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Autore: Matih Bobek    19/12/2014    1 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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                                                           IL PRANZO 

Ti alzi, apri la porta. Manco il tempo di dire "Buon Natale" che sei investito dall'orda di parenti esaltati: " BUON NATALE!" " BUON NATALE!" " BUON NATALE!" smack di qua, smack di là, oddio si sono consumate le labbra, " BUONA PASQUA!" il simpaticone di turno che poi, la maggior parte dei casi, è lo stesso che urla ambo a tombola dopo il primo numero estratto. Il parentame si scompone, si disperde per la casa, tutti si tolgono le giacche, le posano sul tuo letto, come se gliel'avessi detto tu, occupano il bagno per decenni, si mettano a schiamazzare in tutta allegria con tua madre, ma soprattuto, ti fanno domande moleste:
" Ma la fidanzatina?" Ma n'anfiteatro de ca**i tua?
" Quanti esami ti mancano alla laurea?" Guarda, mi sono iscritto praticamente l'altroieri.
" Ma sei ingrassato?" Ma veramente sto a dieta da un anno, sai com'è... Magari si è messo le lenti al contrario.
" Ma sempre vestito in nero, sei in lutto?" Sì, sono pronto per ogni evenienza, non si sa mai.
" Ma ti sei fatto la tinta?" No, è daltonismo.
Insomma, un'allegra combriccola di numero variabile che ti scassa le palle a ritmo di valzer.
E' ormai l'una inoltrata, le due streghe hanno preso il dominio della cucina. I parenti iniziano a portare il cibo sulla tavola, e a riempire i piatti. Tuo fratello, ovviamente, fa il capocameriere: come impartisce gli ordini lui, nessuno. Dispotico fino al midollo, danza come un narciso tra il parentame, e serve le portate, conta il numero di porzioni, sbagliando immancabilmente, e urla all'alieno capo di stare tranquilla. Ti ripete un numero infinito di volte di lavarti le mani e che, secondo il galateo, la forchetta sta a destra. Solo però se l'hai messa sinistra. Un'occhiata di intesa con la cognata, e passa la paura. Si sa che il frutto non cade mai lontano dall'albero...
Gli altri aspettano, rincoglionendosi davanti ai cellulari, mentre tu cerchi di trovare un ordine nel caos. 
Completati i piatti, tutti prendono il posto, ovviamente il tuo viene cambiato trenta volte nel giro di cinque minuti, e si inizia a mangiare. Tranne tua nonna e l'aliena, che prese dall'angoscia, si mettono a lavare i piatti e a cucinare per la cena. 
Il pranzo viene divorato, assimilato e di conseguenza espulso nel tempo record di trenta minuti. Il motivo? Giocare a carte.

Anche qui, urge una spiegazione: il nostro Natale ruota intorno ad una sola tradizione, ovvero il gioco a carte. Quale non ha importanza: saltacavallo, trentuno, bestia, mercante in fiera, sorchetta, sette e mezzo, e chi più ne ha più ne metta. Nonostante i giochi siano sempre gli stessi da circa trent'anni, c'è sempre qualcuno che si è dimenticato le regole, qualcuno che " non ci ha mai giocato", qualcuno che " non le ha capite", insomma c'è sempre qualcuno che scassa. 
Quando poi si gioca a tombola, il che per fortuna accade di rado, si ripetono sempre, ogni anno, le stesse banalissime ovvietà:
1) Il simpaticone di prima (  solitamente mio zio, il bell'addormentato a Natale ) che dice ambo dopo il primo numero estratto.
2) I'orda di simpaticoni che dicono ambo, terno, quaterna e cinquina dopo che sono già stati fatti. In fondo non troppo dissimili dal simpaticone al piano di sopra.
3) La frase idiomatica che accompagna ogni numero, che poi nessuno se le ricorda mai tutte, e dice sempre le solite tre/quattro: la paura, l'anni de cristo, le gambe delle donne, il morto che parla...
4) La manfrina del " ma è uscito questo? E' uscito quest'altro?". Bhè, qui il campione indiscusso sono senz'altro io, che sono riuscito a non rendermi conto di aver fatto tombola. Avevo la schedina completamente vuota.
5) La litigata per il tabellone. Classica, epica, direi quasi omerica. 
   
 
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