel?» continuo, fingendomi isterica.

Sì, effettivamente mi sto divertendo. Dovrei fare l’attrice, quasi quasi ci credo pure io a questa messinscena… non posso vedere l’espressione di Giaco, ma sono sicura che stia trattenendo una grossa e sonora risata. Mi ritrovo spesso a pensare che è incredibile quanto quel nanetto possa avere un timbro vocale così potente e fastidioso, ma è tanto adorabile… forse l’unico essere di sesso maschile che potrei mai sopportare nella mia vita.

Intanto, Gabri mi fissa, terrorizzato.

“Su, Berty, vai avanti” mi dico, assumendo un’espressione sempre più accigliata.

«Sei come tutti gli altri, Gabri! Mi hai illuso… come hai potuto? Ieri mi hai baciato di fronte a tutti, poi quei messaggi che mi hai scritto, e ora…»

«Cosa stai blaterando?» sbraita, indietreggiando.

Lo afferro per il bevero della giacchetta e pianto i miei occhi nei suoi.

«Mi hai preso per il culo, Gabri!» lo accuso, riuscendo addirittura a farmi salire le lacrime agli occhi. Attorno a noi, noto distrattamente che si è creato un capannello silenzioso di spettatori molto, molto curiosi ed interessati. Proprio come volevo io.

«No…»

«Non negarlo, hanno visto tutti come mi hai baciato ieri! È vero, io ho reagito male, ma poi mi hai scritto quegli sms e il mio cuore è esploso…»

Lo lascio andare e faccio un passo indietro, con le mani che mi tremano. Forse potrebbe sembrare che io stia tremando perché mi sento scossa e turbata, perfino delusa, ma in realtà sono incazzata come non mai.

«Smettila di dire cazzate!»

Come si permette? Ho un autocontrollo da far invidia, lo so. Ma come posso rovinare tutto? Ho fatto una silenziosa scommessa con me stessa e voi, cari lettori, sapete bene quanto io detesti perdere o rifiutare le scommesse.

«Oh, bene! Allora ti devo rinfrescare la memoria? “Berty, non sai da quanto tempo volevo baciarti… sei bellissima, non posso credere che le nostre labbra si siano sfiorate!” “Sei così dolce… non sai quanto vorrei fossi qui con me, per poterti accarezzare… mi fai impazzire…” Questi messaggi li hai dimenticati, eh? Oppure quando mi hai scritto “Bertina mia, non vedo l’ora di rivederti, domani a scuola… ma non ti assicurò che saprò resistere… ho una voglia matta di trascinarti nello sgabuzzino dei bidelli e…”»

«Basta, basta, ti prego, smettila subito! Sei una fottuta stronza, vaffanculo!» grida Gabri, per poi scappare all’interno della struttura.

Intorno a me, sento molte risatine divertite e molti sguardi sono puntati su di me.

Con un’espressione fintamente offesa e imbarazzata, mi volto e corro ad abbracciare Giaco.

Mentre tutti credono che io stia singhiozzando, scoppio a ridere contro la spalla del mio amico e lui fa lo stesso, cercando di non farsi sentire dagli altri.

«Ben gli sta, a quel coglione!» esclama Tita, raggiungendoci e unendosi all’abbraccio. «Grazie Berty, ti voglio così tanto bene!»

Mi scosto da Giaco e do le spalle al resto dei ragazzi presenti in cortile.

Sorrido ai miei amici.

«Vi sono piaciuti i messaggi erotici che mi sono inventata? Per questo devo ringraziare quei maiali dei miei genitori» dico, divertita.

«Sul serio si dicono queste cose mentre…?» fa Giaco, mentre la stessa domanda si dipinge sul voolto di Tita, la quale però non apre bocca.

«Questo è niente. La frase preferita della nostra dolce prof di matematica è “Fottimi, ti prego, ti scongiuro, ti supplico”! Non avete idea di quanto mi senta male, quando capita che sento queste porcherie. Sto cercando ancora la soluzione più adatta, ma quei due sembrano bestie in preda alle convulsioni…»

«Bleah, Berty! Che schifo!» esclama Tita, con una smorfia disgustata.

«Non ti invidio» commenta Giaco, poi scoppia a ridere e insieme cominciamo a scimmiottare mia madre nel momento dell’orgasmo.

Non siamo normali, lo so, ma una volta Giaco è venuto da me a studiare e mio padre era in casa per le ferie di Natale, così ha udito uno dei loro amplessi più clamorosi e da allora è mio complice e alleato.

Proprio in quel momento mi accorgo che Mauro, lì accanto, è rimasto impalato per tutto il tempo a fissarmi.

Sbatto le ciglia e gli sorrido, accattivante.

«Che c’è, Mauretto? Ne vuoi un po’ anche tu?»

«Fossi pazzo!»

«Piaciuta la mia performance, eh?»

«Sei un genio, Albertina. Ma dove trovi il coraggio?»

«Sono peggio di un maschio. Mi sento proprio bene» ammetto, sollevando il pollice della mano destra.

«Povero Gabri, non vorrei essere al suo posto.»

«Allora sta’ attento a come ti comporti con me, altrimenti potresti fare una brutta fine» lo minaccio, per poi strizzargli l’occhio.

Dopodiché prendo Giaco e Tita sottobraccio e mi avvio verso l’interno.

Sì, mi sento molto soddisfatta: Gabri ha proprio sbagliato a mettersi contro di me.

Forse, non ha ancora capito con chi ha a che fare.

Spero solo che Tita non se la prenda e non soffro per questo troglodita, altrimenti mi sentirò in colpa, nonostante io sappia di aver fatto la cosa giusta.

Io faccio SEMPRE la cosa giusta, cacchio.

Tita si riprenderà, tutto andrà a posto e Gabri sprofonderà nella sua stessa vergogna.

Io sono contenta, però…

C’è ancora qualcuno su cui vendicarmi.

Detesto chi mi umilia pubblicamente.

Vedrete presto cos’ho in mente.

  
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