Storie originali > Noir
Segui la storia  |       
Autore: visbs88    30/12/2014    0 recensioni
Caroline aveva trovato un nome ai propri fantasmi: li chiamava “ombre di ghiaccio”.
Un delitto, bugie, intrighi, orrori: al suo ritorno a New York da un viaggio in Europa durato un anno, una giovane critica d'arte dovrà affrontare ricordi del passato e violenze del presente, mentre i suoi spettri si agitano e accolgono tra loro nuovi compagni pronti a distruggerla.
E lei non è mai stata forte.
[Scritta per il contest Giallo a scelta multipla indetto da Faejer sul forum di Efp]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ringraziamenti: grazie mille a fantajiro per aver messo la storia nelle seguite e alla giudice per il giudizio al secondo capitolo ^^ questo sarà parecchio breve, ma spero intenso. Buona lettura. ^^

 

 

4. In despair

 

Una debole luce filtrava attraverso le tende, lambendo le lenzuola chiare.

La penombra era così dolce. I suoi freddi colori si perdevano nel calore delle braccia che avvolgevano Caroline.

Attraverso le ciglia della proprie palpebre socchiuse vedeva soprattutto buio, il volto premuto contro il petto del suo dio.

Abbastanza stremata da essere stata cullata da un oblio senza incubi, tentò di chiudere ancora gli occhi per scivolarvi di nuovo, come quella notte, lontana dal male, ma già sapeva che sarebbe stato inutile – non funzionava mai, perché mai si svegliava sola. A poco a poco anche le orbite vuote dei suoi fantasmi si illuminavano trafiggendole lo stomaco con il bagliore del loro dolore; da lì salivano strisciando, a volte più leste, a volte più caute, fino al petto, per portarla a domandarsi cosa fosse quel peso sul suo cuore. E a ricordarsene, avviluppando la sua mente. Sempre.

Quella mattina il rito ormai consueto e accettato fu rapido – un unico attimo per vedere i frantumi di se stessa, ancora distrutta, ancora sola, mentre anche il velo dell'ultima illusione si alzava per lasciare spazio alla realtà nella sua interezza.

Rosaline era morta, morta disperata, morta senza di lei. Jayson ancora non ne era a conoscenza, viveva anche lui in una mera finzione in cui era protagonista insieme a un'estranea. L'eroe era lontano e non esisteva alcuna speranza che la salvasse. Tre anime intorno alla sua, la sua, stolta, bugiarda e indifesa. Debole.

Iniziò a piangere lacrime sommesse, cristalli di quel ghiaccio dentro di lei.

Era stato il più ingenuo e stupido dei pensieri, quello di poter scoprire un assassino con le proprie forze. Quell'idea non avrebbe mai dovuto insinuarsi nelle sue fibre squarciate dalla pena.

Cos'aveva fatto, in verità? Si era abbandonata a uno sconosciuto e sentiva che non sarebbe più riuscita a rialzarsi. Sarebbe rimasta lì, a guardare mentre la polizia fiutava e rifletteva, sospettava e indagava e accusava, il grottesco teatro del delitto e della giustizia che giocavano a rincorrersi, ladro e guardie, omicida e sbirri, e una ignava ragazza a soffrire e a languire, innocente e accidiosa, di fronte a uomini troppo esperti e pratici e rapidi per lei. Forse si sarebbero accaniti contro quella vittima del loro intuito, ma difendersi, difendersi a quel punto avrebbe avuto un senso? Era quello il peso della sua volontà lasciata a se stessa: nullo di fronte all'immensità della morte e del destino, di fronte a difficoltà che potevano essere aggirate senza compiere nulla, solo continuando una vita trasparente e colma fino all'orlo di dolore. Lo aveva sempre saputo, erano pure constatazioni, non critiche, non riteneva di poter cambiare – aveva solo giocato a sognare nel momento peggiore; e alla crudele amarezza si aggiunse la più aspra delusione – tentare nuoce nel momento in cui si fallisce senza possibilità di rimedio, perdendosi nel fango dei rimorsi senza più riuscire a uscirne, affondando di più nell'abisso da cui ci si era riproposto di uscire. E allora, anziché nuotare nella melma, rimanere immobili e lasciarsi corrompere dalla sua putredine fino a scomparire: tortura lenta, ma lungo rifugio, la via dei codardi.

Non erano singhiozzi rumorosi, i suoi, erano i lamenti di un fil di voce di un'anima esangue. Tuttavia il falso dio si mosse, alla fine, si agitò, allentò e strinse l'abbraccio, chiamò il nome di Rose.

Caroline soffocò nella propria gola ogni suono, ma ormai una mano di Jayson era sul suo volto e di certo sentiva le lacrime umide, la guancia fredda, le labbra tremanti. Nel buio gli occhi azzurri scintillarono, prima che un bacio tentasse di consolarla. Stavolta non vi rispose.

Si allontanò, disgustata da se stessa, un guizzo di disperazione, un attimo di ribellione. Si sedette sul letto appoggiando la schiena al muro, nuda, i capelli che seguivano le scie bagnate sul suo collo, sottili viscidi serpenti di una Medusa del tutto indifesa. Quale immagine di Rosaline stava mostrando? Ormai, forse, aveva smesso di interessarle – ogni maschera avrebbe dovuto cadere, presto o tardi.

Una luce si accese sul comodino più distante da lei. Jayson si sedette a propria volta, gli occhi bassi, la fronte aggrottata. Caroline aveva smesso di piangere e riusciva a vederlo: turbato, ma non stupito. Distante nella sua compassione. Forse lo temeva, lui e il suo mistero, lui e quegli atteggiamenti incomprensibili, lui e tutto ciò che, al contrario di lei, sapeva di Rosaline.

– Sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto.

Tutta la crudeltà dell'ironia di quelle parole pronunciate con lenta dolcezza minacciò di toglierle il respiro. Strinse a pugno la mano all'altezza del cuore, lo sguardo fisso di fronte a sé, le unghie piantate nella carne. Ma tacque.

– Stai affrontando la sua morte in un modo che... ero ben lontano dall'aspettarmi.

Era troppo tesa per sussultare, ma il fiato mancò di nuovo e fu uno sforzo non muoversi, mentre domande di ogni tipo iniziavano a sibilarle nelle orecchie – sapeva? Come poteva sapere? Perché? –, ma le parole, quelle vere, non erano ancora finite e lei le ascoltò pallida, il cuore in gola, gli occhi vacui, tutto il suo essere meno il suo corpo a tremare con violenza.

– Sai che era necessario. Ora andrà tutto bene, continua così. Sean avrà fatto un buon lavoro. Caroline... da lassù... capirà.

E qualcosa dentro di lei, quel poco che ancora esisteva, si infranse per sempre con uno schianto assordante, prima che regnasse il silenzio più assoluto per lunghissimi attimi.

 

Mormorò poche parole riguardo al bagno, si liberò delle lenzuola, si alzò, si diresse verso una porta diversa da quella da cui era entrata, ebbe fortuna.

Si chiuse nella stanzetta pulita e in ordine. Lo specchio rifletté un'immagine di un pallore spettrale, occhi colmi di terrore febbrile, un mostro annientato che si accasciò sul pavimento l'attimo seguente.

Come un feto sulle piastrelle fredde Caroline si rannicchiò, gli occhi sbarrati senza vedere, le ombre di ghiaccio che ridevano e urlavano e gemevano con una forza che lei non aveva mai sperimentato. Mai. Mai. Neppure... neppure quando...

Voleva rifiutare quel pensiero, pregava e implorava che qualcosa le sussurrasse che non aveva davvero udito quelle parole, che ogni sua conclusione era fuorviata dalla sua ragione offuscata dalle pene, che poteva esserci molto altro... ma la violenza dell'intuito aveva ormai preso il sopravvento e non lasciava neppure una via di fuga, non riusciva a vedere altre soluzioni, c'era solo quella sconvolgente scoperta e l'orrore racchiuso in essa, l'abisso, la follia.

A morire era stata quella sbagliata.

Quel suo corpo attraversato da spasmi di paura e orrore, perché era ancora vivo? Non perché nessuno non avesse mai provato a recidere il suo filo. Solo un errore: aspetto giusto, vita diversa.

Sean. Sean, l'amico perduto, il compagno scomparso nel delitto, l'assassino per denaro. Rosaline sapeva e ricordava quanto lei.

Tutto ruotava, ruotava attorno a quel fulcro. Ed era un centro pulsante di dolore, sangue, un vortice infernale, una voragine così profonda e oscura e corrotta quale mai mente umana avrebbe potuto immaginare. Il peccato più osceno e straziante che potesse essere concepito. I poliziotti vi avevano accennato con leggerezza, senza sapere di essere quasi nel giusto, raccapricciante giusto, aborto di umanità.

Strisciò fino al water, in preda alla nausea. Gli sforzi non produssero altro che saliva e acido, non c'era nulla da vomitare nel suo stomaco, solo pochi liquidi aspri e disgustosi che rischiarono di soffocarla, marci e brucianti.

I dettagli, il perché, il piano, cosa vi era andato storto, il ruolo di Jayson erano particolari infimi. La pallida impronta dell'ultima ombra di ghiaccio assumeva un profilo di demone.

Caroline avrebbe potuto dilaniarsi, graffiarsi e mordersi, rigurgitare le interiora o piangere sangue, ciò non avrebbe cambiato le cose.

Rosaline aveva ordinato di uccidere lei.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: visbs88