Serie TV > I Cesaroni
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Autore: Sissy77    26/12/2014    1 recensioni
"Marco non è la soluzione di tutti i miei problemi ok?? Marco non è il supereroe che arriverà a salvare la figlia ok?? Marco ci ha abbandonate, ha preferito il castello e la principessa punto. Ti prego mamma non cercare più di parlare di lui"
Per chi come me ama vederli insieme, per chi come me è deluso da come gli autori hanno ridotto i personaggi che hanno reso I Cesaroni la famiglia che tutti avremmo voluto avere, per chi come me si è identificata in Eva e avrebbe voluto essere come lei o per chi avrebbe voluto trovare un amore come il loro capace di vincere contro tutto e tutti. Spero che chi si fermerà a leggere il mio racconto possa sognare come loro per tempo hanno fatto sognare me.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Camminare.. Camminare.. Camminare.. Non pensare.. Non pensare.. Non pensare. Da quando era uscita di casa aveva questo ritornello in testa per evitare di sentire l’eco di sua madre: “ pensa a Marta, chiamalo” Lei aveva sempre pensato a Marta come poteva sua madre credere diversamente? L’aveva mai sentita parlare male di Marco in presenza della bambina? L’aveva mai sentita mettere Marta contro il padre? Ma cosa pretendeva la gente da lei? Che fosse una macchina? Un automa senza cuore? E beh certo per tutti lei era Eva quella forte, quella che non si piegava di fronte a nulla, quella che faceva sempre la cosa giusta, ma lei non era così, non era così. Avrebbe voluto urlare al mondo intero, urlare con quanto fiato aveva in corpo ma non lo avrebbe fatto, non poteva farlo, non ancora. Alzò gli occhi e lo spettacolo che vide le mozzò il fiato. Central Park sotto la neve era qualcosa di indescrivibile. Lo era tutto l’anno, quel polmone verde in mezzo a tutto quel cemento era qualcosa di incredibile ma ora sotto la coltre di neve aveva qualcosa di magico… si magico era la parola giusta. Pace e tranquillità regnava in quel posto, vide una panchina e decise di sedersi, aveva bisogno di rigenerarsi prima di tornare a casa e vedere sua madre. “ Chissà perché le persone a cui si vuole più bene sono quelle che più ci feriscono” pensò Eva aprendo la mano lasciando che fiocchi di neve morissero sul palmo del suo guanto. Marta aveva sentito la nonna e la mamma litigare e poi sbattere una porta. La mamma doveva esser uscita. Sapeva che non era una bella cosa far credere alla mamma di dormire, ma era la soluzione che aveva escogitato per cercare di capire cosa succedeva alla sua famiglia. Marta aveva capito che i grandi dicono le bugie e l’unico modo per sapere qual è la verità è quello di far credere loro che i bambini non sentono cosa dicono. Marta da mesi aveva optato per questa soluzione. Guardava quel soffitto di quella cameretta di quella casa dove ora viveva e non le piaceva. Guardava quel divano in qual salotto davanti a quella televisione e non le piaceva. Guardava gli occhi della sua mamma senza il suo papà e non le piacevano. Già il suo papà. Chissà dove era, cosa faceva. Da quando era andato da Maya non lo aveva più visto. Ogni tanto di notte aveva gli incubi, sognava il suo papà che portava sui gonfiabili una bimba che non era lei. Marta lo chiamava, gli diceva porta anche me papà, ma lui non si girava continuava a giocare con l’altra bimba. Era certa ora che avesse avuto altri bimbi da Maya e siccome non voleva più la sua mamma magari non voleva nemmeno più lei. Non parlava più, non ci riusciva. Aveva provato alcune volte a dire qualcosa alla sua mamma, ma tutte le volte sentiva le lacrime salirle agli occhi e lei non voleva piangere. Così aveva smesso di parlare e forse magari il papà sapendo che lei non parlava più sarebbe venuto a vedere come mai. Più guardava quel soffitto e meno le piaceva. Voleva lo zio Rudy lo zio Mimmo e la zia Alice. Voleva nonno Giulio, zio Ce e zio Ezio. Voleva i romani, le loro battute, le loro fregnacce. Era stufa di questi americani che non sanno fare le salsicce come lo zio e non hanno le bottiglierie dei padri dei padri dei loro padri. Lucia osservava Marta nel lettino, la vedeva guardare il soffitto e dava ragione alla nipote, quel soffitto non era per nulla bello. La faceva sorridere le smorfie che la nipote faceva guardandolo, chissà cosa si stava raccontando. Marta si girò e la vide, Lucia si dispiacque nel vedere che Marta cambiò espressione quasi come se fosse stata scoperta e volesse nascondere il suo parlare a se stessa. << Ero venuta a vedere se dormivi >> disse Lucia avvicinandosi al letto della bambina << e per fortuna sei sveglia. Volevo scrivere una mail a zia Alice ma lo sai che nonna è una pasticciona, ti va di aiutarmi? >> Marta si catapultò giù dal letto e si diresse in camera di Eva a prendere il portatile. “Meno male che la nonna ogni tanto ne combina una giusta” pensò la piccola tornando sorridendo. Era infreddolita ma stava così bene su quella panchina che avrebbe voluto restarci per sempre. Il cellulare nella tasca del cappotto vibrò. Lo prese e vide un messaggio di sua madre “ Scusami ancora Eva torna a casa, è buio ormai e sarai congelata. Io e Marta abbiamo preparato le lasagne che tanto ti piacciono. Ti aspettiamo”. Sua madre sapeva farla arrabbiare si, ma sapeva anche farsi perdonare. Un sorriso le illuminò il viso e le venne spontaneo rispondere al messaggio solo con una faccina. “Pensa a Marta, chiamalo”, senza pensarci compose il numero che sapeva a memoria, squillò un po’ di volte poi si inserì la segreteria, forse era meglio così pensò Eva mentre aspettava il bip << Ciao Marco, sono Eva, scusa se ti disturbo… >> Finito il messaggio cercò di capire se il tono della sua voce era arrabbiato ma era impossibile per lei stabilirlo, sperò di no. Lei era Eva e per la sua piccola doveva anzi voleva fare la cosa giusta. Si alzo dalla panchina e incamminandosi verso casa già sentiva odore di lasagne. Il cellulare sul comodino squillava da parecchio, cercò di correre più velocemente possibile, ma quando lo raggiunse ormai era muto. Aspettava una telefona di Walter, dovevano vedersi. Finalmente era rientrato per qualche giorno a Roma e avevano deciso per una cena a quattro. Voleva far conoscere Maya a lui e Carlotta. Walter lo aveva avvisato che Carlotta non era molto incline a conoscere la principessa ruba-uomini ma lui aveva insistito. I suoi amici gli mancavano troppo e poi chissà magari Carlotta avrebbe potuto cambiare idea come anni fa aveva fatto nei confronti suoi e di Walter. Che ricordi quegli anni. Ogni tanto sentiva mancargli quella spensieratezza ma la vita va avanti e cambia, lui ne sapeva qualcosa. << Chi è amore??? E’ Walter?? Salutamelo >> urlò Maya dalla cucina. Tornò a guardare il telefono e vide che la segreteria avvisava che c’era un messaggio. Ascoltò il numero che lo aveva cercato e il suo viso impallidì, come dimenticare quel numero? Era impresso indelebile nella sua memoria. Quante volte lo aveva composto per sentire la sua voce e quanti messaggi le aveva inviato. Digitò il numero 2 per ascoltare il messaggio << Ciao Marco, sono Eva, scusa se ti disturbo. Ti chiamo per Marta, sai gli manchi molto, so che a mettere distanza tra voi è stata la mia decisione di venire a New York ma credo che una tua telefonata le riempirebbe il cuore di gioia. Tu sei un po’ il suo supereroe e credo abbia bisogno di te, solo io non basto. Tu come stai? Spero bene. Salutami tutti a Roma. Ciao >> Riascoltò quel messaggio più e più volte, per farlo si chiuse in bagno in modo che Maya non lo vedesse. Anche dopo cena lo fece, non riusciva a non farlo, cercava di captare ogni piccolo cambio di tono nella voce di Eva, perché si quella era la voce di Eva, era proprio la sua voce: e non era arrabbiata, la sua voce era dolce e calma come sempre e lui stentava a credere che anche questa volta fosse lei a risolvere la situazione tra di loro. Quante volte lui aveva preso in mano il telefono per chiamarla e poi aveva rinunciato per paura del suo tono tagliente? Non voleva litigare con lei ed allora aveva sempre rinunciato .. rinunciando così a sua figlia. Che razza di padre era si chiese componendo il numero di Eva.
  
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