Storie originali > Comico
Segui la storia  |       
Autore: Kim WinterNight    23/12/2014    3 recensioni
«Ciao, cari lettori.
Mi presento: mi chiamo Albertina, per gli amici Berty. Ho quindici anni e vivo in Italia, precisamente in un paese fittizio che chiamerò… mmh… Bettola town.
Okay, lo so, il nome può sembrare buffo e non attinente al nostro caro Stato Italiano (Repubblica fondata sul Lavoro e bla bla bla), ma sfido chiunque a trovare un nome migliore di questo!»
Spero che la storia vi piaccia.
Non sono solita scrivere comici, però per queste vicende sono davvero ispirata e ho preso spunto da un sogno che ho fatto recentemente.
NOTE: tutti i personaggi sono di mia modesta invenzione e qualsiasi riferimenti a luoghi o persone è puramente casuale.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sfide a suon di musica!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sento che questo periodo della mia vita si sta complicando sempre più e non so come spiegarmelo.

Sono una ragazza così tranquilla, pacifica, calma…

«Come un calcio nelle palle» dice sempre Giaco, ma il suo parere lascia il tempo che trova, perché lui è decisamente peggio di me e certamente non può giudicarmi.

Stronzetto, anziché sostenermi, amico snaturato!

Sta di fatto che Tita non ne vuole più sapere di Gabri, dice che è un idiota senza cervello.

E voi direte: non è quello che volevi, Berty?

Eh, no, lettori miei, no!

Insomma, okay, Gabri è davvero un cerebroleso, non avrebbe dovuto baciarmi, ma… Tita lo ama davvero, capisco che sia triste e io non la voglio vedere così.

Insomma, io sono disillusa e cinica, ma lei è diversa, non riesce a farsene una ragione.

Finge di odiarlo, però io so benissimo che gli muore ancora dietro, poveretta. Se potessi decidere io di chi farla innamorare, non sceglierei mai uno come Gabri. Lui non va bene. O forse, se dovessi scegliere io, la lascerei single a vita, proprio come la sottoscritta.

Ribadisco il concetto: io di queste smancerie, di sesso, di uomini e di stronzate simili non ne voglio sapere, figurarsi mettere su famiglia, partorire dei figli… roba da femminucce.

Dai, non vi offendete, donne lettrici! Io sono un mezzo-maschio, mi mancano solo gli attributi giusti, ma per il resto non c’è nulla di femminile in me.

Forse capisco più la mentalità maschile che quella femminile, che trovo spesso frivola e troppo sdolcinata, mielosa, rivoltante.

Poi ognuno è come è, quindi rispettatemi!

Scusate se mi sfogo, ma sono – in un certo senso – arrabbiata con Tita.

Lei potrebbe essere perfetta, potrebbe essere forte e conquistare il mondo, invece continua a pensare che l’amore vero esiste, che Gabri è quello giusto, che senza di lui non può vivere.

Quante idiozie!

E ha solo quindici anni!

Io credo di avere qualche problema, non capisco se sono cresciuta troppo in fretta o se devo ancora farlo, sta di fatto che di tutte queste sciocchezze non mi interessa assolutamente niente.

Ma passiamo ai fatti.

Siccome so di dover fare qualcosa per la mia amica, il pomeriggio, dopo essermi comportata da brava figlia e alunna e aver resistito all’impulso di piantare il righello in bocca a mia madre che blaterava algebra, esco a cercare Gabri.

Vado alla fermata dell’autobus e aspetto che arrivi. Non ho detto niente a Tita perché non è proprio il caso che assista a tutto quello che succederà.

Comunque, in autobus incontro un ragazzo che studia nella mia scuola e mi siedo vicino a lui. Parlaimo di mia madre che è anche la sua prof di matematica.

«Io, cioè… non voglio offenderti, ma… tua madre mi sta rendendo la vita impossibile…»

«Offendermi? Non potevi farmi complimento migliore.»

«Come sarebbe a dire?»

«La sopporto a malapena, quindi puoi dire quello che vuoi. Fino a poco fa mi ha assillato perché studiassi per recuperare il quattro che ho preso stamattina.»

«Scommetto che sei la prima a cui corregge i compiti» dice, con una smorfia.

«Che perspicace.»

«Io non ce la faccio più. Mi rompe le palle ogni giorno perché dice che potrei fare di più, che quest’anno dovrò fare l’esame e che non posso permettermi di non studiare. Non ti invidio, se vivessi con lei, non so cosa farei.»

«Allora mi aspetta un futuro tortuoso e senza gioia. Evviva.»

Lui ride e si alza, perché deve scendere.

Lo osservo e sospiro, scuotendo il capo. Miaa madre non è un mostro, non proprio, bisogna soltanto saperla prendere.

Dopo circa dieci minuti scendo anch’io e, prima di farlo, mi guardo attorno per vedere se c’è zio Carlos anche oggi, ma non è sempre festa, quindi…

Raggiungo in fretta la piazzetta dove siamo usciti ieri, è un posto frequentato da tutti i ragazzini della zona, nel mio paese non esiste un punto di ritrovo così pieno di adolescenti urlanti.

Individuo Gabri, il quale non è in compagnia di Giaco, ma di alcuni compagni di classe, tra cui l’immancabile Mauro aka Piattola.

Piattola mi vede e mi saluta con un ampio gesto del braccio e con un: «Ciao, Albertina! Siamo qui!» che attira l’attenzione di tutti i presenti, cosa che avrei volentieri evitato, ma vabbè, dettagli.

«Ciao» dico, raggiungendo il gruppetto.

«Oggi non c’è Tita?» domanda Piattola, alzandosi e piazzandosi di fronte a me.

Io indietreggio, chiedendomi pigramente se ha intenzione di farmi la respirazione bocca a bocca e se abbia un’idea di quanto mi infastidisca avere gente appiccicata che mi parla a due millimetri dalla faccia.

Non rispondo perché trovo che sia inutile, poi rivolgo uno sguardo a Gabriel, che intanto mi sta fissando con odio. Possibile che se la sia presa così tanto? Cosa si aspettava, che gli ficcassi la lingua in bocca di fronte a Tita? Mi vengono i brividi al sol pensiero, non scherziamo.

Non ho mai provato il famoso desiderio di baciare qualcuno, né tantomeno di avere una di quelle relazioni ammorbanti e oppressive che piacciono tanto a tutti ma delle quali tutti si lamentano in continuazione. La coerenza è sempre un male, purtroppo.

Insomma, mi ha fatto schifo quello che Gabri ha fatto ieri, non sono cose che fanno per me.

«Possiamo parlare? E, no, non ho intenzione di umiliarti, stamattina mi è bastato» gli dico, cercando di non farmi sentire dagli altri.

«Come no» risponde, strafottente.

«Dai, non rompere, Gabri

«No, non ho niente da dirti.»

«Io sì.»

«Non me ne frega un cazzo.»

«O ti alzi, o parlo qui di fronte a tutti. Non ho nessun problema.»

In realtà vorrei evitarlo, ma so che questo mio metodo funziona sempre. Gabri mi conosce e non è così stupido da farsi umiliare una seconda volta.

E, infatti, si alza e mi segue come un cane bastonato.

Ecco un altro motivo per cui non voglio un uomo nella mia vita: sono troppo deboli e poco intelligenti, si fanno mettere i piedi in testa da me e questo mi fa provare davvero pena nei loro confronti.

Camminiamo per un po’ in silenzio, lasciandoci alle spalle la piazzetta.

«Gabri, parliamo di Tita» esordisco, andando dritta al punto. Non ho tempo da perdere, vorrei tornare a casa per continuare a leggere ‘Innamorata di un angelo’ di Federica Bosco.

Potrà sembrarvi strano, ma solo nei libri sopporto le storie d’amore, al di fuori di essi mi danno il voltastomaco.

Passiamo di fronte ad un negozio di dischi – uno dei pochi superstiti, ormai – e io dimentico completamente Gabriel e tutto il resto.

Nella vetrina spicca un album dei Rage Against The Machine e io credo di star impazzendo dalla gioia.

Peccato che non ho neanche un centesimo appresso, li ho spesi tutti per il biglietto dell’autobus.

Impreco tra i denti e sento Gabriel dire qualcosa che, però, non capisco, presa come sono dalla mia attività di mosca attaccata al vetro.

VOGLIO QUELL’ALBUM.

Okay, domani torno a comprarlo, lo stanno praticamente regalando e io non ho la possibilità di portarmelo via.

Gabri si avvicina e mi guarda, poi segue il mio sguardo.

«Sono disposto a dimenticare tutto, ma a una condizione» dice, guardando dentro il negozio.

Io mi riscuoto improvvisamente dalla fase di trance, accantonando per un attimo il mio attuale dramma esistenziale, e gli lancio un’occhiata interrogativa.

«Devi provarci con il commesso e farti regalare il CD che stai mangiando con gli occhi» spiega lui, mentre sul suo viso si dipinge un gigno malefico.

«Non me lo stai chiedendo davvero, Gabriel» affermo, sbalordita.

Poi capisco, subito dopo, che mi ha teso una trappola.

Sa benissimo che non posso rifiutare una sfida e che adoro alla follia i Rage Against The Machine. Bastardo, prima o poi me la paga, questa volta l’ha combinata proprio grossa, lo stronzo. Sarà la buona volta che Tita si ricrederà sul suo conto.

Mentre penso a Tita, mi viene in mente un modo disperato per cercare di fargli cambiare idea.

«Se Tita lo sa, non penserà più a te, Gabri. L’hai già delusa ieri, comportandosi in quel modo.»

La sua espressione mostra segno di cedimento per un attimo, ma subito torna a sorridere, beffardo.

«Tita non pensa a me neanche per sbaglio, quindi non ho niente da perdere. Se farai quello che ti ho appena detto, rinuncerò all’allettante idea di vendicarmi per come mi hai trattato stamattina. Sei una stronza, Albertina, qualcuno prima o poi te lo farà capire.»

«La mia vita è molto più divertente della tua, grazie al fatto che sono stronza, come dici tu. Non hai il coraggio di provarci con Tita, però mi molesti davanti a tutti, che figura credi di aver fatto?»

«Racconterò a tutti che Albertina Annetta Bartolini è una codarda e non ha accettato una stupida sfida» prosegue, ignorando completamente quello che gli ho appena detto.

Okay, ha vinto, aveva già vinto in partenza, però io ci ho provato.

«Provaci e tua madre non ti riconoscerà per i prossimi dieci anni» sibilo tra i denti, poi entro a passo di marcia nel negozio di dischi.

Devo solo pensare che, se vincerò la sfida – anzi, no, quando vincerò la sfida –, avrò il CD dei RATM senza sborsare un centesimo, il che non è del tutto negativo. Posso farcela, non è niente di che.

Quando, però, mi ritrovo di fronte al bancone e individuo il commesso, sbianco come mai mi era successo prima d’ora. certo, non posso vedermi, però avverto chiaramente la sensazione del sangue che abbandona il mio viso e la pelle diventa gelida.

Lui si gira e vedo lo specchio della mia espressione sulla sua faccia raggrinzita.

«Tu!» grida lui.

«Lei!» grido io in contemporanea.

Il sosia di Carlos Ruiz Zafón mi guarda allibito, poi arrabbiato.

«Sei venuta a chiedere scusa, eh?»

Ora, voi ditemi: come posso provarci con LUI?

Solo ora capisco che avrei dovuto dare un’occhiata al soggetto in questione, prima di accettare la sfida di Gabri. Mi ha tirato proprio un brutto colpo, pezzo di merda sconsiderato! Lo odio, giuro che lo prendo a calci in culo appena esco!

Poi sento una risata alle mie spalle.

Il beota è pure entrato nel negozio per godersi appieno la scena.

«Ciao Gabriele, come sta tuo nonno?» chiede zio Carlos, non appena individua il bastardo.

Io lo ammazzo.

«Salve, mio nonno se la passa bene, si ricorda sempre di lei e di quando eravate militari» risponde Gabri con disinvoltura, ignorando il fatto che zio Carlos abbia sbagliato il suo nome.

«Salutamelo tanto, eh! Tu sì che sei un ragazzino bravo, non come questa screanzata! Ieri mi ha importunato in autobus, maleducata come una capra, anzi, le capre sono più a modo di certe teppiste, eh, ai miei tempi… Ma tu la conosci, eh, Gabrielino

«Siamo compagni di classe, purtroppo» risponde con tono desolato Gabri, scuotendo la testa.

«Evitala, evitala…» blatera zio Carlos, battendo le mani sul bancone.

«Sì, sì, senz’altro! Non c’è suo nipote?»

«Giorgio è andato all’ingrosso oggi, bravo ragazzo! Ce ne fossero di più come voi!» declama, con tono da comandante dell’esercito.

Qualcuno mi aiuti!

Gabri mi strizza l’occhio, come a voler dire “Accontentati di lui, la sfida è ancora aperta” e poi scompare tra gli scaffali. Sono sicura che rimarrà in ascolto per tutto il tempo, senza minimamente guardare i CD e senza riuscire più di tanto a trattenersi dal ridere. Ho voglia di insultarlo, però adesso devo risolvere questo guaio.

VOGLIO IL CD DEI RATM!

«Senta, zio Ca… ehm, signore… sì, sono venuta a scusarmi, il mio comportamento di ieri è stato oltraggioso nei suoi confronti, mi rincresce proprio di averla disturbata, può perdonarmi?» dico, trattenendo una risata. Quanto vorrei ancora una volta chiamarlo zio Carlos, è troppo divertente! Sperò che Zafón, da vecchio, non diventi come lui, intendo anche di carattere.

«I tuoi genitori non ti hanno insegnato a rispettare le persone più grandi?»

«Certo, ma sa com’è… io a volte sono sbadata, avevo litigato con il mio fidanzato e…»

«Addirittura, una bambina come te sta già pensando agli uomini?»

«Ma no, è solo un ragazzino che mi piace, non so neanche cosa voglia dire avere un fidanzato.»

Questa non è poi una bugia, in effetti. Questa farsa non è poi così farsa, alla fin fine.

«Eh, tu la siai lunga…»

«Senta, vorrei chiederle un favore, signore.»

«Sentiamo» borbotta.

«Vede, quel CD in vetrina… è il mio preferito, però… non ho abbastanza soldi per comprarlo…»

«Io non te lo regalo di certo, vai a lavorare e poi torna quando avrai i soldi!»

«Ma…»

«Sparisci!»

«Ciao Gabri, ciao nonno… insomma, si trattano così le clienti?»

Una voce maschile alle mie spalle mi fa sobbalzare. Il ragazzo che ha appena rimproverato zio Carlos si fa avanti e appogglia uno scatolone sul bancone.

«Nipote! Non ti permetto di mettere in dubbio i miei metodi in fatto di vendite e di educazione!»

«Su, non essere così duro. Ricordati che ora il negozio è mio, anche se tu l’hai gestito egregiamente per quarant’anni. Ti ho chiesto soltanto di sostituirmi, non costringermi a chiederlo a zio Angelo la prossima volta.»

«Dio mi perdoni se dico che preferirei vederlo morto, quel buono a nulla di tuo zio!» strilla il vecchio, mettendosi le mani in testa.

Mi viene da ridere un’altra volta, ma evito perché, ora che è arrivato il famoso nipote Giorgio, devo giocarmi il tutto e per tutto per avere il CD dei RATM.

«Sì, infatti… io dicevo a tuo nonno che vorrei tanto il CD dei Rage Against The Machine ma non ho neanche un centesimo, mi dispiace tanto non poterlo comprare. Potrei portarti i soldi domani, ti va bene? Non vorrei rischiare di non trovarlo più…»

«Tranquilla, davvero. Puoi prenderlo, è l’ultima copia ed è in vetrina da mesi e mesi, nessuno lo compra perché è proprio vecchio. Se non fosse che ce l’ho già, lo comprerei io stesso» dice Giorgio, regalandomi un mega sorriso che, in un’altra occasione, avrei criticato a non finire, definendolo mellifluo e fuori luogo.

Ma ora sono troppo felice per pensare a questo, mi verrebbe quasi voglia di saltargli addosso.

Quando esco dal negozio, Gabri non è molto contento, perché ho vinto la scommessa, in un modo o nell’altro.

Mi avvio alla fermata dell’autobus stringendo tra le mani l’omonimo album dei RATM e mi rendo conto che la serata non poteva andare meglio.

Gabri mi dice: «Non mi vendicherò, ottimo lavoro».

«Grazie» rispondo, salendo i gradini dell’autobus. Prima che le porte si richiudano, mi affaccio e grido: «Tita ti pensa anche troppo, e non per sbaglio! Datti una mossa!» e me ne vado a sedermi, sfinita ma soddisfatta.

Certo è che non entrerò più in quel negozio, sostenere una conversazione con zio Carlos è sfiancante.

E poi non vorrei che Giorgio ci stesse provando con me, per carità!

Non ne voglio sapere.

E quando torno a casa e mi sparo i RATM a palla, non penso più a niente e sento che la giornata è stata stupenda, punto e basta.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: Kim WinterNight