18.I SENTIMENTI DI UNA BAMBOLA
Non poteva credere a tutto questo.
Lui era lì, sotto la
pioggia, a fissarli con sgomento,
a guardare lei, con cupa disperazione...e lei non poteva muovere un
muscolo.
Era di fronte a lei, per l'ultima volta. -Maestà, vi
scorterò io stesso al
confine-disse, con calore malamente celato.
La donna non mosse un muscolo, da
dietro il suo
travestimento.
-No, conte di Fersen-rispose invece
il re- non è più
possibile. Avete fatto l'impossibile e ve ne sono grato. Ormai, sarebbe
troppo
pericoloso per voi rimanerci vicino. E'tempo di dirci addio.-
Addio, addio...
Quella parola maledetta
rimbombò nelle viscere,
danzando al ritmo di quel diluvio. Lei era nella carrozza, con quello
sbigottimento specchio del suo. Nemmeno lei poteva credere alle parole
del
consorte...eppure rimase ferma nella sua posa statica, come una
bambola.
Neanche la regina, così forte e altera, trovava la forza per
dire alcunché.
C'era solo il suo silenzio, pronto a urlare nel fragore della tempesta.
Ultimamente, dopo la perdita del
figlio e la caduta di
ogni finzione, si era sentita nuovamente avvolta dal vuoto che, in
passato,
aveva mangiato la sua anima, smaniosa di amore e offesa da una corte
fredda e
fittizia. Ora Iddio la portava a perdere anche l'unico uomo che avesse
mai
amato.
Il cuore batteva piano, dandole
colpi violenti, così
forti da toglierle il respiro. Fersen stava per andarsene, questa volta
senza
alcuna possibilità di ritorno...e lei non poteva parlargli,
con la presenza del
marito di fronte. Non dubitava che Luigi non sospettasse qualcosa ma
rivelare
quel legame, così intimo da non aver bisogno di
riconoscimenti da parte del
mondo, gli sembrava una profanazione dei sentimenti che li avevano
uniti per
anni.
Fersen era tutto ciò di
cui aveva bisogno...e stava
per dirgli addio.
Una parte di lei, quella
più appassionata, avrebbe
voluto scendere dal mezzo e correre, alla ricerca di un abbraccio. Non
voleva
lasciarlo, non poteva.
Dio, sta per andarsene...fu il pensiero addolorato. Nascosta
dietro al
cappello, guardò gli occhi chiari che tanto aveva amato. La
pioggia batteva sul
tettuccio, martellando tutto. Un rumore cupo e lugubre, che le
ricordava quello
delle campane della chiesa di Parigi, dove avevano celebrato le esequie
del
figlio.
Prima Joseph, poi Fersen e,
più a ritroso, sua madre,
l'imperatrice d'Austria. Perché Iddio le toglieva tutte le
persone che amava?
Perché tutto quel dolore? Maria Antonietta si fece forza,
tentando di tenere
quella postura che, ormai, si sosteneva su solamente per inerzia.
Avrebbe voluto veramente scendere
da quella maledetta
carrozza che la portava verso una salvezza che avrebbe preservato solo
il
corpo, lasciando l'anima indietro con i suoi pesi. No, non
voglio pensò,
in un urlo che non uscì dalle labbra perfettamente
cesellate. Morbide catene la
tenevano in quella carrozza. Fili innocenti che dipendevano da lei, in
ogni
momento.
Maria Antonietta non
guardò i fautori di quei nuovi
ceppi che, pur dando un senso alla sua vita, la arpionavano a quel
matrimonio
combinato, dominato da una fiacca incomunicabilità. Marie
Therese e Louis
Charles fissavano tremanti entrambi,con un'espressione assorta che la
trafisse,
come un lancia.
Non era più tempo. Non
ve ne era mai stato. Quella
vita d'ombra, la sola in cui aveva vissuto veramente, stava per
scivolare via.
Lei era la regina di un Paese che non capiva e dal quale aveva sempre
ricevuto
odio, prima come austriaca, poi come sovrana francese.
Non voleva stare lì.
Voleva andare con Fersen...ma quale
era il prezzo?
Marie Therese e Charles, i suoi
figli.
Luigi a cui voleva bene come ad un
fratello.
Un vuoto le strinse le viscere in
una morsa dolorosa,
che non lasciava scampo. Non le era concesso seguire l'uomo che amava.
Come una
bambola aveva ricevuto vacui palliativi, senza avere mai ciò
che desiderava
davvero. Nel suo matrimonio non c'era posto per la felicità
ed ora che quella
definitiva separazione si faceva concreta, comprendeva che non poteva
scegliere
tra le due cose che amava di più al mondo ma che doveva
farlo, anche se non
avrebbe ottenuto la felicità.
Addio pensò,
mentre la vista si faceva acquosa e molle...come la pioggia che batteva
fuori
dalla carrozza.
La più difficile delle
parti da scrivere, almeno per
me. Non so dire come sia nata questa cosa ma spero che piaccia. Intanto
vi
auguro buone feste!