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Autore: Harryette    02/01/2015    5 recensioni
[...] Ci fu un silenzio imbarazzante, prima che Margareth si decidesse a riprendere e concludere il discorso.
‘’Questa sono io. Sono Margareth, la stessa persona che era affacciata sul balcone di quel ristorante italiano e la stessa persona a cui hai detto che, andandosene, si rinuncia non solo alle cose brutte ma anche a quelle belle. Sono contenta di averti dato ascolto, perché – io – l’ho trovata una cosa bella. E scusami, davvero perdonami, perché io sono innamorata di te e non so neanche perché te lo sto dicendo adesso’’
Dall’altra parte ci fu, ancora una volta, silenzio. Le parve di udire un sospiro, ma non ne era proprio sicura.
‘’Ho finito’’ disse. ‘’Mi dispiace per l'ora, e...''
Stavolta, però, lui la interruppe. ‘’Stai piangendo?’’ le domandò.
''Cambierebbe qualcosa?'' chiese.
''Non piangere'' lo sentì addolcirsi. ''Non piangere, Marge''.
[SPIN-OFF DI ''MORS OMNIA SOLVIT'', DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli inarrivabili del Bronx'
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| Capitolo Nono |
I'm alive

‘’E’ una troia’’
‘’Smettila di ripeterlo, Land’’ lo richiamò Cameron, passandosi le mani sul volto con fare disperato. ‘’Così non mi aiuti proprio per niente’’
Holland si era preso mezzo divano, una birra stretta e sul punto di rovesciarsi sul pavimento e il solito volto sopra pensiero. Carl non era ancora tornato, erano le tre di notte e Cam – dopo aver pianto – aveva bisogno di sfogarsi. Anche se sapeva che Land era strafatto, che avrebbe detto una marea di cose senza senso, non era più riuscito a trattenersi.
Glielo aveva detto, veloce come strappare via un cerotto. Land non aveva detto niente, se non qualche ‘’cazzo’’ un po’ qui e un po’ là, e quando Cameron aveva finito, aveva scosso la testa.
‘’E’ una troia e basta lo stesso’’ aggiunse, stiracchiandosi e poggiando le gambe lunghe su Cameron, sedutogli accanto. ‘’E tu che cosa le hai detto?’’
‘’Un cazzo di niente’’ il moro era furioso. Il dolore, dopo un po’, aveva preso la forma della rabbia più cieca e totalizzante che avesse mai provato. Gli bruciava l’intestino, tanto che se l’era aggrovigliato cercando di dare una motivazione a ciò che Laurine aveva fatto.
‘’Avrei dovuto chiederle perché’’ soggiunse, alzandosi di scatto dal divano e cominciando a girare convulsamente per l’appartamento. ‘’Ma non riuscivo neanche a guardarla in faccia, Cristo Santo. Me ne sono andato e stop’’
Holland avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa, se non confortarlo almeno provare ad aiutarlo, ma non gli uscì niente. Cosa avrebbe mai potuto dirli? Mi dispiace che la ragazza che ami ti abbia tradito e si sia anche fatta mettere incinta?
Non avrebbe avuto senso.
Per la prima volta in vita sua, e da quando conosceva il moro, sentì che i ruoli si erano appena invertiti: Cameron sull’orlo di una crisi isterica e un urlo bestiale, e lui steso sul divano a cercare di rimettere insieme i pezzi. Arrivò alla conclusione che l’unica cosa che li fregava, ad entrambi e anche a Carl, era la speranza.
La speranza corrode ed illude, e rende peggiori di prima.
Cam si sentiva, intanto, spogliato dell’unica cosa in cui aveva sempre creduto e dell’unica cosa che considerava imprescindibile ed immutabile in una vita in continuo movimento. Se avesse potuto dare o fare qualsiasi cosa per riuscire a capire dove avesse sbagliato o perché, l’avrebbe data e l’avrebbe fatta.
Doveva per forza aver fatto qualche cazzata per aver indotto Laurine a tradirlo, eppure non riusciva proprio a capire cosa. Soprattutto negli ultimi mesi, anzi, si era sempre comportato divinamente. A parte gli ultimi litigi, non avevano mai avuto altri diverbi.
Roba da sbattere la testa nella lavatrice ed azionarla.
‘’Con chi?’’ gli domandò ad un tratto Land, proprio quando aveva iniziato a credere che sarebbe rimasto in silenzio fino alla fine.
Già. Con chi?
‘’Non voglio nemmeno saperlo’’ ringhiò Cam, reprimendo la voglia di andare da quel tizio – chiunque fosse – e riempirlo di pugni. ‘’Non voglio finire in carcere. Se per caso scopro chi lo spedisco all’inferno a calci in culo’’
E scoppiò a piangere, davanti agli occhi attoniti di un Holland che non sapeva cosa fare. Dov’era Carl quando, entrambi, avevano bisogno di lui?
 
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Margareth detestava la spa.
La cosa che la urtava più di tutte era la sauna e, proprio come se non ci fosse limite al peggio, Robyn aveva intenzione di fare proprio quella. Il centro nella quale erano solite dirigersi insieme almeno una volta al mese era poco lontano dall’Upper East Hide, vicino agli uffici direzionali di Manhattan e agli studi medici e notarili più popolari.
Il Sunset era la spa numero uno dell’intera America, abbastanza probabilmente e considerati i costi inaccessibili perfino per un medio-borghese, e non c’era essere vivente (americano o inglese, si intende) che non desiderasse andarci almeno una volta.
Era sviluppata in altezza, dieci piani di benessere e relax allo stato puro e di profumo di oli e incensi. Il piano delle saune era il terzo e, già quando erano solamente entrate nell’ascensore di vetro, Margareth aveva capito che era proprio la meta della mora. Robyn aveva ancora la divisa scolastica, proprio come lei, ma le donava in una maniera incredibile: Maggie aveva sempre pensato che il grigio e il bianco esaltassero la pelle scura dell’amica, e che il colletto rigato della camicia mettesse ancor di più in bella mostra la folta e riccia chioma della ragazza. Robyn, se fosse stata solamente un tantino più alta, avrebbe potuto tranquillamente passare per una modella.
La sua bellezza era anticonvenzionale, e lo sapeva fin troppo bene. Non era umile, non lo era mai stata, e di certo non si faceva problemi ad ammettere quanto fosse particolare. E, per Robyn Young, particolare era sinonimo di magnificamente bello.
Quando ammetteva che qualcuno, ragazzo o ragazza che fosse, era particolare era ufficialmente entrato nelle sue grazie.
E guai se non eri nelle grazie della Young.
Nessuna delle due si preoccupava per la divisa scolastica perché, essendo clienti abituali e ormai abbonate, avevano un armadietto personale in cui avevano riposto – tempo prima – i loro affetti personali e la biancheria in caso di bisogno.
‘’Per forza sauna?’’ tentò di convincerla Margareth.
‘’Si, Grey’’ sorrise sorniona Robyn. ‘’Non lo sai che la sauna previene le rughe e le imperfezioni?’’
‘’Non abbiamo nessuna delle due cose’’
Nonostante fosse pienamente consapevole di quanto fosse inutile cercare di smuoverla dalle sue idee, Maggie non poteva fare a meno di provarci. Come sempre, dopotutto. E puntualmente…
‘’Smettila, Maggie’’ la voce di Robyn salì di un’ottava, pur non essendo realmente arrabbiata. ‘’Mi ringrazierai quando avrai quarant’anni e sarai perfetta’’
La paura più grande di Robyn Young era invecchiare. Non faceva altro che dirle di quanto si sarebbe odiata da vecchia allo specchio, con la pelle raggrinzita e le zampe di gallina ai lati degli occhi. A volte scoppiava perfino a piangere, esagerata com’era. Aveva iniziato da qualche mese a ricercare i migliori chirurghi plastici della zona, per tenerli sotto controllo e affidare la sua ‘’bellezza eterna’’ nelle loro mani, quando sarebbe stato il momento. Margareth, in quei momenti, avrebbe voluto darle uno schiaffo per collegarla al mondo reale.
‘’Sei strana’’
Robyn, tra tutti i suoi pregi\difetti, aveva la grande capacità di leggerla come un libro aperto. Forse perché si conoscevano da anni, forse perché era brava oppure era lei che era prevedibile. In qualsiasi caso, si sentiva strana davvero. Glielo avrebbe detto, forse, se solo ne avesse saputo il motivo.
Sentiva una specie di macigno all’altezza del seno, che la comprimeva e non le permetteva di respirare facilmente. Come uno strano presentimento, oppure una specie di malinconia repressa.
Stava seriamente iniziando a preoccuparsi da sola. Magari avrebbe dovuto consultare quello che era stato il suo psicologo, dopo la morte di Morgan.
‘’Sono solamente stanca, Roby’’
Non era una bugia, era solo una mezza verità. Era stanca, certo, nessuno non lo sarebbe stato dopo sei lunghe ore chiusa nella Spence School. Eppure sentiva, e sapeva, che non era quello il problema.
Nonostante se ne fosse fatta una ragione, anzi avrebbe dovuto farsela quando aveva deciso di chiamarlo, la voce di Carl le rimbombava ancora nelle orecchie. E la sua vocina testarda continuava a ripeterle quanto fosse stata cretina a chiamarlo o a credere che avesse avuto tempo per parlare con lei, o perfino andare fuori scuola quel giorno.
Si era solamente resa ridicola, e la ragazza di cui aveva sentito la voce poteva essere – anzi, sicuramente era – la fidanzata di Carl. Dopotutto, aveva una vita lui. Che aveva creduto? Un tipo come Carl non passava di certo inosservato, e New York era piena di belle ragazze pronte a provarci. Più sicure e meno paranoiche di lei.
‘’Sicura?’’ Robyn si era fatta più vicina, non perché fosse sinceramente interessata ma semplicemente perché era una ricercatrice di gossip. Per lei, tutto ciò che era sconosciuto era motivo di indagine. Conosceva la vita di quasi tutta la popolazione giovanile della Grande Mela, e non era un eufemismo. La maggior parte della popolazione giovanile della Grande Mela, a sua volta, conosceva lei.
Robyn Young era una specie di divinità, l’amica che tutte avrebbero voluto avere e la ragazza che tutti avrebbero desiderato al loro fianco.
Margareth pensò che, probabilmente, se Robyn fosse stata al suo posto non avrebbe mai permesso a Carl di trattarla così, attaccandole quasi il telefono in faccia. Anzi, non avrebbe mai permesso a Carl di entrare nella sua vita e condizionarla così tanto.
‘’Sicurissima’’ annuì, uscendo dall’ascensore appena aperta e venendo investita da un piacevole profumo di gelsomino.
 
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Holland lo stava guardando con uno sguardo pseudo- supplichevole, trattandosi di un biondo egocentrico.
Cameron era uscito quel pomeriggio dicendo che ‘’aveva da fare’’. Né Carl né tantomeno Land avevano avuto la forza di chiedergli qualcosa. Cam non stava per niente bene, nonostante si ostinasse a voler fare il duro, e soffriva tanto. Carl avrebbe voluto correre da Laurine e urlarle in faccia le peggio parole. Erano amici da quando si era trasferito a New York, la conosceva benissimo, e non avrebbe mai pensato che sarebbe stata capace di fare una cosa del genere. Se c’era qualcosa di cui era fermamente stato sempre sicuro, era che Laurine amasse Cameron tanto quanto lui amava lei.
Anche se non voleva illudersi, quindi, era quasi convinto che ci fosse sicuramente una spiegazione plausibile dietro il comportamento della rossa. Un momento di debolezza, una sbronza, una scommessa, qualsiasi cosa che lo convincesse che non era quella che Land affermava che fosse.
‘’Che troia’’ ringhiò ancora. Nonostante paresse inarrivabile, Carl sapeva benissimo quanto Holland tenesse ai suoi amici, e a Cam in particolare. Avrebbe voluto picchiarla, e probabilmente l’avrebbe fatto se non si fosse trattato di una donna.
‘’La pianti di ripeterlo?’’
‘’Sì, hai ragione Carl’’ si passò una mano sul volto, e fece per alzarsi dal divano ma vi ci ricascò come un sacco. Era diventato magrissimo, quasi la metà dell’anno prima, e non era mai stato grasso, anzi. Agli occhi di Carl, la sua pelle pareva ancora più bianca e lattea di prima, riusciva quasi a vedere le vene che gli attraversavano il braccio sottile.
Distolse lo sguardo.
Preferiva non pensarci.
‘’Però che troia’’ riattaccò Land, con la solita nenia. L’aveva ripetuto, più o meno, mezza marea di volte. Ma Carl non lo stava più seguendo, perso nei suoi pensieri. Spesso gli capitava di estraniarsi dal mondo e lasciare tutto fuori, come se nient’altro importasse.
‘’Come stai, Land?’’ domandò all’improvviso, proprio quando la conversazione sembrava stata chiusa.
‘’Vorrei che mi lasciassi dire la verità’’ solo allora, il biondo, riuscì ad alzarsi dal divano e a raggiungerlo vicino l’isolotto della cucina di mogano. ‘’Andrei domani stesso dalla preside e le direi che quella droga era la mia, e che ti avevo chiesto di nasconderla visto che nel reparto del mio armadietto c’era disinfestazione’’
Land sospirò pesantemente prima di aggiungere: ‘’Le direi che è ingiusto che ti abbiano dato i servizi sociali e dimostrerei a tutti quei coglioni che ti guardano male che non hai fatto proprio niente. Poi li strozzerei uno per uno’’
Carl tirò su un sorriso, ma di più tirati e tristi di quello non ne aveva mai fatti. Carl, dopo che gli avevano trovato cocaina nell’armadietto, era risultato negativo al test anti-droga. Aveva evitato l’espulsione e il riformatorio e se l’era cavata con trenta ore di servizi socialmente utili.
Se avesse detto la verità, o avrebbe lasciato che si scoprisse, Land non sarebbe risultato negativo.
Non poteva permettere che lo sbattessero in qualche istituto di recupero alla cazzo, né che lo espellessero. Stare lontano da loro e da New York era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
‘’Sai che non te lo farò fare’’ rispose. ‘’E se anche lo dicessi, negherei tutto’’
Un altro sospiro da parte del biondo, che ritornò a sedersi – stremato – sul divano.
Si prese la testa fra le mani.
‘’Perché cazzo ti ostini a proteggermi, Pearson’’ e non era una domanda. ‘’Lasciami bruciare nel mio stesso inferno’’
Carl avrebbe voluto raggiungerlo e dargli un cazzotto, ma rimase immobile e strinse a pugno le mani, fino a pungersi la carne.
‘’Non ti lascio bruciare’’ rispose, asettico e telegrafico.
Land sogghignò, prima di stendersi del tutto sul divano blu e prendere a guardare un punto sul soffitto.
‘’Sto morendo, Carl’’ disse, e non era mai stato più serio di così. Neanche quando gli aveva raccontato la tragedia che gli era successa cinque anni prima, che l’aveva portato sull’orlo dell’esasperazione e dell’oblio. Forse fu quello che spaventò Carl ancora di più, la consapevolezza che una luce si stava lentamente spegnendo. Ed era troppo tardi, nessuno avrebbe potuto far niente per rianimarla.
Non se c’era così tanto vento.
‘’Sei tu che vuoi morire’’ e al moro uscì fuori una specie di ringhio felino. Perché se c’era una cosa che aveva sempre detestato era il menefreghismo di Holland Todd, anche quando si trattava della sua stessa vita. Era convinto di giocare perennemente ad un videogioco, ignorando che quella era la cruda e nuda realtà.
‘’I tuoi genitori, se fossero qui, ti lancerebbero dal balcone’’ continuò. ‘’Non ti frega un cazzo di quello che avrebbero voluto loro?! Invece di pensare che ti sono crepati davanti agli occhi, perché non pensi a quando erano vivi?!’’
Erano poche le volte in cui aveva urlato così.
Ricordò di quando, due anni prima, Holland gli avesse chiesto di accompagnarlo a fare un tatuaggio. Carl ci era andato sbuffando e senza troppa voglia, e mentre vedeva le lettere rimanere impresse e stampate sulla pelle dell’amico non aveva pensato a niente.
Solo quando Land gli aveva detto della cocaina e di tutto lo schifo che c’era intorno, aveva capito il significato e il senso di quella frase.

 
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wait, wait, wait, I’m alive
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Holland non gli rispose, probabilmente era così fatto che non lo aveva neanche sentito. Sembrava un vegetale, c’erano sere in cui non aveva neanche la forza di spiccicare una parola, e si chiudeva in bagno scosso dai conati di vomito.
Non c’era giorno in cui Carl e Cam non si torturassero per cercare un’altra – l’ennesima – via di fuga. E non c’era giorno in cui la trovassero.
‘’Morgan non avrebbe voluto questo’’
Fu solo in quel momento che Land si alzò dal divano, come se avesse preso una scossa elettrica micidiale, e trucidò Carl con lo sguardo.
‘’Non la nominare neanche’’
E Carl pensò a Margareth e a quanto la vita facesse schifo.
 
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Uscita dalla spa, l’aria fredda dell’America l’aveva accolta nel peggiore dei modi. Era stata colta da spasmi di gelo ogni due minuti, anche mentre l’autista di Robyn la riportava a casa.
La mora non aveva fatto altro che parlare per tutto il tempo di quanto il nuovo taglio di capelli donasse a Kevin McDonald’s, di quanto Elise Jefferson e Malcom Wilson stessero male insieme, e di quanto fosse figo il nuovo arrivato del comprensorio maschile gemellato al loro.
E Robyn non era riuscita a frenarsi. Maggie sapeva che si stava trattenendo solo per sganciare una bomba più grossa, e sapeva che quel momento sarebbe arrivato.
‘’Margareth, ma lo sai tu chi è il tipo che ti ha salvata dai paparazzi?’’ aveva preso a parlare.
‘’Non ci conosciamo quasi per niente’’ si era subito giustificata la bionda, dopotutto dicendo la verità. Verità che le provocava un inspiegabile dispiacere. ‘’Mi ha solo aiutata’’
Robyn non le aveva dato retta. Aveva preso a parlare di quanto odiasse i tipi come lui, di quanto dovesse stare attenta perché voleva solo mettere mani sui suoi soldi, e di quanto il mondo fuori dall’élite di Manhattan facesse schifo.
Stavolta, era stata Margareth che non era riuscita a trattenersi.
‘’Cosa sai di lui?’’
Era una domanda retorica, perché Robyn – sicuramente – sapeva di tutto. Vita morte e miracoli di ogni essere respirante del continente. Difatti riprese di nuovo a parlare a raffica ma, stavolta, Maggie prestò realmente attenzione. ‘’So poco, in verità, perché a quanto dicono è un tipo molto riservato’’ scrollò le spalle. ‘’So che frequenta la statale e che fa l’ultimo anno, che vive in un appartamento con Holland Todd e Cameron Kyle e che ha voti altissimi ma…si, insomma, ha rischiato l’espulsione quest’anno’’
‘’E perché?’’
La curiosità di Maggie era insaziabile, e le dava un certo fastidio il fatto che dovesse sapere quelle cose da altri e che la sua migliore amica – che neanche lo conosceva – sapeva più cose di lei su Carl.
Era abbastanza deprimente.
‘’Dicono che abbiano fatto dei controlli a scuola sua, e che gli abbiano trovato della cocaina dell’armadietto’’ la voce di Robyn era scesa di un paio di tonalità per impedire all’autista impiccione – Charles – di impicciarsi. Era di origini inglesi, e gli inglesi avevano le orecchie lunghe come quelle di Dumbo. O almeno, questa era la teoria della mora. ‘’Lui non ha smentito ma è risultato negativo al test. Quindi niente bocciatura e niente espulsione, solo servizi sociali’’
Margareth non sapeva cosa dire. Se la mascella sarebbe potuta caderle per la sorpresa, sarebbe successo. Non poteva essere. Appunto perché era risultato sano al test, non poteva davvero credere che Carl Pearson fosse un drogato. Era assolutamente fuori discussione.
Si rifiutava anche solo di pensarci.
‘’Non è vero’’ disse, bloccando Robyn che aveva attaccato con le opinioni personali, manco fosse un compito di inglese. ‘’E’ risultato negativo all’anti-droga, quindi il discorso è chiuso’’
‘’Lui e i suoi amici l’avranno manomesso’’ rispose la mora, con una convinzione che la spiazzò. Che fosse vero anche quello? Che avessero imbrogliato per non finire nei guai? ‘’Sono sicura che tutti e tre sono drogati’’
La macchina frenò davanti alla villa dei Grey, ma Margareth non aveva neanche la forza di scendere. Le sbatteva la testa in modo atroce, e sentiva davvero troppo freddo. Quella sauna, sbalzo di temperatura compreso, non le aveva fatto per niente bene.
‘’Maggie’’ la fermò Robyn, proprio quando aveva trovato la forza recondita di balzare via da quella limousine e chiudersi nella sua stanza. ‘’Ti prego, stai lontana da Carl. Non è una brava persona’’
 
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La limousine era partita da un pezzo verso villa Young, eppure Margareth non era entrata in casa. Sapeva che i genitori avrebbero tardato per una riunione e che le domestiche, soprattutto l’apprensiva Hollie, la stavano aspettando. Tuttavia non aveva bussato al videocitofono né aperto il cancello con le sue chiavi personali.
Si era accasciata a terra, sul marciapiedi e contro il muretto che recintava la sua villa, e non si era più mossa. Il freddo aveva iniziato ad abbandonare il suo corpo, intorpidendolo, e non sentiva più niente. Assolutamente nulla.
Improvvisamente la realtà cominciò ad esserle più chiara. Non sapeva niente di Carl, avrebbe continuato a non saperne niente perché era sicura che non l’avrebbe più rivisto, e non poteva difenderlo a spada tratta.
Non era nessuno, nella sua vita, per cui non doveva di certo giustificare una sua azione. Se le voci che giravano su di lui erano vere, non avrebbe potuto farci niente. Se ne sarebbe fatta una ragione, semmai l’avesse scoperto. Eppure le faceva male in fatto di essersi aperta così tanto con una persona che, in realtà e stando alla versione di Robyn, era vacua. Le faceva male che, improvvisamente, fosse uscito dalla sua vita e non ne sapeva spiegare il motivo. Il loro abbraccio scagliato contro lo skyline di New York e quello fuori al ristorante italiano, quando l’aveva salvata nel senso letterale del termine, non la lasciavano in pace.
Le pareva di sentire ancora il suo odore e la pressione della sua mano contro il suo polso, mentre la trascinava via da quei giornalisti serpenti – diventando automaticamente il coraggio che lei non aveva mai avuto.
Ed improvvisamente sentì il rombo di una moto, ma non si mosse. Non alzò lo sguardo neanche quando sentì qualcuno sedersi accanto a lei, perché aveva riconosciuto il profumo molto tempo prima e perché non avrebbe saputo come prenderla.
La spaventava il pensiero di perdersi di nuovo negli occhi di Carl Pearson.
‘’Che ci fai qui fuori?’’ le domandò, come se la discussione telefonica della sera prima non ci fosse mai stata. Era questo che la faceva imbestialire più di tutto: come diavolo faceva ad essere sempre impassibile?
Margareth si alzò, trovando una grinta che non credeva di avere, e spazzò via i residui di asfalto dalla sua gonna di raso. ‘’Niente, stavo per entrare’’ rispose, gelida. In realtà stava bruciando, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di notarlo. Si sentiva molto più Morgan in quei momenti, e le piaceva da morire. La sentiva perfino più vicina.
Anche Carl si alzò, ma solo per appoggiarsi di nuovo al muretto, prendendo a consumarla con lo sguardo. Fortunatamente i lampioni emettevano una luce fioca, e gli occhi del moro erano abbastanza coperti.
Altrimenti, sarebbe stata la fine.
‘’Ci vediamo presto, Carl’’ si sforzò di sorridere per finta e di essere cordiale. Il più naturale possibile, per non fargli capire quanto in verità volesse solo inspiegabilmente abbracciarlo.
Lui continuò a non rispondere né parlare, e lei voltò le spalle e fece per bussare al citofono quando si sentì afferrare un polso. Si voltò quasi subito, tirata quasi con violenza da un Carl troppo vicino.
Avrebbe voluto urlargli in faccia con chi si credeva di avere a che fare, che lei non era a sua disposizione e che non era un giocattolo. Che non si poteva comportare come se non gliene fregasse niente il giorno prima, e venire sotto casa sua – correndo enormi rischi, tra l’altro – il giorno dopo.
Non riuscì a dire niente perché aveva i pensieri annebbiati dallo sguardo del ragazzo e i polmoni pieni del suo profumo, e pareva che la testa fosse disconnessa da qualsiasi altra parte del corpo.
Era proprio così che si sentiva: disconnessa dal mondo.
Carl, però, sembrava più che intenzionato a non dire una parola. Si faceva sempre più vicino, e Maggie sentì suonare un allarme nella sua testa. Lo fermò debolmente con una mano sul petto, nonostante le costasse una fatica enorme, e lo allontanò leggermente.
‘’La tua ragazza lo sa che sei qui?’’ domandò, decisa a non essere un passatempo e decisa soprattutto a mettere le cose in chiaro. Basta giri di parole, basta timidezza se poi finiva col piangere più di quanto già non facesse. Non le serviva questo.
Carl sgranò gli occhi, lo notò benissimo, e sogghignò. Come diavolo faceva a sogghignare in una situazione tragica come quella? Margareth sbuffò sonoramente e ‘’smettila di prendermi in giro, Carl. E lasciami’’ sussurrò, sincera.
Lui non le mollò il polso, ma in compenso ritornò serio. ‘’Victoria non è la mia ragazza’’ disse solo. Tutto qui? Era tutto qui quello che aveva da dirle? Non sapeva se girare i tacchi ed andarsene con la forza, oppure se restare la e farsi altre due risate.
‘’Buon per te’’ rispose, inacidita. Non aveva motivo di essere così scontrosa, perché Carl non le doveva un bel niente, eppure non riusciva ad evitarlo. Andava contro tutti i suoi principi, ma era più potente di loro.
Cercò di divincolarsi dalla presa del ragazzo, ma ancora una volta fu inutile. Era troppo forte per lei.
‘’Mi lasci entrare?’’ domandò, spazientita. ‘’Hollie darà in escandescenza, come minimo’’
‘’Non è nemmeno mia amica’’ continuò Carl, serio. ‘’Victoria non è niente di niente per me’’
Si era avvicinato di nuovo, e ancora una volta Margareth aveva fatto retro front. ‘’Sono felice per te, perché Victoria è proprio un nome cretino’’ sputò.
Carl rise.
Erano davvero poche le volte in cui l’aveva visto ridere, e riuscì solo a pensare che avrebbe dovuto farlo più spesso. Sembrava un angelo, sotto la luce fioca e patinata dei lampioni arancio.
Margareth guardò il cielo blu scuro e notò che, quella sera, le stelle erano ancora più visibili del solito. Si sentì meglio.
Tornò a guardare Carl nel momento in cui riprese a parlare: ‘’Oggi sono venuto fuori la tua scuola’’ disse.
Maggie si bloccò di colpo, e dovette fargli ripetere la frase per essere sicura di quello che aveva sentito. Non poteva crederci, si sentiva svenire.
E Carl era, di nuovo maledizione, troppo vicino!
‘’Sono uscita prima’’ si giustificò. ‘’Dovevo andare alla spa con una mia amica’’
Carl aggrottò le sopracciglia e sorrise. ‘’Certo, la spa. Avrei dovuto aspettarmelo da un tipo come te’’ ironizzò.
‘’Che stai cercando di dirmi?’’ Margareth lo aggredì, indietreggiando di nuovo. Lui si riavvicinò, sogghignando. ‘’Niente’’ sorrise. ‘’Perché indietreggi?’’
‘’Perché sei uno stronzo’’
E Margareth si sentì più libera nel momento esatto in cui glielo disse. Era come se, quella sera, non fosse lei ad agire e parlare. Carl era capace di tirare fuori il peggio di chiunque, probabilmente.
Lui sembrò sorpreso, e difatti ‘’come?’’ domandò.
‘’Sei uno stronzo’’ era meno sicura di prima, ma era pur sempre qualcosa. ‘’Non puoi comportarti come se fossi il tuo giochino personale. Hai idea di quanto mi sia costato chiamarti? E di come mi sia sentita? Tu hai tutte le ragioni del mondo per startene con… Victoria’’ pronunciò quel nome come fosse un insulto. ‘’Non mi devi niente, non so neanche se mi consideri tua amica. Ma potevi essere un po’ più delicato. Io non so come sei tu, ma credo tu abbia capito come sono io. Sbaglio?’’
Dal momento che Carl non accennava a dire nient’altro, Maggie continuò. ‘’Mi sono incazzata così tanto che avrei voluto prenderti a sprangate sui denti! Avresti potuto dire qualunque cosa, ma mi hai praticamente quasi attaccato il telefono in faccia! Ed ora non so con che coraggio vieni qui, e mi dici addirittura che questa Victoria non è niente, e io che dovrei dirti? Tanti auguri, spero ne trovi una con un nome migliore e…’’
Non ebbe il tempo di finire la frase. Presa com’era nel parlare, non aveva avuto modo di notare quanto Carl si fosse avvicinato. Ed ora, la distanza era praticamente assente.
Le mani di Carl erano poggiate sui suoi fianchi esili e li stavano disintegrando fino a ridurli in cenere. Non sentiva più freddo, stava evaporando dal caldo. Le sue mani erano ancora alzate, le braccia mezze tese per il discorso interrotto, e le sue labbra combaciavano con quelle del ragazzo più bello che avesse mai visto.
Improvvisamente le parole di Robyn divennero solo un eco lontano, perché non ci credeva e non ci aveva mai creduto. Se lo sentiva.
Inizialmente credette che Carl non volesse approfondire il bacio, perché si allontanò di qualche millimetro e – sogghignando – le disse ‘’stai un po’ zitta’’. Poi ritornò ad avventarsi sulla sua bocca, e allora Margareth non capì più niente.
Sentiva solo le mani di Carl addosso, il suo sapore in bocca e la spina dorsale che tremava spasmodicamente. Carl lasciò la presa sui suoi fianchi solo per afferrarle le mani – ancora bloccate – e portarle attorno al suo collo.
E si sentì spingere fino a che non avvertì la superficie fredda di un muro premerle contro la schiena, ma poco importava.
Stava baciando Carl Pearson, e si sentiva un’altra persona che viveva in un altro mondo.
Ricordò di quella volta in cui Morgan le chiese di accompagnarla a fare un tatuaggio, di nascosto dai suoi. Ci andò solo dopo un pomeriggio di lagne della sorella, e morì di paura.
Ma quel tatuaggio le piaceva e le era sempre piaciuto, addosso a Morgan sembrava addirittura brillare.
E si ritrovò a ripensarci, senza alcun tipo di tristezza ma solo con un sorriso malinconico:

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Si Morgan, pensò, sono viva. 
 
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BUON ANNO A TUTTE!!
Spero abbiate passato buone feste e siate state contente :) Io di certo lo sono stata, un mio carissimo amico
è stato da me per un pò e abbiamo passato Capodanno insieme :)
Pronte per il sette settembre e la scuola? ahahahhahaha ((no))
Dunque, eccovi il capitolo. Qualcuna di voi, in una qualche recensione, mi aveva detto che aspettava con ansia e sicurezza
un colpo di scena. Spero questo l'abbia e vi abbia soddisfatte :)
Marge, ormai, senza dubbio tiene a Carl. Si è capito. Le ha solo dato fastidio il suo comportamento a telefono,
dato che è convinta che lui stesse per attaccarle il telefono in faccia ((e lo avesse quasi fatto)). 
Carl è...più complicato, diciamo. Il motivo per cui sembra sempre allontanarsi da Margareth non è la mancanza di interesse.
Diciamo che vorrebbe proteggerla e proteggere un segreto. Vi ho detto anche troppo ahahah
Vi lascio, grazie ancora a tutte! Fatevi sentire <3
A presto xx
Harryette

marge
  
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