Fumetti/Cartoni europei > Martin Mystère
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Autore: Notteinfinita    27/12/2014    2 recensioni
A cinque minuti dalla fine della lezione, gli studenti avevano le facce stravolte e pregavano per il suono della campanella o, in alternativa, anche per una martellata in testa che mettesse fine a quel supplizio.
«Spero che vi sia tutto chiaro.» affermò l'uomo, finendo di disegnare uno dei suoi intricati schemi esplicativi. «Prima che me ne dimentichi, la riunione d'istituto che avremmo dovuto avere mercoledì prossimo è stata anticipata a domani, quindi le lezioni del sabato sono sospese.»
La testa di Martin, che fino a quel momento aveva ciondolato, nascosta dietro al libro, scattò in alto appena udite quelle parole. Niente lezioni, niente compito di matematica, due giorni di vacanza. Solo la paura di una punizione lo trattenne dal saltare in piedi sul banco mentre un largo sorriso si faceva strada sul suo volto e miriadi di progetti prendevano corpo nella sua mente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diana Lombard, Gérard Mystère, Martin Mystère
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Saluti dell'autrice:Piccolo regalo di Natale, pubblico subito dopo mezzanotte anziché domani pomeriggio, spero che il secondo capitolo vi piaccia.




La sveglia trovò Martin già alzato e davanti lo specchio del bagno intento a (dis)ordinare i suoi capelli ribelli con abbondanti dosi di gel.

Raggiunto l'effetto desiderato, scosse un po' il capo per assicurarsi che la chioma non crollasse al primo movimento.

Finalmente soddisfatto del risultato, uscì dal bagno, afferrò chiavi, cellulare e bagaglio quindi, dopo aver dato un'ultima occhiata in giro lasciò la stanza dirigendosi verso la camera della sua amica.


Ferma davanti l'armadio, Diana si diede un'ultima occhiata critica. Per il viaggio aveva scelto un paio di leggings neri ed un maglione lilla con scollo a barca che esaltavano la sua figura minuta ma tonica. Ai piedi degli stivaletti dal tacco alto. I capelli legati a coda e un trucco leggero completavano il suo look.

Normalmente puntava sulla praticità ma non le andava l'idea che chi l'avesse incontrata durante il viaggio avrebbe potuto considerarla sciatta...e poi per una volta che lei e Martin andavano da qualche parte ma senza una missione affidata dal Centro da svolgere (e quindi con una relativa certezza di non ritrovarsi coperta di liquidi schifosi) aveva voglia di sentirsi un po' carina.

Un frenetico bussare la distrasse dai suoi pensieri.

«Martin, entra, è aperto!» urlò, non aveva necessità di chiedere chi fosse, quel bussare era inconfondibile.

«Pronta?» chiese il ragazzo, su di giri, aprendo la porta.

Appena entrato rimase un attimo fermo a fissarla, non era abituato a vederla vestita così.

«Allora, andiamo?» chiese Diana, sentendosi a disagio nel vedersi squadrata da capo a piedi.

Indicato il suo bagaglio, indossò il giubbotto e attese che il suo amico lo prendesse per poi uscire dalla camera e chiudere a chiave la porta.

«Non ci fermiamo a fare colazione?» chiese, vedendolo dirigersi verso il parcheggio del campus.

Martin era solito non saltare i pasti neanche in caso di catastrofe mondiale.

«Tranquilla, ci fermeremo strada facendo, devo anche fare rifornimento.» la rassicurò.

Sistemati i bagagli i due partirono. Una musica spacca-timpani si diffondeva nell'abitacolo, Martin, al volante, ballava a tempo mentre Diana gli lanciava occhiate omicida.

Dopo mezz'ora (e qualche minaccia di morte se non si fosse deciso ad abbassare il volume), i ragazzi si fermarono ad un distributore di benzina.

Mentre Martin faceva rifornimento Diana andò ad ordinare la colazione al bar.

Parcheggiata la macchina, il ragazzo andò a raggiungere la sua compagna di viaggio. Appena entrato nel locale la individuò intenta a trasportare il vassoio con la colazione ad un tavolo e, contemporaneamente, intercettò lo sguardo del barista saldamente piazzato sul di dietro della sua amica.

Scoccatagli un'occhiata raggelante, si avvicinò a Diana.

«Proprio oggi dovevi scegliere per fare la fashion victim.» mormorò, infastidito.

«Cosa?» chiese Diana, non avendo compreso il suo borbottio.

«Niente.» sorvolò lui, afferrando i suoi pancake per tapparsi la bocca e porre fine a quello strano discorso.

Finita la colazione ripresero il viaggio in silenzio.

Mentre Diana era intenta a cercare una stazione radio che incontrasse i suoi gusti, i pensieri di Martin erano fissi su quanto successo poco prima. Aveva sempre sentito il bisogno di proteggere Diana ma stavolta era stato diverso, il fastidio che aveva provato era diverso, qualcosa che gli nasceva dalle viscere, che gli aveva fatto venire voglia di pararsi davanti al barista e ringhiargli di stare alla larga da Diana.

Gettato un veloce sguardo alla ragazza, represse a stento un sospiro, possibile che fosse geloso di lei, si chiese.

Mezz'ora dopo, finalmente, qualcosa lo distrasse.

«Eccola finalmente!» esclamò, Martin, animandosi.

«Cosa?» chiese Diana, perplessa.

«La più grande fiera del fumetto di tutto il Canada!» annunciò, galvanizzato e dimentico dei dubbi di prima. «Allora perché credi che sia voluto partire così presto?»

«Mi sembrava strano, avrei dovuto immaginare che c'era qualcosa sotto.» osservò Diana scrollando il capo.

Con fare sicuro Martin guidò la jeep fino al parcheggio della manifestazione e spense il motore.

«Andiamo!» disse scendendo.

«Hai intenzione di trascinarmi li dentro?» chiese Diana, pur conoscendo bene la risposta.

Uno sguardo supplice da parte del suo amico fu tutto ciò che ottenne.

Appena attraversato l'ingresso della fiera Martin iniziò a saltare da uno stand all'altro con lo sguardo acceso di un bambino in un negozio di caramelle.

Ad un tratto si bloccò davanti ad una teca con gli occhi sbarrati e la bocca leggermente aperta.

«È lui.» sussurrò, estasiato. «Allora esiste davvero.»

«Cos'è?» domandò Diana, osservando con scarso interesse il fumetto conservato sotto vetro.

«Il tredicesimo numero di Dark Angel. C'è la prima apparizione del suo acerrimo nemico così come lo aveva originariamente immaginato il disegnatore. Poi lo hanno modificato ed hanno ristampato il volume.» spiegò Martin con sguardo fisso e imbambolato.

Diana scosse la testa divertita, era proprio un bambino.

«Ma tanto non posso comprarlo, i soldi mi servono per un nuovo skateboard, l'altro si è rotto.» disse mogio.

«Se non avessi provato a lanciarti dalle scale del dormitorio magari non si sarebbe rotto.» lo riprese Diana.

Martin non rispose, dopo un ultimo sospiro, con aria afflitta, si allontanò dalla teca per continuare il giro della fiera.

«Martin, devo allontanarmi un attimo.» disse ad un tratto Diana.

«Perché?» chiese il ragazzo, non comprendendo.

«Secondo te?» ribatté Diana, indicando con cenno le toilette. «Ci vediamo tra poco allo stand gastronomico, non so se te ne sei accorto ma è ora di pranzo.»

«Ecco perché mi sentivo debole!» esclamò Martin per poi salutare la sua amica con un cenno del capo e dirigersi verso la zona ristoro.

Quando pochi minuti dopo Diana lo raggiunse lo trovò intento a divorare un sandiwich con molto trasporto.

«Allora, ordiniamo il pranzo?» le chiese appena l'ebbe vista.

«E quello cos'è?» chiese la ragazza, indicando ciò che stava mangiando.

«Oh, questo? Solo uno spuntino.» spiegò, ridacchiando della faccia perplessa dell'amica.

«Buon Natale Martin.» disse Diana, tirando fuori un pacchetto da dietro la schiena. «...e buon compleanno, visto quanto è costato dubito che potrò farti un altro regalo.»

Martin osservò incredulo prima il sacchetto dalla forma rettangolare e sottile e dopo il viso sorridente di Diana, aveva un sospetto su cosa potesse essere ma gli sembrava incredibile.

Fremendo per l'emozione staccò uno ad uno gli adesivi che tenevano chiuso il pacchetto per godersi più a lungo il momento quindi, trattenendo il respiro, tirò fuori il contenuto.

«Dark Angel volume tredici!» disse Martin, al colmo dello stupore.

«Diana, grazie!» esclamò, stringendola tra le braccia ed iniziando a saltellare trascinandola con se.

«Ma perché lo hai fatto, è troppo costoso!» protestò il ragazzo, lasciandola andare e sorridendole grato.

Già, perché lo aveva fatto?

Solo perché era suo amico?

Perché adorava vederlo sorridere in quel modo?

Sapeva solo che quando lo aveva visto allontanarsi dalla teca con quell'aria sconsolata non aveva resistito al desiderio di renderlo felice.

«Ho visto che ci tenevi tanto.» si limitò a rispondere, cercando nel contempo di scacciare la sensazione di benessere avvertita mentre si trovava tra le sue braccia. «Ora pensiamo al pranzo.»

Per tutto il tempo Martin alternò momenti in cui fissava estasiato il fumetto ad altri in cui sorrideva a Diana, immensamente felice.

«Che facciamo, riprendiamo la strada verso casa?» chiese la ragazza, finito di mangiare.

«Non possiamo, adesso c'è il concorso di Cosplay!» la informò Martin.

«Ma tuo padre non si preoccuperà non vedendoci arrivare?» domandò la ragazza, dubbiosa.

«No, tranquilla, non sa neanche che stiamo andando da lui.» disse il ragazzo, tranquillamente.

«Non l'hai avvisato? E se avesse degli altri impegni?» sbraitò Diana su tutte le furie.

«Dai vedrai che sarà felice della sorpresa!» ribatté lui, sereno.

Sconsolata, Diana sospirò, Martin era il solito sconsiderato ma ormai non c'era nulla che potesse fare tranne sperare che la loro improvvisata non creasse problemi a Gérard.

Quando anche la premiazione del costume più bello si fu conclusa, Martin, finalmente soddisfatto annunciò che era giunto il momento di andare quindi si diresse verso il parcheggio.

«Arriveremo per ora di cena.» osservò Diana, dando uno sguardo all'orologio.

«Hai dimenticato chi c'è al volante.» affermò Martin, avviando il motore.


Due ore dopo, finalmente, i due si fermarono davanti la villetta di Gérard Mystere.

Scesa dalla jeep Diana si stiracchiò. In altre occasioni avrebbe fatto notare al suo amico che a causa della fermata alla fiera erano rimasti imbottigliati nel traffico ma stavolta decise di lasciare perdere, non le andava di litigare proprio durante quella breve vacanza.

Scaricati i bagagli, si avviarono verso la porta d'ingresso facendosi strada nella neve.

Dall'esterno non era visibile nessuna luce ed anche quelle del portico erano spente.

Un po' preoccupato, Martin infilò la chiave nella toppa ed aprì. Era chiuso a doppia mandata e l'allarme era inserito.

Entrati in casa poterono constatare che davvero non c'era nessuno.

«Possibile che mio padre sia a cena fuori?» chiese Martin, più a se stesso che a Diana.

«L'avevo detto che avresti dovuto avvisarlo del nostro arrivo!» sbottò la ragazza.

«No problem, adesso gli telefono.» rispose il ragazzo, prendendo il cellulare ed allontanandosi in direzione della cucina.


«Mio padre ha un ciclo di conferenze all'università di Yale, tornerà domani.» disse Martin tornando in salotto.

Diana non rispose nulla ma la sua scrollata di spalle equivaleva senz'ombra di dubbio ad un “te lo avevo detto”.

«Vediamo cosa possiamo prepararci per cena. Tu accendi il riscaldamento.» propose la ragazza, andando in cucina per evitare di dirgli quello che le passava per la testa.

«Allora che mi cucini di buono?» le chiese, raggiungendola poco dopo.

«Cosa cuciniamo.» lo corresse. «Spaghetti al tonno. Tagliami questa cipolla.» disse allacciandogli un grembiule in vita e mettendogli davanti un tagliere.

«Ok.» acconsentì il ragazzo, sospirando.

«E non usare l'I-cutter, taglieresti il tavolo!» intimò, prevenendo le sue intenzioni.

«Cattiva!» piagnucolò Martin a cui la cipolla aveva fatto venire le lacrime agli occhi.


«È pronto!» annunciò Diana, poco dopo, richiamando l'amico che era andato a portare le valigie nelle camere.

«Finalmente!» esclamò Martin, fiondandosi a tavola.


La cena procedette pacificamente e, una volta messi i piatti in lavastoviglie, i due si spostarono in salotto.

«Vorrei farmi una doccia.» disse Diana.

«La camera degli ospiti è a tua disposizione.» rispose il ragazzo.

«Pigiama, cioccolata e mashmallow?» propose subito dopo, mentre la ragazza saliva le scale.

«Va bene!» accettò Diana, sorridendo. Quante volte lo avevano fatto quando da piccoli uno dei due rimaneva a dormire dall'altro.


Lo scoppiettio del fuoco accolse Diana quando, poco dopo, in pigiama, raggiunse Martin in salotto.

«Preparo la cioccolata a e arrivo.» annunciò Martin, anche lui in tenuta da notte. «Sai che è una mia specialità.»

Accoccolatasi davanti al fuoco, Diana si preparò a pregustare la serata di relax.

«Arrivo!» avvisò Martin, trasportando il vassoio con tazze e dolcetti.

La visuale ingombra gli impedì di vedere il bordo del tappeto rialzato.

Come in una scena al rallentatore di un film Diana vide Martin inciampare e le tazze tremare pericolosamente.

Reagendo d'istinto, si slanciò verso il ragazzo con il risultato che il tappeto rimase intonso ma lo stesso non si poté dire del suo pigiama.

«Scotta!» urlò la ragazza mentre tentava di allontanare la stoffa dal corpo.

«Toglilo o ti ustionerai!» le urlò Martin, correndo nel frattempo in camera sua.«Torno subito.»

Seguendo il suo consiglio Diana si tolse il pigiama e si avvolse nel plaid posto sulla spalliera del divano.

«Tieni.» disse Martin, appena tornato, porgendole quello che sembrava un pigiama da uomo. «Me lo ha regalato mia zia Nora, la sorella di mio padre, non l'ho mai messo.»

Facendo attenzione a non scoprirsi, Diana prese il pigiama e andò nella camera degli ospiti.

Entrata, lo poggiò sul letto. Era bianco ghiaccio con righine verticali tono su tono. Guardandolo a Diana venne da ridere, non immaginava proprio Martin con quello addosso. La sua idea di pigiama comprendeva al massimo maglietta e pantaloncini, come testimoniava l'abbigliamento che sfoggiava quando lo aveva raggiunto al piano di sotto.

Tolto il plaid, indossò il di sopra che, essendo larghissimo, le scendeva fino a metà coscia. Rimboccate le maniche per liberare le mani, indossò anche i pantaloni ma appena li ebbe lasciati andare ricaddero alle caviglie, erano troppo grandi.

Dopo aver riflettuto un po', Diana si arrese, avrebbe messo solo il di sopra come fosse una camicia da notte. In quel momento rimpiangette di non aver portato una vestaglia.

Aveva passato tante volte la notte a casa Mystere, a volte, per missioni del Centro, avevano dormito anche nella stessa stanza ma di solito c'era stato anche Java con loro; stavolta invece avrebbero passato la notte soli in quella casa.

Piegato il plaid si decise a scendere.

Arrivata in salotto vide che Martin non era lì.

Rimesso il plaid sul divano e raccolto il suo pigiama sporco lo portò in lavanderia. Dopo averlo smacchiato, lo mise in lavatrice.

Era intenta a cercare il detersivo quando il mondo si oscurò.

«Maledizione la luce!» strepitò.

«Diana arrivo!» urlò Martin dalla cucina.

Un attimo dopo un fascio di luce la colpiva agli occhi costringendola a chiuderli.

Martin indossava gli occhiali-alpha.

«La luce è troppo forte.» protestò la ragazza.

Lui, però, non le rispose. Il fascio di luce, colpendo Diana aveva reso parzialmente trasparente il pigiama, rivelando l'intimò e confondendo non poco le idee del ragazzo.

Si poteva tranquillamente dire che non l'aveva mai vista “sotto quella luce”.

«Scusami.» disse Martin, dopo essersi riscosso. «Ti accompagno in salotto, dammi la mano.»

Giratosi di spalle diede a Diana la possibilità di aprire gli occhi e porgergli la mano.

«Vado a cercare delle candele.» annunciò, una volta giunti in salotto.

Diana si accoccolò sul divano e si coprì col plaid.

«Ho trovato solo queste due. Meglio di niente.» annunciò, sistemando il frutto della sua ricerca in un candelabro sulla mensola del camino. «Avevo preparato dell'altra cioccolata, vado a prenderla.»

«Si, però sta attento.» raccomandò Diana.

«Anche perché non avrei altri pigiami da prestarti.» ribatté Martin uscendo dal salotto.

Entrato in cucina, si diede mentalmente dello stupido. Già lui si sentiva confuso dopo averla vista in quel modo, ci mancava solo la battuta col doppio senso.

Ripreso il controllo di se, afferrò le due tazze e le portò in salotto.

«Metto i mashmallow sul fuoco?» propose, porgendo la cioccolata a Diana e spegnendo gli occhiali-alpha. «Mi dispiace per il pigiama.»

«Tranquillo, tua zia però non ha molto il senso della misura!» esclamò Diana, dondolando le maniche del pigiama rimboccate più volte.

«Non ha per niente il senso della misura. Però ti sta bene.» rispose, ridendo.

«Solo che non ho potuto mettere i pantaloni, mi cadevano.» affermò la ragazza, per poi avvicinarsi al fuoco nella speranza potesse nascondere il fatto di essere arrossita.

A quelle parole Martin gettò uno sguardo di sfuggita alle gambe di lei per poi concentrarsi nuovamente sui dolci in cottura.

«Mi sembra di essere tornati a quando eravamo piccoli e giocavamo al campeggio.» disse Diana, sistemandosi meglio sul tappeto e sorseggiando la bevanda calda.

«Se non torna in fretta la luce rimpiangeremo di non essere a quei tempi, almeno avremmo avuto i sacchi a pelo.» commentò Martin, preoccupato.

«In effetti senza elettricità il riscaldamento non funziona, questa rimarrà l'unica camera riscaldata della casa.»

«Ora che ci penso, questo è un divano letto.» disse, indicando il divano a cui avevano appoggiato le spalle. «Se non torna la luce potremmo dormire qui, almeno ci sarebbe il camino a tenerci caldi.»

«Sii positivo, magari la corrente elettrica verrà ripristinata a breve.» lo incoraggiò Diana che si sentiva piuttosto a disagio all'idea di condividere il letto con lui.


Finiti i mashmallow e le cioccolate calde, i due rimasero un po' seduti sul tappeto davanti al camino ma dell'elettricità neanche l'ombra.

«Dai, sistemiamo il letto.» propose Martin, vedendo che Diana aveva gli occhi che le si chiudevano per il sonno.

Accesi gli occhiali-alpha, Martin salì in camera del padre e, prese delle lenzuola ed un piumone, ridiscese in salotto quindi preparò il letto, aiutato da Diana.

«Preferenze sul lato?» chiese il ragazzo.

«No, è uguale.» rispose Diana, confusa e agitata.

«Allora da bravo cavaliere starò io dal lato della porta.» propose Martin, prendendo posto nel lato sinistro del letto. «Su a nanna!» esortò, vedendo Diana ancora in piedi.

«Attizzo un attimo il fuoco.» rispose la ragazza, cercando di prendere tempo.

Quando le fiamme tornarono a guizzare allegre nel camino, Diana non ebbe più scuse e si mise a letto raggomitolandosi nell'angolo esterno, il più lontano possibile da Martin.

Le lenzuola, però, erano gelate e lei non poté reprimere un brivido che non sfuggì allo sguardo del ragazzo.

«Su, vieni qui!» disse, attirandola a se per un braccio.

Ritrovatasi tra le braccia di Martin, Diana arrossì violentemente.

Stare a letto abbracciati in quel modo era qualcosa di troppo intimo, non proprio da amici.

Quando però sentì i vigorosi massaggi alle braccia e alla schiena che il ragazzo le stava facendo si rilassò.

Non c'era nulla di sensuale in quel gesto, niente di cui imbarazzarsi.

«Meglio?» chiese Martin, dopo un po'.

«Si.» rispose la ragazza, semplicemente.

Riscaldata e più rilassata, Diana si riaccoccolò sotto le coperte.

«Buonanotte Martin.»

«Buonanotte Diana.» rispose il ragazza.

Datisi le spalle i due cercarono di addormentarsi ignari che pensieri simili tormentavano le loro menti.

A causa delle missioni Diana si era spesso trovata tra le braccia di Martin per essere salvata ma stavolta era stato diverso, forse era la situazione, il letto matrimoniale ed il fuoco scoppiettante del camino a rendere diversa l'atmosfera, si era sentita turbata tra le sue braccia e, anche se il suo massaggio un po' rude l'aveva tranquillizzata, stentava ad addormentarsi.

Martin, dal canto suo, cercava di dimenticare la sensazione provata tenendo la ragazza tra le braccia. Quando l'aveva avvicinata a sé, per un attimo, aveva sentito il battito cardiaco accelerare così l'aveva massaggiata vigorosamente per cancellare quella strana emozione e ora, immobile, cercava di rilassarsi e di non pensare.

Finalmente il sonno ebbe la meglio e i due, stanchi, crollarono.



Note dell'autrice:Piaciuto? Spero di si!

E così i nostri beniamini sono soli a casa Mystere...

Appuntamento a domenica prossima (domenica 4 gennaio, per intederci) con l'ultimo capitolo dal titolo “Domenica”, appunto.

  
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