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Autore: Kilian_Softballer_Ro    29/12/2014    3 recensioni
Immaginate il tipico scenario post-apocalittico. Il frutto di un esperimento ha ucciso praticamente tutta la popolazione della Terra, e soltanto un riccio è sopravvissuto.
O forse non solo....
Cercando di ignorare i ricordi del passato, Shadow si ritrova a dover combattere e indagare su cosa è accaduto e cosa sta ancora accadendo.
Storia liberamente ispirata a un libro di Stephen King e con una forte presenza di OC, miei e di altri autori.
Spero apprezziate. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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C’erano animali selvatici ovunque.
Una volta morta la stragrande maggioranza degli abitanti, le città si erano svuotate, lasciando il passo a creature di ogni genere che venivano lì per annidarsi o cercare cibo. Per chi cercava un luogo dove insediarsi a sua volta, erano un disastro.
Per Aidan erano una fortuna.
I suoi compagni si erano caricati di cibo in scatola, e qualcosa aveva preso anche lui, ma sapeva che la stagione di caccia non era ancora finita. E non aveva speso anni a farsi insegnare da suo zio come maneggiare arco e fucile per mangiare cibo in scatola,dovunque stesse andando.
Per questo, ignaro di star passando la sua ultima notte sulla strada, si trovava in quel momento a spellare e pulire la lepre che aveva catturato quel giorno. Era soddisfatto. Cacciare con l’arco era una tattica inusuale, ma gli procurava sempre le prede di cui aveva bisogno, e le munizioni erano riutilizzabili. E poi, ora che tutto era riutilizzabile,aveva il miglior arco sulla piazza e una gran quantità di frecce.
Il suo umore era alto. Il più alto di tutta la brigata, probabilmente, contando che a quel punto uno su quattro era morto e un altro si era frantumato una gamba. Sapeva a cosa andava incontro. O meglio, ne sapeva poco, ma quel che conosceva gli bastava. Come gli altri tre, voleva combattere fino in fondo, e sapeva anche che con tutta probabilità sarebbe morto, ma diamine, se non sarebbe morto ridendo. A meno che non lo colpissero alle spalle, avrebbe riso in faccia a chiunque lo uccidesse, per la loro stupidità. Avevano creduto di spaventarli, con quelle bombe? Beh, sbagliato. Li avevano fatti incazzare. E tanto anche.
Quanto a lui, era uscito da Metal city a testa alta e ci sarebbe tornato a testa alta, se ci fosse tornato. Che diamine, una delle ultime persone che aveva visto prima di andarsene era stata Alice. Quello che aveva e detto e soprattutto quello che aveva fatto nei suoi confronti lo avevano riempito di coraggio. Si sentiva completo, adesso. Sapeva che lei non aveva gradito e lo aveva lasciato fare solo perché stava andando, quasi certamente, a morire. Ne era consapevole e questo gli scaldava il cuore, ma nel caso in cui fosse riuscito a tornare a casa, non le si sarebbe avvicinato mai più. Aveva alla fine colto il messaggio. Non l’avrebbe più toccata.
E alla fine, quello fu un proposito che mantenne.
Quella notte dormì come un bambino, nonostante sapesse di essere quasi giunto alla meta. Un giorno di marcia, forse due, e avrebbe incontrato il loro amico a distanza. Che gioia. Quasi quasi era impaziente di sapere cosa gli sarebbe successo. Lo avrebbe fatto saltare in aria? Lo avrebbe torturato per fargli dire ogni cosa che sapeva sui suoi concittadini, uno stato più in là? Nel caso, aveva già pronto un discorso da fargli. Iniziava con Crepa e finiva con Muori.
La spavalderia non lo aveva ancora abbandonato il giorno dopo, mentre camminava a passo spedito verso la sua meta, con l’arco in mano. Era rilassato. Tranquillo come non mai. Non era mai stato un tipo da panico. Qualunque cosa fosse successo, era pronto.
Per questo motivo quando vide i tre uomini che gli tagliavano la strada non sussultò neanche. Nessuna paura. Allungò solo una mano dietro la schiena, come per distrazione, ed estrasse una freccia dalla faretra, incoccandola senza smettere di camminare. Non distolse mai lo sguardo dal trio, all’erta. Quando fu a una cinquantina di passi da loro, abbastanza perché lui iniziasse a distinguere i loro volti  e viceversa, uno degli uomini puntò il dito verso Aidan, attirando l’attenzione degli altri. Questi parvero osservarlo per un attimo, poi annuirono e estrassero quelle che avevano tutta l’aria di essere pistole, facendo immobilizzare il lupo lì dov’era.
Poi tutto accadde molto in fretta.
Mentre uno dei due tizi armati cominciava a urlare, qualcosa sulla linea di “vieni fuori con le mani in alto” o simili, lui stava già sollevando l’arco e scagliandogli una freccia contro. Prima che arrivasse al bersaglio o che uno degli altri due avesse il tempo di reagire,si voltò e iniziò a correre, ritornando sui propri passi. Se fosse riuscito ad allontanarsi abbastanza in fretta, non avrebbe dovuto usare di nuovo un’arma contro una persona, e poco lontano vi era un ingorgo non molto più piccolo di quello  che era costato il viaggio a Shadow. Se fosse riuscito a infilarsi lì in mezzo la questione sarebbe stata chiusa.
Era questo che aveva messo a punto durante il suo viaggio. Non pensieri di vendetta, non ricordi. Logica. Quella era una caccia come tutte le altre a cui aveva partecipato durante la sua vita, solo che dall’altra parte non c’erano animali selvatici, ma persone come lui. Tutto il resto era uguale. Doveva sempre cercare di essere il predatore e non la preda.
Sentì degli spari e qualcosa di piccolo e rapidissimo gli sfiorò la spalla. Dunque i bastardi lo stavano inseguendo. Accellerò. Iniziava già a vedere le prime automobili, se solo avesse potuto arrivarci...
Non ci arrivò. Il proiettile successivo lo colpì al polpaccio e lui cadde a terra, sbattendo la testa e la spalla. Cercò di rialzarsi con un grugnito, ma non ci riuscì, il dolore era troppo forte. Potè solo rotolare goffamente sulla schiena e alzare la testa.
Il tizio che gli aveva sparato stava correndo verso di lui. Aveva ancora la pistola alzata, ma non sparava, nonostante ora potesse colpirlo con grande facilità. Era un’occasione che non poteva permettersi di sprecare. Rapidissimo, ignorando la spalla che pulsava, recuperò una freccia e la scagliò contro l’avversario.
Fu un lancio approssimativo, e infatti la mira fu tutt’altro che precisa, ma funzionò. Colpì l’uomo al fianco, e quello cadde con un grido, lasciandosi sfuggire la pistola. Ansimando, Aidan incoccò un’altra freccia e riuscì a mirare contro il petto dell’altro. Il colpo andò a segno e lo sconosciuto si afflosciò, immobile. Cadde un silenzio totale.
O meglio, quasi totale. Qualcuno risaliva la strada, con un rumore secco di passi. Merda, si era dimenticato del terzo uomo. Faticosamente, si alzò in piedi. La gamba gli esplodeva di dolore, ma riusciva a reggersi, caricando il peso sull’altra. Cercò dietro la schiena e per un momento agghiacciante credette di aver perso tutti i dardi nella caduta, poi la sua mano si chiuse su uno rimasto. Sollevato, lo sistemò sull’arco come gli altri due e quando ebbe piena visuale dell’ultimo uomo rimasto (così bizzarro a vedersi, un individuo in completo e cravatta, che camminava con le mani in tasca, placido, come se stesse facendo una passeggiata) lo lanciò, con quello che sperava essere il colpo migliore della giornata.
A ben guardare, fu un colpo da manuale. La freccia si conficcò nella spalla sinistra dell’altro, facendolo fermare sui due piedi. Ma lui non cadde. Anzi, guardò la freccia con blando interesse, per poi tirarla fuori dalla ferita come se niente fosse. La agitò verso Aidan. – Maleducato.
Il lupo, sbalordito, non riuscì a tirare di nuovo. Restò a guardare a bocca aperta e in precario equilibrio sulle gambe l’uomo che si avvicinava, un essere di razza indefinita, robusto e con corti capelli scuri, così dannatamente fuori posto ,con il suo completo elegante e pulito e la cravatta e la camminata pigra e indolente ,da lasciarlo quasi ipnotizzato . Non reagì finché questo non si fermò a pochi passi da lui, con un sorriso sardonico sulle labbra, e gli parlò di nuovo. – Ciao,dolcezza. Bel numero, davvero.
Poi gli sferrò un calcio sulla gamba offesa che lo fece crollare a terra con un grido. Gli sfilò con facilità l’arco dalle mani e lo considerò per un momento, prima di gettarlo via. Diede un altro calcio al ragazzo, nello stomaco, per sottrargli tutto il fiato rimasto, prima di tirarlo in piedi prendendolo per i capelli e di strappargli via lo zaino, la faretra e il fucile. Sembrava difficile che avesse tanta forza, eppure era così. Intanto continuava a parlare.
- Avevo ragione a non ascoltare il capo. Mi sarei perso tutto questo divertimento a venire da solo. Cammina, bel fusto, c’è gente che ti aspetta.
Iniziò a trascinarlo lungo la strada. Aidan incespicava, cercando di reggersi, ma il dolore lo colpiva da ogni parte. Intanto il suo cervello provava a lavorare a tutto spiano. Era difficile, ma non poteva perdere la lucidità. Così com’era ridotto, sfuggire a quel tipo, anche se era disarmato, era impossibile. Doveva neutralizzarlo in qualche modo. Aveva perso l’arco, che comunque sarebbe stato inutile a quella distanza, ma aveva ancora il coltello che usava per pulire le prede infilato nella tasca posteriore. Era sempre il tipo da armi antiquate, ma funzionavano. Okay, l’uomo che lo trasportava quasi di peso era sembrato immune alla freccia che gli aveva tirato e lo aveva fatto annichilire,e allora? Magari si era solo sbagliato e la freccia si era impigliata nei vestiti. Aveva ancora la vista confusa, dopotutto. Non era mica un mago che poteva farsi bucare come un puntaspilli e ipnotizzarlo. E poi doveva provare. Non aveva altre chance.
Così, quando il suo persecutore sembrò distrarsi alla vista di altri due uomini che sbucavano da una curva della strada (doveva aver chiamato i rinforzi mentre lui scappava, il maledetto), più rapidamente che poté infilò la mano nella tasca, aprì il coltello a serramanico e lo mosse dritto verso la gola dell’altro. Quest’ultimo, purtroppo, fu più veloce. Quasi inumano. In un lampo gli afferrò il polso, lo torse quasi completamente e gli tolse la lama di mano, facendola cadere a terra. I due nuovi arrivati erano corsi a raggiungerli cogliendo i movimenti bruschi, ma nonostante fossero vicini, quando furono accanto a loro quello strano tipo aveva già il polso di Aidan (un dolore in più ,evviva evviva) torto nella sua mano. Spinse il lupo barcollante verso di loro, che furono rapidi a immobilizzarlo e a legargli le mani dietro la schiena. Poi ripresero a trascinarlo via, con il terzo uomo che li seguiva passo passo. Sul bordo della strada, Aidan vide il corpo del primo uomo con la pistola accasciato a terra, la sua freccia ancora piantata nel petto. Non reagì. Ne aveva già viste abbastanza negli ultimi dieci minuti da non riuscire a farsi colpire dal pensiero di aver ucciso due persone. Pensava che il mondo fosse diventato un delirio già a Metal city: ora ne aveva la prova.
Così non mosse un muscolo. Si lasciò portare via, inerte e confuso, fino a un furgoncino parcheggiato , nel cui retro venne buttato senza tante cerimonie. Fu il suo amico della freccia a chiudere lo sportello, e prima di farlo gli lanciò un’ultima occhiata, senza smettere di sorridere.
- Niente di personale, ragazzina – disse con enfasi. – Era un bel tentativo. Sai qual è il problema? Tu sei bravo, ma io sono Crowley.
E così dicendo chiuse le porte, lasciandolo nella semioscurità, dolorante e intontito.
 
L’uomo che si era presentato come Crowley tornò qualche ora dopo.
Aidan sentiva ancora dolore provenire dai punti più disparati del corpo. La spavalderia si era attenuata abbastanza: ne aveva lasciato un bel pezzo sulla strada. Comunque, non era sparita, nonostante tutto.
Non sapeva dove fosse. Aveva viaggiato per chissà quanto tempo nel cassone del furgone, poi, quando questo si era fermato, i due tizi non lo avevano fatto scendere prima di avergli infilato qualcosa sulla testa. Una mossa stupida, a ben pensarci. Cosa pensavano, che avrebbe imparato la strada a memoria e se la sarebbe filata? E che diamine. Ci avrebbe anche provato, sì,ma aveva sempre un proiettile nella gamba. Non è che potesse andare tanto lontano.
In ogni caso, lo avevano condotto alla cieca fino a un luogo sconosciuto dove gli avevano liberato la testa, per poi gettarlo in una piccola cella. Da quello che era riuscito a vedere, alzandosi e zoppicando fino alla grata, ce n’erano altre come la sua lì accanto. Quello che non poteva immaginare era che Aster era stato tenuto prigioniero a solo un paio di metri da dov’era lui.
Si era steso sulla branda e aveva cercato di riacquistare energie e lucidità. Ora che non aveva più il cervello offuscato dalle varie botte, si chiedeva perché lo avessero lasciato in vita. Non ci sarebbe stato niente di più facile che sparargli mentre era lungo disteso sulla strada. Cosa volevano da lui? Strappargli delle informazioni? Minchia, ci sarebbe voluto un bel po’. Non avrebbe aperto la bocca neanche sotto tortura. Anche perché non poteva dir loro molto. Che i bambini erano diventati dei minimedium era probabile che lo sapessero, altrimenti perché cercare di farli saltare in aria? E se gli avessero chiesto se stava arrivando altra gente non avrebbe detto nulla. Facile.
Presa questa decisione,aveva aspettato il prossimo sviluppo, che era arrivato appunto nella forma di Crowley.
Lo aveva sentito arrivare dal fondo del corridoio, ma non si era alzato. Risparmio energetico, Turner. Poi l’uomo era apparso dietro alle sbarre, sempre vagamente assurdo in giacca e cravatta. Che problemi di abbigliamento aveva? Aidan non aveva più visto abiti eleganti addosso a nessuno dai giorni dell’epidemia. Erano tutto tranne che pratici.
L’uomo si appoggiò alle sbarre con nonchalance e lo osservò, interessato. – Guarda un po’, lo spaventapasseri. Mancavi giusto tu, dopo quello che è successo al leone codardo e all’uomo di latta.
Il lupo lo guardò perplesso per un momento. Quello era drogato. Palesemente. Chi mai si sarebbe messo a citare Il mago di Oz in quella situazione? Poi si sentì riempire di sconcerto. L’uomo di latta e il leone? Voleva dire che avevano già avuto a che fare con due degli altri? E cosa era successo? Era forse un bluff? Cercò di nascondere il tumulto di pensieri mentre replicava. La faccia  da poker era fondamentale. – Speravo di incontrare il mago di Oz. Non è in casa?
Crowley tentennò la testa. – Il suo trono è vuoto,ma questo non  vuol dire,no? E poi...cosa volevi chiedergli? Un’acconciatura nuova per quei bei capelli? – Indicò lo squarcio nel pantalone e nella gamba del giovane. – Un muscolo nuovo?
- Preferirei dirlo a lui, sai. Non so neanche chi tu sia.
- Si fida di me, non temere. Più di quanto non si fidi di te.
- Lo sa che ti fai forare come uno scolapasta?
L’altro scoppiò a ridere. – Lo sa, lo sa.
Era un gioco. Nient’altro, doveva tenerlo a mente. Un botta e risposta, come quelli che si era ritrovato a fare con Alice, su a Metal city. Poteva far finta che quel tipo assurdo fosse Alice, se ricordava anche le citazioni random. Non avrebbe avuto neanche la tentazione di baciarlo. Ma doveva continuare a rispondere a tono. Crowley cercava di fargli dire quello che non voleva dire, e viceversa. Si sarebbe visto chi avrebbe avuto la meglio. – E dì, di me cosa sa?
- Non abbastanza, credo. Non pensi che dovresti dirgli qualcosa di più?
- Preferirei farlo di persona, non attraverso un portavoce come te. Sai com’è...la prudenza  non è mai troppa.
- Capisco ma vedi...- Crowley sembrò trasformarsi. L’espressione compiaciuta era scomparsa. Ora era serio, con una luce minacciosa negli occhi. Poteva far paura. Aidan si sforzò di non reagire all’improvviso cambio di tono. – Lui non parlerà con te, quindi dovrai per  forza parlare con me. Se non lo fai, ti dovrò costringere. E fidati. Nessuno, nella storia della tortura,è è stato torturato con una tortura come la tortura con cui verrai torturato tu. Perciò forse faresti meglio a parlare.
Seguì un momento di silenzio. Poi, nonostante l’aria malevola con cui l’altro lo guardava, Aidan non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere. E rise, piegato in due sulla branda. Perché era tutto così assurdo. Era in una gabbia in un posto sconosciuto e quel tizio parlava di estorcergli delle informazioni, eppure faceva giochi di parole e citava favole e pretendeva che lui si comportasse normalmente, dopo che lo aveva visto picchiarlo con la forza di un uomo più giovane e estrarsi una freccia dalla spalla come se fosse robetta. Era folle. Magari stava impazzendo. Magari era pazzo il tipo che aveva davanti. Chissà.
Per questo non riusciva a frenare l’ilarità. Oh, fantastico, era anche riuscito nel suo intento di ridere in faccia al nemico. Bel lavoro, Turner. Così rise fino a farsi dolere la pancia, ignorando le fitte alla gamba, alla testa e alla spalla e Crowley che stava in silenzio davanti a lui. Per un breve momento pensò che somigliava a un grosso avvoltoio nero. Questo lo spedì in un’altra reazione isterica.
Il tipo misterioso non proferì parola. Restò semplicemente a guardarlo finché lui non si fermò, senza fiato e con le lacrime agli occhi. Aidan alzò lo sguardo e lui era sempre lì nella stessa posizione di prima. – Ti chiederei chi sei, ma non penso valga più come domanda – disse, soffocando un’altra risata. – Sei troppo assurdo. Per cui, ti prego, dimmi cosa sei.
- Non so se vorresti saperlo – rispose l’altro, pacato, di nuovo l’immagine della calma totale. Poi all’improvviso stese la mano e il lupo sentì un dolore atroce provenire dalla ferita alla gamba, come se qualcosa lo stesse scavando dall’interno. Mentre urlava, vide il proiettile USCIRE dallo squarcio e attraversare la stanza, per poi posarsi placidamente sulla mano aperta di Crowley.
- Hai un bell’aspetto, ragazzino – continuò questi osservando il pezzo di metallo che aveva fra le dita, mentre Aidan stringeva i denti e cercava di tamponare la ferita. – Forse ti servirà ancora a qualcosa.
E così dicendo si allontanò, lasciandolo lì in preda alla sofferenza.
 
Finitevus era nel suo ufficio, solo.  Non pensava a nulla di particolare. Tutto stava andando come prestabilito. Trovate le tre spie rimaste, era stato estremamente facile sistemarle. Uno a uno sarebbero finiti esattamente come lui voleva che finissero. E poi, come diceva Agatha Christie, non ne sarebbe rimasto più nessuno.
Ora toccava al giovane lupo. L’aveva lasciato nelle mani di Crowley . Un’ottima scelta, dopotutto. Crowley sapeva quello che faceva e aveva il potere per farlo. In fondo, nel luogo in cui era prima, aveva delle cariche molto alte. Il fatto che ora fosse suo sottoposto non cancellava le sue abilità, per quanto oscure e contorte fossero.
Qualcuno bussò alla porta. – Avanti. – Crowley mise dentro la testa. Come si dice, parli del diavolo...L’uomo bianco sorrise a questo pensiero,un sorriso agghiacciante. – Allora?
- Non ha parlato.  – Neanche Crowley riusciva a guardarlo a lungo in faccia, il che era quasi comico.
- Naturalmente. Comunque non ci serve ora. Puoi procedere come avevamo deciso. – Una breve pausa. – Fagli quel che vuoi, ma il volto dev’essere riconoscibile. Non devono esserci dubbi su chi sia.
L’altro annuì e chiuse la porta. Finitevus tornò a guardare fuori dalla finestra. Il vetro era di nuovo intatto, come se il passaggio di Aster fosse stato solo un sogno. Il suo sorriso si fece più largo.
Quando Crowley avesse finito con lui, avrebbero rimandato il ragazzo ai suoi amici a Metal city. Questo avrebbe dovuto convincerli davvero delle poche possibilità che avevano. Quindi il capitolo Aidan era chiuso.
Ora ne rimaneva solo uno.
 
Aidan sentì la porta della cella aprirsi come se fosse lontana chilometri. Alzò la testa e vide due uomini, due nutrie che non potevano essere molto più vecchie di lui, che entravano con aria minacciosa. Lasciò che lo tirassero su bruscamente e che gli ammanettassero le mani dietro la schiena, senza reagire. Aveva mollato. Era quasi completamente intontito, per il dolore e per la realizzazione che non c’era più niente di sano in questo mondo. Si sarebbe lasciato scorrere tutto addosso come se fosse pioggia,niente poteva più turbarlo. Aveva visto troppe cose.
Ciò non gli impedì di rivolgere un sogghigno a uno dei suoi carcerieri. – Ehi,amico, dov’è la festa?
Con sua sorpresa, l’altro ghignò a sua volta. – Non temere,amico mio, è una festa privata. Tutta per te.
Lo trascinarono attraverso lunghi corridoi, scendendo di un paio di piani prima di fermarsi davanti a una porticina scialba e anonima. Per un momento il lupo si chiese se fosse giunto il momento, se lì dietro sarebbe arrivata la sua morte. Poi decise che non gli importava. Anche se lo avessero torturato, non si sentiva più abbastanza ragionevole per rivelare cose importanti.
Una delle nutrie aprì la porta e l’altro lo spinse dentro,, chiudendola subito dopo. Aidan si ritrovò aggrappato alla maniglia per sostenersi, guardandosi intorno perplesso. C’era una sedia con delle cinghie e un tavolo coperto di strumenti che nella semioscurità non riusciva a vedere. Bella merda da film dell’orrore.
Avrebbe ripreso a ridere nel modo isterico in cui aveva riso prima, se non avesse sentito una mano prenderlo per il collo. Si ritrovò faccia a faccia con Crowley, che sorrideva allegramente.
- Vieni, bellezza – disse, spingendolo verso la sedia. – Sali sul trono del mago di Oz.
E in definitiva, non ci fu un finale da fiaba per Aidan Turner.
Dopo poco tempo, in fondo, non ci fu più neanche un ragazzo chiamato Aidan Turner.
 
Che ci crediate o no, sì, sono io che aggiorno così in fretta. Anche se è di nuovo un capitolo non proprio allegro.
Cosa volete che vi dica, King è uno scrittore tutt'altro che allegro, e io mi ispiro a lui. Ma almeno sono riuscita a presentarvi il fantomatico Crowley. Tadaaaa~ Vi sembra familiare? Allora forse dovreste ricontrollare le serie televisive che avete guardato uwu
Per il resto....beh, Buon Natale (in ritardo), Buon Anno (in anticipo) e spero che recensirete. Bye!
^Ro
PS Sì, la citazione del mago di Oz dovevo farla. Perché King lo tira fuori a prescindere in ogni libro e anche il sopradetto Crowley lo cita a un certo punto. Eh....c'est la vie.
 
  
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