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Autore: crownforaking    06/12/2014    3 recensioni
Arthur, il Dottore, è un Signore del Tempo che si imbatte in Francis, un ragazzino umano all'apparenza normalissimo. Per qualche ragione finisce per tornare da lui una volta all'anno e con il passare del tempo si affeziona così tanto da decidere di portarlo con sé come compagno. L'immensità del tempo e dello spazio è a loro completa disposizione.
[Capitolo 2] «Dottore!» esclama il ragazzino quando le porte della cabina telefonica si aprono e la familiare figura compare, finalmente, nella stanza; «sei tornato davvero!»
«Mai dubitare della mia parola» borbotta il Dottore quando Francis gli si lancia addosso e si aggrappa alle sue gambe in un abbraccio decisamente troppo stretto. Fortunatamente il ragazzino è troppo occupato a dimostrare la propria felicità per notare il sorriso soddisfatto dell’altro.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La scrivania è ricoperta da un centinaio di pastelli diversi, fogli sparpagliati e gomme per cancellare ma il ragazzino chinato su di essa sembra non rendersene conto: non riesce mai a trovare il blu giusto e se c’è una cosa che non vuole fare è disegnare con i colori sbagliati. La grande cabina telefonica — navicella spaziale, Tardis, o come si chiama — è di un blu preciso e non importa quanto ci vorrà: riuscirà a trovare quello giusto.

«È ora di andare a dormire, Francis» esclama una voce al di là della porta e un’espressione colpevole compare sul viso del ragazzino; «il coprifuoco è passato da un pezzo e no, non importa che oggi sia il tuo compleanno».

«Ancora cinque minuti mamma!» esclama con voce lamentosa nel tentativo di commuovere la donna — tentativo che ovviamente fallisce, costringendolo a spegnere le luci e a mettersi a letto.

Mettersi a letto per i successivi dieci minuti, aspettando che anche i suoi genitori chiudano la porta della loro stanza, prima di buttare via le coperte, accendere una torcia e ricominciare a disegnare.

Questa volta il blu è quello giusto e le linee abbozzate assomigliano alla Tardis molto più di quanto Francis non avesse sperato; le buffe, folte sopracciglia del Dottore compaiono subito dopo sul foglio insieme agli occhi verdi e ai capelli biondi come i suoi — solo più chiari, si ricorda mentalmente Francis, scegliendo un colore diverso da quello che usa di solito per colorare i propri.

«Avevi promesso che saresti venuto, Dottore» bisbiglia Francis guardando fuori dalla finestra in direzione delle stelle e stringendo tra le dita il disegno appena terminato; «non hai detto una bugia, vero?»

Aspettare il Dottore è come aspettare Babbo Natale, soltanto che il Dottore esiste davvero e i suoi genitori non possono spiegargli che in realtà è inventato. No, perché Francis l’ha visto davvero! Il Dottore esiste davvero! E quello di un anno fa non può certo essere stato un sogno.

Non è possibile, si ripete Francis scuotendo la testa, non è possibile, non è possibile che sia stato solo un sogno. Il Dottore esiste, il Dottore si ricorderà di lui, il Dottore tornerà da lui.

Senza nemmeno rendersene conto Francis finisce per addormentarsi proprio in quella posizione, accoccolato sul davanzale della finestra con il disegno appena finito tra le mani; passano ore prima che un suono particolare — un suono già sentito, un suono che ha atteso per un anno intero — risuoni all’interno della stanza e riesca a farlo saltare in piedi, improvvisamente sveglio.

«Dottore!» esclama il ragazzino quando le porte della cabina telefonica si aprono e la familiare figura compare, finalmente, nella stanza; «sei tornato davvero!»

«Mai dubitare della mia parola» borbotta il Dottore quando Francis gli si lancia addosso e si aggrappa alle sue gambe in un abbraccio decisamente troppo stretto. Fortunatamente il ragazzino è troppo occupato a dimostrare la propria felicità per notare il sorriso soddisfatto dell’altro.

«Allora..» sorride, questa volta più apertamente, quando ritiene che l’abbraccio sia durato abbastanza; «oggi è il tuo compleanno, giusto?»

«Signorsì signore!» esclama il ragazzino con un sorriso che va da un orecchio all’altro, correndo da una parte all’altra della stanza per mostrare al Dottore i regali che i suoi genitori e i suoi amici gli hanno dato soltanto qualche ora prima; «mi hanno regalato un sacco di cose bellissime!»

«Scommetto che posso regalarti qualcosa di ancora più bello» le sopracciglia del Dottore si muovono su e giù in modo buffo e Francis non può fare a meno di ridere e battere le mani con entusiasmo.

«Che regalo? Mi hai portato un regalo?» spalanca gli occhi e cerca in ogni modo di capire dove possa essere questo regalo tanto particolare, finendo per correre attorno alla Tardis e di nuovo attorno al Dottore in un eccesso di adrenalina e entusiasmo.

Il Dottore si sforza di non ridere — o meglio: di ridere soltanto internamente e non far capire al ragazzino che lo trova così tanto divertente — e lo afferra per il retro della maglietta, impedendogli di correre di nuovo fino alla Tardis; «diciamo che non è esattamente un regalo materiale».

Francis lo fissa per qualche secondo senza capire prima di esibirsi in un broncio che, di nuovo, rischia di far scoppiare a ridere il Dottore: «non sarà mica un abbraccio, vero? Non è un vero regalo se è un abbraccio!»

«Meglio un abbraccio come regalo o nessun regalo del tutto?» domanda il Dottore, osservando Francis pensarci su e dopo qualche secondo di intensa riflessione rispondere «un abbraccio» con un tono di voce assolutamente sconsolato.

«Fortunatamente per te il mio regalo non è un abbraccio» e ovviamente Francis riprende subito a saltellare e a chiedere con insistenza che cosa sia allora il suo regalo, tanto che il Dottore è costretto ad accovacciarsi davanti a lui e a mettergli le mani sulle spalle per fermarlo.

«Ti ricordi cosa ti ho detto sulla mia astronave?» chiede quando Francis finalmente si è tranquillizzato almeno un poco, non aspettandosi una risposta particolarmente esatta.

«Tardis, astronave, macchina del tempo» elenca immediatamente il ragazzino, spalancando gli occhi e guardando intensamente l’altro; «il mio regalo è dentro la Tardis?»

«Ripensa a quello che hai detto: la Tardis viaggia nel tempo e nello spazio, no?» il Dottore lo guarda con un mezzo sorriso che non si sforza nemmeno di nascondere e Francis impiega tutte le sue energie per cercare di capire a che cosa si stia riferendo.

Dopo qualche istante i suoi occhi si illuminano e il Dottore sa che il ragazzino ha capito; «mi porti nello spazio? Dove ci sono le stelle e i pianeti e le galassie e—»

«Ti porto ovunque tu voglia andare» lo interrompe il Dottore, sorridendo dello sguardo entusiasta di Francis, prima di prenderlo per mano e condurlo all’interno della Tardis.

Il ragazzino trattiene il respiro nel momento esatto in cui si rende conto che l’interno della cabina telefonica è molto, molto più grande di quanto dovrebbe essere: «è come la tenda di Harry Potter!» esclama con incredulità ed entusiasmo, correndo su e giù nel tentativo di vedere tutto quello che c’è da vedere.

«Questa non me l’avevano mai detto» commenta il Dottore con un piccolo sorriso prima di chiedere a Francis dove voglia essere portato.

«Portami a vedere le piramidi e i faraoni!» Francis gli propone la prima cosa che gli passa per la mente: ha sempre trovato incredibilmente affascinanti le civiltà antiche e i grandi imperi del passato e poter tornare indietro a quel tempo gli sembra quasi un miracolo.

La verità è che la stessa esistenza del Dottore gli sembra un miracolo.

 

Il giorno in cui Francis compie dieci anni il Dottore arriva, lo afferra per un braccio, lo trascina dentro alla Tardis e tra scossoni e imprecazioni varie lo conduce fino ad Agar 4 dove il Signore del Tempo — così gli sussurra quando finiscono circondati dai telepati che abitano quel pianeta — ha un conto in sospeso con l’assemblea generale dei Chandos e con certe legislazioni parecchio razziste che nell’ultimo periodo sono state approntate.

I Chandos hanno costruito un impero gigantesco che conta quattro galassie e centinaia di pianeti e Francis non può fare a meno di chiedersi come sia possibile che quegli alieni che sembrano così tanto tranquilli e pacifici abbiano potuto riuscire in un’impresa simile.

I ringhi delle guardie che li circondano gli fanno sospettare che l’attenzione degli alieni non fosse totalmente concentrata sul Dottore e i due finiscono per scappare via e passare le successive ore nel tentativo di convincere l’assemblea generale di Agar 4 a riceverli di nuovo.

Il Dottore non si arrabbia, però, al contrario di quanto Francis aveva temuto inizialmente: si limita a sbuffare un po’ e a ricordargli che se non fosse stato per lui la situazione si sarebbe risolta in molto meno tempo. Quelle parole, però, sono seguite da un goffo gesto a metà tra una carezza tra i capelli e un buffetto e Francis non impiega molto a rendersi conto che quello è il modo per fargli capire che va tutto bene.

 

Quando Francis compie undici anni il Dottore arriva — due giorni in ritardo e Francis ancora si chiede come sia possibile arrivare in ritardo quando si possiede una navicella spaziale che viaggia nel tempo — e gli chiede dove vuole andare: Francis insiste perché sia lui a scegliere e il Dottore, dopo alcuni minuti di indecisione, decide di portarlo su un pianeta chiamato Pratzeon abitato da felini umanoidi.

“Felini umanoidi” sarebbe bastato per catturare l’attenzione di Francis, ma quando il Dottore aggiunge che quella popolazione aliena è anche capace di cambiare il colore del proprio pelo a seconda delle sensazioni che provano Francis non può fare altro che trascinare il Dottore nella Tardis e saltellare su e giù fino a quando non atterrano sul pianeta in questione.

Ci vogliono ore e ore per convincerlo che no, non può portare via uno dei Pratzeon per farlo vedere a tutti i suoi amici e ai suoi compagni di scuola.

 

Per i suoi dodici anni il Dottore gli propone una nuova avventura su un pianeta del quale non vuole rivelargli nulla se non il nome: Bellataine VII. Francis ovviamente accetta senza quasi pensarci su: non ha bisogno di avere mille informazioni su dove sono diretti perché se il Dottore vuole portarlo lì ci sarà sicuramente un motivo e si tratterà, altrettanto sicuramente, di una splendida avventura.

Il Dottore lo conduce per le vie di una città infinita e in meno di pochi secondi Francis si ritrova circondato da  esseri incredibilmente pelosi simili a centauri — o almeno è così che tenta di descriverli nella propria mente — che lo osservano intensamente e gli toccano i capelli e i vestiti con versi di ammirazione.

Gli viene spiegato che gli abitanti di quel pianeta hanno una vera passione per i terrestri e che collezionano qualsiasi oggetto venga dalla Terra, ritenendoli di grande valore; Francis non può fare a meno di trovarlo buffo e divertente ma nonostante questo asseconda gli abitanti di Bellataine VII e lascia che esaminino con attenzione tutto il contenuto del suo zainetto.

Prima di andare via Francis decide di regalare ad uno dei centauri il termos da viaggio che è finito, non sa come, nello zaino. Gli alieni lanciano grida eccitate e cominciano a parlare di quanto sia strana quella coppa per bere e Francis riesce incredibilmente a trattenersi dal ridere fino a quando non tornano nella Tardis.

 

Quando Francis compie tredici anni il Dottore decide di portarlo a conoscere almeno una piccola parte del futuro della Terra: nell’anno 4679 grand parte dei continenti prima abitati sono sprofondati nei mari e negli oceani e il Dottore lo conduce in una delle città sommerse che le varie nazioni hanno costruito per garantire la sopravvivenza dei terrestri.

Francis lo segue con entusiasmo in lunghe peregrinazioni per la città, commentando con stupore tutto quello che gli sta intorno e le novità della Terra: «è così che deve essere stata Atlantide!» esclama con entusiasmo, qualche secondo prima di essere smontato dal Dottore e dai suoi commenti poco simpatici su quanto poco simpatici e avanzati fossero in realtà gli abitanti di Atlantide. Un po’ come i francesi, commenta dopo qualche istante di riflessione, soffocando una risata alla vista dello sguardo furioso di Francis.

Il Dottore lo porta a mangiare qualcosa e cerca di spiegare ad un incredulo Francis come nel 4500 gli squali siano effettivamente diventati animali domestici e i delfini il vero pericolo del mare; inutile dire che il ragazzino passa le successive tre ore a pregare di poter avere uno squalo da compagnia da tenere nella vasca da bagno.

 

Per i suoi quattordici anni Francis chiede al Dottore di portarlo a vedere qualcosa che nemmeno lui ha mai visto: dopo qualche istante di riflessione il Dottore sorride, gli scompiglia i capelli e lo conduce sulla Tardis. Il nome del pianeta è Quazakaal, gli spiega mentre mettono piede fuori dalla Tardis, e da quello che dicono i Valdorn di Alpha 3 è uno dei pianeti più belli dell’intero universo conosciuto.

Vagano per un paio d’ore in una foresta con alberi fatti di foglie di bronzo e ruscelli che scorrono seguendo il ritmo di una melodia che Francis non riesce a cogliere del tutto e finalmente incontrano una radura dove fermarsi per qualche minuto a riposare. Un rumore tra i cespugli costringe Francis ad alzare lo sguardo e a ritrovarsi davanti un vero e proprio unicorno — anche se in realtà nessuno nelle fiabe terrestri ha mai detto che gli unicorni hanno denti affilati e le fauci di un leone.

Ma questi, pensa Francis mentre lui e il Dottore corrono fino alla Tardis per sfuggire ad un branco di unicorni arcobaleno assetati di sangue, sono dettagli sicuramente trascurabili, no?

 

I quindici anni di Francis sono segnati da una visita ad un pianeta chiamato Mirelda dal quale possono vedere nel cielo, per qualche ragione che il Dottore non gli spiega — e in fondo a Francis non interessa un granché —, tutte le fasi di un pianeta satellite. Crescente, nuova, calante, piena: Francis sospira per l’emozione, ammirando una sorta di Luna dal colore dorato e cercando di far capire al suo Dottore che la scienza non fa per lui, che gli basta poter vedere quello spettacolo e che non gli interessa come sia possibile.

Il Dottore tenta di convincerlo della necessità di sapere certe cose, borbottando qualcosa a riguardo dell’ottusità degli esseri umani, decidendo però dopo un po’ che in fondo non può certo decidere per lui.

Che vedere i suoi occhi che brillano per quello spettacolo è già abbastanza.

 

Quando Francis compie sedici anni il Dottore decide che è tempo di un nuovo viaggio nella storia della Terra e gli chiede quando gli piacerebbe andare esattamente. Francis gli rivolge un sorriso a dir poco pericoloso e, ignorando le proteste del Dottore che ha già capito dove vuole andare a parare, propone la Francia del 1400.

Insieme partecipano al matrimonio del Duca di Borgogna, tenuto nel 1468 a Pas de l'Arbre d’Or, e si godono la giostra organizzata per celebrare l’evento.

Francis grida con la folla, gioisce con la folla, trattiene il fiato con la folla e si volta a cercare lo sguardo del Dottore con un sorriso che l’altro non gli ha mai visto prima.

«È il compleanno migliore di sempre!» esclama prima di abbracciarlo di slancio e tutto quello a cui riesce a pensare il Signore del Tempo è che allora il prossimo anno dovrà fare ancora di meglio.

 

Il giorno del diciassettesimo compleanno di Francis la Tardis decide di fare di testa propria e li conduce su un pianeta chiamato Nimiset 3: il Dottore non prova nemmeno a lamentarsi e si limita a cercare informazioni su quel pianeta in particolare.

«Strano che tu non sappia nulla a riguardo» commenta Francis con un sorriso divertito, prima di uscire dalla Tardis e correre ad esplorare l’ennesima meraviglia dell’universo, proprio mentre il Dottore si ricorda cosa c’è di tanto particolare in quel preciso pianeta.

«Non parlare con nessuno!» prova ad avvertirlo, ma Francis ovviamente ha già attaccato bottone con il primo abitante che passava e il Dottore è costretto a discutere animatamente con quest’ultimo per un paio d’ore nel tentativo di impedire che si porti via Francis.

«Avresti dovuto dirmelo prima» si limita a ridere Francis e il Dottore non è sicuro che il ragazzo si sia reso conto della gravità della situazione: in un pianeta dove pronunciare certe parole equivale a dichiararsi disponibili al matrimonio con il proprio interlocutore Francis avrebbe potuto fare una fine ben poco piacevole.

 

*

Francis agita il pennello per aria, canticchiando sommessamente e scegliendo dalla tavolozza il colore esatto per dipingere gli occhi verdi del suo Dottore: quello sarà l’ennesimo ritratto appeso nella sua stanza e lui non potrebbe essere più felice nel voltarsi e vedere lo stesso sguardo fissarlo da ogni punto della stanza.

Arriverà tra poco, si ripete continuamente, tentando di concentrare la propria attenzione soltanto sul dipinto. Nel momento esatto in cui le setole del pennello accarezzano la tela le orecchie del ragazzo colgono il suono che ormai potrebbe riconoscere ovunque. Il pennello cade a terra e quando la Tardis appare e le porte si aprono Francis si rende conto di stare tremando.

«Buon compleann—» esclama il Dottore mettendo piede nella stanza e bloccandosi — con la gola stranamente secca — alla vista dell’altro ragazzo che gli sorride dolcemente.

Quando diavolo è cresciuto così tanto? è tutto quello che il Dottore riesce a domandarsi.

 

   
 
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