Dal capitolo precedente:
Era atterrata in mezzo ai campi, a qualche centinaio di metri dalla porta di casa sua, la Tana. Aveva lo zaino sulle spalle, la bacchetta in mano, e trascinava l’amico svenuto fra le braccia, fra le pozzanghere e le irte spighe che la sovrastavano. Non poteva tornare a casa.
Non voleva dare spiegazioni, voleva solo riposare, dimenticare.
Aveva bisogno di tempo, e conosceva una persona, nel vicinato, che non le avrebbe mai chiuso la porta in faccia.
26.
“Ciao, Luna.”
“Per tutti i… ciao, Ginny! Presto, vieni dentro.”
L’amica
l’invitò a entrare nella sua casa bizzarra. Ora la cucina ospitava
una veranda improvvisata in cui si trovava un piccolo divano
circondato da pile di numeri del Cavillo. Su un tavolino di taglio
orientale, rosso e oro, c’era una foto di Luna e suo padre
incorniciata da conchiglie che Luna aveva raccolto a casa di Bill e
Fleur. Ginny lo sapeva, perché era stata la prima volta al mare di
Luna.
Non proprio un’occasione allegra, ma lei era sempre stata
brava a cogliere il lato positivo. Le pareti alte e i muri gialli
erano ricoperti di scaffali colmi di cianfrusaglie. Insieme
adagiarono Michael sul divano.
Luna le offrì di che saziarsi,
senza fare domande.
La casa si riempì dell’odore di minestra
calda; mentre i vetri si appannavano, il cielo andava scurendosi.
“Non mi aspettavo proprio di trovarti davanti all’uscio. Quando ho fatto la lettura del fondo di caffè stamattina ho letto chiaramente che sarebbe stato un corvo…” osservò Luna sorseggiando una tisana piccante e speziata, qualche ora dopo.
“Un
corvo, dici?” rispose Ginny andando a cercare la bacchetta che
aveva appoggiato casualmente durante la cena sul tavolo della cucina
ricoperto di ortaggi di stagione.
Con la pancia piena e il tepore
del fuoco era rinsavita.
Indicò Michael con un cenno. “In un
certo senso, lui è un corvo.”
“So bene cos’è lui. No, la Divinazione è una scienza esatta. Diceva il corvo, l’animale.”
“Come preferisci, Luna.” Si arrese lei, bevendo un sorso dalla sua tazza.
“Hai intenzione di svegliarlo prima che vada in coma?” chiese con naturalezza, indicando il ragazzo.
“L’intenzione era quella.”
“Sei stanca, non è vero? Vado a prepararti un cuscino, che ne dici? Possiamo mettere Michael nel letto di mio padre.”
“Io… certo.” Esitò Ginny. “Ora lo sveglio, poi ti raggiungo. E un’ultima cosa, Luna… grazie.”
Xenophilius
Lovegood scontava gli ultimi mesi della sua pena ad Azkaban per aver
tradito Harry Potter e averlo consegnato ai Mangiamorte.
Luna si
arrangiava da tre anni.
Aveva rappezzato la casa qua e là e la
sua stramba dimora assomigliava sempre più alla Tana dei Weasley; si
era rifiutata di farsi aiutare perché Merlino solo sapeva cosa le
avesse suggerito il suo intenso mondo spirituale.
Si
era tagliata i capelli corti fino al mento, erano ondulati, di un
biondo chiaro acceso.
Non era cambiata significativamente, ad una
prima occhiata, a parte per quel dettaglio. Il suo viso era un po’
meno paffuto, ma non sciupato. Indossava ancora orecchini e collane
bizzarri e vistosi. A Ginny sembrò che i suoi occhi trasparenti
fossero meno tristi dell’ultima volta in cui l’aveva vista, che
risaliva a quasi un anno prima. Si stritolò le mani in un gesto
impacciato; per colpa sua, la sua amica doveva entrare nella camera
di suo padre.
Avrebbe voluto dirle che le dispiaceva, o una
qualsiasi cavolata il suo cervello fosse in grado di produrre in
quello stato, sapeva che Luna avrebbe letto tra le righe.
Si avvicinò a Michael che ancora giaceva immobile in una posizione innaturale sul divano. Aveva la camicia imbrattata di sangue, sporca di fuliggine e bruciacchiata.
“Reinnerva.”
“Uhh…”
“Uh è tutto quello che riesci a dirmi?” gli chiese sussurrando.
Lui non rispose, era molto pallido. Sembrava volerle comunicare qualcosa muovendo appena le labbra e indicando il proprio torace con gli occhi. Ginny si spaventò. Aprì la sua maglia e cominciò a tastare il costato con le mani fredde tremolanti. Se c’era una costante che la legasse a Michael erano le situazioni pericolose; ormai avrebbe dovuto averci fatto il callo.
“Hai male qui?” Chiedeva di tanto in tanto, spostando i polpastrelli.
Lui accennava di no con la testa, indicando accanto, sempre più a sinistra. I suoi occhi erano torbidi e impazienti. Ginny fece scivolare la mano sul suo avanbraccio, lo sfiorò appena, e finalmente lui produsse un suono stridente. Non era – come dire- cosa da niente. A Ginny venne un accidente. Il braccio era squarciato in lunghezza e mancavano il mignolo e l’anulare.
“Miseriaccia, Misha. Un’altra cicatrice.”
“Bella, eh.” Gracchiò lui in tutta risposta, in un tentativo di riprendere il controllo di sé.
“Sei un incosciente.”
Ginevra
si morse la lingua per non dire altro. Si alzò di scatto per
chiedere delle garze a Luna.
Quando ebbe raggiunto l’uscio della
sua stanza, si fermò.
L’amica era seduta sul letto, abbracciava
il cuscino che aveva preparato per Ginny.
“Tutto a posto?”
“Ma certo. Sono solo un po’ preoccupata.”
“Tornerà
presto. È tenace e forte, niente può smussare gli spigoli di
Xeniphilious Lovegood.” Sorrise Ginny, con più coraggio di quanto
ne serbasse realmente.
“So che tornerà. Spero solo che non sia
cambiato. Voglio dire, quando tornerà, spero che sia il solito. Che
non sia… un altro, definitivamente. Capisci cosa intendo, vero?”
“Oh, Luna… lo spero anch’io.”
Ginny le accarezzò i capelli.
“Hai svegliato Michael?”
“Sì” si riscosse, le appoggiò la mano sulla spalla. “Ha bisogno di essere medicato. Si è Spaccato.”
“Potete restare quanto vorrete. Io in settimana sono fuori per escursioni. Ho bisogno di materiale per il Cavillo.”
“Non staremo molto, Luna. Ti ringrazio.”
“Figurati. Dev’essere una situazione delicata, altrimenti non saresti venuta da me.”
La
frase, onesta come una sferzata d’aria fredda, ebbe un certo
effetto sia su Ginevra che su Michael.
Il ragazzo, medicato,
bendato e sonnolento, ora sedeva fiacco accanto all’amica e
osservava la sua ex compagna di Casa lavorare a maglia una coperta
psichedelica nella vecchia poltrona del padre.
“Bene, per stasera ho finito.” Disse Luna, alzandosi e infilando le pantofole. Posò il suo lavoro sulla poltrona con delicatezza e raccolse le tazze vuote in un vassoio. “Gin, ti aspetto in camera. Michael, buonanotte.”
“Buonanotte, Luna. Grazie ancora per l’ospitalità.”
“Grazie.” Rincarò Ginny, appoggiandosi estenuata allo schienale del divano.
“Stanca?” azzardò Michael, lanciandole un’occhiata di traverso.
“Già. Senti Michael…”
“No, ascoltami. Non c’è niente da dire.”
“Volevo solo ringraziarti!”
“Non
farlo.” Disse solo, posando la mano sul ginocchio di lei.
Ginevra
si immobilizzò.
“Cosa stai facendo?”
“Niente!” Protestò lui, piccato.
Il
silenzio fu riempito dallo scoppiettare del fuoco.
La situazione
era irreale, l’atmosfera strana e palpabile.
Ginny si torceva le
mani nervosamente.
Michael riusciva soltanto a fissare lo sguardo
a terra.
“Dovremo parlare, lo sai.”
“Immagino.” Convenne lui, cauto.
“Lo faremo quando tu starai meglio.”
“Come vuoi tu.”
“Ora vado a letto. Cerca di non appoggiarti al braccio.”
Gin. Ho letto il tuo diario.
“Uh, sì.”
“Buonanotte.”
Gli
baciò rapidamente la guancia e si volatilizzò su per le
scale.
Merlino, quella ragazza. Era un continuo su e giù per il
cuore.
Quando l’ultimo scalino scricchiolò, Michael capì che
non sarebbe riuscito a raggiungere la camera, era troppo
stanco.
Scivolò lentamente fino a sdraiarsi e si tirò una
coperta di lana addosso. Il crepitare del fuoco gli addolcì il
sonno.
Si addormentò, troppo stanco per riflettere.
26.
Un
orologio a muro ticchettava rumorosamente, ma nessuno gli badava.
L’unica finestra dava sul parco dell’Accademia; era una vista
molto bella, ma non era sufficiente a salvare la stanza dalla
sensazione di claustrofobia che davano i cinque muri troppo stretti e
l’odore stantio che si emanava dalla carta da parati con una
fantasia di righe rosse, fiori e spighe, alquanto discutibile.
I
soffitti erano alti, un caminetto scaldava la stanza; una orrenda
moquette bordeaux piena di macchie attutiva il rumore frenetico del
piede di Harry che sbatteva contro la gamba della sedia; le fiamme
che danzando uscivano dal fuoco acceso si riflettevano su un’infinità
di quadri appesi a differenti altezze, illuminando qua e là dei
vecchi diplomi incartapecoriti o dei mappamondi piatti del secolo
scorso.
Il tavolo, le sedie. Tutto era un pezzo
d’antiquariato.
Harry dovette frenare il suo tic nervoso quando
lo raggiunse l’occhiata di rimprovero del suo superiore.
Si
schiarì la voce, ma non disse nulla, in attesa che i suoi compagni
finissero di trascrivere informazioni utili.
Edwin
e Basil prendevano appunti in un rumore di carta grattata. Harry
sedeva alla destra di Dawlish.
Il tavolo della sala Riunioni era
coperto da gomiti sormontati da teste pesanti e sonnacchiose, e
numerose tazze di caffè fumante all’americana. I Weasley erano
finalmente tornati alla Tana, e Daniel era rimasto a casa sua in
attesa di notizie utili.
Harry era uscito nel freddo e si era
dunque avviato solo per andare all’Accademia.
Una volta
arrivato, si era limitato a sedersi e a tenere le labbra cucite il
più a lungo possibile.
Aveva
riportato lo stretto indispensabile per non farsi beccare.
Nessuno
aveva dubitato della sua parola.
I suoi compagni, Edwin Coulter e
Basil Toggenburg – lui li chiamava affettuosamente il
mostro a due teste per
la loro abitudine di fare tutto insieme-, stavano per andarsene.
Edwin, un ragazzo dai capelli corvini, ricci e arruffati, stava
prendendo la sua giacca e quella dell’amico dall’appendiabiti
nell’angolo della stanza vicino alla porta.
Basil bevve in un
sorso il fondo della sua tazza e raggiunse il compagno verso
l’uscita.
Era
corpulento, molto alto, probabilmente oltre il metro e novanta, e
nonostante avesse la stessa età di Harry aveva un’aria più
adulta.
Il viso aveva tratti decisi, la fronte era ampia, il naso
dritto e piuttosto importante. Il tutto era cosparso di lentiggini.
Fermò
Edwin prima che aprisse la porta, e si voltò verso il suo superiore.
Harry guardò i loro volti e sentì i sensi di colpa farsi strada a
morsi. Non poteva parlargli di Daniel, non si fidava ancora
abbastanza di loro.
Pensava comunque di avere una fortuna
sfacciata rispetto a Ron, che non si trovava bene con i suoi compagni
di squadra.
Allontanò
da sé la tazza.
Il caffè non gli piaceva un granché, ed era già
abbastanza agitato per conto suo.
“Signor
Dawlish!” esclamò Edwin, come se avesse dimenticato qualcosa.
Si
voltò nuovamente, cercando il volto lentigginoso dell’amico.
“A
che ora domattina?” continuò Basil, con la sua voce grave, che
aveva rilevato la sua aria interrogativa.
Nel frattempo si lisciò
i capelli ramati e vi calcò sopra il berretto.
“Io direi di trovarci alle otto in punto all’inizio di Diagon Alley. Dovremo interrogare i testimoni al posto della squadra di Shacklebolt.” Disse, dispiaciuto. “Due passanti e il fabbricante di bacchette. Harry, tu ti metterai in contatto con l’Ufficio Metropolvere per sapere quando il signor Haroche potrà ripartire.”
“Molto bene, a domattina.” Disse Basil con un cenno del capo.
“Arrivederci, Harry, signor Dawlish.”
“Arrivederci, Coulter, Toggenburg.”
“Signore, vado anch’io.”
Il
vecchio Auror sembrava aver aspettato quell’istante tutta la
sera.
Mentre un attimo prima appariva calmo e posato, d’un
tratto i suoi lineamenti si erano induriti, e ora serrava le mani una
nell’altra con aria tormentata. Non appena fu certo che i due
ragazzi se ne fossero andati, si avvicinò al tavolo appoggiandovi il
torace, spingendosi verso Harry, che indietreggiò appena per la
sorpresa.
Si riscosse e si avvicinò cautamente, con
nonchalance.
Nonostante gli premesse di tornare a casa e avesse la
mente già satura di domande, si costrinse ad ascoltare con molta
attenzione.
“Potter, so che questo è davvero sbagliato, ma lei è l’unico che io conosca abbastanza bene e di cui mi possa fidare qua dentro. Anche Megan Reeves, Adam Fullbuster e Rexford Grant, in quanto vittime dirette, sono al corrente della notizia. Speriamo che le voci di corridoio non si facciano troppo chiassose, o rischiamo di allertare i colpevoli. Prometta di non farne parola ai suoi compagni.”
“Io… certo.” Rispose lui, preso in contropiede.
“Temiamo
che ci siano degli infiltrati in seno all’Accademia.” Sputò
Dawlish, in un sussurro.
Era evidente lo scherno, il volto era
tirato dalla stanchezza, macchiato dal disonore.
“Lo sospettavo anch’io.” Convenne Harry, sperando di non essersi troppo sbilanciato.
“Non possiamo farne parola con nessuno. Nel verbale di oggi dovrebbe esserci il nome del colpevole – sempre che sia solo uno – ma non possiamo accedere allo schedario.”
“No, infatti. È vietato dal regolamento, fino al momento in cui sarà processato, bollato e messo negli archivi. Dove vuole andare a parare?” chiese, con una punta di sorpresa nella voce. Dawlish non aveva mai mostrato tutta quella confidenza.
“Il punto è, Potter, che noi abbiamo bisogno di quella lista per poter estirpare il problema alla radice, altrimenti possiamo dichiararci subito vinti e pronti ai prossimi soprusi. Perché se di infiltrati si tratta, questo è solo l’inizio.”
“D’accordo, ho capito.” Harry trattenne un sospiro esasperato.
“Voglio che lei mi aiuti a procurarmi quel verbale, Potter.”
“Ci sto, ma sotto condizione. Voglio fare le cose a modo mio.”
“Le lascio carta bianca.”
Il
mattino seguente, Harry sedeva al Paiolo Magico in compagnia di
Ronald e Daniel.
C’erano pochi altri tavoli occupati, ma la
fumarola che annebbiava la vista era quella di sempre. Harry
riconobbe due-tre volti, erano vecchi maghi sempre in viaggio che
facevano continuamente tappa a Diagon Alley. Fumavano come turchi
delle lunghissime pipe viola. Quando Tom il barista arrivò per
servirli e riconobbe il suo vecchie ospite s’illuminò come un
bambino alla vigilia di Natale.
L’espressione gioviale sul suo
volto, quasi veneratrice, gli ricordò tristemente Dobby, ma Harry
aveva imparato a giostrarsi con quei ricordi. Si concentrò sul
presente, mentre i due grandi occhi acquosi dell’elfo scomparivano
pian piano dalla sua mente…
“Signor Potter, quanto tempo!”
Dopo
un breve scambio di convenevoli, ordinarono tutti e tre una fetta di
torta di mele alla cannella e una cioccolata calda. Harry avrebbe
preferito tenere Daniel in casa per sicurezza, ma non aveva avuto
scelta.
Era da un po’ che aveva gli scaffali vuoti in cucina, e
non poteva offrire acciughe sott’olio, riso bollito e caffè
solubile al suo ospite.
“Ok, riassumendo, Ron. Ieri, prima di andartene, hai detto che conoscevi i nomi di quelli che si dovevano occupare dei due Ghermidori.”
“Sì, ho fatto una lista ieri sera.” Stirò una pergamena stropicciata sul tavolo e la pose davanti a Harry e Daniel.
“Almeno sappiamo da dove partire. Hai già i tuoi sospetti?” gli chiese, dando una rapida occhiata ai nomi, strizzando le palpebre alla vista della calligrafia di Ronald.
“Certo. Sai quanti ex Serpeverde ci sono all’Accademia?”
“Non ne ho idea.” Ammise Harry, colpito.
“Due. Theodore Nott e Daphne Greengrass. Io direi che dobbiamo partire da loro. Secondo la versione di Megan, la mia compagna di squadra,” spiegò, rivolgendosi a Daniel di tanto in tanto. “C’erano quattro squadriglie sul caso. Le nostre, e altre due che avevano il compito di stare in Accademia come ricambio in caso di problemi. Insomma, Harry, sai com’è che ci organizziamo.” Continuò, sbrigativo. “E a quanto pare, loro due fanno parte di una di queste. Come puoi vedere, i loro nomi sono in cima alla lista.” Concluse, con orgoglio.
Harry
non perse tempo a spiegargli che non aveva capito un accidente di
quello che c’era scritto.
Si limitò a dargli una pacca sulla
spalla a mo’ di ringraziamento. Daniel sorseggiava il cioccolato
con aria preoccupata e gli occhi bassi; non era poi molto concentrato
sulla faccenda.
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo.
“Daniel, avevo previsto di andare all’Ufficio Metropolvere del Ministero la settimana prossima, ma se hai necessità di tornare a casa presto farò il possibile.” Disse Harry, con l’aria comprensiva più credibile del suo repertorio. Non era mai stato molto bravo con i sentimenti.
“Non voglio che pensiate che io sia un codardo-”
“Non lo pensiamo!” lo interruppe Ron. “Senza di te non avremmo nemmeno saputo che Ginny era coinvolta.”
“Io non farei fatica a pensarlo, al vostro posto.” Ammise lui, con espressione avvilita.
“Abbiamo bisogno di te qui, Daniel.” Insisté Harry, sperando così di infondergli coraggio.
“Lo so, e per questo non me ne andrò fino a quando non avremo trovato Ginevra. Però sono nei guai… probabilmente mi perderò le ultime settimane di tirocinio sul campo in Brasile… e… e ho bisogno di mettermi in comunicazione con Tia. Sono convinto che potrebbe spiegarci parecchie cose. L’ho sentita parlare di Michael con Ginny, sono quasi certo che sappia qualcosa che possa interessarci. Dove posso trovare un gufo?”
“Io avrei Leotordo, ma purtroppo lo sto dividendo con il resto della famiglia e non sono sicuro che sia a casa oggi. In compenso c’è una guferia da qualche parte qui in centro.”
“Ci andremo oggi in mattinata.” Concluse Harry, che desiderava ardentemente rianimare la conversazione precedente. “Invece, Ron. Torniamo alla lista.”
“Ovviamente ci sono anche Rexford, Megan e Adam.” Borbottò, spostando lo sguardo sulla tazza vuota.
“E gli altri?”
“E gli altri non lo so. Sapevo dei Serpeverde perché li sto tenendo d’occhio per conto mio dall’inizio dell’anno.” Disse, arrossendo vistosamente. Stava spiando due futuri Auror come lui in nome delle vecchie rivalse? Sì. Era poi così sbagliato e imperdonabile? Per Harry, decisamente no. “C’è una sola cosa da fare.”
“So di cosa parli.” Tossicchiò Harry, fingendo di ignorare la prima parte del discorso. “Dawlish mi ha dato il permesso di frugare negli annali per il verbale di ieri.”
“Basterebbe una lista degli iscritti. Penso che ce ne sia una in segreteria. Potremmo dividerci in due gruppi.” Propose Ron con improvvisa veemenza. Azione! Finalmente avrebbe potuto concentrarsi su qualcosa che non fosse estremamente doloroso… “Ti fidi dei tuoi compagni Harry?”
“Non saprei, abbastanza, ma non troppo.” Buttò lì lui, poco convinto.
“Abbiamo bisogno di numero. Da soli è troppo complicato. E non possiamo coinvolgere Daniel, è già abbastanza inguaiato di suo.”
Daniel annuì, abbassando il capo.
“Però posso procurarmi informazioni. Contacterò Tia Haldale.” Disse, spalancando gli occhi azzurri verso i suoi nuovi amici. “Lei… lei è la mia ragazza.”
“Oh. Capisco.” rispose Harry, leggermente spiazzato. “Ottimo, allora. Non ci resta che preparare un piano. Una cosa rapida, possibilmente.” Aggiunse, tirando fuori dalla tasca dei jeans una penna Babbana e improvvisando una lista di cose da fare sulla pergamena straccia di Ron.
“Harry, che fai? Non ce n’è bisogno. Innanzitutto, mi sono scordato di dirti una cosa.”
“Che genere di cosa?” gli chiese lui, seccato.
“Il genere importante. Megan mi ha chiesto di incontrarci verso le dieci e io le ho proposto il Paiolo Magico. A quanto pare Shacklebolt l’ha nominata come nuova assistente, frattanto che Rexford è al San Mungo.” Si fermò, agghiacciato dall’aria contrariata dell’amico. “Non guardarmi così Harry! Cosa dovevo dirle?! In più pare che abbiano sostituito Rex con una nuova recluta, e vuole presentarmela.”
“Andiamo, Ron… quella ragazza è simpatica come una Caccabomba, e altrettanto esplosiva! E io non mi fido di lei!”
“Non dobbiamo dirle per forza tutto.” Suggerì Ron, con aria trionfante. “Eccola là, sta arrivando. Sta a vedere, ci penso io.” Concluse, con un tono che non ammetteva repliche.
Ron
fece spazio accanto a se sulla panca da bar e si sedette di fronte a
Daniel.
Megan doveva avere venticinque anni o giù di lì. Era una
strega spietatamente avvenente, la cui aria calma era
ingannevole.
Non era particolarmente dotata di tatto, si era
divertita a punzecchiare Ron più di una volta.
Al più giovane
dei Weasley ricordava terribilmente i suoi fratelli gemelli. Solo con
un’arguzia tutta femminile e un viso grazioso capace di far
ammutolire persino i loro superiori. Per questo motivo Shacklebolt si
era sempre rifiutato di affidarle la responsabilità del gruppo, ma
ora come ora non aveva avuto scelta.
La strega portava i capelli
scuri intrecciati e una frangia sbarazzina che la caratterizzava;
quel giorno inoltre indossava un cerchietto, che rendeva più marcato
il suo cipiglio. Indossava una giacca pesante di pelle e sotto un
abito viola piuttosto anonimo.
Ai piedi aveva due imponenti
stivali pieni di fibbie, con una suola di almeno cinque centimetri.
“Potter. E tu devi essere Haroche, giusto? Il testimone francese.” Disse, senza aspettare risposta.
“Ciao Megan.” Bofonchiò Ron, indispettito.
“Oh, ciao Ronnie.” Gongolò lei con un sorriso fasullo.
“No, hai ricominciato col Ronnie…” esclamò Ron, infuriandosi. “Merlino, quante volte devo dirtelo che…”
“Shush, pivello. Devo presentarvi qualcuno.”
Dietro
di lei comparve la recluta.
A Ron e Harry cadde la mascella.
“Seamus?”
“Harry, Ron.” Ammiccò lui, con un sorriso a trentadue denti.
“Ottimo. Che dire… cominciamo dalle cose più semplici allora. Seamus, tu ce l’hai un gufo?”
Ci
misero un po’ a raccontare la verità intrecciandola sapientemente
con qualche balla, ma ormai Harry era un maestro del mestiere. Megan
sorseggiava un’Acquarosa, ascoltando silenziosamente i resoconti
degli altri; era piuttosto pacifica, per i suoi standard.
Seamus
sembrava un altro, Harry l’aveva riconosciuto esclusivamente per i
lineamenti marcati del viso.
Ora portava i capelli leggermente più
lunghi sulla fronte, aveva una peluria ispida sul mento, negli occhi
si leggeva una determinazione tutta nuova. Aveva un’aria allenata,
pronta, risoluta, nonostante il suo scarso metro e settanta.
Era
pronto a scommettere che il suo vecchio amico aveva delle spalle
enormi, nascoste sotto a quel maglione azzurro Babbano.
Ron si era
limitato a squadrarlo dall’alto in basso, su e giù, senza riuscire
a frenare lo sguardo.
“E dunque seguirai le lezioni di quest’anno con Ron.” Concluse Harry, ancora basito dalla notizia.
“Proprio
così. È un piacere rivedervi ragazzi! Non siete cambiati di un
pelo!” disse con affetto.
Ron distolse lo sguardo, leggermente
innervosito. Non gli piaceva che rimarcassero la sua
bocciatura.
Megan alzò gli occhi al cielo, scatenando l’ilarità
generale.
Stava per ricominciare a parlare – Seamus era sempre stato un gran chiacchierone – quando Harry lo frenò tempestivamente.
“Abbiamo fretta. Dobbiamo trovare abbastanza gente da fare un diversivo, poi ci serve qualcuno che faccia l’allarme, e dobbiamo dividerci in due gruppi.” Tre, qualcuno doveva anche andare alla Gringott, ma questo lo tenne per sé.
“Quanti siamo in tutto?” chiese Seamus, con lo sguardo attento di chi vuole assolutamente partecipare.
“Io, Seamus, Ron, Megan, Adam?, Edwin e Basil. Dovrebbe andare, no?” disse Harry, abbastanza convinto dalla piega della situazione.
“Andiamo, Harry. Dimentichi qualcuno.” Si intromise Ron, con un’aria combattuta e leggermente contrariata. “Chi ha sempre ideato i nostri piani? Chi si è sempre preoccupata che tutto andasse per il verso giusto?”
“Hai ragione, Ron. Dobbiamo parlare con Hermione.”
“Andiamo, allora. Harry, stavolta pago io.” Si alzò e indossò rapidamente la giacca e una grossa sciarpa rossa e oro che aveva dai tempi della scuola. Ci era molto affezionato.
“Daniel, vieni con noi o preferisci tornare a casa?”
“Scherzi? Certo che vengo.”
“Megan?” chiese Harry, alzando lo sguardo verso la donna che era già in piedi da un paio di minuti.
“Io preferisco raggiungervi dopo, ci troviamo di nuovo qui oggi pomeriggio? Vado a vedere come sta Rexford.” Ammise, con un’aria abbattuta che non sembrava abituata a portare. Harry tergiversò.
“D’accordo, allora a questo pomeriggio. Mi raccomando, non farne parola con nessuno.”
“Per chi mi hai preso, Potter?” si offese lei. Fece un cenno di saluto a tutti quanti, poi abbandonò il locale per prima. Harry, Ron, Daniel e Seamus stavano ancora cercando di organizzarsi.
“Ok. Seamus, conosci l'indirizzo di casa di Hermione? Ci sei già stato?”
“Ehm, io… no.”
“Molto bene.” Disse Harry. “Andremo a piedi. È a un isolato appena da qui.”
Note dell’autrice
Siete solo in quattro ad averla messa fra le seguite, ma siete quattro preziosi sostegni. Volevo ringraziarvi di cuore, e avvisarvi che nonostante io continui a scrivere probabilmente pubblicherò i prossimi capitoli quando le vacanze saranno cominciate, perché ho un esame a breve e non riesco a rileggere e a correggere per bene i capitoli. Spero che Megan, Edwin e Basil vi piacciano! Prima o dopo compariranno nuovamente anche Adam e Rexford, e così potrete conoscerli più a fondo ^_^ Inoltre, ho creato una pagina FB per questa storia, in cui spammo banner e citazioni a manetta, se vi interessa è in alto vicino al mio nome sulla pagina autore! Passo e chiudo, buona domenica :*