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Autore: Beatrix Bonnie    24/12/2014    1 recensioni
Lupus gli gettò un'occhiata di sottecchi. Un mago che non trovava pericoloso un Basilisco o aveva difficoltà ad individuare le minacce, oppure aveva un senso sadico del divertimento. In entrambi i casi, Lupus non voleva certo beccarsi una punizione dal suddetto mago senza prima essersi assicurato del fatto che non l'avrebbe dato in pasto al demoniaco serpente. «E voi non gli ordinereste mai di attaccare uno studente, giusto?» chiese per precauzione.
Cosa c'entra un marmocchio cencioso con la Camera dei Segreti del grandioso Salazar Serpeverde? E perché il mago decide di nascondere nella scuola un pericoloso Basilisco?
La risposta a queste domande sta celata dentro il giovane Lupus, ladro provetto, astuto e ambizioso, con un passato misterioso e una dote straordinaria: sa parlare latino.
La storia si è classificata prima al contest "Noi amanti degli O.C. - Lunga vita al Personaggio Originale".
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Godric, Nuovo, personaggio, Salazar, Serpeverde, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo III





Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts,
da qualche parte in Scozia.
Anno Domini 984


Era l'inverno più rigido che ci fosse mai stato in quegli ultimi anni. La neve si era accumulata sulle colline intorno a Hogwarts, aveva ricoperto i boschi e reso il paesaggio irriconoscibile. Il lago era completamente ghiacciato, una superficie liscia e biancastra come marmo pregiato, ma insieme terribilmente pericolosa. Alcuni centauri erano morti affogati, qualche settimana prima, perché si erano spinti sul ciglio del lago, in un punto in cui il ghiaccio era troppo sottile e si era rotto sotto il loro peso.
Ma il terribile inverno non aveva imposto il suo clima rigido solo alle brughiere desolate della Scozia: anche all'interno del castello regnava lo stesso gelo. Un gelo dato dalle difficoltà che si erano abbattute sulla scuola. Erano ormai quattro anni che Salazar Serpeverde se n'era andato e nessuno aveva più sue notizie da allora. Per i primi tempi era andato tutto bene, niente più liti, niente più sciocche selezioni sugli studenti da ammettere, ma poi la mancanza di uno dei fondatori si era fatta sentire nell'equilibrio della scuola. Godric aveva incantato il suo cappello a punta perché dividesse gli allievi in una delle quattro case che avevano preso il nome dai fondatori, ma quella di Serpeverde era debole e rattrappita senza il suo capo. Inoltre, anche quella di Corvonero cominciava ad avere delle difficoltà: Helena, la figlia di Priscilla, era scappata da Hogwarts un paio di anni prima e nessuno l'aveva più vista. Priscilla ne aveva sofferto, si era chiusa in se stessa e aveva cominciato ad ammalarsi, fino a ritrovarsi incapace di alzarsi dal letto, cosicché ora anche la sua casa era senza una guida.
Hogwarts stava crollando su se stessa. Un grandioso progetto che non aveva più futuro.
Lupus, in realtà, non era così tragico come Adelayde. Lei era convinta che Hogwarts sarebbe morta con i suoi fondatori, quando Godric sarebbe stato troppo vecchio per continuare a gestirla e quando anche Tosca avrebbe avuto i capelli grigi e le rughe sul volto. Ma Lupus non la pensava così: qualcuno avrebbe potuto raccogliere l'eredità dei fondatori e destinare la scuola ad un futuro grandioso, che avrebbe travalicato i secoli e anche i millenni. Qualcuno di sufficientemente scaltro, ambizioso e intelligente, qualcuno atto al comando.
«Passami quel bezoar e piantala di fantasticare!»
La voce di Adelayde strappò Lupus dai suoi pensieri. Il ragazzo si riscosse e si affrettò ad obbedire, prima che l'altra lo azzannasse come una vipera. Adelayde era perennemente di pessimo umore, da quando suo padre se n'era andato e Lupus era l'unico in grado di sopportarla. E di amarla per quello che era: una ragazza fragile che nascondeva le sue debolezze con una buona dose di veleno.
«Perché non accetti di sposarmi?» la provocò, nel passarle il bezoar. Sorrise, i denti sistemati con la magia incredibilmente perfetti e brillanti.
Adelayde sbuffò e continuò a mescolare la sua pozione imperterrita. «Sei uno spiantato.»
«Ma no, guarda!» protestò Lupus, indicando la sua veste di velluto nero. «Ho anche una tunica da mago nuova di zecca.»
«L'hai fregata a mio padre.» Adelayde gli piantò gli occhi addosso, come per sfidarlo a dire il contrario.
Ma Lupus adorava le sfide. «No, errato» la corresse, alzando l'indice al cielo. «È stata tua madre a darmela.»
«Solo perché lei ha un debole per te» replicò Adelayde, immusonita per la risposta pronta dell'altro. «Ma io non ti sposerò comunque» aggiunse poi. «Almeno fintanto che non tornerà mio padre e ci darà il consenso.»
«Non sappiamo quando tornerà» si lamentò Lupus. «Non voglio sposarmi vecchio e decrepito.» Roteò gli occhi, come se la sola idea gli desse noia.
«Aspetteremo che torni mio padre.» Adelayde smise di mescolare e lo fissò dritto negli occhi. «Non voglio fare la fine di Helena.»
«Che c'entra Helena?» le fece eco Lupus, senza capire cosa c'azzeccasse la figlia di Priscilla con il loro possibile matrimonio.
Ma Adelayde era piuttosto suscettibile sull'argomento. «Helena ha tradito la sua famiglia, disobbedito a sua madre ed è fuggita da Hogwarts!» gli riversò addosso. «Così ora Priscilla le ha messo alle calcagna quel sanguinario di un Barone. Sai che si dice? Sembra che lui l'abbia trovata e, visto che non voleva tornare indietro, l'abbia uccisa e poi si sia suicidato!»
«Fandonie!» Lupus rigettò l'idea come se fosse la cosa più sciocca che avesse mai sentito. «Secondo me lei ha capito di voler ricambiare il suo amore e ora vivono felici e contenti in una casetta in mezzo al bosco.»
Adelayde sbuffò spazientita. «A volte sei così ingenuo e... – si interruppe, addolcendo il tono – ...romantico.»
Lupus colse al volo il cambio di atteggiamento e ne approfittò. Si sedette sul tavolo, a fianco del calderone su cui Adelayde stava lavorando, e le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi. «Lo so, sono un romanticone. Posso recitarti qualche verso dell'Ars Amandi di Ovidio, se vuoi. Ho trovato un manoscritto piuttosto malridotto in una delle cassapanche della biblioteca.» Lupus abbassò la voce, come per rivelarle un segreto. «Secondo me viene da uno di quei monasteri saccheggiati dai vichinghi. Sai quelli sulla costa... dove i vichinghi arrivano e massacrano tutti i monaci...»
«Smettila!» lo interruppe Adelayde, innervosita. «Lo sai che non mi piacciono queste storie.» Odiava quei viaggiatori e maghi avventurieri che passavano da Hogsmeade e raccontavano delle razzie dei predoni vichinghi sulla costa. Le mettevano i brividi quegli spettrali navigatori, con le loro navi affusolate, che approdavano sulle spiagge del regno e trucidavano senza pietà chiunque trovassero.
Lupus la guardò con intensità, per una volta senza quella sua espressione furbetta. «I vichinghi non arriveranno fino a Hogwarts» le promise. «E comunque ci sarei io a proteggerti.»
Adelayde alzò gli occhi su di lui e si sciolse di fronte a quel suo sguardo così intenso. A volte era piacevole avere qualcuno di così cavalleresco e protettivo che le faceva la corte: si sentiva rincuorata e al sicuro. In quei momenti voleva solo lasciarsi stringere dal suo abbraccio e promettergli eterna fedeltà. Per fortuna quei momenti duravano poco. «Non ti sposo comunque!» ripeté inviperita, tornando a mescolare la sua pozione.
«Oh, avanti!» protestò Lupus, scendendo con un balzo dal tavolo. Le prese una mano tra le sue e cominciò a fantasticare. «Avremo tantissimi figli e... gli puoi dare il tuo cognome se vuoi; tanto io non ce l'ho.»
Quando Adelayde si ritrasse da quel contatto con lo scatto di una serpe, Lupus prese a vagabondare per la stanza, immerso nelle sue fantasie. «Daremo il via ad una lunga stirpe di gloriosi Serpeverde. Saranno tutti maghi e streghe eccezionali, potenti e ambiziosi, che parleranno il Serpentese e il latino. Diventeranno re e regine e la casa di tuo padre sarà la più ambita da tutti i giovani maghetti dell'Inghilterra per il suo prestigio e il suo onore!»
«La smetti?» brontolò la ragazza, senza avere il coraggio di ammettere che quella fantasia non era poi così male.
Lupus si inginocchiò davanti a lei e le prese una mano. «Adelayde Serpeverde, vuoi sposarmi?»
La ragazza arrossì fino all'attaccatura dei capelli. Lui le chiedeva sempre di sposarlo, ma mai l'aveva fatto in modo così serio. Lo guardò di sottecchi, per poi decidersi a rispondere: «Sì, ma quando tornerà mio padre.»
Il viso di Lupus si aprì in un sorriso incredibilmente meraviglioso. «Tornerà, vedrai» le promise, come se potesse in qualche modo dipendere da lui il ritorno di Salazar Serpeverde.
«Io... io lo spero» mormorò Adelayde, distogliendo lo sguardo da lui. «È tutta colpa di Godric! È lui che l'ha scacciato.» Il rossore imbarazzato delle sue guance si era trasformato in vampate di furore. «Lo odio, odio lui, i suoi figli, a cominciare da Percevall, e odio anche tutti i suoi allievi!»
Lupus si alzò da terra e prese la ragazza per le spalle, per tranquillizzarla e confortarla. «Ehi, quanto rancore» ci scherzò su, nel tentativo di sdrammatizzare.
«Non è rancore... è che è colpa sua se mio padre se n'è andato!» replicò Adelayde, sempre senza guardarlo in viso, perché sapeva che Lupus aveva il terribile potere di placare ogni sua rabbia. «Godric dice che si sta meglio adesso, ma è solo perché Cygnus è giovane e malleabile» continuò. «Se ci fosse mio padre a capo della casa di Serpeverde, o se ci fossi io, certa feccia non entrerebbe a Hogwarts!»
«Dai, non...» provò a fermarla Lupus, ma lei si liberò dalla sua presa con uno strattone. Era partita nella modalità orazione-di-elevata-abilità-retorica-contro-i-Nati-Babbani. Lupus alzò gli occhi al soffitto. Fantastico.
«Vogliamo parlare di quel grassone flaccido di Earl?» cominciò infatti Adelayde. «I suoi genitori sono entrambi Babbani, suo padre fa il pescatore e lui puzza di pesce da far vomitare. Non sa leggere, ha lo stesso vocabolario di un troll di montagna e una volta l'ho beccato a scaccolarsi con la bacchetta. A cosa serve disonorare il nome stesso di mago?»
«Dai, non tutti i figli di Babbani sono così.» Lupus non ci mise nemmeno troppa convinzione, perché tanto sapeva che non c'era modo di fermare la ragazza, quando partiva a sfogarsi in quel modo.
«Preferisci che ti citi il pupillo di Godric?» Adelayde tirò fuori il suo asso nella manica. «Quel Ethelbert è rozzo, incolto e brutale. Il suo padre Babbano di lavoro sgozzava i maiali e le magie di Ethelbert non sono molto più raffinate del mestiere del padre.»
«Va bene – concesse Lupus, – la comunità magica è mediamente più evoluta di quella Babbana, ma non puoi generalizzare. Elizabeth è una dama perfetta.»
Adelayde non aveva intenzione di cedere. «Solo perché la sua famiglia, anche se Babbana, è nobile. E lei è stata educata nel migliore dei modi al monastero delle benedettine» replicò prontamente. Guardò Lupus di sottecchi, poi gli rivolse un sorrisetto sprezzante. «Certo che, se non sapessi che ti ha scelto mio padre in persona, direi che staresti bene tra i Grifondoro.»
«Ehi, non insultare» protestò il ragazzo. Il fatto che avesse una mentalità un tantino più elastica di quella di Adelayde non significava che non possedesse le caratteristiche che lo stesso Salazar apprezzava nei suoi studenti: intraprendenza, determinazione e un certo disprezzo per le regole.
Adelayde tornò a concentrarsi sulla sua pozione ma si accorse subito che era stata irrimediabilmente danneggiata a causa di Lupus, che l'aveva distratta dalla preparazione. Sospirò e spense il fuoco sotto il calderone. «Vorrei che mio padre fosse qui» mormorò, più a se stessa che altri. Si voltò verso Lupus con uno sguardo preoccupato. «Sai, sono cominciate a girare delle storie... robe a proposito di una Camera dei Segreti con dentro un mostro terribile, pronto a risvegliarsi non appena mio padre tornasse, per epurare la scuola da tutti coloro che non sono degni di studiarvi.»
Lupus aggrottò la fronte. «Tuo padre che mette un mostro assetato di sangue in una camera sotterranea dentro Hogwarts?» Ripensò al Basilisco, che quattro anni prima lui e Salazar avevano nascosto al sicuro dentro la sua Camera dei Segreti. Scosse la testa. «Nah, non lo credo possibile.»
Adelayde annuì, contenta che qualcun altro la pensasse come lei. «Nemmeno io.»
Proprio in quel momento, qualcuno entrò di getto nella stanza. Era Cygnus e aveva l'aria sconvolta. «Adelayde, tuo padre...» balbettò, forse per la corsa che gli aveva mozzato il fiato. «È tornato!»
La ragazza sentì il suo cuore saltare un battito, mentre una selvaggia euforia si impadroniva di lei. Suo padre! Tornato!
Si catapultò fuori dalla stanza, corse a perdifiato per i corridoi e le scalinate fino all'ingresso. Là, un mago invecchiato ma sempre altero, con una barba lunga fin quasi a terra, era stato accolto da sguardi sospettosi e preoccupati.
«Padre.» Il sussurro di Adelayde bastò a far spostare gli studenti.
Salazar, che fino a quel momento aveva confortato la moglie, sciolta in lacrime di gioia, si voltò verso la giovane che l'aveva chiamato. I lunghi capelli neri come la notte, i suoi stessi occhi grigi, il viso appuntito su un corpo ormai maturo. La sua bambina non era più tale.
«Adelayde.»
La ragazza gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo, in una stretta che nascondeva tutta la rabbia per la sua assenza, per ciò che era successo mentre era via, e l'incredibile sollievo per il suo ritorno.
«Adelayde, fatti guardare» le sussurrò Salazar, sciogliendosi dalla stretta. «Sei diventata una donna.»
Adelayde gli sfiorò una guancia incartapecorita, coperta dalla lunga barba grigia. «Siete stato via troppo tempo, padre.»
Salazar accennò ad un mezzo sorriso, quando i suoi occhi vennero rapiti da un giovanotto di bell'aspetto, con i tratti mediterranei enfatizzati dagli occhi scuri e dai riccioli castani. Aveva un'aria curata e indossava una tunica da mago di velluto nero, una tunica che sembrava tanto una delle sue tuniche. Salazar lo soppesò per un attimo, mentre lui ricambiava il suo sguardo con un cenno di rispetto e un'incredibile aria da schiaffi. Per quanto fosse cresciuto, era decisamente riconoscibile. «Lupus.»
Il ragazzo chinò il capo. «Signore.» Sfoderò uno dei suoi sorrisi furbi, che gli avevano guadagnato tanta ammirazione presso il mago dalla barba lunga, ma cercò di mostrare anche tutta la gratitudine che provava nei suoi confronti. Gli aveva permesso di studiare nella sua scuola e Hogwarts aveva fatto di lui un uomo. Ciò che era, lo doveva esclusivamente a Salazar Serpeverde.
Stava per farsi incontro all'uomo, quando un altro mago apparve sulla scena. Era rimasto nascosto dietro Salazar, per quel motivo Lupus non l'aveva notato fino a quando non aveva fatto qualche passo verso di lui. Era abbigliato in modo strano: oltre ad essere sbarbato e con i capelli grigi tagliati corti, indossava una lunga veste di lino leggero e aveva drappeggiata sulle spalle e intorno alla vita una stola dal colore intenso. «Ludovico?» chiese, con la voce profonda che esprimeva tutta la sorpresa di quella domanda.
Lupus indietreggiò di un passo. Erano anni che nessuno più lo chiamava con quel nome. Come poteva quell'uomo sconosciuto sapere come si chiamasse? Non l'aveva mai detto a nessuno, non da quando era morta sua madre.
L'uomo vestito strano accennò un sorriso. «Idem filio meo es
Lupus spalancò la bocca e sgranò gli occhi come un bambino di fronte ad un drago gigante. Il suono di quella lingua... aveva scordato quanto potesse essere dolce. Fu assalito da una morsa di nostalgia e gli balenò in mente il volto di sua madre, che aveva dimenticato da tempo. «Latinam linguam loquerisne?»domandò, lasciando che le sue labbra tornassero a pronunciare una lingua che da tempo temeva non potesse più appartenergli. «Quis es?»
«Forse è meglio se andiamo nel mio studio» intervenne Salazar, visto che gli occhi avidi e curiosi di troppi studenti li stavano scrutando.
Godric fece un passo avanti. «Il mio studio è più vicino, se volete.» Dietro quell'innocente offerta non si celava un animo gentile, quanto più la volontà di tenere sotto controllo la situazione e di ricordare a tutti chi reggesse davvero le fila di Hogwarts.
Salazar parve un po' seccato, ma acconsentì con un cenno della testa. «Ma... dov'è Priscilla?»
«Dopo» tagliò corto Godric, dirigendosi a grandi passi verso il suo studio.
Si radunarono tutti intorno all'enorme tavolo di legno scuro, che Godric aveva insistito fosse rotondo come quello del leggendario re Artù. Godric sedeva sul suo trono istoriato con due grifoni al posto dei braccioli, al suo fianco il primogenito Percevall e la buona Tosca. Di fronte si era posizionato Salazar, seduto tra la moglie e il misterioso mago vestito di lino. Adelayde e Lupus si scambiarono un'occhiata preoccupata, ma alla fine acconsentirono a prendere posto al tavolo.
«Ci vuoi dire dove sei stato in tutti questi anni?» iniziò Godric, in tono duro. Sembrava tanto un processo.
Tosca mise una mano sul braccio di Godric, come per fermare con quel semplice gesto tutta la sua irruenza. «Siamo stati tanto in pensiero per te» aggiunse, e sembrava sincera.
Salazar li ignorò. «Dov'è Priscilla?»
Tosca lanciò uno sguardo affranto a Godric, ma alla fine si rassegnò a raccontare la storia della fuga di Helena e della malattia di Priscilla. «Ha come perso la voglia di vivere» terminò il racconto, con gli occhi lucidi.
Per tutto il tempo, Godric non aveva smesso di fissare Salazar con astio. «Tu dove sei stato? E perché sei tornato solo adesso?» chiese ancora, non appena Tosca ebbe finito di parlare.
Salazar fece guizzare gli occhi verso Lupus per una frazione di secondo, infine si accinse a spiegare. «In questi anni sono andato alla ricerca delle origini di Lupus, o forse dovrei dire di Ludovico» cominciò il racconto.
«Il tuo vero nome è Ludovico?» indagò Adelayde, quasi offesa per non averlo saputo prima.
Il ragazzo, sentendosi chiamato in causa, annuì piano. Il suo sguardo indugiava sul mago straniero che parlava la sua lingua, chiedendosi se potesse essere in qualche modo imparentato con lui. Dopotutto, gli aveva detto che assomigliava a suo figlio.
Salazar continuò il suo racconto: «Mi aveva colpito il fatto che Lupus parlasse latino come sua lingua madre, per cui ho cominciato le mie ricerche tra le famiglie della nobiltà Romana. Non è stato facile, perché i Patrizi sono molto chiusi e gelosi del loro sapere e del loro stile di vita. Per non parlare del fatto che usano solo la lingua latina... parlarla non è così facile come sembra.»
Lupus si concesse un mezzo sorriso. Per lui era naturale, perché era la prima lingua che aveva imparato dalla bocca di sua madre, ma si era reso conto in quegli anni di scuola che non tutti erano portati per il latino.
«Alla fine, sono riuscito a scoprire alcune cose sulla famiglia Crescenzi che mi parevano interessanti» continuò Salazar. «Mi ci è voluto del tempo per convincere il capofamiglia ad incontrarmi ma, quando ho ottenuto la sua fiducia e mi sono fatto raccontare la storia della sua famiglia, i miei sospetti si sono rivelati veritieri. Parecchi anni prima, il primogenito della famiglia Crescenzi si era sposato con una nobildonna della famiglia Orsini, dalla quale aveva avuto un figlio; ma poco dopo la nascita del bambino, era stato morso da un lupo mannaro. La moglie, terrorizzata, aveva preso il neonato ed era tornata alla casa paterna, ma il padre l'aveva scacciata come una rinnegata per aver abbandonato il marito. La donna, allora, si diede alla fuga e nessuno a Roma ebbe più notizie di lei o del bambino.» Salazar puntò gli occhi su Lupus. «Il bambino si chiamava Ludovico.»
Il ragazzo si sentì come schiacciato dal peso di tutte quelle rivelazioni. «Mater...» riuscì solamente a sussurrare. Dunque sua madre era fuggita per tenerlo al sicuro dalla violenza del marito, morso da un lupo mannaro. Provò pietà per quella donna: da eleganti domus romane, era stata costretta a vagabondare per le foreste di mezza Europa come una rinnegata, solo per salvare se stessa e il figlioletto appena nato. Si era sacrificata per lui, come solo una madre poteva fare.
Adelayde, notando lo smarrimento del giovane, fece scivolare una mano sotto il tavolo e gliela appoggiò sulla coscia, sperando che quel semplice contatto potesse consolarlo almeno un poco.
«Questo è Beltramo Crescenzi, Patrizio di Roma» continuò Salazar, presentando il mago straniero. «È tuo nonno, Ludovico.»
Lupus spostò gli occhi su di lui. Non si era nemmeno accorto che una lacrima solitaria era scivolata fuori dall'occhio, per incorniciargli il viso. Finalmente apparteneva a qualcosa: non era più un ragazzetto vagabondo che parlava una lingua strana, ma Ludovico Crescenzi, figlio di Patrizi romani. Beltramo Crescenzi sembrava a sua volta commosso per aver ritrovato il nipote che credeva morto da tempo. I suoi occhi scuri, grandi ed espressivi erano ricolmi di apprensione. «Ludovico.» Quel nome gli strappò un sorriso: non pensava avrebbe potuto utilizzarlo ancora.
«Pater meus?» osò domandare il ragazzo. Sua madre era morta sola, in una capanna nel bosco, abbandonata dalla sua stessa famiglia. Ma forse suo padre...
«Mortuus est» mormorò il Patrizio, in tono mesto. Dopotutto, era suo figlio. Ma ora aveva ritrovato il nipote che credeva morto e la sua famiglia aveva di nuovo un erede maschio. «Ludovice, filius filii mei es, ultimus prognatus ex gente Crescentia.» Beltramo rivelò al ragazzo che era l'ultimo discendente della famiglia. «Patricius Romanus es et volo te Romam mecum ferre.» Lo guardò con intensità. «Domi.»
Beltramo gli offriva la possibilità di andare con lui a Roma e rivendicare ciò che gli spettava di diritto, in quanto Patrizio, ovvero l'intera eredità della famiglia Crescenzi. Ma domus, per lui, non era Roma, una città da cui era fuggito ancora in fasce e della quale non aveva alcun ricordo. «Ego iam domi sum» rispose senza esitazione. Lui era già a casa. Fece scivolare anche lui la mano sotto il tavolo e strinse quella di Adelayde, ancora appoggiata sulla sua gamba. «La mia casa è qui, ora. A Hogwarts.»
Beltramo sorrise comprensivo. «Intellego» sussurrò, annuendo. Dopodiché si tolse l'anello d'oro che portava al dito e lo diede a Ludovico. «Cape hunc anulum quidem: stemma gentis Crescentiae est huic.»
Il ragazzo lo osservò con interesse: era formato da due bocche di mostri dorati, forse draghi o serpenti, che tenevano tra le fauci spalancate un ovale smaltato con lo stemma della famiglia, tre mezzelune gialle su sfondo rosso. Lo infilò allo stesso dito cui lo aveva tenuto il nonno, poi gli sorrise commosso a mo' di ringraziamento.
Beltramo ricambiò il sorriso. «Si Romam venire voles, carus omnibus expectatusque semper eris
Ludovico annuì. «Gratias ago tibi.»
Calò il silenzio: nessuno era riuscito a seguire alla perfezione il discorso in latino tra lo straniero e Lupus, ma il senso generale era stato colto. Il ragazzo aveva scoperto di appartenere alla nobiltà romana, eppure aveva scelto di restare a Hogwarts, perché la considerava la sua vera casa.
«Io credo che tu abbia fatto una cosa meravigliosa, Salazar» intervenne Tosca, commossa. «Hai restituito un giovane alla sua vera famiglia.»
Il vecchio mago accennò ad un sorriso. Quattro anni fa, era partito per ripicca contro Godric, per dimostrare che Lupus era così colto ed istruito, oltre che astuto e brillante, perché proveniva da una famiglia di antico lignaggio. Certo non si immaginava che quella ricerca gli avrebbe portato via così tanti anni. Eppure era soddisfatto, e non solo perché aveva dimostrato a Godric di aver ragione, ma anche perché aveva trovato a Lupus una famiglia cui appartenere. Incontrare quel ragazzetto cencioso era stata una delle cose migliori della sua vita, dopo la sua famiglia e la fondazione di Hogwarts, ovviamente.
«E ora, padre?» domandò accorata Adelayde. «Ora resterete a scuola?»
Salazar si sentì spezzare il cuore nel udire il tono della figlia. Ma si era reso conto che Hogwarts non era più lo stesso posto che aveva lasciato: non era più una scuola dove quattro maghi prendevano sotto la propria ala i giovani più promettenti del regno per farne grandi stregoni, ma un luogo dove si ammassavano un ricettacolo di ragazzini di ogni età e sorta, tutti posti sotto l'aurea carismatica di Godric Grifondoro.
Sospirò. «No, non sono più il benvenuto, qui. Io e mia moglie torneremo a vivere nella casa sulla palude.» I suoi occhi grigi indugiarono solo per un attimo sulla figura del suo vecchio amico. Era sicuramente un grande mago, forse la bacchetta più veloce che avesse mai visto duellare, e aveva certamente un buon cuore. Ma Salazar temeva che non fosse in grado di mandare avanti una scuola, perché spesso agiva prima di pensare, era impulsivo e focoso. Probabilmente, Hogwarts sarebbe morta con Godric. Eppure Salazar era convinto che non poteva spettare a lui il compito di prendere in mano la scuola, né certo sarebbe più stato il benvenuto.
«E gli studenti?» domandò Adelayde, insieme preoccupata e furiosa per la decisione del padre. Probabilmente aveva sperato che il suo ritorno significasse una nuova vita per la rattrappita casata di Serpeverde.
Salazar le rivolse un sorriso. «Dirigerai tu i miei studenti, ora. Hai l'età per farlo» rivelò, guardandola con intensità per trasmetterle la fiducia che aveva in lei. Poi accennò con il capo al ragazzo seduto al suo fianco. «Lo farete insieme, se Lupus – si interruppe, per correggersi: – Ludovico vorrà.»
Il ragazzo annuì, grato di quella possibilità. «Ne sarei onorato.»
Salazar allora si levò il medaglione con incisa sopra la S a forma di serpente e lo consegnò ai due giovani. «Siete voi i miei eredi.» Sorrise, infinitamente soddisfatto di loro: sua figlia, sangue del suo sangue, e un ragazzo su cui aveva grandi aspettative. Sarebbero stati una coppia perfetta.










Carissimi,
ecco qui il terzo e ultimo capitolo della mini-long che ho scritto per il contest Noi amanti degli O.C. – Lunga vita al Personaggio Originale!, indetto da Emilia zep.
Finalmente si è rivelata tutta la storia di Lupus -ehm, Ludovico!- e della sua famiglia! La madre fuggì per portare in salvo il figlio appena nato e scappare dal marito morso da un lupo mannaro. Dubito che nel X sec. i lupi mannari avessero una gran vita... di certo non esisteva ancora la pozione anti-lupo! Tuttavia nonno Beltramo ha sempre sperato di poter ritrovare il nipote perduto e di poter dare una discendenza alla sua famiglia.
A proposito, QUI l'anello della famiglia Crescenzi (una famiglia di Roma che è esistita davvero e che era tra le più potenti a Roma tra X e XI secolo... ha dato anche parecchi papi alla città!)... vi ricorda qualcosa quest'anello? Fra qualche secolo vi verrà incastonata una pietra nera da qualcuno dei discendenti di Serpeverde... qualcuno imparentato con i Peverell... ;)
Sempre a proposito di immagini, QUI l'immagine del capitolo, ovvero Lupus e Adelayde in tutto il loro splendore!
QUI, invece, una foto per farvi vedere il costume di Beltramo Crescenzi: immagino che la parte magica di Roma abbia mantenuto i costumi e le tradizioni dell'epoca tardo imperiale, per distinguersi dall'imbarbarimento progressivo della civiltà romano-babbana. Infondo, la Rowling mostra sempre i maghi come una società molto più chiusa e conservatrice di quella babbana.
Ah, e scusate il latino, ma era d'obbligo! Beltramo non sa parlare altra lingua! (E poi, diciamocelo, il latino è sempre figo!)

Bene, credo di avervi detto tutto! Ci si rivede fra circa una settimana per l'epilogo. Nel frattempo, vi auguro buone feste!
A presto, Beatrix B.
Beatrix B.

   
 
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