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Autore: Kanako91    31/12/2014    12 recensioni
Ma in cuore a Thranduil era un’ombra ancor più fitta. Aveva visto l’orrore di Mordor e non riusciva a dimenticarlo; e, se mai volgeva lo sguardo a sud, nel suo ricordo la luce del sole si oscurava e, sebbene lo sapesse ormai distrutto e deserto, posto sotto la vigilanza di Re di Uomini, la paura che aveva in cuore gli diceva che quell’orrore non era stato vinto per sempre, ma che sarebbe risorto.
– J.R.R. Tolkien, Racconti incompiuti: Parte seconda, IV. Appendice B, I sovrani Sindarin degli Elfi Silvani
[Raccolta di one-shot su momenti importanti della vita di Thranduil, dall’Ultima Alleanza al ritorno di Sauron]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thranduil, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti di una Vigorosa Primavera'
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Lo stregone si presentò al suo palazzo con indosso abiti grigi, la barba grigia e folte sopracciglia grigie.

«Mithrandir» disse Thranduil.

Ai piedi del trono, lo stregone gli rivolse un inchino, per quanto riuscì a piegarsi, con quel suo corpo vecchio e ricurvo sul bastone. Quanta scena, per un uomo di grande potere.

«Così mi chiamano molti signori elfici, a quanto pare».

Thranduil tirò un angolo della bocca in un mezzo sorriso. «Non me ne sorprendo».

«È vero che sei uno Stregone? Ci sono altri come te?» chiese Legolas, in piedi in fondo alla scalinata del trono.

Mithrandir lanciò un’occhiata a Thranduil, ma lui rivolse un sorriso al figlio.

«Proprio così, principe. Sei ben informato» disse Mithrandir e rivolse un cenno del capo a Legolas. «Uno Bianco, uno Bruno, due Blu: questi sono i miei colleghi».

«Attendo con ansia di conoscerli, sono certo che saranno di ottima compagnia come te».

Mithrandir tossì, ma forse era una risata. Di certo, si stava mettendo d’impegno nel somigliare a un vecchio decrepito.

«A cosa devo questa visita?» chiese Thranduil. «Credevo il mio reame fosse troppo remoto per ricevere visitatori casuali».

Mithrandir ridacchiò, una vera risata questa volta, e si raddrizzò. «Ammetto, non pensavo di poter portare avanti la farsa ancora per molto». Il suo volto si indurì, i lineamenti tirati dalla determinazione e Thranduil poté quasi scorgere un luce diversa, aliena, emanare dal lui.

«Un nuovo male sta sorgendo al Sud di questa foresta. Non ne conosciamo l’origine, non ne conosciamo l’identità, non ne conosciamo gli scopi, ma sta corrompendo tutto quello che lo circonda e né io, né altri intendiamo restare seduti a guardare mentre un altro male prende dimora nella Terra di Mezzo».

Nella mia foresta. Thranduil fece segno col capo perché Mithrandir procedesse.

«Non è nostra intenzione lasciarvi affrontare da solo questa minaccia, Re Thranduil. Fermarlo ora, fermarlo prima che diventi troppo forte, fermarlo prima che si espanda in altri territori: è questo che vogliamo fare. Ma per riuscire abbiamo bisogno di qualcuno che conosca queste terre, abbia assistito da vicino al sorgere e all’espandersi di questo male, abbiamo bisogno di un alleato forte e determinato a sconfiggerlo al più presto: abbiamo bisogno di te».

Thranduil guardò Legolas poco più in basso, dritto e orgoglioso, un giovane faggio nei suoi anni verdi.

La pace non durerà mai abbastanza, amore mio.

Durare a lungo forse no, ma poteva tornare il più presto possibile. Thranduil poteva dare il suo contributo prima che fosse troppo tardi, prima che il suo popolo dovesse calpestare di nuovo un campo di battaglia, prima che Legolas fosse obbligato a vedere gli orrori della guerra. Non poteva permettere a suo figlio di appassire prima del tempo. Questa era la sua occasione, questo era il momento di agire.

Thranduil chinò il capo.

«Ed io ho bisogno di voi».



Il primo incontro si tenne a Lothlórien, molti anni dopo il primo incontro con Mithrandir, molti anni dopo il Re Stregone di Angmar, quando per Thranduil sarebbe stato più logico trovarsi per studiare non solo come liberarsi dello spettro, ma anche di riflettere sul significato di quel ritorno. Ma nessuna parola era giunta a Thranduil, nessuna richiesta d'aiuto. Così lui si era limitato a tenere gli occhi aperti e le porte della sua fortezza chiuse.

E così, il male di Dol Guldur era stato scacciato ed era poi tornato, e a Sud le città degli Uomini avevano cominciato a cedere di fronte a un nuovo attacco, prima che il concilio di Saggi si incontrasse.

Thranduil non aveva avuto dubbi che tra gli altri a cui aveva fatto riferimento lo Stregone ci fosse lei, la Dama di Lothlórien, la favorita di Melian. Lórien prosperava sotto il suo regno, del tutto inattaccata dall’oscurità che aveva colpito Boscoverde, e il sole filtrava tra le foglie dei grandi mellyrn: un ricordo di quel che il suo popolo aveva perso da quasi un millennio, quel che i bambini nati in quegli anni di oscurità non avevano mai potuto vedere.

Con un sorriso, Galadriel gli andò incontro e gli rivolse un cenno del capo. «Re Thranduil, una stella brilla su questo nostro incontro».

«La stessa stella che brilla su Lothlórien, mi auguro».

Una fossetta si formò sulla guancia di Galadriel e gli occhi le brillarono, e Thranduil non era certo se fosse per divertimento o perché lei sapeva qualcosa di cui lui era all’oscuro.

Thranduil non era neanche sorpreso che fosse stata lei a convocare questo concilio. Era impossibile evitarla, specie quando si trattava di questioni politiche. Galadriel c’era sempre. E se Thranduil non l’aveva mai trovata una presenza sgradita – dopotutto, se era stata cara a Melian, non poteva essere una persona sgradevole – il male che si era insediato nella vecchia capitale di suo padre gli aveva fatto riconsiderare il suo parere su Galadriel. Oropher era stato diffidente verso tutti e lo era stato ancora di più verso i Noldor, ma lei aveva davvero trovato necessario prender dimora nel regno di Re Amdír prima e poi fare del Lórien il suo regno? Se non ci fosse stata Galadriel, Oropher non avrebbe mai abbandonato Amon Lanc e mai il male avrebbe reso la collina la sua nuova dimora.

«Speriamo che la luce, che brilla sui nostri boschi, possa resistere anche ai tempi oscuri che si prospettano» gli disse Celeborn.

Thranduil sorrise, ma quel sorriso gli fece male alle guance. Qualsiasi cosa proteggesse Lothlórien, non si degnava di proteggere Boscoverde. Aveva persino udito il nome Bosco Atro, tra le chiacchiere degli Uomini.

Come c'era da aspettarsi, era lì a Lothlórien anche Elrond. Thranduil non lo vedeva dalla festa per la nascita di Legolas, avvenuta appena un anno dopo il matrimonio di Elrond con Celebrían. Non che fossero stati in rapporti di grande amicizia, ma da quel piccolo particolare Thranduil si rese conto di quanto si fosse isolato dagli altri signori elfici. Ma non aveva bisogno di ricordarne il perché.

«Sono dispiaciuto di non essere venuto in visita per la nascita dei gemelli e della bambina» gli disse Thranduil.

Elrond scosse il capo e sollevò una mano. «Non siamo offesi, hai la mia parola e quella di mia moglie. Sappiamo che, in entrambi i casi, non avremmo potuto chiederti di essere dell'umore giusto per festeggiare».

Mentre Elrond parlava, Glorfindel si avvicinò e salutò Thranduil con un cenno del capo. «Sono giusto di ritorno da Boscoverde, mio signore. Ero di passaggio e mi aspettavo che fossi già in viaggio, altrimenti avrei fatto visita al tuo palazzo».

«In mia assenza, ti avrebbe potuto accogliere mio figlio. Ma temo che lo avresti sconvolto con una tua comparsa improvvisa: devi sapere che ha una certa ammirazione per le tue gesta, vorrebbe anche lui aiutare nell’evacuazione di una città e affrontare un Balrog».

La cosa strappò una risata a Glorfindel. «Sono onorato dell’ammirazione del principe del Reame Boscoso, ma mi auguro non debba vivere nulla del genere. Vorrà dire che troverò una scusa per fargli una visita e spiegargli perché non vorrebbe trovarsi nei miei panni». Rapida come era comparsa, così sparì qualsiasi traccia di divertimento dal suo viso. «Questa volta, però, mi sono recato nel tuo territorio per motivi piuttosto sgradevoli. Ho cercato di studiare la situazione del Sud della foresta, ma non ho i mezzi e le conoscenze per dire nulla di certo. Mi auguro che gli Stregoni sappiano dire qualcosa di più».

Thranduil lanciò uno sguardo a Mithrandir e allo stregone dai capelli e abiti bianchi, in piedi ai due lati di Círdan, intenti a conversare con lui.

«Lo spero anch’io. Per quanto accetti che quei territori ormai non mi appartengono più».

«Non so nulla di due degli altri Stregoni, pare siano nell’Est, ma so di certo che un altro del loro ordine ha preso dimora ai margini di Boscoverde. Radagast, credo si chiami?» disse Elrond.

Glorfindel portò le mani alla vita, i pollici infilati nella cintura, e annuì. «L’ho incrociato durante la mia visita, ma non mi è sembrato preoccupato in maniera particolare per la situazione poco più a Sud».

«Radagast è preoccupato da altro» disse Thranduil, con un sorriso. «Quando è arrivato, ne ho percepito la presenza, con lo scompiglio che ha creato tra gli alberi e i loro abitanti; ma, sebbene lo abbia invitato, non si è mosso dalla sua casa».

Elrond prese le sue parole con un sorriso, Glorfindel rise. «E sei stato costretto ad andare a trovarlo? Non ha ben chiare le gerarchie; credo sia perché ha la testa da tutt’altra parte, ma di certo non sulle spalle».

Thranduil sospirò, ne sapeva qualcosa dei problemi di testa di Radagast. «In una delle sue visite, Mithrandir lo ha portato a palazzo con sé. Non è stato di compagnia, ma era molto interessato ai miei giardini interni. I giardinieri hanno tenuto a farmi sapere che, secondo Radagast, le mie piante sono in salute e forti, per quanto non siano contente di vivere sotto terra».

Glorfindel rise ancora.

La voce di Celeborn si levò dal fondo del tavolo. «Signori, direi che è ora di cominciare la seduta».

Presero tutti un posto a sedere intorno al tavolo – Thranduil sedette tra Mithrandir e Glorfindel – e solo allora Celeborn proseguì. «Sappiamo tutti quale sia la ragione di questo consiglio: abbiamo tutti espresso preoccupazione per il male che ha occupato quella che un tempo era nota come Amon Lanc, ma che ora tutti chiamano Dol Guldur.

«A riguardo, Mithrandir ha qui delle novità da condividere con questo concilio».

Celeborn tornò seduto e Mithrandir schiarì la gola. «È ormai più di un millennio che l’ombra occupa Dol Guldur e, temendo di sapere bene di chi si trattasse, mi sono recato alla fortezza per indagare sulla sua identità. L’ombra è fuggita, e non ho potuto sapere con certezza se si trattasse dei servi o del padrone».

Mithrandir lanciò un’occhiata a Thranduil, che strinse appena gli occhi. Non era niente che lui non avesse temuto, niente che Arodel non si aspettasse.

«A ogni modo, l’ombra è tornata ed è più potente di prima.

«Io dico che è giunta l’ora di agire».

Gandalf sedette e strinse entrambe le mani intorno al bastone.

«E io dico che tu, Mithrandir, ci dovresti guidare nell’azione» intervenne Galadriel, le dita intrecciate davanti a sé sul tavolo. «Chi meglio di te sa con chi abbiamo a che fare e come sconfiggerlo?»

Lo stregone in bianco guardò Mithrandir e poi Galadriel.

Mithrandir rise, ma sembrò più che stesse tossendo. «Oh, lo hai davanti a te, mia signora, chi sa queste cose meglio di me. Curunír, più di ogni altro, ha studiato le astuzie del nostro nemico e conosce il suo modo di pensare».

Curunír chinò il capo, ma Thranduil non vide in quel gesto alcuna traccia di umiltà. Lo sguardo che lanciò a Galadriel raccontò una storia ben diversa sullo stregone in bianco, fatta di orgoglio e di caparbietà. Caratteristiche utili di fronte a una nuova minaccia di Sauron, per quanto scomode in un concilio di Elfi di alto lignaggio. Chiunque fossero questi Stregoni e d’ovunque venissero, Thranduil sperava che avessero ben chiaro con chi avevano a che fare.

«Ho rispetto per gli studi di Curunír ma, per le responsabilità che richiede la guida di questo consiglio, credo che Mithrandir sia il più adatto alla sua guida» insistette Galadriel.

Thranduil si aspettò una reazione più violenta da parte di Curunír, rispetto all’occhiataccia che diresse a Galadriel. Lo stregone non aveva ancora parlato. Era davvero una buona idea tacere, se si proponeva di metterlo a capo del concilio? Galadriel non aveva mai avuto problemi a far capire cosa voleva e a convincere gli altri che fosse la cosa giusta, Thranduil ne aveva visto molti esempi ai tempi del Doriath; di fronte a simili capacità dialettiche e a tale carisma, Curunír avrebbe dovuto convincerli a scegliere lui, e non Mithrandir, e invece taceva e lasciava parlare l’altro Stregone in sua difesa.

Chi poteva convincere Galadriel di qualcosa che a lei non piaceva?

«Mia signora, Curunír è anche il capo del mio ordine; come potrei essere a capo del Consiglio e portare a termini i compiti che mi vengono assegnati? Non mi è concesso avere un obbligo simile, i miei doveri verso i popoli della Terra di Mezzo ne risentirebbero».

Se Curunír si fosse dimostrato inadeguato al posto che doveva occupare, ci sarebbe sempre stato Mithrandir libero di muoversi nonostante le decisioni del Consiglio. Ma testare le capacità di Curunír, il misterioso Curunír, ora che i tempi erano di pace, poteva essere una scelta lungimirante. Soprattutto, Thranduil era in attesa di veder provata la profonda conoscenza di Sauron vantata dallo stregone bianco.

Che le conoscenze di Curunír potessero impedire al male nella sua foresta di estendersi più a Nord?

Thranduil sollevò una mano dal tavolo e prese la parola. «Lasciamo che sia Curunír a guidare il Consiglio, mentre i servigi di Mithrandir sono richiesti altrove».

Glorfindel annuì, gli occhi fissi su Curunír. Elrond, invece, guardò Thranduil e, se non fosse stato per quello che leggeva negli occhi dell’altro, non avrebbe potuto cogliere la preoccupazione, celata dal volto impassibile.

Celeborn non proferì parola, e non era chiaro se fosse con Galadriel nell’appoggiare Mithrandir. I suoi occhi scrutarono Curunír, come se volesse leggerne le intenzioni e le azioni future, e alla fine votò per lui.

Círdan scorse lo sguardo su ognuno di loro seduti al tavolo e si fermò su Mithrandir. Non si mossero, ma Thranduil percepiva la conversazione non verbale tra loro, pur non cogliendone i messaggi.

«Appoggio anch’io la candidatura di Curunír» disse Círdan.

Galadriel tirò le mani giù dal tavolo, e nient’altro lasciò intendere cosa pensasse di quella scelta.



«Abbiamo conferma che a Dol Guldur non si tratti di attività degli Ùlairi, bensì del loro padrone» disse Mithrandir, «non ci è più concesso attendere. Dobbiamo agire subito e con forza, prima che Sauron ottenga altro potere e si levi contro di noi in tutta la sua potenza».

In questo secondo incontro del Bianco Consiglio, tenuto a Imladris, Thranduil non sedette al tavolo, così come non vi sedettero gli altri signori elfici. Solo i due Stregoni erano seduti, uno di fronte all’altro, uno grigio e uno bianco.

Curunír scosse il capo. «A mio parere, l’azione non è consigliata, non ora. Questo è il momento dell’attesa e della vigilanza».

Mithrandir portò la pipa alla bocca, le sopracciglia corrugate, e anelli di fumo si levarono nell'aria davanti a lui. Thranduil lo guardò, nella speranza di sentirlo contraddire Curunír, nella speranza che sottolineasse ancora l'importanza di attaccare ora e non più tardi, chissà quando, magari troppo tardi.

Ma Mithrandir rimase a fissare il vuoto oltre la spalla di Curunír, con aria infastidita, ma del tutto passivo.

Alle spalle di Mithrandir, Galadriel girò su se stessa, ruotando lo strascico della veste con un gesto lento, e riprese a camminare avanti e indietro. Non fiatò, così come non aveva fiatato dopo la nomina di Curunír a capo del Bianco Consiglio. Ciò non impediva a Thranduil di trovarla simile a un lupo, bianco e mansueto, ma pronto a sbranare la sua preda al primo errore.

E in quel caso, Curunír stava commettendo un errore: stava sottovalutando il nemico.

«Non c’è nulla da temere, perché non credo che l’Unico sarà mai ritrovato nella Terra di Mezzo. È sprofondato nelle acque dell’Anduin e ormai deve essere stato trascinato al Mare, dove resterà fino alla fine, quando tutto questo mondo andrà a pezzi e gli abissi saranno sommossi».

«E finché non avrà l'Unico, il Nemico non avrà forza sufficiente per muoverci contro, sarà un'ombra debole e spaurita, dietro mura maledette, senza nessun reale potere per sottomettere il più sciocco degli Orchi». Curunír si alzò in piedi, facendo leva sul bastone. «La seduta è tolta. Verrete notificati sul luogo e la data del prossimo incontro».

Mithrandir chinò la testa e attese che Curunír fosse sparito lungo il sentiero dei giardini di Elrond, per alzarsi in piedi.

Thranduil si avvicinò a lui e posò le mani sul tavolo. «Non intendo aspettare che il male si estenda ancora nella mia foresta».

«Neanche noi possiamo aspettare che il male avanzi oltre, la nostra foresta è in pericolo quanto quella di Re Thranduil. Nessuno di noi ha il lusso dell’attesa, non abbiamo una torre a Sud in cui asserragliarci in caso di attacco».

Celeborn si fermò al suo fianco, le mani dietro la schiena. Thranduil strinse gli occhi.

«Anche avendo Dol Guldur come vicino, sull’altra sponda del fiume, Lothlórien prospera e chi subisce la minaccia più grave è il mio popolo. Il vostro bosco è sgombero dalla stirpe di Ungoliant e dagli Orchi che infestano il mio regno». Thranduil voleva il segreto di quella pace in Lórien, voleva scoprirlo e ottenerlo, qualsiasi cosa fosse, per proteggere il suo palazzo. Le sue barriere non avrebbe retto per sempre e non c’era alcuna Melian a levare una Cintura a difesa dei suoi territori.

Galadriel raggiunse Celeborn e gli posò una mano sul braccio. «La preoccupazione di Thranduil è legittima e la condivido appieno. Dobbiamo agire subito, non possiamo attendere come vuole Curunír. Ogni giorno di attesa è un giorno di nuovo potere per Sauron».

Thranduil strinse i pugni e sollevò il mento. «Non possiamo aspettare il ritrovamento dell’Unico, quando l’Unico sarà ritrovato sarà già troppo tardi».

Elrond si avvicinò al tavolo, dal lato opposto rispetto a Thranduil, e Glorfindel lo seguì: un’ombra era scesa sul suo volto, l’oro dei capelli pareva spento alla luce del tramonto.

«Capisco il consiglio di Curunír, ma prevedo che l’Unico sarà ritrovato, e allora tornerà la guerra, e sarà la fine di questa Era. E temo terminerà in una seconda tenebra, a meno che qualche caso fortuito non provochi quel che i miei occhi non sono in grado di vedere».

Thranduil guardò Galadriel, sperando che lei sentisse la preoccupazione che si stava impadronendo di qualsiasi suo pensiero. Ma se Galadriel aveva appena sgranato gli occhi alle parole di Elrond, non sembrava più allarmata.

«Nel mondo si verificano molti casi fortuiti» disse Mithrandir, «e spesso, quando i Saggi si dimostrano irresoluti, l’aiuto più venire dalle mani dei deboli».

Thranduil non ascoltò oltre. Nessuno intendeva fare alcunché, tutti volevano aspettare. Ma a lui non era permesso restare in attesa, non se Elrond prevedeva oscurità all’orizzonte. Perché se Elrond vedeva quell’oscurità sull’Ovest della Terra di Mezzo, le Terre Selvagge vi erano immerse da ormai troppi secoli.

Thranduil si congedò e ripartì subito verso il suo regno. Verso Bosco Atro.



All’inizio della via costruita secoli addietro dal suo popolo, Arodel lo guardò con capo piegato di lato e un’espressione compassionevole in volto. Thranduil scostò i rampicanti che si stavano facendo strada ai suoi piedi e la guardò in volto. Lo scultore aveva fatto un ottimo lavoro, ma la pietra non avrebbe mai potuto sembrare viva, così come sua moglie non sarebbe mai tornata da lui. Come avrebbe potuto preferire la Terra di Mezzo e le sue guerre, alla pace di Valinor che avrebbe conosciuto alla sua rinascita?

«Ho provato a fare qualcosa per tornare alla pace, prima ancora che scoppi un’altra guerra, Arodel». Thranduil guardò oltre le spalle della statua. «Ma credo che, così facendo, abbia perso l’occasione di frenare l’avanzata dell’oscurità. Non è stata una buona idea far affidamento agli altri, non quando siamo sulla prima linea. In questo, siamo soli».

No, sono solo.

Forse, quando Mithrandir aveva e scacciato l’ombra di Dol Guldur, Thranduil avrebbe dovuto riprendere Amon Lanc e bonificarla, risanare con la presenza dei suoi Silvani quelle terre corrotte. Se l’avesse ripresa allora, avrebbe potuto evitare il ritorno di Sauron poco tempo dopo. Ma si era fidato del suggerimento di Mithrandir di lasciare Dol Guldur così com’era e ora la corruzione della sua foresta sembrava irreversibile. Gli alberi gli cantavano una canzone di dolore e morte nella sua testa, la stessa terra che calpestava era troppo simile al suolo corrotto dal passaggio degli eserciti di Morgoth.

Alla destra della via, Thranduil poteva vedere con chiarezza l’avanzata dell’oscurità, come un velo che si estendeva a coprire ogni giorno un nuovo albero, una nuova bestia, un nuovo pezzo di cielo. La stirpe di Ungoliant si faceva sempre più audace e presto avrebbe infestato l’area intorno al palazzo. Thranduil non aveva il potere di creare una barriera che tenesse i ragni al Sud della via e non aveva altra scelta, se non di ritirarsi del tutto nel palazzo e far affidamento sulle protezioni che vi aveva infuso durante la sua costruzione.

Arodel sembrò assumere un’espressione triste, ma forse fu solo un’ombra di passaggio. Thranduil le sfiorò una guancia di pietra con le dita e riportò la mano lungo il fianco, stretta in pugno.

Thranduil non avrebbe potuto far nulla contro il male che stava crescendo a Sud. Conosceva i suoi limiti e sapeva che il suo potere era sufficiente per difendere il suo popolo, ma non per scontrarsi con Sauron.

Thranduil avrebbe dovuto nascondersi, proteggersi, lottare per non essere sopraffatto del tutto dall’oscurità che marciava su di loro.

Ma soprattutto, fare quello che detestava di più, quel che aveva provocato danni più grandi: attendere.






Nota dell'autrice


Ce l'ho fatta, postaggio rapido prima del cenone!

Questa spina è stata un parto, sia in fase di scrittura, che in fase di correzione, ma un parto divertente – si può ancora chiamare parto, no? Ci sono personaggi che amo e situazioni che amo, non potevo non divertirmi. Però è stato faticoso – ho riscritto alcune parti e personaggi molte volte – e un paio di battute sono prese (quasi) di pari passo dal Silmarillion, ho cercato solo di armonizzarle col linguaggio che ho usato.
Un grazie enorme va alla mia amica e beta KiaeAlterEgo, che mi ha dato una (grossa) mano nell'editing, nonostante esami e la vita reale molto più interessante della mia.

L'avevo accennato quando ho cominciato a postare questa raccolta e lo confermo alla conclusione: i miei piani di conquista postaggio non finiscono qui, ho da un bel po' una long con Thranduil in lavorazione, di cui Le spine è il retroscena, diciamo così.
EDIT: ho cominciato a postare la long, la trovate qui!

Concluso tutto questo parlare di me stessa, mi auguro che la raccolta vi sia piaciuta, che abbia reso giustizia a quel personaggio meraviglioso che è Thranduil e che sia stata all'altezza delle aspettative. Ringrazio chiunque abbia letto e seguito/preferito la storia, ma un ringraziamento speciale va a Echadwen, Feanoriel, melianar e tyelemmaiwe per le splendide parole e per l'assiduità con cui hanno condiviso i loro pareri sui racconti e un grazie anche a Rubysage per la segnalazione tra le scelte e la fiducia.

Grazie ancora, buon anno e ci vediamo la prossima settimana con... qualcosa,

Kan


   
 
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