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Autore: Fatelfay    11/12/2014    3 recensioni
Felce vive con la sua numerosa famiglia in un villaggio vicino a una foresta, ma non è come tutte le altre ragazze. I capelli color fronda e la sua abilità nel prendersi cura dei raccolti hanno sempre fatto dubitare a tutti della sua completa umanità, sebbene tutti l’accettino. Ma quando il mostro della foresta palesa la sua esistenza, Felce potrebbe essere l’unica a poter proteggere il proprio villaggio.
[3° classificata al contest “Sangue di Drago – Fantasy Contest” indetto da ManuFury]
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Zwischen Wald und Dorf



2. Im Wald


La terra è dura sotto i piedi e il fumo denso e nero le impedisce di vedere alcun ché. Felce non osa respirare. Sfiora con una mano il tronco liscio dietro di lei e ha di nuovo conferma di dove debba andare. È una sensazione interna, perfettamente irrazionale, puramente istintiva e lei sa che è sincera e assolutamente affidabile. Muove i primi passi silenziosi in avanti, consapevole dell’ultimo breve tratto ancora da compiere. Non vede niente e sa di aver a disposizione ben poco tempo prima di dover respirare quel fumo. Si muove con destrezza, senza inciampare nelle radici né sbattere contro i tronchi d’albero. Dopo averne superati alcuni, si ferma di colpo con gli occhi verdi sgranati. Si volta ad osservare il fumo denso alle sue spalle e torna a guardare davanti a sé: vede i fusti nodosi e marroni degli alberi, il muschio arrampicarsi su di essi, le fronde verdeggianti, i massi grigi, la terra umida e scura coperta di fiori gialli, violetti, blu, rosa e arancioni, l’erba rigogliosa e umida. Non c’è nemmeno un filo di fumo. Felce prende un respiro profonda di aria pulita: sa di primavera, di vita di foresta. Si guarda attorno e tende le orecchie per cogliere qualsiasi rumore anomalo, ma non sente niente. Nel bosco regna il silenzio assoluto ed è inquietante. È innaturale, assurdo, malato, pericoloso, teso. Felce è tesa, pronta a scattare. Non succede nulla e lei decide di fare un passo in avanti. Si ferma e solo dopo alcuni secondi osa farne un secondo. Si ritrova stesa a terra, schiacciata contro il suolo da un peso che le grava sullo sterno e le impedisce quasi di respirare. Una mano preme sul suo collo, per strozzarla, ma lei ci conficca le corte unghie. La mano allenta leggermente la presa ma non si sposta di un solo millimetro, mentre una voce baritonale trattiene, senza riuscirci troppo, un gemito di dolore. La presa torna a stringere, ma Felce continua ad aggredire la mano che la strozza, a scalciare e a dimenarsi per levarsi di dosso chiunque o qualunque cosa stia cercando di ucciderla. Non ha idea di chi o di che cosa stia combattendo, i raggi di luce che riescono ad attraversare le fronde sono pochi e la figura che la schiaccia a terra è in contro luce. A Felce manca l’aria e sa di avere solo una manciata di secondi prima di non essere più capace di reagire. Usa tutte le forze che ha per liberarsi dell’aggressore e, quando crede di non avere più speranze, il peso sul petto svanisce e lei torna a respirare mentre il rumore secco di un albero che si spezza le rimbomba nelle orecchie. La ragazza si rannicchia in posizione fetale, coprendosi la testa e respirando a bocca aperta. Delle parole e i battiti di due cuori le giungono alle orecchie mentre degli odori che non ha mai sentito le stuzzicano il naso. Registra ogni informazione attentamente, sebbene non riesca a concentrarsi su nient’altro che non sia il suo cuore che batte frenetico e il suo respiro ansioso.
- È una ragazza!- Dice intanto una voce maschile, non molto acuta.
- Potrebbe essere una di loro.- Ribatte seccata una voce baritonale.
- Se lo fosse, non si sarebbe quasi fatta uccidere da te.- Sbuffa l’altra dopo un sospiro profondo, fatto per mantenere la calma. La voce baritonale non risponde.
- Credi che stia bene?- Aggiunge dopo alcuni secondi di silenzio.
- Respira e le batte il cuore, anche se un po’ troppo velocemente.- Assicura la voce più acuta. Segue un attimo di silenzio, il rumore di un paio di passi sull’erba, poi la stessa voce aggiunge:- Dovresti sputarci sopra, prima che si infettino.-
Felce intanto si è ripresa ma non si azzarda a muoversi: finché i due ragazzi la credono incapace di reagire, molto probabilmente non le faranno niente. Il leggero rumore di passi che si avvicinano, le fa balzare il cuore in gola.
- Tutto bene? Sei ferita?- Chiede la voce più acuta, ma dal timbro maschile. È premurosa e gentile, ma Felce non azzarda alcun movimento.
- Sento il tuo cuore e il tuo respiro. So che hai recuperato il fiato. Per il resto stai bene?- La ragazza scatta a quell’affermazione e si allontana il più possibile dalla persona che le sta accanto. Si mette spalle ad un albero, pronta a scalarlo, e osserva attentamente le due figure che le stanno dinanzi. Quella che le si era avvicinata ha fatto un passo indietro, mentre l’altra si è alzata e ha raggiunto la prima. Poco distante da lui c’è un albero abbattuto, dal tronco spezzato, con mille schegge di legno sparse tutt’attorno. Le due figure appartengono a due ragazzi della sua età. Quello dalla voce più acuta ha i capelli rossi scompigliati e ribelli e la pelle ambrata, quasi caramellata. Ha il naso e le labbra sottili, gli zigomi alti e taglienti, le guance incavate e gli occhi color brace rovente. Felce può sentire l’odore caldo, bruciante del fuoco avvolgerlo. Lui indossa una maglia sgualcita, dalle maniche strappate che lasciano nude le braccia su cui si possono vedere delle linee arzigogolate color fuoco avvolgergli i polsi e risalirgli lungo le braccia magre fino ai gomiti. Il suo compagno è magro quanto l’altro e indossa gli stessi vestiti laceri dal colore indefinito. Ha una carnagione grigia, gli occhi argentati e i ricci, che gli sfiorano le spalle, grigi perla. Il suo odore è molto più forte di quello del suo compagno, sebbene sia più delicato. Molto probabilmente, ciò dipende dalla mano sanguinante coperta di saliva. Sa di vento, fumo, impalpabilità. Lo stesso ragazzo non sembra essere davvero completamente davanti a Felce, come se potesse dissolversi nell’aria da un momento all’altro.
- Calma, va tutto bene. Io sono Carminio e lui è Antrace. Mi scuso per lui in anticipo, visto che lui non lo farà.- Dice il ragazzo dai capelli color fuoco. L’altro sbuffa contrariato dalle parole dell’altro.
- Se avessi saputo che non era una di loro, non le avrei fatto niente. Inoltre quale ragazza si inoltra in una foresta da sola?- Esclama leggermente infastidito. Il tono di Antrace non piace a Felce, che si deve mordere le labbra per non rispondere in maniera piccata.
- Io sono Felce.- Risponde, invece, in maniera più tranquilla, senza riuscire a trattenere l’occhiata obliqua diretta al ragazzo color grigio. A tale risposta, Carminio e Antrace spalancano gli occhi stupiti, poi le labbra del primo si aprono in un sorriso.
- Davvero? Una Flemmare?- Questa volta è il turno di Felce di rimanere stupita.
- Anche voi?- Chiede, non fidandosi completamente delle parole dei due sconosciuti.
- No. Abbiamo l’odore di un Flemmare, sentiamo il battito cardiaco, il respiro e l’odore di qualsiasi essere vivente a metri di distanza, non abbiamo l’aspetto di normali esseri umani, abbiamo il nome di un colore, ma non siamo Flemmari. Per niente. Siamo due ragazzi normali che vivono da soli in un bosco.- Le risponde sarcastico Antrace. Felce gli scocca un’occhiata assassina ma prima che possa rispondere Carminio dà una gomitata nelle costole al compagno e sospira, cercando di mantenere un sorriso rilassato.
- Sì, lo siamo. Anche se non siamo abbastanza grandi da incontrare i nostri padri. Sei sicura di stare bene?- Chiede nuovamente, con vera preoccupazione.
- Sì. Siete stati voi a creare quel fumo, i botti assordanti e a far tremare la terra?- Chiede lei. I due ragazzi si guardano un attimo, come consultandosi su cosa dire.
- Sì, si potrebbe dire così. Ti sta seguendo qualcuno?- Dice infine Carminio, mentre Antrace incrocia le braccia davanti al petto e guarda a terra, completamente disinteressato alla faccenda. Felce nota che si sta massaggiando lentamente il punto in cui si è beccato la gomitata.
- No. Perché dovrebbe inseguirmi qualcuno? E poi chi?-
- I Cacciatori, per rivederci al mercato come schiavi o oggetti da collezione.- Risponde Carminio, mentre un brivido gli percorre la schiena. Antrace stringe le braccia attorno al busto, quasi conficcandosi le dita nelle costole. Il volto di Felce passa da perplesso a sbalordito, sentendo la risposta. Impiega qualche secondo prima di trovare le parole per ribattere.
- Non è possibile. I nostri genitori umani ci proteggono finché non siamo adulti, poi il nostro genitore Drago ci viene a prendere. Nessuno dovrebbe darci la caccia. I nostri genitori si prendono cura di noi, non lo permetterebbero mai.- Dice infine, aggrottando le sopracciglia. Carminio sospira mentre i suoi occhi color brace accesa si incupiscono.
- Non tutti hanno genitori così premurosi.- Ribatte acidamente la voce baritonale di Antrace, che fissa su di lei uno sguardo cupo e tempestoso.
- Di solito ti crescono fino all’età di tre anni poi, appena trovano qualcuno che li paga abbastanza, ti vendono senza pensarci su due volte. E allora non c’è proprio nessuno a cui chiedere aiuto o che si preoccupi per te.- Spiega poi, con altrettanta acidità. Felce, però, può giurare di sentire sotto al risentimento, troppo dolore nascosto.
- E non avete mai pensato di dirlo ai vostri genitori con la scaglia?- La domanda di Felce lascia perplessi i due Flemmari.
- Quale scaglia?- Chiede Carminio con la fronte corrugata.
- Quella che ogni drago lascia ai propri figli Flemmari. I vostri genitori umani dovrebbero avervi spiegato come funziona.- I due ragazzi negano con il capo, con grande stupore della ragazza.
- Sicuri? Dovrebbe assomigliare a questa.- Felce mostra loro la scaglia verde della madre. Loro la guardano come se non avessero mai visto qualcosa di simile prima di allora.
- Non ho mai avuto qualcosa di simile a quella.- Afferma il Flemmare dai capelli di fuoco e guarda il compagno per sondarne l’opinione. L’altro ha gli occhi argentati ancora fissi sulla pietra verde, ma Felce non saprebbe dire cosa egli stia pensando. Solo dopo qualche altro secondo, il ragazzo parla:- Non ricordo di averne mai avuta una, ma ne ho viste di simili.-
- Dove?- Chiede Carminio. Antrace deglutisce e le dita sbiancano mentre si conficcano con più profondità nella sua pelle.
- Al mercato.-

Felce spalanca gli occhi inorridita e stringe al petto la propria scaglia.
- Le rivendevano a caro prezzo, insieme con i Flemmari. Sono taglienti e indistruttibili.- Spiega Antrace, con gli occhi argentati fissi sulla ragazza:- È quello che hanno detto i Cacciatori, mentre prendevano il pagamento.- La sua voce è ferma, completamente inespressiva. Il silenzio cala sul trio per qualche interminabile minuto. Carminio fissa il Flemmare con occhi lucidi, mentre Felce ha il cervello ancora bloccato sulle ultime informazioni ricevute. Il silenzio permane assoluto, nessuno si muove. Poi la ragazza esplode.
- Non se le possono tenere. Sono vostre! Dobbiamo riprendercele!- I due ragazzi la fissano sbalorditi.
- Dovete riprenderle o i vostri genitori non vi troveranno mai. Mia madre me lo ripete ogni giorno e mio padre le fa eco almeno una volta ogni mese.- Felce è infervorata dalle sue stesse parole e dall’indignazione che la situazione genera in lei, nemmeno si accorge che i due ragazzi la guardano come se fosse matta, mentre lei pensa ad un piano.
- Potremmo andare al mio villaggio e chiedere aiuto a mio padre e mio fratello. Sicuramente anche gli altri cacciatori vi daranno una mano.- I due Flemmari scattano all’indietro, diffidenti.
- Tuo fratello è un Flemmare?- Chiede Carminio, troncando sul nascere la domanda di Antrace, mentre i suoi occhi color brace ardente studiano la ragazza.
- No.- Nega nuovamente lei:- È il figlio di mio padre e sua moglie, la mia madre adottiva.-
Lo sguardo incandescente di Carminio si fa più penetrante e curioso.
- E lei sa che sei una Flemmare?- Felce nega con il capo.
- E non si è mai chiesta da dove tu arrivassi?- Felce sorrise.
- Sì, ma papà ha trovato una scusa accettabile. Mia madre mi ha lasciato da lui una sera e lui ha detto a sua moglie che gli ero stata affidata da dei gitani e che non poteva abbandonarmi. Il tutto con somma gioia dei miei fratelli che hanno avuto una sorellina.- Carminio sbatte le palpebre un paio di volte, corruga la fronte e stringe le labbra.
- Ah.- Dice alla fine, come se gli fosse tutto chiaro, mentre il suo volto si distende e un leggero sorriso torna ad animargli le labbra, nonostante i suoi occhi ardenti la stiano ancora studiando.
- Vado a parlarne con mio padre.- Decide la ragazza. Alza gli occhi verdi al cielo che a malapena si intravvede attraverso le fronde e capisce immediatamente che il tramonto è imminente.
- Devo anche dir loro che sto bene.-
- Non puoi farlo. Loro non ci aiuteranno mai. Appena sapranno quanto valiamo, ci cattureranno e ci venderanno al primo che capita.- La blocca Antrace, con le braccia ancora conserte. Felce scuote la testa negando.
- Ti puoi fidare di loro.- Prova a rassicurarlo lei.
- Certo!- Sbotta Antrace, dopo uno sbuffo spazientito:- Ci possiamo fidare così tanto di loro, che né tu né tuo padre avete detto che sei una Flemmare. Appena scopriranno che non sei una Mezzelfa o che nelle tue vene non scorre sangue di Driade, ma quello di un Drago, scapperanno via a gambe levate e troveranno un modo per sbarazzarsi di te. E tuo padre non ti darà una mano!- Felce si paralizza, ferita da quelle parole dette con tanto astio, troppa rabbia a stento contenuta e molta voglia di ferire. La ragazza sente gli occhi pungerle, mentre le immagini si sgranano e sa di avere gli occhi lucidi. Non le è di conforto sentire la voce di Carminio rimproverare il compagno e alzarsi di volume, spaventando gli abitanti della foresta. Non le interessano le parole che provano a trattenerla lì, mentre lei, rapida, si arrampica su un albero e scappa via. È veloce quasi quanto il vento, mentre i suoi piedi sfiorano a malapena le fronde degli alberi, incendiati dal tramonto sanguinolento.
Arriva a casa in pochissimo tempo, scalza e senza cestino. Entra con le guance rigate dalle lacrime, sbattendo la porta alle spalle, e sale di corsa le scale per chiudersi in camera, senza nemmeno sentire le voci della sua famiglia chiamarla, esprimere sollievo, porle domande, provare a trattenerla. Sbatte la porta della propria camera e si butta sul suo letto, rannicchiata in posizione fetale, le orbite premute contro le ginocchia, le braccia strette a proteggerle la testa. E, finalmente, piange.

Carminio si alza di scatto e inizia a camminare in cerchio, passandosi nervosamente le mani fra i capelli. Sente la propria temperatura corporea salire ulteriormente, come se non fosse già abbastanza caldo di suo.
- Come ti è saltato in mente di dire quelle cose?- Urla infine, fermandosi e indicando con le mani aperte Antrace. Quest’ultimo alza i propri occhi argento dal sasso che stava contemplando e li fissa, freddi e tranquilli, in quelli ardenti dell’altro. Non dice niente, rimane fermo, seduto con le spalle contro un tronco d’albero, le lunghe gambe accavallate.
- I vestiti.- Dice soltanto, dopo alcuni secondi. Carminio stringe i pugni e li porta lentamente lungo i fianchi, cercando di abbassare la propria temperatura, prima di dare fuoco, di nuovo, ai propri vestiti. È solo di recente che ha scoperto di poterlo fare e non ha ancora il pieno controllo sul proprio potere.
- Sai quanto m’importa!- Esclama, cercando di mantenere il discorso sul tema originale.
- Voleva solo aiutarci!- Antrace sbuffa e solleva gli occhi al cielo.
- Certo, sguinzagliandoci dietro i cacciatori che avevamo allontanato con il fumo, il piccolo terremoto e i boati. Proprio un gran bell’aiuto. Ora che mi detesta non dirà a nessuno dove siamo. Ho solo fatto in modo di proteggere tutti.- La voce di Antrace è ferma e tranquilla, non tentenna minimamente. Se è possibile, questo fa aumentare l’ira che scorre come lava nelle vene di Carminio.
- Non tutti i genitori Umani di un Flemmare sono come tua madre!- Grida e non gli importa di svegliare tutta la foresta. Fa a tempo a notare il guizzo nello sguardo argentato dell’altro e si ritrova a terra, bloccato dal peso di Antrace. Sa di poterlo ribaltare con facilità, ma ciò che lo tiene davvero inchiodato al suolo, contro l’erba che si sta seccando e inizia quasi a prendere fuoco, sono gli occhi di lui.
- È quello che fanno tutti. L’ha fatto anche la tua.- Carminio può sentire la voce baritonale dell’altro vibrare nelle proprie ossa, mentre parla. Poi Antrace si china e sussurra nel suo orecchio, facendolo rabbrividire maggiormente:- Ricordo ancora come piangevi, quando hai capito che ti aveva venduto.-
Prima ancora che la frase sia finita, il peso che schiaccia Carminio svanisce in un movimento sfocato di grigio. Il Flemmare rimane immobile a guardare le fronde degli alberi. Si alza solo dopo un tempo infinito e si inoltra nella foresta. Dietro di sé ci sono solo fili d’erba neri a segnare il suo passaggio.

La porta della camera si apre silenziosamente e Dennis entra, chiudendola dolcemente alle proprie spalle. Non ha cenato, non dopo aver visto la fuga disperata di Felce. Sa che la sorella adottiva ha avvertito la sua presenza già da quando lui era sulle scale, ma il giovane uomo non può fare a meno di avvicinarsi il più silenziosamente possibile al letto di lei. La trova rannicchiata sul copriletto, la treccia verde non più perfetta le ricade dietro la schiena. Dennis chiama la sorella per nome ma non ottiene alcuna risposta. Costeggia il letto e si siede lentamente accanto alla sorella.
- Felce?- Prova di nuovo, mentre allunga lentamente una mano verso la spalla di lei. La ragazza sussulta un attimo prima di essere toccata e lui ritrae la propria mano.
- Che cosa è successo?- Gli risponde solo un mugugno incomprensibile. Dennis prova a sfiorare la sorella e lei non si muove. Quando appoggia il palmo sulla spalla di lei, sente tutta la tensione che l’attraversa e che pian piano, sotto le proprie dita, va a dissolversi.
- Felce?- La chiama di nuovo, deciso a consolare la sorella e scoprire cosa la renda così triste.
- Cos’è successo nella foresta?- La sorella si rannicchia maggiormente, accoccolandosi più vicino al fratello. Lui inizia a carezzarle delicatamente la schiena, cercando di alleviarne il dolore e la tensione. Riesce nel suo intento solo dopo molto tempo, quando la notte è calata già da ore e tutti sono andati a dormire. La sorella si è completamente rilassata e gli si è avvinghiata addosso.
- Cosa c’è nella foresta?- Chiede nuovamente Dennis, la voce ridotta a un sussurro grave. La ragazza alza i propri occhi verdi su di lui.
- Flemmari.- Risponde:- Altri mezzi draghi come me.-

Basta quella frase a far scattare Dennis fuori dalla stanza e ad avvicinarsi a quella dei genitori. Accosta l’orecchio alla porta e, non sentendo alcun rumore, bussa. Aspetta qualche altro secondo, poi abbassa la maniglia ed entra. La stanza è avvolta nel buio, ma lui la conosce a memoria e giunge accanto al letto senza esitazione. Chiama il padre e lo scuote delicatamente per una spalla, finché lui non si sveglia di soprassalto e cerca qualcosa sotto il cuscino.
- Sono io, papà.- Sussurra il figlio:- E ho il tuo pugnale.- Cerca con una mano quella del padre e, appena la trova, poggia su di essa l’arma.
- Perché mi hai svegliato?- Chiede l’uomo, ancora assonnato ma non meno arrabbiato.
- Felce. C’è qualcosa che devi sapere.- Il padre si alza immediatamente, infila le pantofole accanto al letto e segue Dennis, mano nella mano, fuori dalla camera fin dentro quella del figlio. L’ambiente è rischiarato dalla luce di una candela posta sul tavolino e la figlia minore è seduta sul letto. Felce si volta verso di loro e spalanca gli occhi sorpresa. Li ha gonfi e arrossati e le tremano le labbra. Il padre corre subito dalla figlia e le poggia le mani sulle spalle, mentre si siede accanto a lei.
- Che cosa è successo? Stai bene? Ti hanno ferita?- Domanda a raffica l’uomo, senza lasciare alla figlia il tempo di rispondere. Si ferma solo quando sente la mano di Dennis appoggiarsi sulla sua spalla e la sua voce chiamarlo. L’uomo si volta a guardare il figlio che gli fa cenno con la testa di tacere e stare ad ascoltare ciò che la figlia ha da dire. Il padre riporta la sua completa attenzione su Felce, senza lasciarle le spalle. Aspetta, finché la sua pazienza non è ricompensata e la figlia inizia a sussurrare ciò che ha scoperto del bosco.

Il sole sorge lentamente, illuminando il bosco di mille gradazioni di verde e risvegliando il villaggio con calore e dolcezza. Gli uccelli diurni iniziano a svegliarsi, cinguettano, annunciando il buon giorno a tutti. Ben presto il mondo riprende vita, mentre gli animali notturni riposano. È una giornata come tante, sia all’interno della foresta sia al villaggio. Eppure il mormorio che dopo pochi minuti inizia a diffondersi tra i compaesani annuncia tutt’altra storia. In pochi minuti, dopo che tutti hanno ricevuto la convocazione, la piazza principale è gremita di persone mentre le case sono vuote. In un angolo, c’è una donna che piange, consolata dal marito e circondata dai figli tristi, mentre accanto a lei c’è una donna spaesata, distaccata dalla realtà, che prova a mantenere un aggancio con quanto sta accadendo, stringendo la maglia del proprio consorte. Nessuno ha idea di cosa stia succedendo ma le spiegazioni non tardano ad arrivare. L’anziana Rebecca è morta nella notte. La frase secca e piena di cordoglio attraversa la piazza paralizzando sul posto tutti i presenti. Felce stringe l’abbraccio attorno al fratello e affonda il volto nel petto di lui, che le coccola la schiena mentre il resto della famiglia la guarda con compassione. Dopo la famiglia di Rebecca, è sicuramente la ragazza dai capelli verdi a soffrire di più per tale perdita. Ciononostante lei non si lascia sfuggire nemmeno una lacrima, neanche un singhiozzo. Ha già pianto abbastanza la notte appena passata per poter versare altre lacrime. Il capo del villaggio continua a parlare, esprimendo cordoglio e vicinanza alla famiglia a nome di tutti, affermando che non li lasceranno soli, forti dell’affetto che li unisce. Prima che possa concludere il discorso e permettere a tutti di tornare alle proprie faccende, il padre di Felce fa un passo avanti e alza una mano per attirare l’attenzione di tutti. La ragazza dai capelli verdi affonda maggiormente il viso nel petto del fratello maggiore, mentre Kira e Sean la circondano, per proteggere dagli sguardi altrui. Nessuno, oltre a lei, Dennis e il padre, sa cosa sta per succedere e il fratello maggiore stringe più forte a sé la sorella, sperando che la propria famiglia e il proprio villaggio non vadano in pezzi da un momento all’altro.
Il silenzio regna sovrano per una manciata di secondi, che sembrano infiniti. Il capo del villaggio invita il padre di famiglia a parlare e questi, dopo aver preso un lungo respiro, incomincia.
- Abbiamo un problema.-
L’uomo si morde le labbra mentre tutti i suoi compaesani trattengono il respiro e lo guardano preoccupati. Non gli sfuggono i numerosi occhi che volano su Felce, ben nascosta dai fratelli.
- So cosa ha causato il fumo, il tremore della terra e i boati, ieri.- L’uomo si interrompe di nuovo mentre gli altri cacciatori lo invitano a proseguire.
- È una storia un po’ lunga. Sebbene nessuno si sia fatto troppo male ieri, senza mia figlia Felce, io e Dennis potremmo non essere qui, oggi. Nonostante ciò, quello che viene chiamato “mostro” non è esattamente un mostro. Sono delle persone. Più o meno.- Un brusio preoccupato attraversa la folla lì radunata, alcuni chiedono spiegazioni e l’uomo sa, con certezza, di aver usato le parole sbagliate.
- Sono dei ragazzi tra i sedici e i diciotto anni e sono in parte dei Draghi. Sono dei Flemmari.- La folla si zittisce immediatamente, si stringe su se stessa, mentre aspetta ulteriori spiegazioni.
- Non sono pericolosi, ma qualcuno, il Cacciatore, li vuole catturare per rivenderli sul mercato degli schiavi. Loro si sono rifugiati nella foresta solo per stare al sicuro e non hanno intenzione di minacciarci. Vogliono solo essere lasciati in pace.-
- E come può essere questo un nostro problema?- Chiede un uomo dai capelli rossi. Il padre si volta a guardare la propria famiglia e incontra gli occhi verdi di Felce che lo esortano a continuare. Lui fa un respiro profondo, guarda ancora la figlia, poi torna a rivolgersi a tutti i suoi compaesani.
- Perché ogni Flemmare ha una scaglia che consente ad ogni genitore Drago di ritrovare suo figlio una volta adulto. Senza di essa nessuno di quei ragazzi potrà mai tornare a casa. E questo perché le scaglie sono in mano al Cacciatore che li sta ancora cercando. E…- Anticipa un’altra domanda dell’uomo dai capelli rossi:- …e non possiamo lasciarli lì. Il Cacciatore li troverà e metterà a ferro e fuoco l’intera foresta e il nostro villaggio, pur di catturare quei ragazzi.-
- Come puoi essere sicuro di tutto ciò?- Chiede un altro uomo.
- Lo so perché mia figlia Felce li ha incontrati e li vuole aiutare nonostante uno di quei ragazzi l’abbia trattata male. E nonostante avvicinarsi al Cacciatore, per lei, possa significare finire catturata e venduta come schiava. Sua madre è un Drago delle Selve.- La notizia scombussola tutti i presenti e l’uomo non è sicuro che il discorso che ha appena fatto abbia molto senso logico. Spera solo che l’unità del villaggio protegga lui, la sua famiglia e la sua Felce e che siano tutti disposti ad aiutare i Flemmari nel bosco.
- Da quanto sai che lei non è normale?- Chiede una donna anziana.
- Da quando sua madre me l’ha affidata. Non poteva tenerla con sé, non fino al giorno in cui Felce non sarà adulta. Sua madre voleva solo proteggerla e anche i genitori dei Flemmari nella foresta volevano solo che fossero al sicuro, ma non potevano immaginarsi che le persone a cui affidavano i propri figli non sarebbero riuscite a proteggerli e a prendersi cura di loro. Sono solo dei ragazzi a cui viene data la caccia e che non hanno nessuno che si prenda cura di loro. Sono abbandonati a se stessi e noi abbiamo la possibilità di dar loro la speranza di tornare a casa.- Appena finisce di parlare, sa di aver detto finalmente le parole giuste e che nessuno abbandonerà quei Flemmari. Lo vede negli occhi vivi e pronti dei suoi compaesani, in come le coppie si stringono le mani per farsi forza, negli sguardi che corrono ai parenti più giovani, carichi di affetto, di premura, di cura.
- Allora, troviamo il Cacciatore, prendiamo le pietre e aiutiamo i Flemmari o no?- Chiede e il villaggio risponde all’unisono il proprio assenso. Il capo del villaggio chiede comunque una votazione per alzata di mano, ma il risultato positivo è unanime. Solo allora l’uomo si volta per incrociare lo sguardo felice di Felce, che ha disseppellito il volto dalla maglia del fratello e sorride radiosa.

L’organizzazione è laboriosa e coinvolge tutto il villaggio. Prima di tutto si svolgono i funerali dell’anziana Rebecca e tutti salutano di buon grado Felce, in possesso della memoria culinaria del loro piccolo popolo. Solo due giorni dopo l’assemblea in piazza, ne viene organizzata un’altra per dividersi i compiti. Ai giovani viene dato l’incarico di far visita ai villaggi vicini per cercare informazioni sul Cacciatore, mentre le donne si spingeranno fino alle città poco più grandi per controllare i mercati. Nel frattempo gli uomini si occuperanno di ideare un piano per tutelare i Flemmari nella foresta, impossessarsi delle scaglie e allontanare per sempre il Cacciatore o i Cacciatori. Felce corre tutto il giorno avanti e indietro, per controllare i campi e gli orti, per cucinare le meravigliose colazioni che un tempo spettavano all’anziana Rebecca e cercare qualcuno a cui passare tale incarico. Sa che rimarrà in quel villaggio solo per pochi anni ancora, prima che sua madre venga a prenderla, e vuole essere del tutto preparata per quel momento. Oltre a tutte le sue normali mansioni al villaggio, però, Felce si deve occupare della foresta. Nessuno ha più osato entrarci e la Flemmare dovrebbe stabilire un contatto con i ragazzi che la abitano, per rassicurarli e avere maggiori informazioni sul mercato di schiavi. Ad essere sincera, Felce non ha ancora stabilito un contatto con Carminio e Antrace. È entrata nella foresta ogni giorno, ma non è mai andata da loro. Non ha alcuna idea di come loro potrebbero reagire, sapendo ciò che lei ha fatto, e non vuole essere di nuovo offesa dal ragazzo grigio. Dopo tre giorni dall’ultima assemblea, però, la ragazza sa che il tempo stringe. Deve andare da loro e mettere in chiaro cosa stia succedendo al villaggio.
Così, dopo aver controllato i campi, Felce stringe fra le dita la scaglia verde della madre e, scalza, si inoltra nella foresta. Raggiunge velocemente il luogo dove ha incontrato i due Flemmari per la prima volta, ma non trova alcuna traccia che possa condurla a loro. Non si arrende e guarda la pietra che ha sempre paura di perdere. Pensa ad Antrace e la scaglia si illumina, cambia colore e mostra immagini bianche, nere e grigie, di un luogo chiuso e affollato. C’è poca illuminazione e si intravvedono spuntoni di rocce ovunque, mentre sullo sfondo sembra esserci una parete. Felce si maledice e trattiene a stento un grido di rabbia. Ciò che vede non le è di alcun aiuto. Chiede mentalmente un po’ di colori e subito viene accontentata: scopre che la parete è nera e che gli spuntoni di roccia sono di mille colori diversi e hanno la superficie sfaccettata. È un’immagine statica e priva di senso e Felce non ha idea di cosa ciò significhi. Pensa velocemente a sua madre e l’occhio giallo pulcino della madre appare, circondato dalle squame verdi. La chiama e la donna risponde solo dopo una manciata di secondi.
- Ciao tesoro! Da quanto tempo che non ci sentiamo. Va tutto bene?- Chiede la voce dolce e melodiosa del drago.
- Sì ma ho un piccolo problema.- L’occhio si fa attento e la invita a continuare.
- Sono entrata nella foresta e ho salvato papà e Dennis. C’era del fumo, la terra tremava e degli scoppi assordanti risuonavano nell’aria. Volevo capire cosa causasse tutto ciò, se c’era davvero un mostro, come dicevano al villaggio o meno. Così mi sono inoltrata e ho scoperto che nella foresta si nascondono dei Flemmari. C’è un Cacciatore che li vuole catturare e rivendere al mercato degli schiavi. Ha sottratto loro le scaglie e adesso loro sono soli. I loro genitori umani non li hanno protetti. Ed io volevo aiutarli. Tutto il villaggio mi sta aiutando, ma non riesco a trovare i Flemmari. Ne avevo ferito uno e una goccia del suo sangue è finita sulla mia scaglia. Mi avevi detto che facendo così, avrei potuto trovare chiunque ogni volta che volessi, ovunque fosse. Con la mia famiglia funziona, ma con il Flemmare no. La tua scaglia mi mostra solo l’interno di un sacco con delle pietre colorate. Sembrano quasi scaglie.- Racconta la ragazza frettolosamente, quasi senza respirare. Intorno all’occhio si generano delle pieghe e Felce sa che la madre sta sorridendo, anche se lei non ne capisce il motivo. Poi sente la madre trattenere una risata e ciò la confonde maggiormente.
- Con tutti coloro che non hanno una scaglia, puoi vedere ciò che loro vedono, ma con i Draghi, i Flemmari, le Viverne e poche altre razze dotate di squame, ciò che vedi è ciò che vede la scaglia. Adesso vedo il tuo volto, perché la tua scaglia vede il tuo volto. E tu vedi il mio perché mi sto specchiando. La pietra del Flemmare che cerchi deve essere custodita in un sacchetto con altre scaglie. Sono in mano al Cacciatore.- La spiegazione rincuora la ragazza ma la intristisce al contempo.
- Come faccio a trovarlo, allora?- Chiede lei, abbattuta. Le grinze intorno all’occhio della madre aumentano.
- Sei figlia di un Drago delle Selve. Chiede alla foresta, tesoro, saprà risponderti.- Le consiglia la madre. Felce sorride a sua volta, annuisce e la saluta. La scaglia torna verde, la Flemmare si accosta a un albero, ne sfiora il tronco con le dita e sa dove andare. Si arrampica su di esso e corre, quasi vola, sulle fronde, fino alla sua destinazione.

Felce giunge a una radura nascosta in neanche un quarto d’ora. Rimane immobile, nascosta tra le fronde, ad osservare ciò che sta succedendo. Sente un paio di battiti cardiaci e il respiro di varie persone. Ci sono vari odori mischiati a quello della foresta e i suoni sono abbastanza attutiti, sebbene ci sia molto movimento in quella zona. Felce scivola lentamente sui rami, raggiunge il tronco e scende, silenziosa, dietro di esso, nascondendosi. Sbircia la radura con attenzione, cercando di non farsi notare. Intravvede alcune schiene, un paio di teste, delle mani, alcuni bambini che corrono. Incuriosita, la ragazza si sporge maggiormente dal suo nascondiglio e osa avvicinarsi di un passo. È proprio in quel momento che qualcuno si guarda attorno e la nota. Il paio di occhi color argento si sgranano per la sorpresa. Felce prova a ritirarsi all’ombra degli alberi, ma il proprietario di quegli occhi si è già alzato repentinamente e si sta dirigendo, silenzioso e inosservato, verso di lei. Felce non può nemmeno nascondersi sulla fronda di un albero, che Antrace l’ha già raggiunta e serra le sue dita magre attorno al polso di lei.
- Come hai fatto a trovarci?- Chiede lui con la sua voce baritonale.
- Ho chiesto alle piante.- Risponde lei, fissando altezzosamente i propri occhi verdi in quelli freddi di lui.
- I tuoi cacciatori ti stanno seguendo per catturarci e venderci al mercato?-
- No!- Nega lei arrabbiata.
- Ah, ti hanno mandato via. Se avessi detto di essere una Mezzelfa, ora saresti al sicuro nella tua dolce casetta. Invece tuo padre ti ha abbandonata, come tutti i nostri genitori umani, d’altronde.- La presa di Antrace è ancora ferrea sul polso di lei, ma Felce riesce comunque a liberarsene.
- No. Se mi stessi ad ascoltare invece di sputare le tue solite sentenze piene di risentimento, forse capiresti che non tutti sono degli affaristi!- Lo rimbecca lei. Il ragazzo non ribatte ma la guarda sfidandola a dimostrargli il contrario.
- Mio padre ne ha parlato a tutto il villaggio. Sanno che sono una Flemmare, ma non sanno che sono effettivamente sua figlia. Sanno anche di te e Carminio. E hanno deciso all’unanimità di aiutarvi. Stanno tutti lavorando e dandosi da fare per cercare il Cacciatore e sottrargli le vostre gemme e tenerlo lontano da voi.- Antrace rimane muto, mentre i suoi occhi d’argento si spalancano e le sue labbra si socchiudono appena. È davvero stupito, abbastanza incredulo. Prova a dire qualcosa ma non riesce nemmeno a muovere le labbra tremanti. Si volta di scatto a capo chino.
- Resta qui e non ti muovere.- Dice soltanto e torna nella radura. Felce lo sente chiedere a qualcuno dove sia Carminio e una voce femminile rispondergli, sebbene lei non ne colga le parole. Aspetta pazientemente e, solo dopo quasi un quarto d’ora, vede tornare Antrace seguito da un sorridente Carminio. Nota distrattamente come la mano del primo stringa tremante il polso caramellato dell’altro, quasi a volersi assicurare che sia davvero lì e che quello che sta per succedere sia davvero reale.
- Felice di rivederti.- La saluta Carminio, gli occhi color brace circondate da rughe di pura allegria.
- Quali sono le belle novità che dovevi annunciarci?- Chiede, con voce gentile.
- Il mio villaggio vuole aiutarvi e sta già cercando il Cacciatore per prendergli le scaglie e tenerlo lontano da voi. Vorrebbero, tuttavia, conoscervi e avere qualche informazione in più sui mercati, il Cacciatore e le scaglie. Io sono il punto di contatto fra loro e voi.- Gli occhi di Carminio sembrano brillare più intensamente, mentre la sua bocca si spalanca per lo stupore. Torna a sorridere ancora più contento di prima e guarda Antrace per condividere la propria gioia con lui. L’altro Flemmare gli sorride timidamente, ancora incredulo alla notizia.
- È magnifico, ma prima dobbiamo chiedere agli altri se sono d’accordo. Vieni, te li presentiamo.- Detto ciò Carminio le fa strada, con Antrace accanto che ha rafforzato la presa attorno al polso del compagno. Il ragazzo dai capelli di fuoco gira la mano tra le dita dell’altro fino a potergli sfiorare la pelle tirata sulle ossa. È un gesto delicato, quasi impercettibile che, tuttavia, placa in parte la tensione dell’altro. In pochi passi il terzetto sbuca nella radura e tutti si voltano a guardarli. Rimangono stupiti e smettono di fare qualsiasi cosa stessero facendo per guardare la sconosciuta, in carne, vestita bene e dalla lunga treccia verde che segue Antrace e Carminio. Nessuno l’ha mai vista ma basta un respiro per sentire il profumo di lei e riconoscerla come Flemmare. Il principio di tensione, che tendeva le membra di tutti, svanisce e piccoli timidi sorrisi sbocciano sui volti giovani. Lo stupore dipinge il viso di Felce che non ha mai visto tanti Flemmari riuniti in un unico posto. Sono sia maschi che femmine, tutti abbastanza magri, e hanno età comprese tra i tre e i diciotto anni. Hanno i capelli e gli occhi dei colori più disparati, dal bianco al blu, dal rosso al verde, dal castano al viola, dall’arancione al nero. La loro pelle comprende un’altrettanta vasta gamma di sfumature e piccoli segni distintivi connotano alcuni Flemmari. Una dodicenne alla destra di Felce ha le orecchie frastagliate, la pelle color sabbia bianca, un ragazzo ha lineamenti duri e marcati e piccole placche rilucono sulle nocche delle dita, sotto ai raggi del sole pomeridiano.
Una bambina ha la pallida pelle scoperta coperta di nei scuri come la notte, il bambino accanto a lei ha dei particolari segni obliqui e rosati ai lati del collo. Uno ha una carnagione che scintilla sotto al sole, una ha gli occhi fluorescenti e la pelle diafana.
- Flemmari, lei è Felce. Viene dal villaggio qui vicino e sia lei sia i suoi compaesani si stanno dando da fare per aiutarci a ritrovare le nostre scaglie e a liberarci dal Cacciatore. Prima che lo chiediate, non avete niente da temere né da lei né dal villaggio e le scaglie sono qualcosa che ci rendono trovabili dai nostri genitori.- Tutti lo ascoltano attentamente; Carminio fa un cenno con una mano a Felce e lei capisce immediatamente a cosa si riferisce. Estrae la scaglia di drago da una tasca della veste e la mostra a tutti.
- Posso parlare con mia madre. Ve la posso mostrare se volete.- Propone e tutti si scambiano occhiate interrogative per giungere a una risposta unanime.
- Ti crediamo. Ma ci farebbe piacere parlare con un Drago.- Dice una ragazza dai capelli lilla. Si guarda attorno per assicurarsi di aver interpretato correttamente il pensiero di tutti.
- Certo.- Risponde Felce e si avvicina a loro.
- Avvicinatevi.- Li esorta e pensa a sua madre. La pietra verde si illumina e le sfaccettature rimandano immagini in bianco e nero, confuse. Poi tutto si chiarifica e i colori tingono la superficie. Un occhio giallo pulcino appare, circondato da scaglie verdi.
- Ciao mamma!- Saluta la ragazza.
- Ciao, tesoro. Hai trovato il Flemmare che cercavi?- Chiede una voce dolce e femminile.
- Sì. E anche molti altri. Papà e il villaggio stanno lavorando per aiutarli. Nessuno di loro ha la propria scaglia, né ricorda di averla mai avuta. Non hanno mai visto i loro genitori draghi o non lo ricordano. Volevano vederti.-
- E i loro genitori Umani?- Chiede la voce di donna. La figlia tentenna per qualche secondo prima di rispondere.
- È un po’ complicato da spiegare. Non ci sono. E si stanno arrangiando tra di loro. Sono soli.- La donna tace ma la sua pupilla si restringe e Felce sa che le proprie parole l’hanno contrariata.
- Stolti Umani.- Sussurra stizzita la donna, poi si riprende.
- Tienili al sicuro e ridai a ciascuno la propria scaglia. Io vado a parlare con i loro genitori. Ti cerco io. Stammi bene e non metterti nei guai.- Dice la donna con voce fredda e indiscutibile. Le immagini svaniscono e la scaglia torna verde. Tutti i Flemmari intorno a lei la guardano stupiti e senza parole.
- Quella è tua madre?- Chiede un ragazzino. Felce annuisce.
- Non è un’Umana.- Osserva qualcun altro.
- È un Drago.- Conferma lei.
- E ora che cosa si fa?- Chiede la ragazza dai capelli lilla.
- I miei compaesani vorrebbero conoscervi e avere più informazioni sul Cacciatore. Vi andrebbe di venire al villaggio e incontrarli?- Tutti retrocedono di un paio di passi, spaventati. Si scambio sguardi terrorizzati e confusi, interrogandosi a vicenda alla ricerca di risposte. Solo dopo svariati minuti la ragazza dai capelli lilla azzarda una risposta.
- Preferiremmo un territorio più vicino alla foresta. Ci fidiamo di te, ma non degli Umani.- Fa una pausa, osserva tutti i Flemmari, poi torna a parlare, ma esprime solo il proprio pensiero:- Nessuno di noi ha avuto belle esperienze con la loro razza. Molti sono stati venduti dal loro stesso genitore, alcuni hanno assistito alla loro uccisione, altri… sono stati strappati dalle proprie case senza essere difesi in alcun modo. Mio padre si è voltato dall’altra parte, la sera in cui un Cacciatore è giunto in camera mia e mi ha strappato dal letto. L’ho sentito dire “il tuo debito è saldato” e mio padre è rimasto immobile.- Racconta la ragazza, gli occhi color indaco duri come pietre, aridi di lacrime non versate per il trauma subito.
- Capisco.- La rassicura Felce e pensa velocemente a una soluzione:- Sul confine tra i campi e la foresta, potrebbe farvi sentire più al sicuro?- Propone e dopo nemmeno un minuto, la ragazza dai capelli lilla risponde affermativamente.
- Se ci andassimo adesso, sarebbe un problema?- Un silenzio più lungo segue la risposta.
- Decidetevi, Flemmari.- Sussurra la ragazza dai capelli lilla mentre il suo viso si contrae e si copre di rughe di concentrazione. Poco dopo arriva finalmente una risposta.
- Ci serve mezz’ora per prepararci. Vi aspettiamo là.- Dice. Felce annuisce.
- Vado ad avvisare il villaggio.- Non ha il tempo di voltarsi che la voce baritonale di Antrace la ferma.
- Veniamo con te.- Dice e lui e Carminio la seguono mentre corre tra gli alberi fino a casa.

Al confine tra i campi coltivati e la foresta, arrivano tutti puntuali. Il sole sfiora la linea dell’orizzonte e il cielo si sta già tingendo di rosa, arancione e rosso. Ben presto tutto il mondo prenderà fuoco, mentre il cielo diventerà più scuro sugli ultimi raggi di luce. I Flemmari sono schierati pochi passi davanti ai primi alberi della foresta, gli Umani formano un gruppo curioso vicino ai campi coltivati. Le due parti si guardano, si osservano curiose, cercando di capirsi, studiandosi. Il silenzio regna sovrano, persino gli animali tacciono, consapevoli che ciò che sta per succedere segnerà qualcosa di mai accaduto prima. Per ultimi giungono Felce, Antrace e Carminio che si pongono equidistanti dai due gruppi.
- Bene, direi che possiamo cominciare.- Inizia la ragazza.
- Loro sono gli Umani che abitano il villaggio. Sono i miei compaesani e vogliono aiutarvi. Loro invece sono i Flemmari che si nascondono nella foresta. Sono coloro che state aiutando, coloro che dobbiamo proteggere. Sono come me.- Felce presenta i due gruppi e aspetta qualche secondo.
- Ma sono dei ragazzini.- Osserva una donna visibilmente dispiaciuta. Gli sguardi tutti i Flemmari si puntano su di lei. La studiano, cercando di scoprire la verità dietro le sue parole. Un cenno della ragazza dai capelli lilla rassicura tutti.
- Bene. Altre osservazioni o domande?- Chiede Felce.
- Siete soli?- Chiede un’altra donna.
- Sì.- Risponde la ragazza dai capelli lilla.
- Da quanto state nella foresta?- Domanda un’altra. La risposta si fa attendere un paio di secondi.
- Una decina d’anni. Con il tempo siamo aumentati. Perché ci aiutate?-
- Perché è giusto così.- Risponde un uomo.
- Valiamo molto sul mercato. Vi converrebbe venderci.- Suggerisce la ragazza. Gli Umani rabbrividiscono inorriditi.
- No. Non ci interessa la ricchezza, non ne abbiamo bisogno. E non venderemmo mai qualcuno per nulla al mondo.- Risponde un altro uomo. La ragazza dai capelli viola aspetta qualche secondo prima di annuire.
- Iniziamo a collaborare?- Propone Felce dopo quasi un minuto di silenzio. Tutte le teste annuiscono.
- Abbiamo bisogno di tutte le informazioni possibili sul Cacciatore.- Inizia la ragazza.
- Sono più di uno. Sono… dei mercenari che hanno trovato la nostra vendita facile e redditizia. Appartengono alle più svariate razze. Sono soprattutto Umani ma ci sono anche Elfi, Mezzelfi, Vampiri, Elementari, molti ibridi. Ce n’è uno, in particolare, che sa muovere le ombre. È quasi impossibile sfuggirgli.- Spiega Carminio:- Rastrellano ogni città, meno i villaggi, e trovano sempre il modo di catturarci. Non si fanno problemi ad uccidere, ricattare, minacciare.- Quasi non finisce la frase che un giovane uomo sui vent’anni giunge correndo e si ferma ansimante, le mani sulle ginocchia, accanto al gruppo degli Umani. Tutti lo osservano curiosi in attesa che riprenda fiato. Lui si pettina all’indietro i capelli castani scuri un po’ troppo lunghi e riprende una postura eretta. Ansima ancora e trema leggermente per la fatica.
- Ho visto un Cacciatore. Ha intenzione di passare di qui domani. Seguirà la strada principale, arriverà per mezzodì.- Annuncia, generando il panico sul volto dei Flemmari. I giovani si stringono fra di loro, lanciandosi sguardi alla disperata ricerca di sicurezza.
- Puoi descrivercelo?- Chiede Carminio con voce ferma, ma Felce sente il cuore di lui battere impazzito.
- Alto poco più di un metro e sessanta, atletico, capelli neri legati in una coda, vestiva di nero, il volto coperto, ma le mani erano pallide come quelle di un vampiro.- Risponde preciso e sicuro il giovane ragazzo.
- Era a piedi e solo?- La voce di Carminio trema mentre il suo cuore accelera ulteriormente. Antrace afferra gentilmente il polso dell’altro, sfiorandogli la pelle caramellata con delicate carezze. È un gesto rassicurante che nessuno nota, sebbene valga più di tutte le parole dette in quell’incontro.
- Ha un cavallo nero e magro alla locanda dove alloggia. Non era in forma ma non sembrava nemmeno normale. Tutti gli altri animali gli stavano il più possibile lontani. Aveva gli occhi bianchi, credo sia cieco.- Risponde l’altro. Un brivido attraversa ogni Flemmare, che si stringe maggiormente al vicino, mentre Antrace stringe la presa attorno al polso di Carminio, come a volerlo trattenere lì e dirgli che va tutto bene, anche se le dita grigie tremano.
- Lo conoscete?- Chiede il padre di Felce.
- È quello che muove le ombre. Il suo cavallo ha un fiuto eccezionale ed è instancabile. Raggiungere sempre la sua preda, non importa quanto quest’ultima sia veloce. Potrebbe arrivare qui prima che il sole sia completamente calato.- Il panico, la preoccupazione e la tensione raggiungono anche gli Umani che non hanno idea di come reagire o di cosa rispondere a quelle informazioni.
- Dobbiamo andarcene. Ed è meglio se anche tu vieni con noi: tuo padre non può proteggerti da quel Cacciatore.- Afferma Carminio e tutti i Flemmari lo guardano pronti a seguirlo ovunque. È allora che accade qualcosa di imprevedibile.
- No.- La voce baritonale di Antrace sbigottisce ogni Flemmare. Carminio punta i propri occhi di brace incandescente in quelli d’argento di colui che continua a rassicurarlo e a trattenerlo.
- Eri tu quello che voleva darle una possibilità. L’hai data a tutti loro e ora non puoi tirarti indietro.- La sua voce profonda è ferma, nei suoi occhi non c’è spazio per l’incertezza, come non ce n’è mai stato. È tutto bianco o nero, buono o cattivo, non ci sono mezze misure ed è per quello che è Antrace a tenere Carminio.
- Sai che solo quelle scaglie possono riportarci a casa. Non possiamo più scappare.- Carminio non ha niente da dire. Guarda gli altri Flemmari, ancora fermi e spaventati che aspettano il più piccolo cenno per fuggire nella foresta. Li osserva tutti, chiedendo loro consiglio, e aspetta una risposta. Tutti si consultano con muti sguardi, infine la ragazza dai capelli lilla annuisce lievemente con il capo. Deglutisce, Carminio, prende un respiro profondo, quasi valutando di esserne capace. Annuisce a sua volta e guarda dapprima Felce poi gli abitanti del villaggio.
- Allora, cosa facciamo?-

Il sole regala al villaggio e alla foresta i suoi ultimi raggi, mentre svanisce completamente sotto la linea dell’orizzonte. Il cielo, prima rosso sangue, ormai è blu notte e le stelle iniziano a trapuntarlo, come piccole perle su una stoffa nera. È una notte come molte altre, ma c’è qualcosa di diverso. Le case hanno le luci spente e le persiane chiuse, i tetti fumano, ma nessuno sta dormendo. Sono tutti in attesa, nascosti in casa, attorno al bosco, all’entrata del villaggio, tesi e pazienti, incuranti del tempo che dovranno passare immobili alle loro postazioni. Il Cacciatore sta per arrivare e nessuno vuole essere colto impreparato. Il piano semplice è già pronto e ognuno sa qual è il suo ruolo.
Solo molte ore più tardi succede qualcosa. Un vento gelido si alza, il cielo si copre, l’oscurità totale avvolge il villaggio. Non si sente un rumore, mentre tutti cercano con lo sguardo il vicino, allungano una mano per sfiorarlo e sapere di non essere soli. Si ritrovano e solo quel contatto può davvero rassicurarli. Tutti trattengono il fiato in attesa di capire cosa stia succedendo. Lentamente si diffonde in tutto il villaggio il rumore di zoccoli che battono sulla terra battuta, con un ritmo lento e cadenzato. Nessuno sa perché, ma tutti iniziano a rabbrividire. Poi arrivano le prime urla terrorizzate, al limite dell’umano. Un gelido terrore invade ogni Umano lì presente, che rimane pietrificato al proprio posto. Il rumore degli zoccoli si ferma all’improvviso, qualcuno scende da cavallo e i suoi piedi producono un sussurro sul terreno. I suoi passi sono silenziosi e solo chi è davvero vicino all’entrata del villaggio può sentirlo. Dennis stringe la mano del padre e questo contraccambia, rassicurandolo. I cuori di entrambi battono impazziti, mentre i due uomini provano a mantenere il respiro calmo. Sentono il fruscio dei passi avvicinarsi a loro e Dennis, per mero principio di sopravvivenza, spera che chiunque quell’essere sia, non venga da loro. I passi si avvicinano sempre di più fino a fermarsi proprio davanti a padre e figlio. L’aria diventa gelida. Dennis stringe la mano del padre con più forza, finché non sente un brivido attraversare il genitore e una voce fredda di donna dire:- Dov’è la tua Flemmare, Umano?-
Il padre non risponde, paralizzato dalla voce e dalla punta delle dita fredde che gli sorreggono il mento. Non ha alcuna idea su cosa dire, sa solo di non poter raccontare la verità.
- Dov’è la Flemmare?- Chiede nuovamente la voce e l’uomo sente il fiato gelido della donna accarezzargli l’orecchio sinistro e la gola. È una sensazione paralizzante, di completa impossibilità di reazione, mai provata prima dall’uomo. Nemmeno quando aveva visto per la prima volta quella donna dai capelli di foglie e gli occhi verdi di lei si erano posati su di lui con tutta la loro vasta saggezza, lui si era sentito così annichilito.
- Dov’è?- Chiede per la terza volta la voce, mentre le sue dita sottili si stringono sul collo dell’uomo conficcandosi dolorosamente nella pelle. Limitano la sua capacità di respirare senza strozzarlo, ma rendendo ben chiaro chi abbia il controllo della situazione.
L’unica cosa che né lui né lei si aspettano è un lampo di luce improvviso che si schianta ed esplode, iniziando a bruciare. La presa della donna scompare mentre lei grida di dolore. Dennis scatta in avanti pronto a bloccare la Cacciatrice a terra, ma due occhi bianchi appaiono sopra di lui, poco prima che uno zoccolo si pianti nel suo petto, inchiodandolo a terra. La donna ha smesso di urlare e le fiamme che hanno iniziato a mangiarle la stoffa della maglia sulla spalla, sono già state spente.
- Un ragazzino che vuole tanto giocare a fare l’eroe.- Commenta solo rimettendosi in piedi. L’oscurità è totale, ma gli occhi bianchi del cavallo sono ancora visibili. Il padre cerca a tentoni il figlio, ma una lama fredda e appuntita si appoggia sotto il suo mento, obbligandolo a stare fermo.
- Ed ecco il padre. Mi basta la ragazza Flemmare e poter girare nella foresta e a te, tuo figlio e gli altri abitanti del villaggio non succederà niente di male.-
- Scordatelo.- Ribatte il padre senza alcuna esitazione. La lama appuntita gli graffia la pelle e basterebbe solo un movimento della mano che la regge per aprirgli la gola.
- Sicuro?- Chiede la donna. Fa un gesto con il capo al cavallo, che preme lo zoccolo più a fondo nel petto di Dennis. Il ragazzo geme ma si morde le labbra per non far preoccupare il padre.
- Un mio solo gesto e perderai dapprima tuo figlio, poi assisterai impotente alla morte di tutta la tua famiglia. Dov’è la Flemmare?- Dennis muove un braccio alla ricerca del padre e appena ne sfiora i pantaloni, disegna un piccolo cerchio su di essi. È il gesto che suo padre faceva per rassicurarlo da piccolo.
- Preferisco morire.- Dice l’uomo e la donna sorride malvagiamente nell’oscurità.
- Come preferisci. Ma prima tuo figlio.- Un cenno al cavallo e quello sa già come privare della vita il corpo sotto il suo zoccolo. Si prepara a premere maggiormente, con lentezza calcolata, mentre piccole punte iniziano a uscire da sotto lo zoccolo e conficcarsi nella pelle sottostante. Non può. Il fuoco divampa attorno a lui e circonda la sua cara padrona. La terra si muove, miriadi di spine sorgono dal suolo e si aggrappano intorno alle sue zampe, conficcandosi in esse, costringendolo a retrocedere. Dennis scivola sulla schiena allontanandosi dal cavallo, ora completamente visibile alla luce del fuoco. È scheletrico, le ossa dalla forma appuntita sporgono in maniera innaturale. Sembrano avanzi di lame taglienti unite insieme, coperte di pelle nere e traslucida, avvolta di oscurità filamentosa. Quel cavallo non ha niente di normale.
- Shi Helhest!- Grida la donna, protendendo le dita scheletriche e pallide verso il cavallo, che cerca di proteggersi dalle fiamme, che divampano sempre più alte e più vicine a lui. I guanti neri di lei sono bruciati come gran parte delle maniche e delle spalle della maglia e la metà inferiore dei suoi pantaloni. La sua pelle è bianca, coperta di nei neri dalla disposizione casuale, tirata sulle ossa in maniera quasi innaturale. Il fuoco divampa intorno a lei, fino ad avvolgerla completamente. Dennis rimane impietrito sdraiato a terra, gli occhi spalancati sul rogo immenso e lucente come il sole, tutte le stelle e tutti i fulmini messi insieme. Divampa il fuoco silenzioso, raggiunge il cielo, irradia intorno a sé un calore insopportabile e una luce accecante. Le sagome di alcuni ragazzini dagli occhi di brace incandescente, si stagliano immobili intorno ad esso e, dopo un tempo quasi infinito, un fulmine assordante piove dal cielo sulle fiamme, spegnendole. Dennis rimane immobile, frastornato da ciò a cui ha appena assistito, mentre Carminio e gli altri Flemmari controllano le ceneri. Appena può, Dennis striscia verso il padre, immobile accanto a lui. L’oscurità assoluta si è già ritirata e la notte è tornata a brillare della luce delle stelle, mentre il primo spicchio di luna crescente sorride sul villaggio. Un paio di mani afferra delicatamente Dennis e la voce della sorella lo rassicura.
- Papà sta bene.- Il tono mesto contraddice le sue parole:- È andato tutto per il verso giusto. Il Cacciatore non c’è più e abbiamo recuperato quasi tutte le scaglie.-
- Era una donna.- Riesce a dire Dennis dopo qualche secondo:- E il cavallo sembrava un destriero infernale.- Felce lo abbraccia, stringendolo al petto.
- Lo so. Ma ora è tutto finito. Stanno tutti bene.- Lo rassicura la sorella.

Sotto il primo spicchio di luna, sotto le stelle che tempestano il cielo come diamanti sul mantello della morte, la Cacciatrice è morta, arsa dagli stessi fratelli contro cui si è rivoltata per rimanere viva. Muore una Flemmare che si è ammantata nell’eredità di sua madre, Drago dell’Oscurità, come in un mantello impenetrabile, diventando emissaria di Morte. Muore una donna che ha vissuto troppo da sola, privata della sua famiglia umana e dell’unica scaglia che avrebbe potuto riportarla a casa. E i suoi assassini, i suoi sicari, si riappropriano di una parte di casa di cui sono stati privati, ma portano nel cuore il lutto della sorella perduta e dei morti che li hanno aiutati.









Angolo dei deliri:

Ebbene sì, la storia è finita, anche se forse volevate sapere qualcosa in più. Spero vi sia piaciuta e, magari, se volete, che mi lasciate un piccolo commento, giusto per sapere cosa ne pensate. Altrimenti pace. 
Per il resto, aspetto la sentenza dal giudice ManuFury e spero di non avere una condanna capitale. Ma anche riguardo a questo, qualsiasi cosa capiti, mi andrà bene.
Infine, ringrazio chiunque abbia letto e spero, di nuovo, che gli sia piaciuta la storia.
Aggiungo una piccola chicca, già che ci sono: forse.... ma fra un bel po', potrei postare qualcos'altro riguardo ai piccoli (e sfortunati) Flemmari. Se a qualcuno interessa, gli chiedo solo di avere un po' di pazienza. Per il resto, (e siamo a tre) ringrazio di nuovo tutti per aver letto.
Ciao!

 
  
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