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Autore: Vanya Imyarek    07/12/2014    1 recensioni
Per i Greci, il kosmos è l'ordine del mondo, basato sul perfetto equilibrio tra opposti, come luce e tenebre, bene e male. Ora, se la gente odierna sapesse che il kosmos è minacciato da un fantasma con vari problemi mentali e un chiodo fisso pr la propria divinizzazione, e che è invece difeso da un paio di ragazzi doppiogiochisti, opportunisti e pure alquanto iettatori, tutti impegnati a cercare di procurarsi un'antica corona egizia dai poteri straordinari, ci sarebbe da supporre che il mondo piomberebbe nel panico generale.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Servi del Kosmos'
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                                  CHAD

 

 

DIVENTIAMO  I  FACCHINI  DELL’EQUILIBRIO  COSMICO

 

 

 

 

Per la cronaca, quel dio ci offrì veramente il barbecue. Non era un trucco per poterci punire per la nostra avidità e poterci fulminare sul posto. E nel cibo non c’era neppure traccia di veleno.

 Quella divinità strampalata ci condusse dritti a quello che doveva essere il cuore del suo quartier generale, ovvero il campo da basket vero e proprio. Era stato rimodernato in una maniera veramente assurda: le gradinate erano occupate da un’immensa libreria, un ammasso di strumenti scientifici, e un gruppo di volatili dal collo e becco lungo – ibis, mi fu spiegato in seguito - che scriveva su dei computer premendo i tasti con il becco. I tabelloni erano stati usati come lavagna e ricoperti di calcoli e strani simboli. Il bordo campo aveva un aspetto più domestico, con un lungo tavolo, appunto, da barbecue, e in un angolo una ventina di televisori, tutti sintonizzati su un canale diverso, davanti ai quali erano sistemate alcune soffici poltrone. In mezzo al campo, un gruppo di babbuini giocava a basket, mantenendo fede allo scopo originario di quel luogo.

Coriolanus, il babbuino che aveva denunciato la nostra presenza al dio, si unì a loro, lanciandoci un grido come per invitarci a far lo stesso. Declinammo.

 Non era propriamente l’abitazione che ti saresti aspettato per un essere onnipotente e immortale (di quest’ultima cosa ero più che sicuro: le voci erano rimaste zitte quando l’avevo guardato, cosa che non era mai successa prima con nessuno), ma del resto, era già una sorpresa che una creatura del genere esistesse. Così come era una sorpresa l’esistenza dei mostri, e il fatto che da due giorni a quella parte tutto ciò che toccavo diventava cenere, e qualunque altra cosa fosse successa in quel periodo.

 “Sedete, sedete” ci invitò il dio in camice bianco, facendoci un cenno verso il tavolo da barbecue. Io e quella strana ragazza isterica – non mi aveva ancora detto il suo nome, sapevo solo che sarebbe morta trapassata da una lancia – obbedimmo.

 “Allora, allora, passiamo alle presentazioni” continuò lui. “Io sono Thoth, dio egizio della sapienza, della scienza e della magia”

 Io lo guardai allibito. D’accordo, un dio egizio Ma certo, cosa c’era che non andava in confronto a quanto era accaduto in quei giorni?

“Ma Thoth non aveva la testa di ibis?” fu l’unica domanda che venne in mente alla ragazza isterica.

 Per tutta risposta, il tizio sorrise, dopodiché i suoi capelli iniziarono a ritrarsi, la sua testa si coprì di piume, la sua bocca e il suo naso si allungarono fino a fondersi e si indurirono, trasformandosi in un becco scuro. Quello davanti a noi adesso era, per l’appunto, un uomo dalla testa di ibis.

“Okay” pigolò allibita l’isterica. Però, se serviva a tacitarla, anch’io avrei voluto poter trasformare la mia testa in quella di un animale.

“D’accordo, signor Thoth” esordii nel mio tono educato “Allora, potrebbe spiegarci che diavolo sta succedendo? Sono giorni che continuano a capitarci cose strane e legate ai mostri. Ha qualcosa anche fare con voi dei?”

Sulla faccia da ibis sembrò dipingersi un’espressione vagamente compassionevole. “Oh, per il trono di Ra. Non ve l’hanno ancora detto?”

 “No, nessuno ci ha ancora detto niente, stiamo impazzendo!” sbottò la ragazza in tono così isterico e arrabbiato da strapparmi una risatina. Lei mi fulminò con lo sguardo.

“Oh, be’ suppongo non esista un modo poco scioccante di dirvelo” sospirò Thoth.

“Credo che ormai siamo pronti a tutto” commentai.

 “Ormai avrete capito che noi dei – dei di tutte le culture e religioni, intendo – esistiamo”

Se l’avesse saputo qualcun altro a parte noi, tutti i credo sarebbero andati in crisi, ma sì, almeno io avevo afferrato il concetto. L’isterica annuì, evidentemente c’era arrivata perfino lei.

“Bene. Pensate agli dei greci e Romani. Ricordate che in molti miti avevano figli con donne mortali, giusto?” Naturalmente, anche i più ignoranti hanno sentito qualcosa a proposito di Zeus, quindi figuratevi il sottoscritto. “Bene, ai giorni nostri non hanno perso l’abitudine. E voi fate parte di quei figli”

“Eh?” chiesi io. Avevo fatto l’errore di piluccare qualche patatina, come ci aveva detto Thoth, - prendendole con la bocca, lo so che è ridicolo ma se le avessi toccate sarebbero diventate cenere-  e in quel momento mi andarono tutte di traverso. Fu solo per questo che l’isterica riuscì a mettere insieme una frase più articolata della mia.

“Allora è per questo che riusciamo a fare tutte queste cose strane? E che i mostri ci stanno alle calcagna? Vogliono vedere se siamo forti come quelli del mito? E poi, quanti saremmo noi … mezzi dei?”

“Il termine ufficiale è semidei, oppure mezzosangue” la corresse il dio. “E comunque sì, la prima delle tue ipotesi è corretta. I semidei, in effetti, ereditano sempre almeno una parte dei poteri dei loro genitori. Per quanto riguarda i mostri, però, ti sbagli: danno la caccia ai mezzosangue solo perché sono molto più gustosi dei comuni mortali”

“Ma che bella notizia!” commentai, eliminato finalmente il problema delle patatine.

“Già. E a parte questo, vedo che siete molto meno sconvolti di quanto mi aspettassi” rispose Thoth compiaciuto. In effetti, dovevo ammettere che dopo tutto quello che avevo passato in quei giorni, a osservare ogni cosa che toccassi ridursi in polvere sotto le mie mani, la notizia di essere figlio di qualche divinità non mi sconvolgeva più di tanto.

“E di che dei saremmo figli?” chiese l’isterica. Effettivamente la cosa dava da pensare: nonostante l’idea di essere figli di divinità non ci avesse particolarmente sconvolti, dava sicuramente da pensare. Essere figli di una creatura così …che forse avremmo anche potuto incontrare. E questo non era legato al fatto di essere semidei: suppongo che chiunque non abbia mai incontrato il proprio padre, davanti alla possibilità di incontrarlo, chiunque egli sia, non rimanga indifferente.

 Thoth ci studiò con aria pensosa. “Dunque, di norma è impossibile sapere di chi è figlio un semidio, a meno che non sia il suo stesso genitore divino a riconoscerlo. Ma immagino che si possano fare delle ragionevoli supposizioni, in base ai poteri che dimostrate”

“Benissimo! Allora, questo come lo spiega?” chiesi, afferrando una braciola. Quella si ridusse istantaneamente in polvere.

 “Interessante” mormorò Thoth, guardando la braciola e poi studiandomi attentamente in volto. “Non ho mai sentito palare di un caso simile …”

“E dunque?” lo incitai.

“Quante ore dormi in media al giorno?” mi chiese lui di rimando.

 Non avevo la più pallida idea di cosa c’entrasse, ma lo stesso risposi. “Otto”

“Allora Thanatos” dichiarò Thoth.

“Thanatos?” chiesi io.

“O Letus, dipende se sei greco o Romano”

“Sì, poi mi spiega cos’è questa questione dei greci e dei Romani, ma intanto chi sarebbe costui?” chiesi di rimando.

“Dio della morte” ebbe la compiacenza di rivelarmi Thoth “O per essere più precisi, direi piuttosto la Morte personificata”

“Il che spiega anche la faccenda delle voci” mormorai. L’idea di essere figlio della Morte era alquanto bizzarra, ma spiegava un bel po’di cose.

“Voci? Che voci?” chiese subito Thoth. “Aspetta un attimo …” sfregò una delle macchie sul suo camice – solo in seguito scoprii che si trattava di geroglifici- e quella si trasformò in un blocco per gli appunti. Sia io che l’isterica lo fissammo stupefatti.

“Non ho mai sentito parlare di un figlio di Thanatos prima d’ora” chiarì Thoth “Devo assolutamente prendere appunti … oh, e a proposito, i vostri nomi? Non li ho ancora chiesti”

 “Chad Mist” mi presentai.

“Penelope Mayherne” si presentò l’isterica.

 Il dio annuì. “Bene. Dicevi di quelle voci?”

 Io gli raccontai della mia situazione, che mi si era chiarita solo in quel momento. Lui parve a dir poco esaltato.

“Interessante, molto interessante! Mi è appena venuto in mente un progetto …un’enciclopedia che raccolga tutti i poteri dei semidei! Sarebbe molto utile anche per loro, non dovrebbero aspettare di essere riconosciuti per sapere chi è il loro genitore divino”

Annuì, soddisfatto della sua nuova idea, poi si rivolse a Penelope. “E tu? Che poteri hai dimostrato finora?”

“Proprio nessuno” replicò lei cupa. “Sono stata solo attaccata da un mostro, e mi sono salvata afferrando un braccialetto che ho scoperto in grado di trasformarsi in spada” aggiunse mostrando al dio l’arma in questione.

“Afanisis” commentò lui. “Una delle armi magiche più potenti in circolazione. E’ costruita in ferro dello Stige, un materiale che può essere usato solo alle creature legate in qualche modo agli inferi. Se ne può dedurre solo che anche tu sei figlia di qualche divinità dell’oltretomba.  Piuttosto, come hai fatto a trasformarla in una spada? A quanto hai detto, quando l’hai trovata all’inizio era un braccialetto”

Penelope strinse le labbra. “Non so come spiegarlo. E’ stato come se avessi avuto la certezza che fosse la cosa giusta da fare. Come se sapessi, senza che nessuno me lo avesse detto, come andava trasformato il braccialetto”

 Thoth stava scrivendo furiosamente sul suo blocco degli appunti. “Insolito, insolito! Queste sensazioni somigliano, a quanto mi hanno riferito, a quelle di chi ha il dono della profezia, ma generalmente questo è accordato ai soli figli di Apollo, che non è certo una divinità infera. Se il genitore che non ha mai conosciuto è il padre, potrebbe trattarsi di Moros, dio del destino. Comunque sia, preparati, perché molto raramente le profezie mostrano cose positive”

“Dunque non farò altro che annunciare calamità stile Cassandra? Bene, son contenta” commentò cupa Penelope.

“No, diventerai solo una gufatrice di prima categoria” la corressi io. Lei mi lanciò un’occhiataccia.

 “Hai avuto altre manifestazioni di questa entità? Oppure sogni strani, o che in seguito si sono avverati?” chiese Thoth ignorandoci entrambi.

Lei aprì la bocca con l’aria di chi sta per negare, poi sgranò gli occhi. “Questo posto! Questa piramide …l’ho vista in un mio sogno!”

 Era la cosa più da romanzetto fantasy che fosse capitata in quei giorni.

“Un tuo sogno” disse Thoth interessato. “Cosa succedeva nel sogno?”

“Ero in cima a questa piramide, e sotto di me c’erano due luoghi diversi. Uno era circondato da una foresta ed era pieno di strane costruzioni, l’altro era circondato dalla sabbia e sembrava un tempio egizio. Io ero in cima alla piramide, e gettavo pietre ora in un luogo ora nell’altro”

“Molto, molto interessante!” Thoth, per qualche motivo, aveva quasi gli occhi che brillavano. “Potresti essere proprio ciò di cui ho bisogno”

Altro che romanzetto fantasy, qui si entrava nello squallore. Se indovinavo correttamente, ora ci sarebbe stato il mondo sull’orlo della catastrofe, e Penelope sarebbe stata l’unica in grado di fermare l’Apocalisse. E io ero stato messo lì per riempire un po’ di spazio o che?

 “In che senso, scusa?!” sbottò esasperata quella.

Thoth invece di rispondere spostò lo sguardo su di me. “Naturalmente potrai contribuire anche tu. In effetti, due persone funzionerebbero molto meglio di una sola”

Della serie che non suonava nemmeno un po’ detto a titolo di consolazione, eh. Ma poi, era pure seccante che pensava che avessi bisogno. Io sono straordinario indipendentemente da qualunque cosa facciano gli altri senza di me.

“Potrebbe spiegarci di cosa sta parlando?” diedi il mio contributo alla causa di Penelope.

“Prima di illustrarvi il mio progetto, devo fare alcune premesse” esordì Thoth. “In primo luogo, i semidei come voi di norma vivono e vengono addestrati tutti insieme, i greci in un luogo chiamato Campo Mezzosangue e i Romani nel Campo Giove. Il primo dei due è con ogni probabilità uno dei due luoghi del sogno di Penelope. E se non accetterete la mia proposta, potrete andare tranquillamente lì”

 “Se prima ci spiega qual è la proposta …” bofonchiò Penelope.

 “Lasciamici arrivare. Seconda premessa: gli dei egizi di norma non hanno figli mortali, in compenso esiste un’associazione di maghi, la Casa della Vita, che li venera e trae le proprie arti magiche dal loro potere. Ogni mago studia la magia di un dio particolare, cosicché il meccanismo è simile a quello dei semidei”

 “E il tempio egizio che ho visto è la loro sede?”

“No. Dunque, greci ed egizi hanno vissuto separati, e alquanto ignari gli uni degli altri, per tutti gli ultimi millenni. Questo fino a pochi mesi fa. E ora devo fare una piccola digressione su Setne”

Alla faccia della piccola digressione: Thoth ci sciorinò vita, morte, miracoli e fedina penale di questo Setne. Il quale, a quanto pareva, era stato un autentico mago psicopatico vissuto sotto Ramesse II, durante il cui regno aveva compiuto un numero spropositato di furti, omicidi e altre amenità. Non contento, una volta morto era riuscito a scampare la punizione divina (consistente nel fasi mangiare il cuore da un mostro) e, sotto forma di fantasma, aveva continuato con le care vecchie abitudini per gli ultimi tremila anni –a quanto ho capito, ha avuto qualcosa a che fare anche con la Rivoluzione Francese.

Non ancora del tutto soddisfatto, gli era pure venuto in mente il piacevole progetto di divinizzarsi, e ora era disperatamente alla ricerca di un sistema per realizzarlo. A tale scopo, per qualche ragione, aveva fatto in modo che greci ed egizi venissero a conoscenza gli uni degli altri. Thoth suppone che sperasse che tentassero di distruggersi a vicenda. Le cose, come ovviamente sapete, non erano andate così, e tutti si erano coalizzati contro di lui. E qui si arrivava al bello, ovvero alla famigerata proposta di Thoth.

“Vedete, il piano di Setne comprende due obiettivi” spiegò lui. “Il primo è procurarsi la corona di Tutmosi, il re che cercò di farsi dio. E’ un elemento indispensabile, per la trasformazione che vuole operare. Il secondo è eliminare il male dal mondo”

“Eh? Ma se è malvagio, perché accidente vorrebbe…?” iniziò Penelope.

“Vuole l’esclusiva?” interruppi io.

“Crede di avere il primato, dunque l’esclusiva non lo attrae” osservò Thoth con un sorrisetto. “No, la vera ragione è, devo dire, piuttosto difficile da spiegare. Voi avete mai sentito parlare dell’ordine?”

“Essendo esseri umani …” commentai. No, seriamente, che razza di domanda era?

Il dio sorrise trionfante. “Bene, ora ho la prova definitiva che siete greci. La parola ordine, sapete … non l’ho detta in inglese, ma in greco antico. E il vostro cervello l’ha immediatamente tradotta. A parte questo, però, vi avverto che il kosmos - o Maat, per gli egizi – è un concetto di ordine piuttosto particolare, diverso da quello moderno. Entrambi i termini significano sia ‘ordine’ sia ‘equilibrio’, e infatti si tratta di un ordine che regola il funzionamento dell’universo intero, un ordine che è appunto basato sul perfetto equilibrio tra opposti. Inclusi il bene e il male”

“Quindi perché l’universo funzioni, devono esistere entrambi?” rielaborò Penelope.

“E cosa succede se uno dei due scompare?” chiesi invece io.

“E’ una cosa contro natura” rispose Thoth. “Spezzerebbe l’equilibrio, e l’equilibrio, in questo caso, troverà un modo di ripararsi da sé. Il che significa che un periodo in cui un opposto viene completamente eliminato, sarà seguito da uno in cui quell’opposto sarà l’unico esistente”

“Adesso capisco” mormorò Penelope. “Se Setne eliminasse il male, per controbilanciare il tutto si diffonderebbero ovunque disordini simili a quelli da lui creati in passato, giusto?”

Thoth annuì, cupo. “Anche peggiori. In una situazione del genere, potrebbero perfino fuggire Aidòs e Nemesi”

 “Chi?!” chiesi io. Il secondo nome mi diceva qualcosa, il primo proprio niente, ma in entrambi i casi non avevo capito il collegamento.

 “Avete mai sentito nominare il poeta Esiodo?” ci chiese Thoth. Sia io che Penelope annuimmo. In fin dei conti, era un nome piuttosto conosciuto, anche se non avevo idea di cosa avesse scritto. “Sappiate che non era solo un poeta” ci informò Thoth. “Era anche dotato del dono della profezia. Millenni fa, in una delle sue opere, inserì anche le sue visioni sul futuro. Raccontò di un’epoca dominata dal disordine più totale, dal sovvertimento di tutte le leggi naturali. E predisse anche la fuga di Aidòs e Nemesi, due entità assolutamente necessarie per l’equilibrio cosmico”

 “E ti dispiacerebbe spiegarci in che cosa consistono?” chiese Penelope.

 “Aidòs è ciò che impedisce di compiere azioni di cui ci si potrebbe vergognare” si decise a spiegare il dio. “E Nemesi è … aspettate un attimo …” si passò le mani per tutta la faccia da ibis, e subito dopo quella tornò un volto normale.

“Me n’ero dimenticato. Dunque, cosa stavamo dicendo? Ah, sì, Nemesi. E’ non solo ciò che assicura l’assenza di eccessi, e quindi una dei massimi garanti dell’equilibrio, ma anche colei che assicura che per ogni azione negativa ne consegua una dello stesso tipo”

“E dunque se ci mollassero sarebbe un gran bel casino” dedussi. “Nonché una situazione perfetta per Setne. E lei vuole che noi impediamo tutto questo, vero?”

Thoth annuì. “Solo se accetterete la mia proposta. Ma vi avverto, alcune cose potrebbero non piacervi”

 Questo romanzetto era proprio pieno di frasi fatte.

“Se prima ci spiega in che cosa consiste …” commentai.

Il dio, dopo non so quante domande di quel genere, finalmente ci diede una risposta diretta. “Dovrete operare in condizioni molto particolari. Il vostro compito non sarà tanto sconfiggere Setne, quanto impedirgli di alterare l’equilibrio. Dovrete recuperare la corona prima di lui – e questa è la parte facile, e in seguito dovrete sabotare le sue operazioni per eliminare il male nel mondo”

“Cosa?” sbottò Penelope. “Mi sta dicendo che dovremo favorire guerre, omicidi, violenze, fame nel mondo e quant’altro?”

 “Col cavolo” decisi io.

 Il sorriso di Thoth, questa volta, era mesto. “E in effetti questa era la parte difficile. Sono operazioni necessarie, ma è difficile non sentirsi orribili nell’effettuarle, vero? Per questo, offro un piccolo compromesso. Potreste permettere a Setne di eliminare le forme di malvagità più eclatanti e dannose, ad esempio guerre, fame nel mondo, delitti – tanto ricominceranno non appena sarà sconfitto il mago - e tutelare invece forme di criminalità minore, come furto e vandalismo… che, se non sono belle cose, non sono comunque paragonabili a un assassinio o a una guerra. Tenendo conto di tutti questi fattori, accettereste la mia proposta?”

 Cavoli. Questa sì che era una bella questione. Da una parte, il mio senso morale si ribellava. Quelle cose erano sbagliate, ingiuste. Non potevo farle, non potevo proprio. Erano cose vergognose. Anche se sapevo che sarebbe stato indispensabile, l’idea di accettare la proposta di Thoth mi ripugnava.

 Dall’altra parte c’era, appunto, il fatto che fosse indispensabile che qualcuno lo facesse. Altrimenti, il caos avrebbe finito per esplodere con una potenza mai vista. Setne l’avrebbe avuta vinta, sarebbe diventato un dio, e chissà che ne sarebbe stato del mondo intero. E neppure questo potevo accettarlo, davanti a una cosa del genere sentivo di non potermene stare con le mani in mano.

Era la situazione più complicata in cui mi fossi mai trovato. Ma perché accidenti l’equilibrio cosmico doveva funzionare così? Sembrava basato su una totale ingiustizia.

“Io ci sto” dichiarò Penelope. Io la guardai interrogativo. Aveva già deciso? Tutte queste domande, questi problemi morali, e lei aveva già deciso cos’avrebbe fatto?

 “In fondo, se nessuno lo fa, il mondo va a catafascio” fornì un approssimativo chiarimento della sua decisione. Era vero, però …sembrava tutto così sbagliato.

Ma, come aveva detto lei, era necessario. Decisi di eliminare l’aspetto morale, e di osservare le due opzioni giudicando solo in base al criterio: quale delle due comporta meno danni?

Il dilagare del furto e del vandalismo non sarebbe stata una bella cosa, questo era sacrosanto. Ma uno psicopatico che diventa dio e scatena il caos e il disordine – con annesse violenze molto superiori a qualche furto – era indiscutibilmente la cosa peggiore. Bene, dovevo rassegnarmi alla logica.

“Accetto anch’io”

 “Perfetto” Thoth non si mostrò eccessivamente entusiasta, ma mantenne un tono pacato e uno sguardo comprensivo. Doveva aver capito tutte le cose che ci erano passate per la testa.

Il dio si schiarì la voce. “Dovrete tener conto anche di una cosa. Non solo, per ovvi motivi, dovrete stare attenti a non farvi scoprire da Setne e dal manipolo di scagnozzi che ha riunito, ma anche dagli altri mezzosangue e dai maghi egizi. Anche se questo concetto di ordine è presente in entrambe le loro culture, ormai sono troppo occidentalizzati per capire, e cercherebbero di remarvi contro. Costituirete una fazione a sé stante”

“Bella situazione” commentò Penelope.

Thoth non rispose e continuò. “Ora, passiamo alle cose pratiche. Dunque, come ho già detto, il vostro primo compito sarà impedire che Setne metta le mani sulla corona di Tutmosi. Non sarà difficile trovarla: i mortali, benedetti loro, l’hanno esposta al Museo Egizio del Cairo senza neppure sapere di cosa si trattasse. Andrete subito”

“Di già?!” mi stupii io. Ci aveva appena fatto scoprire tutto quel gran casino di dei e ordine cosmico, ci aveva a malapena reclutati, e ci spediva immediatamente a recuperare una corona magica? Uno si sarebbe aspettato almeno un’oretta per recuperare, che cavolo.

“E cosa vorresti perdere tempo a fare?” mi chiese Thoth. Dopodiché scarabocchiò qualcosa sulla tovaglia, e un paio di ciondoli d’argento, raffiguranti un ibis stilizzato, vi apparvero sopra.

 “Prendeteli” ci ordinò, consegnandoceli. “Hanno molti … oh, per Ra…” mormorò.

Non appena mi aveva messo in mano il ciondolo, quello si era trasformato in polvere.

“Bisogna trovare una soluzione. Aspetta …” Tramite il solito sistema del geroglifico disegnato fece comparire quelle che solo in seguito identificai come bende di lino e non come carta igienica. Ci disegnò sopra qualche simbolo magico e me le avvolse attorno alle mani, con mia grande perplessità.

“Ecco fatto” concluse soddisfatto. “Non sarà molto pratico, ma almeno conterrà i tuoi poteri, finché non troviamo una soluzione migliore”

In effetti, quando mi consegnò un nuovo ciondolo, quello non si dissolse. Tutto molto bello, se non fosse stato che avevo le mani fasciate peggio della mummia di Tutankhamon. Non dava neanche un po’ nell’occhio, s’intende.

“Dicevo, questi amuleti hanno molti utili scopi” riprese il dio. “Il primo è che vi permetteranno di mettervi in contatto con me, nel caso dobbiate comunicarmi qualcosa di urgente. Il secondo, è che amplificano i vostri poteri. Tramite questi, imparerete a fare magie che sono sì nel vostro spettro di possibilità, ma che altrimenti impieghereste molto più tempo a imparare. Quella sorta di teletrasporto che potete usare voi creature degli Inferi, ad esempio”

“Possiamo trasportarci in un istante da un posto all’altro?” chiese Penelope esterrefatta. Concordavo con questa modalità di chiederlo. Averlo saputo prima, mentre eravamo inseguiti dai mostri, magari!

 “Sì, si chiama viaggio nell’ombra, se non erro. Non dovete fare altro che camminare verso una zona d’ombra e pensare intensamente a dove volete andare”

Ci indicò un corridoio poco illuminato, come per invitarci ad accomodarci. Io non ero esattamente quel che si dice convinto, ed ero ancora piuttosto confuso, e per di più avevo ancora fame, ma marciai insieme a Penelope verso il corridoio, sforzandomi di pensare al Museo del Cairo.

“Buona fortuna!” “Agh!” sentimmo gridare dietro di noi, l’istante prima di scomparire per davvero tra le ombre, dritti incontro alla nostra nuova, assurda missione.

 

Ladies & Gentlemen,

ecco che con questo capitolo, la missione di Chad e Penelope, attorno alla quale verterà tutta la storia, è finalmente definita. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate di loro e della loro decisione, ma visto che questa storia ha il record delle recensioni inesistenti, non ci conto troppo. Dunque passo agli spoiler! Nel prossimo capitolo, i nostri eroi tenteranno di svolgere il loro compito l meglio, con il risultato di scoprire che girare per i musei di notte, a quanto pare, va molto di moda.

 

  
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