Sfide a suon di musica!
Sento
che questo periodo della mia vita si sta complicando sempre più e non so come
spiegarmelo.
Sono una
ragazza così tranquilla, pacifica, calma…
«Come un
calcio nelle palle» dice sempre Giaco, ma il suo parere lascia il tempo che
trova, perché lui è decisamente peggio di me e certamente non può giudicarmi.
Stronzetto,
anziché sostenermi, amico snaturato!
Sta di
fatto che Tita non ne vuole più sapere di Gabri, dice che è un idiota senza cervello.
E voi
direte: non è quello che volevi, Berty?
Eh, no,
lettori miei, no!
Insomma,
okay, Gabri è davvero un cerebroleso, non avrebbe
dovuto baciarmi, ma… Tita
lo ama davvero, capisco che sia triste e io non la voglio vedere così.
Insomma,
io sono disillusa e cinica, ma lei è diversa, non riesce a farsene una ragione.
Finge di
odiarlo, però io so benissimo che gli muore ancora dietro, poveretta. Se potessi
decidere io di chi farla innamorare, non sceglierei mai uno come Gabri. Lui non va bene. O forse, se dovessi scegliere io,
la lascerei single a vita, proprio come la sottoscritta.
Ribadisco
il concetto: io di queste smancerie, di sesso, di uomini e di stronzate simili
non ne voglio sapere, figurarsi mettere su famiglia, partorire dei figli… roba da femminucce.
Dai, non
vi offendete, donne lettrici! Io sono un mezzo-maschio, mi mancano solo gli
attributi giusti, ma per il resto non c’è nulla di femminile in me.
Forse capisco
più la mentalità maschile che quella femminile, che trovo spesso frivola e
troppo sdolcinata, mielosa, rivoltante.
Poi ognuno
è come è, quindi rispettatemi!
Scusate se
mi sfogo, ma sono – in un certo senso – arrabbiata con Tita.
Lei potrebbe
essere perfetta, potrebbe essere forte e conquistare il mondo, invece continua
a pensare che l’amore vero esiste, che Gabri è quello
giusto, che senza di lui non può vivere.
Quante idiozie!
E ha
solo quindici anni!
Io credo
di avere qualche problema, non capisco se sono cresciuta troppo in fretta o se
devo ancora farlo, sta di fatto che di tutte queste sciocchezze non mi
interessa assolutamente niente.
Ma passiamo
ai fatti.
Siccome so
di dover fare qualcosa per la mia amica, il pomeriggio, dopo essermi comportata
da brava figlia e alunna e aver resistito all’impulso di piantare il righello
in bocca a mia madre che blaterava algebra, esco a cercare Gabri.
Vado alla
fermata dell’autobus e aspetto che arrivi. Non ho detto niente a Tita perché non è proprio il caso che assista a tutto
quello che succederà.
Comunque,
in autobus incontro un ragazzo che studia nella mia scuola e mi siedo vicino a
lui. Parlaimo di mia madre che è anche la sua prof di
matematica.
«Io, cioè… non voglio offenderti, ma…
tua madre mi sta rendendo la vita impossibile…»
«Offendermi?
Non potevi farmi complimento migliore.»
«Come
sarebbe a dire?»
«La
sopporto a malapena, quindi puoi dire quello che vuoi. Fino a poco fa mi ha
assillato perché studiassi per recuperare il quattro che ho preso stamattina.»
«Scommetto
che sei la prima a cui corregge i compiti» dice, con una smorfia.
«Che
perspicace.»
«Io non
ce la faccio più. Mi rompe le palle ogni giorno perché dice che potrei fare di
più, che quest’anno dovrò fare l’esame e che non posso permettermi di non
studiare. Non ti invidio, se vivessi con lei, non so cosa farei.»
«Allora
mi aspetta un futuro tortuoso e senza gioia. Evviva.»
Lui ride
e si alza, perché deve scendere.
Lo osservo
e sospiro, scuotendo il capo. Miaa madre non è un
mostro, non proprio, bisogna soltanto saperla prendere.
Dopo circa
dieci minuti scendo anch’io e, prima di farlo, mi guardo attorno per vedere se
c’è zio Carlos anche oggi, ma non è sempre festa, quindi…
Raggiungo
in fretta la piazzetta dove siamo usciti ieri, è un posto frequentato da tutti
i ragazzini della zona, nel mio paese non esiste un punto di ritrovo così pieno
di adolescenti urlanti.
Individuo
Gabri, il quale non è in compagnia di Giaco, ma di
alcuni compagni di classe, tra cui l’immancabile Mauro aka
Piattola.
Piattola
mi vede e mi saluta con un ampio gesto del braccio e con un: «Ciao, Albertina! Siamo
qui!» che attira l’attenzione di tutti i presenti, cosa che avrei volentieri
evitato, ma vabbè, dettagli.
«Ciao»
dico, raggiungendo il gruppetto.
«Oggi
non c’è Tita?» domanda Piattola, alzandosi e
piazzandosi di fronte a me.
Io indietreggio,
chiedendomi pigramente se ha intenzione di farmi la respirazione bocca a bocca e
se abbia un’idea di quanto mi infastidisca avere gente appiccicata che mi parla
a due millimetri dalla faccia.
Non rispondo
perché trovo che sia inutile, poi rivolgo uno sguardo a Gabriel, che intanto mi
sta fissando con odio. Possibile che se la sia presa così tanto? Cosa si
aspettava, che gli ficcassi la lingua in bocca di fronte a Tita?
Mi vengono i brividi al sol pensiero, non scherziamo.
Non ho
mai provato il famoso desiderio di baciare qualcuno, né tantomeno di avere una
di quelle relazioni ammorbanti e oppressive che piacciono tanto a tutti ma
delle quali tutti si lamentano in continuazione. La coerenza è sempre un male,
purtroppo.
Insomma,
mi ha fatto schifo quello che Gabri ha fatto ieri,
non sono cose che fanno per me.
«Possiamo
parlare? E, no, non ho intenzione di umiliarti, stamattina mi è bastato» gli
dico, cercando di non farmi sentire dagli altri.
«Come
no» risponde, strafottente.
«Dai,
non rompere, Gabri.»
«No, non
ho niente da dirti.»
«Io sì.»
«Non me
ne frega un cazzo.»
«O ti
alzi, o parlo qui di fronte a tutti. Non ho nessun problema.»
In realtà
vorrei evitarlo, ma so che questo mio metodo funziona sempre. Gabri mi conosce e non è così stupido da farsi umiliare una
seconda volta.
E,
infatti, si alza e mi segue come un cane bastonato.
Ecco un
altro motivo per cui non voglio un uomo nella mia vita: sono troppo deboli e
poco intelligenti, si fanno mettere i piedi in testa da me e questo mi fa
provare davvero pena nei loro confronti.
Camminiamo
per un po’ in silenzio, lasciandoci alle spalle la piazzetta.
«Gabri, parliamo di Tita»
esordisco, andando dritta al punto. Non ho tempo da perdere, vorrei tornare a
casa per continuare a leggere ‘Innamorata di un angelo’ di Federica Bosco.
Potrà sembrarvi
strano, ma solo nei libri sopporto le storie d’amore, al di fuori di essi mi
danno il voltastomaco.
Passiamo
di fronte ad un negozio di dischi – uno dei pochi superstiti, ormai – e io
dimentico completamente Gabriel e tutto il resto.
Nella vetrina
spicca un album dei Rage Against
The Machine e io credo di star impazzendo dalla
gioia.
Peccato che
non ho neanche un centesimo appresso, li ho spesi tutti per il biglietto dell’autobus.
Impreco tra
i denti e sento Gabriel dire qualcosa che, però, non capisco, presa come sono
dalla mia attività di mosca attaccata al vetro.
VOGLIO
QUELL’ALBUM.
Okay,
domani torno a comprarlo, lo stanno praticamente regalando e io non ho la
possibilità di portarmelo via.
Gabri si avvicina e mi guarda, poi segue il mio
sguardo.
«Sono
disposto a dimenticare tutto, ma a una condizione» dice, guardando dentro il
negozio.
Io mi
riscuoto improvvisamente dalla fase di trance, accantonando per un attimo il
mio attuale dramma esistenziale, e gli lancio un’occhiata interrogativa.
«Devi
provarci con il commesso e farti regalare il CD che
stai mangiando con gli occhi» spiega lui, mentre sul suo viso si dipinge un gigno malefico.
«Non me
lo stai chiedendo davvero, Gabriel» affermo, sbalordita.
Poi capisco,
subito dopo, che mi ha teso una trappola.
Sa benissimo
che non posso rifiutare una sfida e che adoro alla follia i Rage
Against The Machine. Bastardo,
prima o poi me la paga, questa volta l’ha combinata proprio grossa, lo stronzo.
Sarà la buona volta che Tita si ricrederà sul suo
conto.
Mentre penso
a Tita, mi viene in mente un modo disperato per
cercare di fargli cambiare idea.
«Se Tita lo sa, non penserà più a te, Gabri.
L’hai già delusa ieri, comportandosi in quel modo.»
La sua
espressione mostra segno di cedimento per un attimo, ma subito torna a
sorridere, beffardo.
«Tita non pensa a me neanche per sbaglio, quindi non ho
niente da perdere. Se farai quello che ti ho appena detto, rinuncerò all’allettante
idea di vendicarmi per come mi hai trattato stamattina. Sei una stronza,
Albertina, qualcuno prima o poi te lo farà capire.»
«La mia
vita è molto più divertente della tua, grazie al fatto che sono stronza, come
dici tu. Non hai il coraggio di provarci con Tita,
però mi molesti davanti a tutti, che figura credi di aver fatto?»
«Racconterò
a tutti che Albertina Annetta Bartolini è una codarda e non ha accettato una
stupida sfida» prosegue, ignorando completamente quello che gli ho appena
detto.
Okay, ha
vinto, aveva già vinto in partenza, però io ci ho provato.
«Provaci
e tua madre non ti riconoscerà per i prossimi dieci anni» sibilo tra i denti,
poi entro a passo di marcia nel negozio di dischi.
Devo solo
pensare che, se vincerò la sfida – anzi, no, quando vincerò la sfida –, avrò il
CD dei RATM senza sborsare un centesimo, il che non è
del tutto negativo. Posso farcela, non è niente di che.
Quando,
però, mi ritrovo di fronte al bancone e individuo il commesso, sbianco come mai
mi era successo prima d’ora. certo, non posso vedermi, però avverto chiaramente
la sensazione del sangue che abbandona il mio viso e la pelle diventa gelida.
Lui si
gira e vedo lo specchio della mia espressione sulla sua faccia raggrinzita.
«Tu!»
grida lui.
«Lei!»
grido io in contemporanea.
Il sosia
di Carlos Ruiz Zafón mi
guarda allibito, poi arrabbiato.
«Sei
venuta a chiedere scusa, eh?»
Ora, voi
ditemi: come posso provarci con LUI?
Solo ora
capisco che avrei dovuto dare un’occhiata al soggetto in questione, prima di
accettare la sfida di Gabri. Mi ha tirato proprio un
brutto colpo, pezzo di merda sconsiderato! Lo odio, giuro che lo prendo a calci
in culo appena esco!
Poi sento
una risata alle mie spalle.
Il beota
è pure entrato nel negozio per godersi appieno la scena.
«Ciao
Gabriele, come sta tuo nonno?» chiede zio Carlos, non appena individua il
bastardo.
Io lo
ammazzo.
«Salve,
mio nonno se la passa bene, si ricorda sempre di lei e di quando eravate
militari» risponde Gabri con disinvoltura, ignorando
il fatto che zio Carlos abbia sbagliato il suo nome.
«Salutamelo
tanto, eh! Tu sì che sei un ragazzino bravo, non come questa screanzata! Ieri mi
ha importunato in autobus, maleducata come una capra, anzi, le capre sono più a
modo di certe teppiste, eh, ai miei tempi… Ma tu la
conosci, eh, Gabrielino?»
«Siamo
compagni di classe, purtroppo» risponde con tono desolato Gabri,
scuotendo la testa.
«Evitala,
evitala…» blatera zio Carlos, battendo le mani sul
bancone.
«Sì, sì,
senz’altro! Non c’è suo nipote?»
«Giorgio
è andato all’ingrosso oggi, bravo ragazzo! Ce ne fossero di più come voi!»
declama, con tono da comandante dell’esercito.
Qualcuno
mi aiuti!
Gabri mi strizza l’occhio, come a voler dire “Accontentati
di lui, la sfida è ancora aperta” e poi scompare tra gli scaffali. Sono sicura
che rimarrà in ascolto per tutto il tempo, senza minimamente guardare i CD e senza riuscire più di tanto a trattenersi dal ridere. Ho
voglia di insultarlo, però adesso devo risolvere questo guaio.
VOGLIO
IL CD DEI RATM!
«Senta,
zio Ca… ehm, signore… sì,
sono venuta a scusarmi, il mio comportamento di ieri è stato oltraggioso nei
suoi confronti, mi rincresce proprio di averla disturbata, può perdonarmi?»
dico, trattenendo una risata. Quanto vorrei ancora una volta chiamarlo zio
Carlos, è troppo divertente! Sperò che Zafón, da
vecchio, non diventi come lui, intendo anche di carattere.
«I tuoi
genitori non ti hanno insegnato a rispettare le persone più grandi?»
«Certo,
ma sa com’è… io a volte sono sbadata, avevo litigato
con il mio fidanzato e…»
«Addirittura,
una bambina come te sta già pensando agli uomini?»
«Ma no,
è solo un ragazzino che mi piace, non so neanche cosa voglia dire avere un
fidanzato.»
Questa non
è poi una bugia, in effetti. Questa farsa non è poi così farsa, alla fin fine.
«Eh, tu
la siai lunga…»
«Senta,
vorrei chiederle un favore, signore.»
«Sentiamo»
borbotta.
«Vede,
quel CD in vetrina… è il
mio preferito, però… non ho abbastanza soldi per comprarlo…»
«Io non
te lo regalo di certo, vai a lavorare e poi torna quando avrai i soldi!»
«Ma…»
«Sparisci!»
«Ciao Gabri, ciao nonno… insomma, si
trattano così le clienti?»
Una voce
maschile alle mie spalle mi fa sobbalzare. Il ragazzo che ha appena
rimproverato zio Carlos si fa avanti e appogglia uno
scatolone sul bancone.
«Nipote!
Non ti permetto di mettere in dubbio i miei metodi in fatto di vendite e di
educazione!»
«Su, non
essere così duro. Ricordati che ora il negozio è mio, anche se tu l’hai gestito
egregiamente per quarant’anni. Ti ho chiesto soltanto di sostituirmi, non
costringermi a chiederlo a zio Angelo la prossima volta.»
«Dio mi
perdoni se dico che preferirei vederlo morto, quel buono a nulla di tuo zio!»
strilla il vecchio, mettendosi le mani in testa.
Mi viene
da ridere un’altra volta, ma evito perché, ora che è arrivato il famoso nipote
Giorgio, devo giocarmi il tutto e per tutto per avere il CD
dei RATM.
«Sì, infatti… io dicevo a tuo nonno che vorrei tanto il CD dei Rage Against
The Machine ma non ho neanche un centesimo, mi
dispiace tanto non poterlo comprare. Potrei portarti i soldi domani, ti va
bene? Non vorrei rischiare di non trovarlo più…»
«Tranquilla,
davvero. Puoi prenderlo, è l’ultima copia ed è in vetrina da mesi e mesi,
nessuno lo compra perché è proprio vecchio. Se non fosse che ce l’ho già, lo
comprerei io stesso» dice Giorgio, regalandomi un mega sorriso che, in un’altra
occasione, avrei criticato a non finire, definendolo mellifluo e fuori luogo.
Ma ora
sono troppo felice per pensare a questo, mi verrebbe quasi voglia di saltargli
addosso.
Quando esco
dal negozio, Gabri non è molto contento, perché ho
vinto la scommessa, in un modo o nell’altro.
Mi avvio
alla fermata dell’autobus stringendo tra le mani l’omonimo album dei RATM e mi
rendo conto che la serata non poteva andare meglio.
Gabri mi dice: «Non mi vendicherò, ottimo lavoro».
«Grazie»
rispondo, salendo i gradini dell’autobus. Prima che le porte si richiudano, mi
affaccio e grido: «Tita ti pensa anche troppo, e non
per sbaglio! Datti una mossa!» e me ne vado a sedermi, sfinita ma soddisfatta.
Certo è
che non entrerò più in quel negozio, sostenere una conversazione con zio Carlos
è sfiancante.
E poi
non vorrei che Giorgio ci stesse provando con me, per carità!
Non ne
voglio sapere.
E quando
torno a casa e mi sparo i RATM a palla, non penso più a niente e sento che la
giornata è stata stupenda, punto e basta.