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Autore: ClaireTheSnitch    09/12/2014    5 recensioni
Nel 1971, molte cose stanno cambiando alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Un gruppo conosciuto come i Malandrini muove i primi passi nel castello e diventa inconsapevolmente il punto di partenza di una leggenda.
Tuttavia, tra di loro, Sirius e Remus sono destinati a qualcosa di più grande.

L'evoluzione della wolfstar, dal 1971 al 1996. E' un progetto estremamente ambizioso, ma sono emozionatissima.
Buona lettura, e che la wolfstar sia con voi!
[Avvertimenti: il rating è in evoluzione, dal momento che la storia è ancora in corso.]
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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- Quattro -
Essenza di Purvincolo
 



Anno 1973, Natale (Quarto anno)
 
Lily Evans era un tornado di capelli rossi nella Sala Comune: non faceva altro che salire e scendere le scale del dormitorio, in preda al panico del ritorno a casa, ricordandosi di qualcosa all’ultimo secondo. Aveva le guance porpora e il fiatone quando urtò Sirius e fece cadere a terra una scatoletta di latta piena di matite colorate.
-Sirius!
-Buon Natale, Lily! – Sirius raccolse le matite e con un colpo di bacchetta le risistemò al loro posto.
-Anche a te. Scusa, sono di fretta. Dimentico un sacco di cose.
Sirius sollevò le mani in segno di resa e, ridendo, s’incamminò lungo le scale che portavano al dormitorio maschile. Tutti sembravano eccitatissimi di tornare a casa propria – come ogni anno, del resto – e invece per lui era davvero la prima volta.
Al primo anno, era tornato a Grimmauld Place durante le vacanze soltanto per sentirsi chiamare “disonore” e “traditore del tuo sangue” da tutta la famiglia, fatte le dovute eccezioni, e quindi aveva volentieri declinato l’invito nei due anni successivi. Senza dimenticarsi di spedire a casa due o tre Caccabombe di Zonko.
Quel Natale, però, sarebbe stato molto diverso: James l’aveva invitato a passare tutte le vacanze a Godric’s Hollow e lui pregustava quei giorni già da parecchio tempo, sperando con tutto il cuore che Remus e Peter potessero raggiungerli almeno per qualche sera.
Il baule era pronto da un’intera settimana e Sirius si sforzava fin troppo per nascondere un entusiasmo che reputava infantile; tuttavia rivolse un sorriso gigantesco a James e a Remus, che stava ultimando i suoi preparativi.
-Ho delle idee fantastiche per i nostri pomeriggi, Sirius.
Remus ridacchiò. –Oh, i vostri pomeriggi. Abbiamo già raggiunto questo livello, ragazzi?
Sirius si lanciò addosso a James e gli rubò gli occhiali. –Ah, siamo anche peggio. Avanti, quattrocchi, prova a riprenderti i tuoi cosi adesso che non vedi ad un palmo dal tuo naso.
-Sirius! Sirius! RIDAMMELI.
La scena era particolarmente divertente – era come guardare Sirius tornare ad un’infanzia che forse non aveva mai vissuto completamente. Era come vederlo giocare con un fratello e ridere fino ad avere il mal di pancia, le lacrime, la stupidità nella voce.
Gli altri due, ancora impegnati coi bagagli, non riuscirono a fare a meno di fermarsi ad osservarli, sorridendo invidiosi. Remus strinse a sé una pila di libri e distolse lo sguardo – erano così felici, e lui non c’entrava niente.



 
***


 
Il pollo ripieno della signora Potter era una leggenda culinaria e, come ogni leggenda culinaria che si rispetti, ogni anno era più buono e abbondante. Sirius aveva seppellito la faccia nel piatto e aveva deciso che per un po’ avrebbe soltanto ascoltato, ma sembrava che non fosse necessario: gli unici rumori erano quelli di mandibole e forchette, intervallati dagli occasionali frulli d’ali dei gufi in gabbia.
Remus aveva convinto i genitori a passare il suo primo pranzo di Natale fuori casa. L’impresa si era rivelata un po’ più complicata del previsto, dato che solamente due giorni prima c’era stato il plenilunio, ma Sirius aveva scritto personalmente alla signora Lupin sperticandosi in lodi sulle doti di tutti i Malandrini come infermieri.
Alla fine di uno scambio epistolare intenso e ossessivo, Remus era arrivato a casa Potter qualche ora prima, con un dolce impacchettato tra le braccia e un sorriso stanco e… bellissimo.
Sirius soffocò con il pollo e allungò le dita verso il bicchiere, disperato. Bellissimo, sì, aveva pensato proprio questo. Avrebbe dovuto fare qualcosa per quegli impulsi da poeta. Eppure, guardando Remus trangugiare il pranzo come un vero animale selvatico, non poté fare a meno di pensare che era tremendamente bello.
Ancora?
Cercò di scacciare quello strano ronzio di parole assurde svuotando un bicchiere di gazzosa.
Il signor Potter fece l’occhiolino a Sirius e gli versò due dita di vino. –Non diremo alla signora Black di questo, vero?
Sirius deglutì in fretta e rispose: -Non che le importi molto. Ho il permesso di ubriacarmi?
-Temo di no. – rimbeccò la signora Potter, scoccando uno sguardo di rimprovero che, non troppo stranamente, comprendeva anche James e gli altri ragazzi.
Dopo una manciata di secondi, infatti, esordì: -Dunque, cari, io non ho ancora dimenticato la lettera della professoressa McGranitt riguardante il vostro comportamento durante…
-Mamma. Per favore. – gemette James, con la bocca piena. –È Natale.
-Stai tranquillo, James. Non ho intenzione di rimproverarvi, e poi con te ho perso tutte le speranze. Vorrei solo che non trascinassi i tuoi amici e…
Sirius scoppiò a ridere. –Signora Potter, trascinarmi? Provo un immenso affetto per lei e non voglio sminuire suo figlio, ma se qui c’è qualcuno che trascina, quello sono io.
La signora Potter arrossì lievemente. Non importava l’età della signora in questione – il fascino di Sirius Black, un ragazzino sin troppo consapevole, colpiva indistintamente chiunque.
-Signora Potter, non avevamo pianificato tutto quel trambusto. – la rassicurò Remus, con una voce calda e quasi adulta che Sirius non ricordava.
Ed ecco, la magia aveva funzionato: James e Sirius facevano esplodere la bacheca di Grifondoro in mille coriandoli, trasformandola in uno stormo di pappagalli tropicali e colibrì così piccoli che s’infilavano nelle pieghe dei jeans, e Remus Lupin interveniva con la sua aria da bravo ragazzo.
All’improvviso, un corridoio trasfigurato nella foresta pluviale diventava un trambusto non pianificato.
Sirius rise tra sé, ammirato, e si bruciò la gola con quel vino così forte per non pensare che Remus aveva davvero dei begli occhi.
 


 
***

 
Sirius gettò la Gazzetta del Profeta sulle altre già lette e si alzò dalla sedia, pigro. La sua vescica aveva bisogno di sollievo da più di mezz’ora, ma aveva sonnecchiato accanto alle tazze della colazione in attesa che il bagno si liberasse; non sapeva chi l’avesse occupato dei suoi amici, ma sperava che in ogni caso non fosse rimasta troppa puzza.
Bussò alla porta. –Avanti, me la sto facendo sotto! Ci muoviamo?
-Sì, sì, due secondi!- gli rispose la voce di Remus, ovattata dalla porta di legno massiccio.
Sirius sbuffò. –Sei tu, allora! In quel bagno si possono fare tre cose, e sei incredibilmente lento per ognuna di quelle tre.
Sì udì un grugnito di disappunto. –Ti ho detto che ho quasi finito!
Sirius sentì la vescica mandargli pungenti segnali di protesta. Stringendo i denti e odiandosi per quello che stava per fare, spalancò la porta e fece per correre dov’era il wc, ma qualcosa di strano lo bloccò.
Remus non era nudo, né si stava lavando, o pettinando, o asciugando, o facendo qualunque cosa che Sirius avrebbe ritenuto plausibile.
Era lì, in piedi, coi pantaloni calati e in mutande, e sul lavandino giaceva una camicia bianca completamente zuppa di sangue. Dall’ultima costa, voltandosi verso l’addome ad arrivare quasi all’ombelico, una ferita rosso vivo spiccava sulla pelle quasi bianca di Remus.
Sirius inorridì e dimenticò totalmente perché si trovava lì.
-Che sta succedendo.
Remus lo guardò con aria colpevole.
La spugna che aveva in mano era imbevuta di Purvincolo e di sangue, e lui fece per tamponare ancora un po’; il taglio non sembrava profondo, ma era così grande che Sirius non poté fare a meno di immaginare Remus aperto in due, squarciato dai suoi stessi artigli durante la luna piena.
Dovette scuotere la testa per allontanare l’immagine e la strana sensazione pungente di alcune lacrime agli angoli degli occhi.
-Oh. Io… mi dispiace. N-non sono guarito bene. Ho avuto dei problemi con le medicazioni e questo bruciava e poi ho sporcato i vestiti e…
La mano di Remus iniziò a tremare. Un rivolo di sangue scivolò dalla bordo più superiore della ferita, e Sirius lo guardò raccoglierlo piano, stringendo i denti mentre la spugna sfiorava la pelle slabbrata.
-Scusa, Moony.
-Non serve che ti scusi.
-No, intendo che devi spostarti. – Sirius lo superò e si voltò per fare pipì. –Voglio aiutarti, assolutamente, ma la disinfezione con l’urina è un metodo un po’ sorpassato.
Dopo aver finito, gli si avvicinò e afferrò la boccetta di Purvincolo dal lavello. Svitando il tappo, osservò meglio le condizioni di Remus, e non ci volle molto per capire che quella spugnetta da doccia era appena sufficiente a fermare l’emorragia.
Sospirò e lo guardò con aria esasperata.
-Perché non hai chiesto aiuto?
-Perché io ho sempre bisogno d’aiuto.
-Anche psichiatrico, a quanto vedo.
-Sirius, dai, non farmi la predica. Fa già abbastanza schifo così.
L’altro fece spallucce, senza togliere gli occhi dai suoi, e assunse improvvisamente un tono pratico ed esperto. –Entra nella doccia.
Remus avvampò nonostante il dolore mandasse fitte ad intervalli regolari. –Cosa?
-Puoi tenere le mutande, lupacchiotto. Dobbiamo soltanto lavare la ferita prima che l’infezione peggiori, e poi versarci sopra il Purvincolo. Brucerà un sacco e sarà meglio che ti regga a me.
 
A fatica, Remus camminò verso la doccia e s’infilò al suo interno, gemendo di dolore. Sirius aprì l’acqua e ne provò la temperatura, prima di dirigere un getto leggero ma deciso lungo tutto il margine della ferita. La mano di Remus strizzò la sua spalla con tanta forza che le unghie penetrarono nella carne, ma Sirius ignorò il dolore e sciacquò con attenzione il sangue secco e piccoli grumi neri dove la carne era più martoriata.
Lo guardò piegarsi in due, vide il suo sudore freddo, lo sentì imprecare e balbettare cose senza senso. Aveva gli occhi annebbiati.
-Ok, Remus. Ora mi fermo. Respira profondamente prima che riparta con questa. – sussurrò, agitando la bottiglietta piena di Purvincolo.
Moony cercava di nascondere il fiato corto e le lacrime trattenute a forza, ma era quasi impossibile. Il suo viso stanco diventava più pallido ad ogni secondo.
-Non svenire qui, per favore. – si raccomandò Sirius, passandogli un braccio attorno alle spalle ed entrando con un piede nella doccia. Remus era più alto e pesante di lui, e non sarebbe stato semplice sorreggerlo senza peggiorare la ferita.
-Allora,- esordì Remus con un tono forzatamente casuale, -Com’è che sai tutte queste cose sulle ferite?
-Ho letto dei libri in merito.
-Libri Babbani?
-Anche quelli. – Sirius vide Remus riprendere un po’ di colore, e continuò: -Cercavo un metodo efficace che mi permettesse di infastidire mia madre e contemporaneamente di aiutare un amico senza far magie illegali.
Remus si lasciò sfuggire una risatina un po’ tremolante. –Ah, capisco. Libri Babbani sotto il naso della signora Black in persona: il sogno di una vita.
-In realtà ero più interessato ai tuoi pleniluni violenti.
-Credevo che fossimo tutti d’accordo a chiamarlo piccolo problema peloso.
-Continua a parlare.
-Cosa?
Sirius iniziò a versare l’Essenza di Purvincolo e Remus emise un mezzo grido. –Continua a parlare, ho detto. Ti distrae.
Remus cercò di obbedire con tutta l’energia che gli era rimasta. Sentì vagamente il sapore del pranzo ritornargli in gola, ma lo ignorò e si frugò la mente alla ricerca di qualcosa che non fosse male, male, male, quanto fa male.
-So che l’hai fatto per me. So che dev’essere uno schifo avere un amico che diventa un mostro una volta al mese. Un mostro vero, intendo. Ma sembra che per tutti voi non sia un problema.
-Oh, sì che lo è.- ribatté Sirius, mentre il Purvincolo gli macchiava i vestiti. –Il piccolo problema peloso, si chiama così, giusto?
Remus si lasciò sfuggire uno sbuffo impaziente. –Dai, Black, sai che intendo.
-Ma certo, Lupin.
-Sono stato morso da bambino. Non ricordo nulla di quel giorno, se non tanti piccoli dormiveglia intervallati da momenti in cui desideravo morire.
Il volto di Sirius perse tutta l’aria allegra e spensierata. Tappò il flacone e iniziò a fasciare Remus con delle bende pulite, senza interromperlo.
-La prima trasformazione che ricordo è avvenuta in camera mia. Avevo visto mio padre barricare la porta con delle assi e alcuni incantesimi, come se fossi un mostro da imprigionare. Lo faceva per me, ora lo so, ma a quell’età capivo soltanto che non mi volevano. Ho distrutto l’armadio e ucciso il canarino. Avrebbero dovuto tenerlo lontano da me.
Il silenzio, nelle pause, era un’entità palpabile, squarciata dallo stillicidio del rubinetto.
-Ogni mese ho una nuova cicatrice. E sai qual è la cosa peggiore, Sirius? – gli domandò, buttando la camicia nei panni sporchi e infilandone una pulita.
Sirius non rispose e lo fissò di rimando.
-Sono sempre isolato, quando mi trasformo, in modo da non poter far del male a nessuno, e quindi finisco per farne a me stesso. Ma il disgusto, la mostruosità vera, è che quando sono il lupo io desidero avere qualcun altro a cui squarciare la pelle. Il lupo sono io. E non ferisco me stesso per qualche assurda forma di tormento interiore: vorrei davvero avere una vittima da uccidere.
Sirius non sapeva cosa dire e si limitò a toccare, tremante, una spalla di Remus. Lui si ritrasse dal contatto, improvvisamente sull’orlo delle lacrime e molto rabbioso.
-Sono stanco della pietà.
-Non ti sto compatendo.
-Hai paura di me?
-Sei pallido e ferito e leggi libri da femminuccia. Ho paura di te?
Remus non si curò della lacrima che, solitaria, scese lungo la guancia sinistra. –Sarebbe stato meglio morire dopo che quel licantropo mi…
Sirius afferrò Remus per la collottola e lo trasse a sé, furioso. –Non finire la frase, se non vuoi essere picchiato qui come un bambino. Non ho paura di farlo.
Remus gli era così vicino che riusciva a vedere ogni piccolo dettaglio sul suo volto, sulle sue labbra screpolate, e sentiva le guance inondate dal calore del respiro di Sirius. Trattenne il fiato, quasi spaventato da ciò che vedeva in quegli occhi.
Sirius lo lasciò andare bruscamente e aprì la porta del bagno per andarsene. –Vaffanculo, Remus. Davvero, vaffanculo.
 

 
***


Le vacanze di Natale terminarono in fretta – l’ultimo giorno fu tutto un copiare convulso di compiti e temi tra James e Sirius, sotto lo sguardo di disapprovazione della signora Potter, che continuava però a viziarli con biscotti e cioccolata a qualunque ora e a riempirli di complimenti.
-Mamma, io e Sirius stiamo cercando di parlare.
La signora Potter sorrise amabilmente. –Per questo vi ho portato il tè. Dovrei spolverare qui in camera tua, James, se solo…
-Domani riparto per Hogwarts. Potrai fare tutte le pulizie che vorrai.
Sua madre sbuffò e uscì dalla stanza, senza dimenticarsi di chiudere la porta alle proprie spalle. Era invadente come nemmeno la madre di Sirius era mai stata, ma non dimenticava mai nulla che riguardasse James. Probabilmente era uno dei vantaggi di essere figlio unico.
-Di cosa esattamente vorresti parlarmi, Sirius? – gli domandò James, scottandosi la lingua con il tè.
-Remus.
-Ho notato gli sguardi tra voi. È rimasto solo due giorni, ma sembrava che non vedesse l’ora di andarsene dopo la prima sera.
-Abbiamo avuto un piccolo scontro in bagno.
James crollò sul letto, sbadigliando. –Immaginavo. Non siete mai stati pacifici. Cioè, Moony lo è, e invece tu non lasci in pace nessuno.
Sirius scosse la testa come se quelle parole non avessero importanza. – Ascoltami, James. Ricordi quella cosa che avevamo provato lo scorso anno, con scarsi risultati?
-Entrare nell’ufficio di Lumacorno e rubargli i liquori?
Sirius tacque, esterrefatto da quell’improvvisa stupidità. –No, James, io mi riferisco a…
James scoppiò a ridere. –Sì, sì, ho capito. Stai tranquillo, stavo solo cercando di scherzare. È un po’ che ti vedo cupo.
Si risollevò a sedere e lo guardò fisso, sistemandosi gli occhiali sul naso. –Cosa ti fa credere che siamo in grado di diventare Animagi ora?
-Nulla. Non ora. Siamo dei ragazzini che non hanno ancora preso i G.U.F.O. E qui l’esperto di Trasfigurazione sei tu. Ma se solo continuassimo ad esercitarci, e studiare, magari ci riusciremmo prima di finire Hogwarts.
-Non lo so, Sirius. È magia complicata. Credi di avere le stesse capacità della McGranitt?
Sirius ghignò, nel tentativo di imitare in qualche modo il suo solito sorriso sprezzante. Tutto quello che James scorse, però, fu una smorfia di preoccupazione.
-Merlino, che succede? – lo rimbeccò, - Che cosa vi siete detti tu e Remus?
-Mi ha detto delle cose. Sui licantropi. Insomma, su quello che diventa quando si trasforma. – Sirius giocherellò con un buco nella maglietta, - Credo che abbia bisogno di compagnia durante la trasformazione. Si ferisce. Sempre peggio. E lo so che ci abbiamo già provato, lo so che abbiamo già fatto questo tentativo per lui, ma dovremmo impegnarci di più.
-Per me va bene. Sono io il migliore in Trasfigurazione, qui. Adesso levati dalla faccia quell’espressione da funerale, o ti affatturo.
 
Sirius si arrampicò sul gigantesco letto a baldacchino del dormitorio. La cena di ritorno a Hogwarts era stata un tripudio di cioccolata fusa e dolci stranieri, e la sua testa era quasi stordita dagli zuccheri.
Con gli occhi semichiusi e pesanti, aprì un cassetto del comodino e rovistò per qualche secondo, alla ricerca di un libretto dalle pagine vuote ma rovinate. Esattamente a metà, c’era un bigliettino tutto spiegazzato.
 
Sirius – Padfoot
James – Prongs
Peter – Wormtail
 
Accanto ad ogni soprannome – su cui avevano speso ore di incessanti cambiamenti – era disegnata piuttosto grossolanamente la forma di un animale. Sopra al nome di Sirius, c’era un cane, poi un grande cervo con delle corna ancor più estese sulla pagina – megalomane, James! – e un topolino con una coda troppo lunga per Peter.
Avevano usato mille formule di Aritmanzia per calcolare coordinate, ascendenti, probabilità su qualsiasi frangente potesse riguardare la loro nascita e avevano tutti individuato il loro animale ideale su un libro disgustoso e muffito intitolato Trasfigurazione umana: un’applicazione pratica; tuttavia, quando poi erano giunti al risultato giusto, era come se avessero sempre saputo la risposta dentro di loro. Nessun altro animale sarebbe mai stato più adatto a ciascuno dei tre, e Remus poteva anche tenersi quel suo stupido soprannome.
Moony, pensò Sirius, con lo stomaco stranamente stretto. Il mio nome resta sempre il migliore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 

"Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!"

Bene, eccomi qui con il quarto capitolo di questa long.
Spero di non avervi deluso, anche se l'ultimo capitolo non ha avuto poi così tanti riscontri positivi. 
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, le seguite e le ricordate: se ognuno di voi lasciasse una recensione sareste il mio esercito privato!
*si sfrega le manine*
Oh, avanti, è quasi Natale, e far felice una testa vuota come me non è poi così difficile!

Nel prossimo capitolo avremo una vera e propria bomba, perciò continuate a seguirmi e non dimenticate di commentare!

Baci e buone feste,
Claire.

(avete fatto l'albero? cosa volete per Natale?)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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