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Autore: Ninfea Blu    23/12/2014    8 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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24 solitudine

24 – Solitudini

 

 

Eccomi qui. Mi ero ripromessa di terminare il capitolo per Natale e ci sono riuscita, nonostante la mia lentezza esasperante. Spero che risulti un regalo gradito, anche se lo spirito dello scritto, come vedrete se vorrete leggere, non ha un’atmosfera festiva. Metto le mani avanti per l’atteggiamento di André, perché so che ha già lasciato perplesse diverse lettrici: potreste non riconoscere il personaggio che tanto amiamo, ma in alcuni momenti io lo vedo così, e nella mia mente la storia ha una sua naturale evoluzione che mi sforzo di rispettare. Comunque spiego la cosa anche in una nota a fondo capitolo. Su Danielle non dico più nulla, tanto oramai la odiate, io però ho una sincera pena per lei e per il suo sentimento non corrisposto. Non vi tedio oltre.

Buon Natale e Buon Anno a tutte voi, e grazie sempre di essere qui. Siete un grande incoraggiamento. Buona lettura.

 

 

ßßßßßß

 

 

 

Avevo guardato André allontanarsi.

La sua figura scura e inquieta contrastava contro il maestoso sfondo bianco delle falesie, le pareti d’alabastro scolpite dai venti nel gesso e nella selce che delimitavano la suggestiva spiaggia di Etretat. [1]

Dopo il primo turbamento suscitato dalla sua reazione severa, decisi di raggiungerlo.

Lo ritrovai ormai in prossimità della villa, all’estremo del promontorio che si affacciava sulla distesa azzurra e infinita del mare. Aveva lasciato libero il suo cavallo a pascolare i pochi ciuffi d’ erba che crescevano qua e là; mi apparve immobile contro l’ orizzonte, col vento che saliva dal mare a scompigliargli le chiome brune.

Ero mortificata per quello che era accaduto sulla spiaggia poco prima, ma avevo capito cosa lo avesse tanto turbato e sconvolto; era stata la mia somiglianza, questa volta involontaria, con Oscar: il mio abbigliamento e le mie chiome lasciate libere avevano riacceso nel suo animo il ricordo doloroso di lei.

Da parte mia non fu qualcosa d’intenzionale somigliarle, ma non avevo calcolato quanto fossi identica a lei, soprattutto per André, che doveva aver creduto di vedere il suo fantasma. Solo in quel momento mi fu chiaro quanto fosse penosa per lui quella separazione forzata; lasciare Palazzo Jarjayes per seguirmi, doveva essere stata una scelta lacerante.

Che ingenuità credere che fosse stato fatto a cuor leggero.

Con quella acuta consapevolezza, lo raggiunsi sul promontorio, lasciando la villa alle nostre spalle; scesi da cavallo e mi accostai un poco a lui.

Restai a distanza ad osservare il profilo elegante e preciso della sua schiena che si opponeva all’aria, le gambe lievemente divaricate, un piede posto davanti all’altro. Non potevo vedere i suoi occhi puntati contro la linea dell’orizzonte; sospettavo mi avesse sentito, eppure non diede segno di volersi voltare.

Restò ostinatamente immobile, perso a contemplare la vastità dell’ oceano che si stendeva davanti alla costa francese. Immaginavo che i suoi pensieri volassero lontano chilometri da lì.

“Mi dispiace André. Se ho fatto qualcosa di sbagliato, ti prego, scusami. L’ultima cosa che voglio è farti del male.”

Le mie parole uscirono esitanti e incerte. Mi aspettai di sentire una risposta che non venne e dopo alcuni minuti, il dubbio che non mi avesse assolutamente sentito, né si fosse accorto della mia presenza, attraversò i miei pensieri.

“Non devi pensare che voglia di nuovo giocare con te fingendo di essere lei. Ti prego di credermi André. Non è per questo che ti ho invitato qui…”

Continuava a restare in silenzio, mentre io supplicavo Dio che dicesse qualcosa, qualunque cosa che lo riportasse al presente. Avrei accettato anche il suo biasimo.

Feci un altro passo per portarmi un poco più vicina a lui, senza avere il coraggio di colmare la breve distanza fisica che ci divideva. Ma le mie gambe avrebbero voluto correre. Avrei soltanto voluto stringerlo tra le mie braccia, costringerlo a girarsi verso di me e posare la mia guancia all’altezza del suo cuore e placare il battito furioso che lo possedeva.

“André…” sospirai.

Allora si voltò a guardarmi.

Il suo sguardo era mesto, offuscato da pena, frustrazione mista a rabbia.

Quella luce di gioia contenuta intravista nei giorni trascorsi, sembrava scomparsa, sostituita da amara disillusione che non tentava neppure di dissimulare.

E le sue parole furono ancora più dense di rimpianto e sgomento.

“Non ti scusare Danielle. Tu non hai fatto nulla; sono io che ho nutrito delle false speranze. Mi dispiace, non sono stato del tutto sincero con te. Vedi, in realtà, io sono venuto fin quaggiù con uno scopo preciso e non mi sono preoccupato troppo dei tuoi sentimenti.”

“Io credo di averlo sempre saputo André, ma vedi, non m’ importa…”

Come potevo biasimarlo?

Conoscevo ogni rischio recondito di quel viaggio e mi erano altrettanto chiare tutte le più nascoste motivazioni che non osavamo confessare uno all’altro, ma erano lì, invisibili possibilità scongiurate e desiderate per le nostre personali felicità.

“Non t’ importa? Oh, allora tu sei peggio di me! – Esclamò con durezza, serrando i pugni. – Non t’ importa che contro ogni logica e buon senso, non ci sia giorno che io non abbia sperato, invocato l’arrivo di Oscar qui? L’aspetto fin dalla prima ora del nostro arrivo a Etretat. L’ ho cercata nei volti delle persone che abbiamo incontrato giù in paese, in queste ultime due settimane. Ho pensato a lei in continuazione, tanto da esserne stordito!”

Parlava con trasporto, era un fiume in piena senza controllo e la sua voce vibrava con furia appassionata. Non lo avevo mai visto in un tale stato di eccitazione dolorosa.

“Mi aspetto che piombi qui, da un momento all’altro, a pretendere che torni a casa con lei, a supplicare magari. Se venisse a ordinarmelo, io le ubbidirei quasi ciecamente. Metterei da parte ogni briciola d’orgoglio, ogni umana volontà solo per sentirle dire che mi ama, e che mi rivuole con sé. Lo capisci Danielle? Lei resta tutto ciò che io desidero e amo… e  sono terrorizzato all’idea che resterà soltanto un desiderio inappagato. E tu vanamente speri in qualcosa che non potrò mai darti.”

“Lei ti ha reso così spietato, André? Tu non sei così…”

“Sono esattamente così, invece. Il mio cuore è chiuso a ogni altro sentimento che non sia ciò che provo per lei. Credevo che sarebbe stato facile venire qui, stare con te. Credevo che avresti potuto aiutarmi non dico a dimenticare, ma a sopportare il mio tormento… - a quel punto si avvicinò per sfiorarmi il viso con la punta delle dita e fissò i suoi occhi di fuoco nei miei - credevo di potermi rassegnare a lasciarla andare, grazie a te. Ma non è così. Mi è bastato vederti sulla spiaggia poco fa, per capirlo, quando per un momento ho creduto che fossi lei. La verità è che sono disperato, e la disperazione fa fare le cose più assurde ad un uomo.”

Non avrei voluto, ma più lo ascoltavo e più sentivo l’amarezza avvelenarmi il cuore e una rabbia sorda e inesorabile montò in me. Comprendevo i suoi sentimenti, ma non potevo accettare quella sua presa di posizione.

Io volevo che lottasse, per sé e anche per me, pur col rischio enorme di finire in svantaggio e perdere la partita col suo cuore.

“Davvero? E tu, André? Quale atto disperato ti spingeresti a compiere? Vuoi annullarti per una donna che non ha fatto nulla per proteggere e difendere quello che vi univa, qualunque cosa fosse? Vuoi mettere da parte l’ orgoglio e correre da Oscar a supplicarla che ti riprenda con sé, come l’ultimo degli stallieri di Palazzo Jarjayes? Io non lo accetto André. Non ti permetterò di umiliarti fino a questo punto! Saresti un debole, e tu non lo sei. Tienilo a mente, qualora ti venisse una simile vergognosa tentazione!”

Protestai con tutta l’energia che avevo in corpo, fiera e orgogliosa. Mi mossi per andarmene preda del mio sdegno, ma André repentino, mi bloccò afferrandomi un polso. Strinse deciso e quasi mi fece male. Oppose il suo corpo duro e possente alla tenerezza del mio e mi trattenne bloccandomi le spalle.

“Danielle, tu sei nella posizione di approfittare di me e della mia debolezza. E io potrei essere tanto pazzo da cedere alle tue lusinghe e alle mie voglie più basse. Scusa se lo dico in modo così crudo, ma non sarebbe altro che lussuria, brama dei sensi. – Parlava con foga, la voce accesa. - La verità è che non sono mai stato come adesso, diviso e in conflitto tra l’amore che sento ancora per Oscar e la voglia di lasciare tutto alle spalle, essere libero da un sentimento che strazia e opprime. [2] Tu sei nel mezzo Danielle, è rischi di farti male; se sei decisa a correre il rischio, io non mi tiro certo indietro.”

Ci guardammo negli occhi, resi ardenti dalle nostre violente emozioni.

“Sei crudele e sincero. Conosco il rischio. Io voglio l’amore, André. Io voglio per me, quello che senti per Oscar.”

E finalmente sentii le sue forti braccia circondare la mia vita, attirarmi a sé mentre le sue labbra sensuali e voraci assalivano le mie. Non opposi alcuna resistenza alla sua invasione, mentre le nostre bocche si aprivano esplorandosi, dolci e peccaminose, e i nostri sapori si confondevano e si inseguivano in un bacio che diventava sempre più esigente e profondo. Premuta contro i suoi muscoli, potevo sentire accendersi la sua virilità prepotente.

Lo volevo, lo desideravo da morire.

Ma sapevo anche che quello non era ancora il momento, e a me non poteva bastare il suo corpo. E nient’altro André mi avrebbe concesso di sé, questo era fin troppo chiaro.

Non cercavo l’ennesima avventura fatta di solo sesso. Anelavo a molto di più, e il mio desiderio aveva la consistenza fumosa di un sogno che pareva irraggiungibile.

Oscar era lì con noi, spirito invadente e possessivo che occupava l’anima e i pensieri dell’uomo che amavo con la ferocia di un lupo. Come potevo liberarlo dalla potente malia che mia sorella esercitava a distanza su di lui?

Forse non ci sarei mai riuscita.

Mi staccai da lui, sconvolta dalle mie sensazioni. Gli accarezzai una guancia, mentre lo fissavo comprensiva, e cercavo di trovare le parole più giuste per placare quel fuoco che avrebbe potuto distruggere entrambi.

“Io torno alla villa. Ma tu resta qui, André. Placa la tua anima sconvolta. Dopo potrai raggiungermi, e allora, forse vedrai le cose in modo differente. Non dobbiamo fare nulla di cui potremmo pentirci. Se accadrà qualcosa sarà solo per volontà nostra, non per disperazione.”

Lasciai un’ ultima carezza al suo volto e mi allontanai. Sentivo il vento che saliva dal mare investirci; mi sembrava che invadesse i recessi più segreti del cuore, passandovi attraverso.

 

 

§§§§§

 

 

 

Oscar mai più si sarebbe aspettata di ricevere la visita di suo cognato. Il conte di Recamier era venuto espressamente a cercarla nell’intimità della sua casa, e non ricordava che fosse mai accaduto in passato. Un fatto assolutamente straordinario da parte di Leopold, vista la ritrosa diffidenza che il marito di sua sorella le aveva sempre esternato.

Non le era difficile immaginare quale fosse il motivo, e non avrebbe dovuto sorprendersi di nessuna richiesta. Ma fu l’intuizione inaspettata del cognato a coglierla impreparata e vulnerabile: la riguardava troppo da vicino.

“Non credo che la richiesta di divorzio sia solo imputabile al riconoscimento di mia figlia Margot, anche se nella lettera di Danielle che avete appena letto – disse indicando il foglio che Oscar teneva tra le mani - non c’è nessun altro riferimento. Io credo ci sia un motivo ben peggiore di cui voi, madamigella Oscar, dovete essere al corrente. Vorrei che me ne metteste a parte.”

Le pareva che quel pezzo di carta le scottasse le dita. Lo aveva letto con sofferenza e timore, aspettandosi di trovare qualche allusione alla fuga della gemella con André. In realtà, era una missiva piuttosto breve e sintetica, molto chiara circa le condizioni poste da Danielle al riconoscimento della bambina.

La richiesta era una sola: divorzio.

Segreto e senza scandali.

“Perché dovrei saperlo?”

“Perché siete la gemella di mia moglie; siete l’unica che può conoscere i suoi più intimi pensieri. Sono anche sicuro che sappiate dove si trova adesso.”

“Non sono tenuta a sapere cosa passa per la testa di mia sorella, Leopold. Non so perché voi pensiate il contrario. Che intendete fare? Concederle il divorzio?”

“Sapete, potrei anche farlo… Ne avrei anche dei vantaggi… Non prima di aver scoperto la verità… Sono convinto che ci sia un uomo coinvolto in questa faccenda: intendo scoprire chi è. Se fosse un personaggio scomodo, motivo di vergogna per i Recamier, prenderei i giusti provvedimenti.”

Oscar ascoltava il cognato e una bufera infuriava nel suo animo, ma nulla traspariva dalla sua espressione seria e composta.

Motivo di vergogna? Oh, e voi pensate di essere esente da ogni colpa, cognato? - Sibilò Oscar, senza nascondere il sarcasmo. – Non vi siete mai preoccupato quando la vergogna dipendeva dalle vostre azioni. Avete contribuito a sfaldare il vostro legame, a nuocere alla famiglia Recamier. Biasimate mia sorella, se decide di porre fine a tutto in maniera definitiva? Siete responsabile quanto lei.”

Leopold non colse il rammarico, né il velato risentimento celato in quelle accuse.

 

-        Se tu l’avessi amata un po’ di più, forse nessuno di noi sarebbe a questo punto. E André non mi avrebbe abbandonata per seguire tua moglie… brutto pezzo d’asino.

 

“Non sono qui per parlare di questo, madamigella. Né credo che i trascorsi della mia vita coniugale vi riguardino. Ma capisco che vogliate prendere le difese di Danielle.”

“Non la sto difendendo affatto. Sono solo obiettiva.” Protestò con decisione.

“Allora sarete così obbiettiva da ammettere che c’è dell’altro: mi è stato suggerito che voi stessa potreste essere coinvolta nella decisione presa da mia moglie. Forse voi conoscete quell’uomo… forse per voi rappresenta qualcosa…”

L’allusione la allarmò, ma Oscar si nascose dietro un sorriso sarcastico.

“Ridicolo! Chi vi ha ispirato una simile idea? Dev’ essere una teoria fantasiosa della vostra amante: voi non siete così arguto…”

“Ridete pure; mi fido del suo giudizio. È più intuitiva di quanto crediate. Talvolta sorprende persino me.”

“Suvvia cognato… È facile sorprendere voi. E quella donna sa come catturare la vostra attenzione, suppongo.”

“Adesso siete offensiva.” Ribattè Leopold piccato.

“Non più di voi, che venite qui a insinuare cose inesistenti.” Proseguì Oscar in tono tagliente.

“Non è un’ insinuazione dire che siete molto amica del conte di Fersen, è cosa risaputa: quell’ uomo di recente ha frequentato mia moglie in maniera assidua, nella mia stessa casa. All’inizio ho pensato potesse essere lui, ma ora sospetto possa trattarsi di un’ altra persona…”

“Io e Danielle non abbiamo molte amicizie in comune. Il conte di Fersen è un amico di vecchia data, ma adesso è in America. Posso garantire sulla sua condotta irreprensibile. Altri non saprei chi suggerirvi.”

“Allora ammettete che c’è un uomo?!”

“Non ho detto questo.”

Leopold distolse lo sguardo, lasciandolo vagare nell’ambiente.

“Comunque, deve essere qualcuno che voi conoscete piuttosto bene…”

Lame di sole entravano attraverso i vetri e andavano a colpire le superfici laccate dei mobili. Il conte di Recamier tornò a fissare Oscar.

“A proposito, ho notato la curiosa assenza del vostro attendente… Di solito, vi ronza sempre attorno come un cane…”

Le fu palese la provocazione.

“Come vi permettete?! Certe espressioni riservatele ai vostri servi!”

“Perché ve la prendete? La mia è solo bonaria curiosità…”

Inquieta, Oscar trattenne un moto di nervosismo, ma ebbe l’ardire di rispondere con prontezza, mentre le labbra si piegavano in una vago sorriso ironico.

“Ma perché tutti vi preoccupate di quello che fa uno dei miei servi? André non è più al mio servizio, tutto qui. Non è cosa che possa interessarvi...”

“Oh, perbacco! Ora sì, che sono sorpreso!” Esclamò Leopold, e Oscar capì immediatamente di aver fatto un passo falso: aveva concesso un indizio di troppo.

Il conte in realtà, aveva imputato l’assenza dell’attendente ad altri motivi di carattere più ufficiale, incombenze per conto della sua padrona, ma quella rivelazione inattesa apriva un ventaglio di possibilità sconcertanti.

Perfino lui sapeva quanto il giovane scudiero fosse legato e fedele a madamigella Oscar, e il suo allontanamento era un evento clamoroso, oltre che denso di mistero.

“Ha trovato una sistemazione migliore di Palazzo Jarjayes?” Domandò perplesso.

“Non ne ho idea.” Rispose secca.

“Come, prego? – domandò il conte ancora più stupito. - Non sapete che fine abbia fatto il vostro ex attendente? Un uomo che è stato alle vostre dipendenze per anni?” In verità, per lui la questione era di nessun conto, ma la notizia era troppo curiosa, per non indurlo a seria riflessione.

Oscar si alzò dalla poltrona foderata di prezioso velluto, dove era rimasta seduta fino a quel momento, per andarsene.

“Leopold, questa conversazione è interessante, ma altri impegni mi attendono a Versailles, non posso ritardare oltre. Scusatemi.”

 

 

§§§§

 

 

 

La vecchia governante era seduta in cucina con un bicchiere di vino sul tavolo davanti a lei, e si fregava gli occhi stanchi con un lembo del candido grembiule di cotone. Era ferma lì, da mezz’ora, il tempo esatto trascorso da quando il marito di Madame Recamier era andato via. Tutte quelle domande su suo nipote l’ avevano agitata e innervosita, e non comprendeva quello strano interesse da parte del conte.

Però non le sembrava nulla di buono.

Perché un nobile signore dovrebbe interessarsi a quello che fa un servo qualsiasi, che non appartiene neppure ai suoi domestici personali? La vecchia Nanny lasciava vagare i pensieri inquieti insieme al timore di aver rivelato ciò che non doveva dire.

Ora si rammaricava di aver risposto alle domande del conte troppo sinceramente, pensando che avrebbe dovuto fingere di non saper nulla.

Chissà, forse avrebbe dovuto dirlo a madamigella Oscar. Ma perché disturbare la padroncina, con una sciocchezza di poco conto? Perché suo nipote era andato via? Così lontano? Cosa era accaduto? Che colpo di testa.

Un vero e proprio fulmine a ciel sereno.

La sua mente semplice si agitava tra mille pensieri, congetture e timori di sempre, quelli che da anni la preoccupavano e che riguardavano suo nipote e i sentimenti pericolosi che lo legavano alla figlia del generale Jarjayes.

Sentimenti che lei conosceva fin troppo bene, cui aveva sempre cercato di porre un freno, per il bene del giovanotto.

E Oscar ultimamente era così strana, più taciturna del solito, le si leggeva una tristezza infinita nello sguardo. Ma non diceva niente a nessuno. E fatto ancor più insolito, non le aveva mai chiesto nulla del nipote. Si chiudeva in certi silenzi ostinati che neppure sua madre riusciva a sciogliere. Oppure, quando non era in servizio, spariva per delle ore, allontanandosi a cavallo, e lei per l’ansia si fregava le mani finché non tornava a casa, angustiandosi e maledicendo André che aveva osato lasciarla sola, per andare in Normandia.

Dovevano aver litigato, in maniera veramente drammatica.

Forse si sarebbe arrivati a quella rottura comunque, prima o poi.

Aveva ricevuto solo una lettera da quando era partito, in cui la rassicurava in maniera molto vaga che godeva di ottima salute e aveva trovato un buon alloggio e un’ ottima occupazione in Normandia, senza precisarle il luogo esatto.

Ma non spiegava nient’altro.

Nessun cenno a quanto poteva essere successo.

La lettera si chiudeva con un brevissimo pensiero rivolto a lei, tracciato quasi frettolosamente, come se André avesse scritto quelle poche righe con pena e fastidio.

 

Guardò la lettera un’ ultima volta, era ancora aperta sul tavolo, accanto al bicchiere di vino, ormai vuoto.

Le domande del conte continuavano a ronzare insistenti nella sua testa. Passarono altri minuti, ripiegò la lettera e la infilò tra le pieghe del suo abito, infine si alzò dalla sedia per allontanarsi frettolosamente dalla cucina.

 

 

§§§§

 

 

 

Gli era occorso un po’ di tempo per calmarsi.

Era rimasto sul promontorio a lasciarsi scuotere dal vento che lo investiva e che pareva placarlo, congelare la sua anima in tumulto.

Quando l’aveva baciata, aveva avuto la sensazione di perdersi, con la dolce illusione di averla ancora tra le braccia. Quel profumo e quel sapore che pareva così simile. Eppure sentiva che Danielle era diversa: più arrendevole, forse anche un poco più dolce, ma con la pelle segnata da tante carezze sconosciute.

La pelle di Oscar era inviolata nella sua mente.

La passione di Oscar era selvaggia, potente e famelica, e lo divorava con tutta la forza del fuoco che la consumava. E André gioiva di quel fuoco che la spingeva verso di lui, che pareva non riuscire a estinguersi. Nel duello della loro passione Oscar non si arrendeva, pretendeva la vittoria e la sua totale resa.

Perdere se stesso in quel soggiorno in Normandia era una possibilità, e lo sapeva, ma aveva creduto davvero di essere più forte; ma stava divenendo fin troppo consapevole che cedere alle grazie di Danielle, sarebbe stato come arrendersi a un’ illusione, e la tentazione diventava enorme col passare dei giorni, col crescere di quella distanza che lui stesso aveva contribuito a creare con la sua fuga.

Era un vigliacco? Si stava arrendendo allo scoramento, alla paura di non riuscire a possedere davvero il cuore della donna che amava? Quanto si era sbagliato su di lei?

Davvero quella distanza non si sarebbe mai colmata?

Eppure, era ciò che sperava più di tutto.

Danielle era la soluzione più semplice.

Era lì, facile da raggiungere.

Bastava allungare le mani per cogliere senza sforzo un piccolo scampolo di felicità. Arrendersi a lei per stordire i tormenti del cuore, per trovare anche per poco una via di fuga, un momento di pace e un po’ di consolazione per l’anima. Non sarebbe mai stato vero amore, ma che importanza poteva avere, ormai?

Tanto nulla poteva garantire che durasse.

Di questo André era altrettanto consapevole, e solo questa incognita gli impediva di lasciarsi confondere dall’inganno. E in lui restava quello strano sentimento di onestà e compassione per Danielle, che lo induceva a proteggerla dal male che le avrebbe fatto.

I sentimenti che provava per Danielle non avevano niente a che fare con quello che sentiva per Oscar.

Questa era una certezza per certi versi sconcertante. Assoluta.

Tornò verso la villa, senza fretta.

Il respiro controllato, senza affanno.

Ora poteva porsi di fronte a lei, con la saggezza di un animo placato e pensieri domati.

 

Danielle lo attendeva seduta vicina a una finestra; contemplava il mare violento e agitato come il suo animo, che si schiantava in onde spumose contro le scogliere bianche che interrompevano la linea dell’orizzonte sulla sinistra.

Restò a fissarla in silenzio per qualche attimo, nella penombra della stanza la sua sagoma scura si stagliava contro il chiarore del cielo normanno; si decise a parlare solo quando lei si voltò a incontrare il suo sguardo.

“Mi dispiace per prima, Danielle. Non volevo turbarti, ma volevo essere onesto con te, fino in fondo.”

“E di questo, ti ringrazio. Eri tu quello turbato, André. Per causa mia. Non approfitterò delle tue debolezze, anche se tu potresti approfittare delle mie. Lascerò che il tempo faccia il suo lavoro, e raccoglierò quello che verrà. Vorrei che lo facessi anche tu, senza troppe aspettative, né timori. Se saremo onesti non ne avremo a soffrire, in qualsiasi modo andrà a finire.”

“Stai dicendo che accetteresti la possibilità di non essere mai ricambiata da me? Sei sicura?”

Si alzò in piedi per avvicinarsi a lui.

“E tu sei certo che andrà così? – Danielle congiunse le mani in una supplica. - Naturalmente il mio cuore spera in ben altro André… ma devo essere pronta a lasciarti andare, se è questo ciò che vorrai. Ma non ti lascerò calpestare il tuo orgoglio, questo no. Non ti perderò in questo modo.”

Sgranò gli occhi, colpito.

“Non ti fermerò, ma tu non fermare me se cercherò di forzare le difese del tuo spirito… lasciami entrare nel tuo cuore, proverò a scaldarlo.”

Si sentì improvvisamente disarmato. Allora, lei non si trattenne più, e corse tra le sue braccia che si aprirono per accoglierla. La sentì sospirare contro il suo petto ampio.

“Oh, André!! Ti amo… Ti amo per questo ardore che ti brucia… lasciami bruciare con te. Non chiedo altro!”

 

 

********

 

 

Nanny bussò alla camera di Oscar con mestizia. Alla fine si era decisa dopo infiniti tentennamenti; era troppo preoccupata per il nipote per lasciar passare tutto sotto silenzio.

Forse era una cosa di nessun conto, ma mettere madamigella al corrente dei fatti, l’avrebbe fatta sentire sicuramente meglio. Attese pochi secondi prima di sentire la voce calma di Oscar invitarla a entrare.

Nanny si inchinò in una piccola riverenza, e parlò soltanto quando fu invitata a farlo dalla giovane, sorpresa di vederla a quell’ ora nelle sue stanze private. Seguì un rapido scambio di sguardi e alla governante parve addirittura di leggere un’ ombra di inquietudine nelle mutevoli iridi celesti che la fissavano.

“Che cosa c’è?”

Nanny avvertì una nota di allarme nella domanda.

“Scusami Oscar se vengo a disturbarti a quest’ ora, – iniziò, e Oscar colse subito l’insolita forma confidenziale, che la vecchia governante raramente si permetteva di usare. – Devo parlarti di una questione delicata che riguarda il conte di Recamier…” disse con una lieve esitazione.

“Cara Nanny, questo tuo non rispetto delle forme, è davvero curioso; - Oscar si sciolse in una lieve risata. - Dimmi pure. Ti ascolto.”

“Beh, ecco… Oggi pomeriggio, dopo che sei andata a Versailles, il conte è venuto a farmi un sacco di domande su André… e io mi sono preoccupata. Non ho capito il motivo di tanto interesse.”

“Cosa voleva mio cognato da te? Che genere di domande?”

Chiese Oscar, diventata improvvisamente attenta, lo sguardo serio e sospettoso. Solo un nome. Il suo.

Bastava quello a far crollare la sua maschera di vetro. [3]

“Sapeva che André ha lasciato il tuo servizio; pareva sorpreso che mio nipote avesse lasciato questa casa dopo tutti questi anni, e voleva sapere perché, e dove fosse andato.”

“Cosa? Tu che gli hai risposto?”

Madamigella aveva gli occhi spalancati per la sorpresa, e alla vecchia balia non sfuggì la sensazione di panico rivelata dalla voce.

“Ecco, forse ho fatto male, ma gli ho detto che è andato in Normandia… anche se non so di preciso dove, André non me lo ha detto… - La vecchia Nanny fece una pausa prima di proseguire con vera apprensione. - Oscar se tu sai qualcosa, devi dirmela. Perché mio nipote è andato laggiù? Avete litigato? Andrè è nei pasticci? Perché il signor conte si interessa di un comune attendente?”

“Non lo so, mi dispiace. – Mentì e non osò guardarla in faccia, prima di parlare di nuovo. - Nanny, tu sei in contatto con André? Hai avuto sue notizie, per caso?”

 

André non me lo ha detto…

 

Aveva isolato solo quella frase. Non sapeva neppure lei cosa sperare, ma si rese conto che temeva la risposta; la desiderava, con tutta l’ansia che celava in fondo al cuore.

Quando, nel lieve silenzio, le parole di Nanny la raggiunsero, ebbe l’impressione di sentire il cuore mancare un battito.

“Mi è arrivata una breve lettera, qualche giorno fa. Non dice molto in realtà. Se vuoi leggerla, te la posso lasciare.”

Oscar vide la vecchia frugare leggera sotto le pieghe della veste, ed estrarne un foglio di carta ripiegato.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per sbirciare quelle poche parole, e la attraversò un senso d’incredibile costernazione, per quel desiderio che si accendeva in lei improvviso, ma assoluto.

“Te ne sarei grata.”

Sospirò appena, abbassando le palpebre a nascondere il turbamento impetuoso che la travolgeva.

Nanny si era allontanata, lasciando la lettera piegata accanto a lei sul tavolino. Rimasta sola, era rimasta a fissare il pezzo di carta con il cuore in tumulto, prima di allungare una mano con una strano tremolio del braccio, che non voleva saperne di placarsi.

Le bastò scorgere appena qualche parola, riconoscere la calligrafia ordinata; il cuore era diventato un tamburo assordante, le mani presero a tremare convulse, mentre sotto gli occhi bruciavano piccole frasi, fatte di parole innocue e gentili. E mentre leggeva, le pareva di sentirne la voce profonda, a tratti canzonatoria, calda e vibrante, come lei la ricordava.

Quella voce capace di scaldare la sua anima.

Quella voce che sapeva accenderla, che lei amava.

Le mancava quanto il suo corpo, le sue mani, i suoi baci.

 

 

“Cara nonna, spero che tu stia bene.

Ti sto scrivendo dalla Normandia, un luogo che per me, è denso di tanti ricordi, lo sai.

La regione è splendida come sempre, anche se in questa stagione fa un po’ freddo.

Comunque, sto bene.

Qui mi sento quasi felice… ma lo sai anche tu, molto ho lasciato a Palazzo Jarjayes, perfino una parte di me è ancora lì, con tutti voi.

Sono sereno e tranquillo, e non ho perso il mio notevole appetito, quindi non ti devi preoccupare.

Immagino che la mia partenza, così improvvisa e inaspettata, ti abbia sorpreso e ferito, e per questo, ti prego di perdonare il tuo impulsivo nipote, che ti vuole un bene sincero; se non ti ho detto niente, avevo i miei motivi.

Ti saresti preoccupata per nulla, e non era il caso.

Non ho visto altre soluzioni al mio problema e dovevo decidermi a fare qualcosa.

Non so ancora se sia la scelta giusta. Forse il tempo aggiusterà le cose.

Io lo spero.

Ho trovato un alloggio pulito e accogliente, e una buona occupazione presso una casa rispettabile, qui in Normandia, quindi sta tranquilla e non preoccuparti per me.

 

Spero che Oscar stia bene…

Sono sicuro che la sua vita scorre come sempre…”

 

 

Seguiva lo svolazzo leggero della firma.

Leggere quelle ultime parole rivolte a lei, così brevi e frettolose, quasi fredde e velate appena di qualcosa che assomigliava al risentimento, o forse era rimpianto, fu straziante.

Si portò una mano alla bocca mentre gli occhi si dilatavano per il doloroso sgomento che la pervase tutta.

Oscar si accorse troppo tardi dell’inchiostro che si scioglieva in rigagnoli neri, mentre le parole di André si perdevano, cancellandosi sotto la pioggia delle sue lacrime che bagnavano la carta.

Lei non riusciva più ad arrestarle e lasciò che i singhiozzi, come lame affilate e crudeli le facessero a pezzi il cuore, mentre il foglio stropicciato e macchiato di nero scivolava a terra.

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 



[1] Nel capitolo precedente non avevo precisato la località della Normandia. Ero rimasta indecisa, e ho preso tempo. Poi ho trovato su internet foto di questo posto, immortalato anche dai pittori impressionisti per la sua suggestiva selvaggia bellezza, con le falesie bianche dalle forme curiose e strane. Mi è piaciuto subito immaginare che André e Danielle fossero arrivati quaggiù.

[2]  Questo è un André, probabilmente OOC, - tipo quello di “Gocce di fiele e veleno” per intenderci. Sono sempre stata convinta che nella sua vita il nostro abbia avuto momenti del genere. Quello in Normandia è uno di questi momenti, e visto il suo comportamento che ultimamente lascia basite parecchie lettrici, ho preferito avvisarvi.

[3]  Omaggio a “Garasu no Kamen”, manga che sto leggendo ora con vero piacere.

   
 
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