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Autore: AClaudia    19/12/2014    1 recensioni
"La testa gli girava come se dovesse improvvisamente alzarsi in volo e le gambe parevano fatte di pasta frolla. Afferrò pesantemente il corrimano per scendere i gradini, ma sembrava impossibile. Avrebbe salvato il suo compagno a qualsiasi costo. Sull'orlo dello svenimento, stava per accasciarsi su se stesso, quando una mano lo aiutò a rialzarsi..."
AGGIORNAMENTO!!: voglio proseguire questa storia e sto cercando qualche autore che voglia collaborare con me ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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GHIACCIO E MUFFA
 




Il vento gelido gli sferzava la pelle ed il giacchio sull’asfalto era dannatamente scivoloso. Ogni passo faceva scricchiolare le suole delle scarpe, ma la città dormiente non si accorgeva di quella piccola figura.
Quanto era lontano dal monastero?
L’illuminazione fioca celava la sua presenza allo sguardo di pochi passanti infreddoliti. Non erano certo in molti ad avventurarsi fuori di casa con quel tempaccio e a notte fonda, ma era proprio per questo che Yuri aveva deciso di agire.
Era uscito da pochi minuti dal monastero, ma doveva fare in fretta o sarebbe stato scoperto. Stava correndo a perdifiato, creando nuvolette di vapore da sotto la sciarpa e calcando strade via via più sconosciute.
Si dovette fermare vicino ad una piccola piazza, sedendosi pesantemente e passando una mano sugli occhi. La vista era oltremodo acuta, e i muscoli erano tesi. Il nuovo allenamento speciale stava agendo su di lui in modo misterioso e sinistro, provocando sensazioni mai provate prima, che Yuri non riusciva a controllare.  
Cercò di calmarsi mentre metteva insieme tutte le informazioni. Dopo la notte del blackout al monastero aveva ricordato un edificio antico e imponente, su cui campeggiava una scritta. Ed infine aveva capito, si trattava del Conservatorio “P.I. Čajkovskij “ di Mosca. Non era un vero e proprio ricordo, sapeva solo di esserci già stato tempo prima, e che una volta lì si sarebbe orientato perfettamente.
“Stupido, che fai lì seduto?”
Spaventato, Yuri alzò lo sguardo, incontrando fortunatamente Boris che si stava sedendo accanto a lui.
Un secondo dopo un ammasso peloso gli saltò in grembo, agitando la coda felice.
“Ilo! Ma che ci fate qui? Ti avevo detto di non seguirmi!” disse Yuri in un sussurro al suo lupacchiotto ma soprattutto al suo compagno di squadra.
Boris gli lanciò un’occhiata vagamente divertita.
“Ho visto il tuo lupo scappare dal monastero, ero sicuro che ti stesse seguendo, anche se hai voluto tenerti tutto per te senza dirmi niente. Ho capito che ti stavi imbucando in qualcosa di pericoloso e ho preferito seguirlo.”
“Sei un idiota, tornatene al monastero! Se ti dovessero scoprire…”
“Ormai siamo fuori, non possiamo tornare indietro! Dobbiamo darci una mossa!”
“È quello che stavo tentando di fare prima che arrivassi tu!
“Ma se te ne stavi seduto beatamente…”
“Non sono fatti tuoi! Non ti impicciare in cose che non sai!!” Yuri era seriamente alterato, lui stesso non si aspettava di reagire così contro Boris, che era anche l’unico a cui avesse mai raccontato qualcosa di sé. Per un secondò ripensò alle vasche enormi piene di liquido denso e maleodorante in cui doveva rimanere immerso per ore.
Che stessero cercando di controllare anche la sua mente?
Sospirò lievemente, accarezzando il morbido pelo di Ilo, accoccolato su di lui.
“La verità è che non mi sento molto bene. Gli allenamenti… Ma non importa, ora dobbiamo andare!” Yuri si alzò con circospezione, controllando di non essere visti.
“Si ma dove! Dimmi che cavolo vuoi fare!”
“Dobbiamo raggiungere il conservatorio. Lì dobbiamo cercare qualsiasi cosa riguardi la mia famiglia nell’ufficio di mio padre!”
“Muoviamoci allora!”
Nei giorni precedenti  Yuri aveva raccontato a Boris ciò che aveva scoperto nell’ufficio di Vorkov e di ciò che ora ricordava.
Ripresero a correre per le vie di Mosca, calcandosi la berretta in testa per proteggersi dal freddo, mentre il piccolo Ilo trotterellava accanto a Yuri, come se stessero giocando a chi arriva per primo.
La loro compagnia aveva infuso nel rosso una nota di speranza in più. Il non sentirsi solo era una bella sensazione, pensò.
 
“Perché stiamo andando di qui?” chiese dubbioso Boris fermando il gruppo in corsa.
“…”
“Bisogna andare dall’altra parte per il conservatorio!”
“Ah si? E tu come lo sai?” chiese polemico il rosso.
Boris lo fissò con occhi sgranati.
“…mi stai dicendo che tu non conosci la strada? Cioè, ci stai facendo correre come dei matti e non sai la strada?”
“Allora dimmela tu campione! No, non so la strada, ma sono sicuro di saperci arrivare in un modo o nell’altro!”
“Sei uno stupido! Così rischiamo di morire di freddo! Segui me, io me la ricordo!”
Yuri si mise così a seguire il compagno, rinunciando momentaneamente ad una discussione su chi fosse il capitano, che avrebbe solo fatto perdere tempo ai tre fuggiaschi. Il tempo era loro nemico, e ne avevano già perso abbastanza. Si chiese come mai il biondo conoscesse quel luogo, ma vista la situazione avrebbe indagato in un altro momento. Almeno ora avevano davvero la sensazione di andare in una direzione precisa, Boris lo stava guidando con decisione, e nel silenzio più totale arrivarono in pochi minuti in una piazzetta vagamente affollata.
Eccolo lì, maestoso e misterioso, il conservatorio. La sua facciata bianca rifletteva la luce gialla dei lampioni e le ante chiuse facevano assomigliare la struttura ad un gigante addormentato.
Solo un piccolo gruppo di persone richiamavano alla realtà quel posto magico, alcune intente a chiacchierare mentre si avviavano al parcheggio, altre a caricare oggetti su un furgone. Dalla porta aperta usciva una lama di luce e permetteva ai nostri di scorgere all’interno delle soffici poltroncine rosse.
“Quello dev’essere l’auditorium” sussurrò Boris all’orecchio del compagno.
I tre si erano nascosti tra la vegetazione spoglia del parco di fronte, da cui potevano studiare la situazione senza essere scoperti.
Yuri stava fissando la porta, come se fosse l’unico appiglio di speranza a cui aggrapparsi.
“Già… Dovremo entrare da lì senza farci vedere dagli addetti, e una volta dentro raggiungeremo l’ufficio di mio padre.”
“Ma almeno quello sai dov’è?” chiese speranzoso Boris.
“Non ti preoccupare. Saprò dov’è.” Disse voltandosi a guardare il compagno. “Sei pronto?”
“Certo!”
 
Il grande palco il legno era ormai vuoto, tutti gli oggetti di scena erano già stati smontati, spostati e riposti con la massima precisione ed ordine. Al termine del concerto di quella sera, dopo che il pubblico ed i musicisti avevano lasciato l’auditorium per continuare la festa in qualche bar, i custodi del conservatorio avevano risistemato la sala in pochissimo tempo.
Mentre ognuno di loro era concentrato sul proprio compito, i tre impavidi ragazzi si erano intrufolati dalla porta, avevano percorso a gattoni le file di sedie rosse ed avevano infine raggiunto la porta che dava sull’atrio buio.
La prima prova era superata. Aspettarono in silenzio che le luci fossero tutte spente e le porte chiuse, prima di lanciarsi nei corridoi tetri di quel palazzo antico.
Il silenzio premeva sulle loro orecchie e solo poche piccole luci illuminavano qua e là il pavimento. Nessun problema per Yuri, erano sufficienti  per i suoi occhi stranamente potenziati. In questo caso erano un vantaggio.
Era l’istinto a guidarlo sulla via da prendere, nonostante quel posto fosse pieno di stanze e di anfratti. Yuri non pensava. Sapeva solo che lasciando libera la sua mente sarebbero arrivati nel posto giusto, doveva solo correre.
Boris dietro di lui non spiccicava una parola, non era momento di parlare, doveva per forza fidarsi del compagno anche se questa incertezza non gli piaceva affatto. Scacciò brutti pensieri dalla mente, sforzandosi di credere che Yuri sapesse la strada.
Ilo, con il suo istinto di lupo, aveva intuito la fragilità della situazione, ed aveva sempre seguito i due blader senza emettere un verso, lanciandosi in corsa insieme ai due con le sue zampine felpate.
I minuti scorrevano veloci, ma anche i pavimenti cerati sotto di loro. I corridoi al buio sembravano tutti uguali, e i dipinti alle pareti sembravano osservarli come custodi silenziosi. Antiche statue di marmo facevano la guardia alle porte ed ai saloni, seguendoli con uno sguardo senza occhi, bloccati nella loro posa gloriosa. Superarono con agilità un'ultima ripida scalinata aggrappandosi al corrimano in ferro battuto, approdando così su un pianerottolo con molte porte. Yuri si bloccò di colpo.
“Che c’è Yuri?”
“…”
“Abbiamo sbagliato piano?”
Yuri fissava il pavimento con occhi vuoti, stava succedendo qualcosa nella sua testa.
Ilo intanto approfittava della pausa per trotterellare in giro ed annusare qualsiasi cosa all’altezza del suo muso.
“Oh Yuri, insomma, cosa c’è? Cos’hai?”
Vagamente preoccupato Boris lo prese per le spalle e lo scosse senza troppa grazia. In effetti non potevano concedersi il lusso di una pausa troppo lunga.
“Mi ricordo di queste scale, e di questo piano. Mio padre mi teneva per mano quando salivamo insieme, ed ogni gradino mi sembrava altissimo.”
“L’unica cosa che ti devi ricordare ora è la porta dell’ufficio, non possiamo più aspettare!”
Il tono basso ma imperioso di Boris lo fece ritornare alla realtà, accantonando quei dolci ricordi.
“È quella.” Disse sicuro, indicando una delle porte più lontane, dove Ilo già aspettava i due ragazzi.
Una volta raggiunta tentarono di aprirla con la maniglia, ma era chiusa a chiave perciò tentarono di forzarla, mentre il lupetto contribuiva, graffiando il legno con i suoi artigli.
La aprirono con qualche spallata e subito un odore di muffa e di polvere invase le loro narici. Da molto tempo nessuno ci metteva più piede, e la natura stava avendo il sopravvento.
Si guardarono intorno, nella semioscurità, cercando di catturare ogni dettaglio possibile. Da quel che si poteva capire, nel centro della stanza troneggiava un grande pianoforte a coda, mentre in fondo una grossa libreria faceva ombra ad una scrivania vuota. Non erano solo la polvere e le ragnatele a rendere sinistro quel luogo, anche il caos e il disordine tutto intorno. Il pavimento era pieno di oggetti, fogli e quant’altro, sparsi in giro non a caso, ma come se lì ci fosse stata una lotta.
Era tutto così strano, questo non faceva parte dei ricordi di Yuri.
Improvvisamente Ilo smise di giocherellare con le palline di polvere e cominciò a ringhiare in direzione della porta, mettendosi in posizione di difesa. Entrambi i ragazzi si voltarono a guardarlo spaventati, ma non ebbero il tempo di capire cosa stesse succedendo, né di fare un solo passo. Le luci si accesero tutte di colpo ed una schiera di poliziotti invase il pianerottolo fin dentro la stanza, urlando comandi e puntando su di loro un intero arsenale di pistole.
“Alzate le mani e non  muovetevi! Alzate le mani ho detto!”
I due ragazzi colti sul fatto erano pietrificati: Boris alzò subito le mani, sapendo che era meglio obbedire anche se il suo orgoglio urlava il contrario, mentre Yuri eseguì gli ordini più lentamente dovendo combattere contro la luce che lo stava accecando. Ora la normale illuminazione era per lui come fissare il sole. Gli occhi gli bruciavano da morire e cominciarono a lacrimare, mentre il rosso stringeva  i denti ed abbassava il viso per lo sforzo. Era in trappola, maledizione! Ma quello che è peggio è che tutto ciò non era servito a nulla, non aveva trovato nessun indizio utile. Nemmeno Ilo ringhiava più.
Un uomo con un pesante giubbotto nero ed un colbacco in testa si fece largo tra i poliziotti.
“Eccovi qua, piccoli delinquenti! Pensavate di essere furbi..."
Un ghigno perfido apparve sul suo volto. Era evidentemente molto soddisfatto di quel colpo.
“Povero piccolo, piangi perché ti abbiamo scoperto? Beh, questo non è niente in confronto a quello che ti aspetta!”
Forse trovava la situazione molto patetica, e l’ironia doveva essere il suo forte. Se solo avesse potuto, Yuri avrebbe scagliato il suo beyblade contro quell’uomo con tutta la sua forza.
“Ammanettateli”
L’uomo se ne andò lasciando ai suoi uomini il compito di prendere i ragazzi e di trasportarli fuori dal conservatorio. Yuri si sentiva derubato, aggredito, sconfitto. Teneva ancora gli occhi chiusi, più per la disfatta che per la luce, e si lasciava trascinare pesantemente dal poliziotto che non esitava ad esortarlo con insulti e improperi vari. Non gliene importava nulla. Boris invece, poco più avanti di lui, camminava lentamente ma con gli occhi bene aperti, per studiare la situazione e capire ciò stava realmente succedendo.
La polizia li aveva arrestati perché si erano introdotti abusivamente in un luogo pubblico e per  tentata rapina, così dicevano. Ma non tornavano i conti al biondo. Come mai erano stati così celeri nel catturarli e con così tanti uomini? Nel parcheggio attendevano almeno quattro auto della polizia più una camionetta dell’unità cinofila. Tutto questo per due ragazzini?
Furono separati e messi su due macchine diverse, mentre tutti i poliziotti si affrettavano a salire a bordo.
Yuri sentiva la rabbia crescere dentro di se come una furia, mentre fuori dal finestrino vedeva scorrere il paesaggio invernale della Capitale.
Qualcosa però colpì il suo sguardo. Quella via gli era familiare, anzi, la conosceva bene! Le piante, la fontanella, il muro di pietra, la vecchia casa e poi il portone.
Il portone del monastero.
 
 
Si aspettava una caserma, una centrale di Polizia, un dannatissimo posto in cui i poliziotti portano chi viene arrestato, invece no. Loro erano stati portati direttamente all’inferno, ovvero al monastero.
Questo non fece altro che confermare i sospetti di Boris, per cui ormai erano già certezze.
Con malagrazia vennero spinti oltre la porta dell’ufficio di Vorkov che, neanche a dirlo, gongolava come un pazzo.
Accanto a lui, con la stessa espressione, l’uomo del colbacco che doveva essere il comandante.
“Eccoli qua, Vorkov, i tuoi pupilli. Come vedi siamo riusciti a catturarli in tempo e ad evitare che si facessero male.”
Aveva un accento strano, quasi nordico rispetto agli standard della città, e Boris se ne accorse subito.
“Non avevo alcun dubbio. Ti ringrazio per la collaborazione. I corpi di polizia svolgono un’azione importantissima, avete la mia massima stima.” rispose il monaco alzandosi dalla poltrona e stringendogli la mano.
Il comandante sorrise di rimando e uscì dalla stanza mentre un’agente toglieva le manette ai due bladers. Quando la porta fu chiusa rimasero solo loro tre nell’ufficio, oltre ad alcuni leccapiedi del monaco.
Yuri e Boris erano in piedi di fronte alla scrivania, mentre Vorkov lentamente cominciò a girare intorno a loro come un avvoltoio, fissando il suo sguardo maligno su di loro e sogghignando. Sentiva il profumo della vittoria.
 “Sono incredibilmente deluso da voi due. Siete i miei migliori allievi, eppure siete quelli che più di tutti mi fanno dannare l’anima!
Perché, io mi chiedo, tutta questa ansia di scoprire il mondo esterno quando io faccio di tutto per voi? Non capite?
Qui avete tutto, siete protetti e nessuno può farvi del male. Qui dentro potete crescere al meglio, sviluppando appieno le vostre capacità, lontani da tutto il male ed il dolore che vi aspettano al di fuori da qui. E quando un giorno lo scoprirete sulla vostra pelle, non potrete far altro che ringraziarmi di avervi cresciuti al monastero!”
Una piccola pausa sottolineò i falsi buoni intenti del monaco. Yuri e Boris già conoscevano i sermoni del loro padrone.
Riprese: ”So cosa siete andati a fare al conservatorio. Yuri, tu sei alla disperata ricerca del tuo passato, e questo desiderio ti brucia dentro, ma devo metterti in guardia o ti scotterai. Ciò che scoprirai non ti piacerà.
Tu speri di poter trovare una traccia che ti porti alla tua famiglia, un luogo caldo ed accogliente insieme ai tuoi genitori, ma io conosco la verità. Ciò che troveresti sarebbe solo altro dolore. Quello che hai fatto stanotte mi fa capire che non posso più aspettare, tocca a me raccontarti la verità, e lo faccio solo per farti riflettere, per farti capire, per aiutarti.
 
Conoscevo i tuoi genitori: tuo padre era un musicista famoso, un pianista per l’esattezza, mentre tua madre era un’insegnante di storia. Due persone per bene, all’apparenza, ma io invece conoscevo le loro anime in profondità. La vera passione di tuo padre non era la musica, ma il potere. La sua sete di potere lo spingeva a fare cose grandi ma terribili, era il demonio in persona. Sfruttava le persone per fare carriera, sognava la politica, ma era disposto a tutto pur di riuscire. Era un vero farabutto. Tutti erano importanti eppure nessuno lo era veramente, se non se stesso. Faceva le cose più orribili, che ora non ti posso raccontare. Sei ancora troppo piccolo. Ogni volta che ne venivo a conoscenza mi si spezzava il cuore, poiché sapevo che suo figlio avrebbe pagato per gli errori del padre. Speravo che almeno sua madre, una donna molto incantevole, lo avrebbe protetto, ma non fu così. Anche lei come Aleksander era dura di cuore e lasciava che fosse la balia a prendersi cura di te. Mentre tu crescevi, bisognoso dell’affetto dei tuoi genitori, loro ti consideravano un peso da scaricare, finché un giorno tuo padre, ubriaco e amareggiato, decise di sfogare su di te, creatura indifesa, i suoi problemi. Fu la scintilla che scatenò l'incendio, perchè da quell'episodio la Polizia scoprì tutta la rete di imbrogli che aveva creato. Fu denunciato ed arrestato. Durante il processo gli furono imputati tutti i capi d’accusa, ed ora fortunatamente è in galera a pagare per tutti i suoi peccati.
Rimasta sola, tua madre fu uccisa poco tempo dopo, dalla mano di uno degli innumerevoli nemici di tuo padre.”
Vorkov si fermò davanti a Yuri e lo fissò negli occhi.
“Ecco perché ti trovi qui ora. Ho voluto sottrarti ad una vita d’inferno, solo contro il mondo intero. Nessuno sarebbe stato pronto a prendersi cura di te, ma io l’ho fatto, perché volevo risparmiarti la fatica ed il dolore della vita da reietto che ti aspettava. Vorrei che tu capissi questo e che la smettessi di cercare al di fuori di queste mura. Ora tutto quello che hai è qui. I tuoi genitori, la tua famiglia non ti vuole, io sono la tua famiglia adesso.”
 
Boris era incredulo, Yuri confuso e Vorkov santificato. Il monaco aveva come un’espressione angelica sul volto, ma il biondo che l’aveva fissato durante tutto il racconto non ne era convinto. Aveva imparato a non fidarsi di lui, ma chissà se anche Yuri se ne ricordava oppure era crollato sotto il suo incantesimo?
“Ora sai la verità” concluse con tono tagliente, il solito. “Spero di non dover mai più ripetere questo discorso. Inoltre non posso dimenticare che siete usciti di nascosto dal monastero, perciò sarete puniti. Portateli nelle loro celle!” concluse, rivolto alle guardie.
 
Nessuno proferì parola, finché le porte delle rispettive stanze non furono chiuse. Solo allora Yuri si accasciò sul letto e grosse lacrime cominciarono a solcargli le guance. No, non era possibile. Si passò una mano sul viso ma fu inutile, perché fiumi ormai scorrevano senza controllo, fino a bagnare le lenzuola. Il piccolo Yuri ricordava ben altro della sua infanzia e dei suoi genitori. Ma a tutte quelle domande che si formarono nella sua testa non seppe dare alcuna risposta.
Una sola cosa era certa: la sua vita era un inferno e, chiunque fosse il colpevole, avrebbe pagato.
Crollò sotto il peso della stanchezza e delle troppe emozioni, senza nemmeno accorgersi che un piccolo lupo era salito sul suo letto e si era accoccolato vicino a lui.
 
 
 
 
 

 
 Note:
La nave è finalmente giunta in porto! Si, insomma, una meta è stata raggiunta!
So di aver tardato molto con questo ultimo capitolo, ma mi sono ripromessa di terminarlo entro Natale, e ce l’ho fatta! Così durante le vacanze avete qualcosa in più da leggere.
Ora che le fondamenta della storia sono state gettate, preparatevi ad un salto temporale non indifferente! Ci sono in serbo delle belle sorpresine…
Non temete, tutto ciò che è rimasto in sospeso verrà spiegato piano piano nelle puntate successive!
 
Non ho la minima idea di come sia Mosca, perciò tutto la descrizione delle strade è puramente casuale. Se dovessero esserci delle incongruenze, anche nel resto della storia, segnalatemele. Alcune sono accidentali, altre invece sono messe apposta.
 
Aleksander Ivanov è conosciuto nel mondo reale come Tuomas Holopainen, che non ha bisogno di presentazioni, ma per chi ancora non sa chi diamine sia, ebbene lui è il tastierista/compositore/frontman dei Nightwish, gruppo metal finlandese. Lustratevi gli occhi ragazze: www.tuomas-holopainen.com
Infatti, piccola parentesi musicale^^, il titolo della storia è preso dal testo di “Cold Heart Of The Klondike”, traccia numero 5 del suo album “The Life And Times of Scrooge”, interpretata dalla fantastica voce di Tony Kakko (amo quell’uomo! <3 ).  È un album molto carino davvero, ascoltatelo se potete ;)
 
Sentiti ringraziamenti a chi legge, a chi commenta e a chi continua a seguire la storia!
A presto!
  
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