The
Dark Lady
Hogwarts
Adorava l’acqua. Era il suo elemento, la sua forza…
tutto ciò che lo rappresentava.
Per questo, non appena ne aveva l’occasione, vi entrava in contatto con
tutto il suo essere... come in quell’esatto momento.
Era immerso nella vasca colma di essenze profumate e schiume idratanti
da almeno un’ora, completamente rilassato dal dolce sonno della sera prima e
dalla chiara luce del mattino che filtrava attraverso le grandi finestre ad
arco acuto, quando la porta del suo bagno personale si aprì lentamente con un
cigolio, e una creatura dai cespugliosi cappelli rossastri fece il suo
ingresso.
Inutile dire che scoppiò letteralmente a ridere.
Lily, al momento impegnata a strizzarsi gli occhi – che non volevano
saperne di abituarsi al chiarore mattutino – sorrise a sua volta, arrossendo
lievemente. “Ridi sempre quando mi vedi la mattina!” Commentò con la voce
ancora impastata dal sonno.
“Che ci posso fare, è dura abituarsi!” Replicò, continuando a
ridacchiare, mentre lei gli faceva la lingua e andava allo specchio,
controllando lo stato in cui era.
“Dici che sono davvero così terribile?” Chiese, portandosi le due mani
davanti al viso e sforzandosi di spingere indietro il batuffolo nodoso che le
ricopriva la testa, causando un nuovo scoppio di risa da parte dell’amico. “Non
c’è niente da fare, la testa l’ho proprio ereditata da papà!”
“Suvvia, non essere così tragica!”
“Quanto sei simpatico! Non riesco a capire cosa abbia contro papà, è un
grande!”
“Bah, è un Potter, tanto basta!”
“Ma anche io lo sono!” Disse, prendendo il
solito spazzolino rosa che usava sempre quando andava da lui, e iniziando a
lavarsi i denti.
“Tu sei Lily Luna… e basta.” Sbottò il biondo,
alzandosi e avvolgendosi con l’asciugamano, mentre lei si copriva gli occhi con
la mano libera per non correre il rischio di vederne il riflesso nudo allo
specchio. Scorpious, a cui
ovviamente non era sfuggito il gesto, ridacchiando si era avvicinato alle sue
spalle, togliendole la mano dal viso.
“Che hai da coprirti, se fino a un paio d’anni fa ti facevi ancora il
bagno in quella vasca in mia compagnia?” Le sussurrò maliziosamente
all’orecchio. Lei portò gli occhi al cielo, per poi chinarsi a sputare il
dentifricio e risciacquarsi la bocca con l’acqua.
“Quante storie, eravamo solo due nanerottoli!” Esclamò in risposta, mentre si asciugava e si voltava a fissarlo con
il suo sorriso semplice e luminoso, e quello sguardo – antico e innocente al
contempo – che sapeva rapire l’amico.
“Io non sono mai stato un nanerottolo!”
“Oh, scusami! Allora io ero una povera bimba indifesa, e tu invece un
gran pervertito che approfittava della mia ingenuità, così va meglio?”
“Decisamente!” Ammiccò, soddisfatto.
“E, tanto per precisare, io sarò sempre Lily
Luna Potter. Potter, capito? Non puoi alienare questa mia
essenza!”
“Non mi piacciono i Potter!” Storse il naso lui, mettendosi al suo
fianco e asciugandosi i lunghi cappelli biondi con un colpo di bacchetta.
“Ma io ti piaccio!”
“Indi per cui non puoi essere una Potter!”
“Ma quanto sei filosofo oggi, eh?”
Lui ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle. Ma
il suo sorriso si spense immediatamente quando sentì qualcuno bussare alla
porta. Il sangue gli si gelò nelle vene, e il bel colorito che le risate e il
bagno caldo gli avevano donato sparì all’istante, lasciando spazio solo alla
perfezione nivea della sua carnagione naturale.
Strinse le mani a pugno, fissando immobile la porta d’ingresso della sua
stanza.
Odiava quando succedeva.
Odiava quando qualcuno lo portava via di botto dalla dimensione onirica
in cui entrava quando stava solo con lei, per renderlo a quella realtà con cui da tempo tentava di tagliare tutti i ponti.
Si infilò una vestaglia, e poi andò
ad aprire, già con in mente l’idea di chiudere la porta in faccia a colui la
cui visita si fosse rivelata particolarmente sgradita.
Quando però si ritrovò davanti LEI, che lo fissava con gli occhi felini
tutt’altro che amichevoli, non poté fare a meno di alzare le sopracciglia, scettico.
Non è che nutrisse particolare
antipatia nei confronti di Rose Weasley, in fondo era
anche una Slitheryn…. è che
quella ragazza… aveva il potere di renderlo incerto.
Non riusciva a capire cosa provasse nei suoi confronti. Lo confondeva con le
sue mille qualità e i suoi mille difetti. E questo gli faceva letteralmente
andare in tilt i nervi.
Non la trovava antipatica, ma di certo insopportabile sì.
“Allora?” Sbottò lei, acida come sempre.
Un sopracciglio di Scorpious saettò ancora più
in alto, mentre le mani tintinnavano fameliche sul legno della porta, unico
segno evidente della battaglia interiore che combatteva per non chiudergliela in
faccia. “Che vuoi?”
“Complimenti per la perspicacia, platinato! Voglio
mia cugina, che altro? Tu di certo non mi servi!”
“Scusa Scorp, è così acida per colpa mia: non
volevo dirle dov’era la tua stanza.” Disse una voce maschile molto familiare.
Il biondo sospirò, appoggiandosi allo stipite e aspettando che Zabini fosse a portata di sguardo, per poi trafiggerlo coi suoi occhi di diamante.
“E, alla fine, cosa ti ha convinto?” Gli chiese
aspro.
“Proprio nulla.” Fece spallucce lui, con negli
occhi viola uno sguardo fra l’innocente e l’indifferente, che chiariva
palesemente la sua totale estraneità all’evento.
“Mi so prendere da sola quello che voglio.” Ghignò la bellissima Weasley, ricordando implicitamente, senza che ce ne fosse
bisogno, sia le sue incredibili capacità psichiche che la portavano ad essere un’ottima legilimens e occlumante, sia la sua innata strafottenza.
Gli occhi adamantini di Scorpious si fecero
per un attimo più brillanti, mentre sul suo viso compariva un’espressione
maliziosa, vagamente diabolica.
“Ma davvero? Allora immagino saprai esattamente dov’è Lily in questo momento… e cosa abbiamo fatto insieme questa notte…” Disse serpentino, inviando nella mente della
compagna immagini inequivocabilmente pornografiche, che scatenarono la sua
furiosa ira, bloccata dal portone di legno che le fu chiuso prontamente sul
naso.
“PORCO! SEI UN PORCO MALFOY, CAPITO?! PORCOOOO!”
Gridò quella, rossa in viso, battendo con violenza i pugni nell’uscio, fino a
che un’altezzosa voce alle sue spalle non la bloccò.
“Per essere la ragazza più intelligente della scuola, ti stai
comportando davvero da stolta.” Disse Robert, fissandola severamente coi suoi occhi viola quando lei si fu girata a guardarlo.
“Per essere uno che suole farsi gli affari propri, risulti
piuttosto ficcanaso. Vattene Zabini.”
“Oh, me ne andrò, mi trattiene qui solo la
stima che ho di te; giusto il tempo di darti un consiglio, poi toglierò il
disturbo, mia bellissima Weasley.
Non imbestialirti tanto quando vieni a sapere che tua cugina è in
compagnia di Scorpius, sai bene quanto sono legati l’uno
all’altra, tu non sei nessuno per porre freni al loro rapporto. La tua
inimicizia con Scorp – se è di questo che si tratta -
non ti deve portare a limitare la libertà di Lily.”
Lei lo fissò un attimo in silenzio, e se rimase colpita da quelle parole non lo diede a vedere. Certo fu che ben presto
quell’aria distaccata scomparve dal suo volto, lasciando il posto al solito
cipiglio severo. “Non ho bisogno dei consigli di nessuno, sono perfettamente in
grado di cavarmela da sola.”
Lui rise, avvicinandosi a lei e fissandola dall’alto del suo metro e
novanta. “Peccherai di superbia, ma non posso darti torto,
hai i mezzi per cavartela in qualsiasi
situazione: bellezza, intelligenza, forza… non ti
manca niente. Ma, l’esser sola di cui tu parli
tanto, è ben altra cosa.
La solitudine è una bestia difficile da sopportare, ancor più per chi,
come te, nasce super dotato. Da sola, tu non serviresti a niente…
saresti inutile.”
“Pensa piuttosto alla tua solitudine, Zabini:
sei così anormale che nessuno riesce a starti attorno.”
Sibilò lei, serrando a pugno la mano che, per il nervoso,
aveva preso a tremarle dopo quel suo discorso. Anche se non l’avrebbe mai
ammesso, le sue parole le erano arrivate fin nel profondo del suo spirito
tormentato, perché lei sapeva che, ovunque andasse, era circondata solo da
vuoto. La solitudine era stata prima un obbligo, imposta dagli altri,
spaventati dalle sue incredibili capacità; poi una scelta, perché, così avezza a stare sola, quando finalmente il gruppo si era
aperto a lei, non era riuscita a starci bene dentro. Teneva buoni rapporti solo
con i suoi familiari, che sempre avevano tentato di aiutarla.
“Oh, la mia anormalità non è differente dalla
tua! E poi, sarebbe per la mia stranezza che non stiamo
più assieme, o per la tua?” Commentò, allungando una mano a toccarle la serica
pelle dorata.
Erano stati assieme per un anno intero, quello appena passato. Poi,
arrivata l’estate, le cose erano cambiate. All’inizio si erano visti, anche se
raramente, perché lei adduceva come scusa i suoi grandi impegni lavorativi e
scolastici. Poi, improvviso quanto atteso, il silenzio, che lui aveva rispettato
con amarezza: sapeva che Rose ci teneva a lui, ma sapeva anche quanto quella
ragazza fosse restia a credere nell’affetto altrui, avendo avuto intorno fin da
piccola solo persone che l’adulavano per i geni che
portava. Un po’ come Scorpius in effetti, se non fosse che almeno lui trovava in Lily la sua stella
polare.
“Credevo fosse chiaro…”
“Non hai chiarito niente, sei scomparsa e
basta.”
“Appunto.”
Lui sorrise. “Sappi allora che io non ho
nessuna intenzione di scomparire. Io ci sono. E non riuscirai
a mandarmi via.” Disse, allontanandosi e dandole le spalle, per poi avviarsi
con calma alla sua stanza. Aveva appena lanciato la corda…
ed era ben sicuro che, dall’altra parte, non avrebbero
tardato a prenderla.
“Scorp, è venuto qualcuno?” Chiese la piccola
Lily, uscendo dal bagno pronta per avviarsi a fare la sua adorata colazione.
“Nessuno.” Replicò lui pacifico, finendo di chiudersi la camicia bianca.
“Ma io ho sentito bussare!”
“Avrai sentito male.”
“Non penso proprio!” Si oppose, salendo sul letto e mettendosi a
saltellare. “Se non me lo vuoi dire, significa che non era
una visita gradita. E considerando che nessun Slyhterin
che ti rispetti verrebbe a scocciarti a quest’ora del mattino rischiando di
causare le tue ire, e che se si fosse trattato di
Robert o dei miei fratelli me l’avresti detto, l’unica persona di cui si può
trattare è Rose!”
Lui sbuffò con nonchalance, infilandosi la giacca: sapeva benissimo che
l’avrebbe capito da sola, quello scricciolo lo conosceva anche meglio di se medesimo…
“Oh, ho indovinato! Siete come cane e gatto voi due, mai che andiate
d’accordo! Deve essere perché vi assomigliate tanto!”
“Lily... stiamo andando a fare colazione, non mi rovinare l’appetito…”
Lei scese giù dal letto scoppiando a ridere e abbracciandolo di slancio.
“Sei il solito ghiacciolino peloso!”
“….” Quell’epiteto gli mancava….
Londra
L’Ordine della Fenice si era appena riunito nell’ufficio segreto all’interno
del Ministero della Magia.
Non mancava nessuno. Perfino i due nuovi membri, Blaise
Zabini e Draco Malfoy, non avevano saltato, come di loro consueto, quella
riunione.
L’argomento, d’altronde, li interessava personalmente: nella lettera che
Hermione Granger (in Weasley) aveva mandato loro si
parlava espressamente dell’intenzione di adoperare i loro figli per una qualche
particolare missione.
“Di cosa si tratta?” Chiese Blaise, inquieto.
Fu Hermione in persona a rispondergli, dall’altro
lato della tavola rotonda, con tono aspro. “Spero almeno tu abbia letto il
resoconto del nostro ultimo incontro, a cui, guarda
caso, sei stato assente.”
“Avevo impegni urgenti che mi trattenevano all’estero.”
“Non dire sciocchezze! Tu e il tuo amico saltate di norma ogni singolo
incontro! Vi pare forse che qui ci si riunisca per giocare?!”
Fu Draco a replicare, serpentino come al solito. “Granger, visto che a quanto pare non hai ben chiara la situazione, te
la spiego io: siamo entrati in questa società di maniaci suicidi solo per…”
“MANIACI SUICIDI?! MA COME TI PERMETTI?!” Gridò quella, saltando in piedi. Harry e Ron, al suo
fianco, la spinsero a sedersi, invitandola a non lasciarsi trascinare dalle sue
provocazioni, mentre Draco continuava imperterrito la
sua orazione.
“…solo per il bene dei nostri figli. Se in loro
non si fossero rivelati due Arcangeli,
non saremo qui. Perciò, se le missioni che preparate non hanno niente a che
vedere con loro, non ci riguardano.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi la donna riprese la
parola, fredda più che mai. “Benissimo, siete stati chiari.
Vedremo allora di rivedere in merito a ciò la vostra posizione nell’associazione.
Come dicevo prima, se avete letto il resoconto dell’ultimo incontro saprete di certo qual è la situazione in cui il
nostro Regno si trova.”
“Sappiamo delle Terre Emerse.” Ammise Blaise,
mentre il biondo al suo fianco assentiva con il capo.
“Perfetto. L’altra sera Harry è venuto da me parlandomi di un’altra
novità.
La Dark Lady che domina quei territori è entrata in contatto con Ginny Weasley, attraverso visioni
e sogni altamente realistici.”
Un chiacchiericcio sconvolto riempì la stanza a quella rivelazione. Fred
Weasley si alzò in piedi, furioso, mentre i fratelli
tentavano di calmarlo. La signora e il signor Weasley,
spaventati dalla notizia, si tennero per mano. Minerva McGranitt
fissò i suoi occhi cerulei su quelli di Harry Potter, ritrovandovi quello
sguardo perso e avvilito che pensava fosse morto con la sconfitta di Voldemort e risanato dal matrimonio con Ginevra.
“Sono simili a quelle che tu avevi di Tom Riddle,
Harry?” Chiese Ron, che già temeva di perdere un altro dei suoi familiari.
“Da come ne parla parrebbe di sì.”
“Sarebbe una conferma che la ragazza è legata a lui?” Chiese Hestia Jones, rimasta in silenzio fino ad allora.
“Non è possibile, altrimenti i nostri bei tatuaggi avrebbero ripreso
forma nei nostri bracci.” Disse Draco, sollevandosi
la camicia – imitato dal suo amico – e mostrando la pelle candida. “Invece, non
ci sono.”
“Non ho finito qui. C’è un
altro fatto, piuttosto grave, che devo presentare all’assemblea. Ginny riferisce che la Dark Lady ha l’aspetto di sua
figlia, Lily Luna.
In base a queste informazioni, il
mio ragionamento si è diretto prettamente verso un indirizzo: l’incontro intimo
che Ginevra ha avuto con Tom Riddle al suo primo anno
tramite il suo diario.
Ho pensato che, magari, Voldemort, in un modo
o nell’altro, fosse riuscito a mettere in salvo un frammento
di esso, ove, ricordiamo, anche Harry scrisse. E che tramite esso fosse
riuscito a catturare una parte della loro anima, usata poi per costruire una
sorta di horcrux vivente, lasciato maturare fino ad
ora nelle Dimore Infernali.”
“Oh mio Dio!” Esclamò Molly, portandosi le mani alle labbra.
“No… non ci credo…”
Scosse la testa Charlie, affranto.
“Non ci credo tanto neanche io.” Ammise subito la giovane signora Weasley, riportando l’attenzione su di se. “Se anche così
fosse, non si spiegherebbe come la ragazza abbia proprio le forme di Lily, e
non di qualsiasi altro dei figli di Harry.. o, che so,
un volto nuovo ancora. La genetica ha mille facce, è difficile replicarne una
esattamente.
Anzi, è totalmente impossibile.”
“Stavo per affermare lo stesso.” Ammise Blaise,
che fino ad allora aveva attentamente ascoltato il
discorso. “Direi che si debba vertere su un altro campo d’indagine, che non
punti solo a Ginevra, ma anche alla stessa Lily.”
“Esatto Blaise.” Affermò con enfasi Hermione, che da sempre aveva apprezzato il fino intelletto
di quel serpeverde un po’ fuori dai canoni.
“Cosa intendete? Dubito che
la piccola Lily abbia avuto a che fare con la magia oscura…”
Osservò Hestia, dubbiosa.
“Non deve averlo per forza fatto per sua cosciente volontà.” Suggerì in
quel momento Kingsley Shacklebolt, fissando negli occhi gli unici due
che, nella sala, pareva avessero capito cosa stesse succedendo. “Harry, dov’è
nata Lily?”
“Al San
Mungo, come tutti i miei figli…” Rispose lui,
confuso. Un attimo dopo i suoi occhi si spalancarono,
allibiti. “Credete forse che….”
“Informati subito su chi ha seguito il parto di Ginevra. Dobbiamo trovare i nomi di tutti coloro che erano presenti, dall’ostetrica all’infermiere.
Qualcuno di loro ha utilizzato la Magia Nera per maledire l’anima di tua
figlia.” Concluse Hermione.
Quelle
parole piombarono addosso ad Harry come lava
incandescente. Il pensiero di perdere ancora una volta la famiglia per mano del
Male lo devastò, spingendolo ad alzarsi dalla sedia per uscire dalla sala. Ma le parole di conforto pronunciate dall’ultima persona da
cui avrebbe mai immaginato di riceverle lo bloccarono ancor prima che Ronald,
prontamente alzatosi per andargli incontro, potesse farlo.
“Proteggeremo
tua figlia Potter. Neanche Satana in persona riuscirà a torcerle un solo
capello.”
Tutti
rimasero ammutoliti, voltandosi a fissare Draco Malfoy, che, serio più che mai, indirizzava il suo sguardo
gelato su quello che un tempo era stato il suo peggior nemico.
“Per quanto mi dolga ammetterlo, ho un debito con te, un debito di vita. E ai Malfoy
non piace essere in debito con nessuno.
Per cui,
ascolta cos’ho in mente.
Tempo fa
acquistai una villa… un’enorme tenuta nel cuore della
Sardegna, nel Mediterraneo. E’ un’isola magica, ma come ben sapete
non vi esiste un vero e proprio stato, e le creature che vi abitano cooperano
insieme per il benessere comune, tanto che il Male, perlomeno quello più
estremo, non vi è radicato. Nemmeno i Mangiamorte, ai
tempi di Voldemort, riuscirono ad
entrarci.
La mia
dimora sarebbe un luogo sicuro per tua figlia che, oltre l’aiuto degli abitanti
del posto, la cui ospitalità è universale, avrebbe pure l’aiuto degli
Arcangeli. D’altronde, dubito fortemente che Scorpius
sarebbe disposto a lasciarla sola…
e così pure Robert e Rose.”
“Sono perfettamente d’accordo. Andrò io stesso ad avvisare i ragazzi a scuola, appena
usciti da qui.” Assentì Blaise.
“E, mentre lei è là al sicuro, noi ci impegneremo nella ricerca di colui che ha fatto sorgere la Dark Lady.
Per quanto
riguarda il malessere di tua moglie, chiederò a Robert di darle un’occhiata:
dovrebbe essere in grado di guarirla. Lui, in fondo, è Raffaele, l’angelo della
guarigione.”
Hermione
sorrise, assentendo, i lineamenti resi più dolci da
quella piacevole e inaspettata collaborazione. “Piano perfetto, tutti d’accordo,
non è vero?” Chiese, domanda retorica. “Che si dia il via all’operazione-salvataggio
allora!”
“Forse Silente aveva ragione, è un
buon diavolo dopotutto.” Commentò Ronald, a due passi dall’amico.
“Già. Silente aveva sempre ragione.” Sorrise Harry,
abbandonando la sala ben più rasserenato di prima.